Lezione di Cura delle Creature Magiche A.S. 2023/2024

Ammessi tutti gli studenti fino al IV anno

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  1. acid rain.
     
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    Strane alleanze. Grace non era di certo la persona a lei più affine. Fino a prova contraria, però, l’obiettivo comune avrebbe, quantomeno, spinto le ragazze a collaborare per portarsi a casa con successo quella lezione che aveva tutti i requisititi per rivelarsi più ardua di quello che avevano preventivato. O forse no. Rain credeva in sé. Un po’ meno nella compagna ma, comunque, comportarsi da idiota non avrebbe giovato a nessuna delle due e poi vi era sempre tempo per lasciarsi sopraffare dall’intolleranza. Sì. Fuori dall’ambito scolastico, quando il suo voto sarebbe stato sano e salvo, magari scritto ordinatamente nel suo fottutissimo curriculum. Dopo alcuni brevi battibecchi, le forze si erano unite e l’uovo era stato recuperato. Nel farlo, però, la verde-argento, trasportata dall’impeto, si era avvalsa di uno sprazzo di magia involontaria. Incontrollabile. Uno dei suoi frequenti episodi che dimostrava la sua scarsa inclinazione a mantenere la calma. Il muro di rovi si era innalzato davanti ai suoi occhi e a quelli della partner in crime di quella giornata assurda, sollevando possibili dubbi sulla natura di quell’accadimento. Sbuffò. Non aveva alcun interesse nel raccontare, da capo, la sua storiella patetica di come avesse scoperto quella sua particolarità e di quanto, ciò, l’avesse convinta di essere un mostro. Una persona diversa dalle altre. Qualcuno da tenere alla larga. Insomma. La sua immagina ne avrebbe risentito. Specialmente davanti a colei che già, senza quell’informazione, la vedeva come un individuo molesto, evitabile ed affetto da una superficialità così grande, da arrivare a pensare addirittura che si fosse già stancata del suo amico. Neanche poteva immaginare di quanto, su quell’argomento, fosse fuori strada. Ma, in fondo, che poteva sapere? Chiunque avrebbe creduto a ciò che vedevano con i propri occhi. Non poteva di certo biasimarla. Se solo si fosse presa la briga di fermarsi e comprendere cosa si nascondesse dietro a quella facciata, forse, sarebbe giunta ad un conclusione differente. Chissà. La verità, però, stava proprio nel fatto che non le importava di quello che pensava la gente. Tantomeno una ragazza che neanche aveva idea di chi avesse davanti. “Magia involontaria!” Esclamò con indifferenza. Quasi per voler sminuire un argomento che, spesso, la metteva davanti a una realtà dura da accettare. “Sì.” Il suo tono di voce si fece serio e decise, comunque, di condividere quella che era stato il suo primo approccio con quella connessione particolare all’elemento terra. “Si è manifestato all’improvviso.” Un giorno come un altro per molti. IL giorno, per lei. “Durante la lezione della Vane. L'anno scorso!” Il piccolo terremoto avvenuto sotto i suoi piedi l’aveva colta alla sprovvista. Tutta colpa di quelle sfere di merda, nelle quali aveva visto il suo passato. La stessa sfera che, poi, aveva incontrato la sua fine sul pavimento, rompendosi in mille pezzi. Lo sgomento che ne era derivato l’aveva interdetta per qualche istante. Da lì aveva avuto inizio la sua lotta nel trattenere quel potere, così come quella di moderare le sue reazioni, evitando delle vere e proprie calamità naturali che avrebbero attirato troppo l’attenzione. “Un terremoto.” Una robetta da niente. Una piccola scossetta senza danni. Uscite da lì, la Grifondoro consegnò l’uovo alla professoressa che, immediatamente, lo depositò accanto agli altri per poi dare le spalle alle due, lasciandole lì. Che si aspettavano? Un premio. Andiamo. Con quello sguardo assassino, potevano ringraziare di essere uscite vive da quel coso. Fuori dal radar dell’insegnante, la rossa, ebbe il tempo per avvicinarsi ancora di più alla bionda, con la quale condivideva lo spazio a causa del loro legame magico, voluto dalla Signora Suprema. “Nathan mi interessa realmente!” Sospirò a bassa voce, protendendosi verso il suo orecchio, così che potesse ricevere quel messaggio forte e chiaro, senza alcuna interferenza. “Non è un capriccio come credi!” Non aveva idea del perché sentisse il bisogno di farglielo sapere. Neanche le importava. Agì d’istinto, come d’abitudine e il risultato fu quello. Si lasciò alle spalle le confidenze e passò oltre, con il prezioso aiuto della Lancaster che, intanto, si adoperava a cambiare scena. Puntò la bacchetta verso l’oggetto del mistero e lo scoprì, dando modo di potersi scontrare con una figura impaurita e tremante. Un Mooncalf. Alzò la mano, da brava sotuttoio e rispose alla domanda. “Si tratta di un esemplare di Mooncalf. Classificato dal Ministero come due X. Addomesticabile e timida a quanto pare.” Conosceva bene il comportamento di quella bestiola innocua e doveva ammettere che quel musino sarebbe potuto rientrare nelle sue grazie, solo se avesse deciso di collaborare, ovviamente. Attese ulteriori informazioni e, con sua grande sorpresa, presa da uno slancio di buon cuore –se così si poteva chiamare- l’austera insegnante, sciolse i polsi delle ragazze. “Non se ne pentirà, Professoressa.” Rispose con cortesia, poco prima che spiccasse il volo. Si massaggio il polso destro e sistemò la bacchetta nella posizione che le competeva e il turno, un po’ amareggiata ma con un’idea già bella che stampata nella sua mente. Una specie di strategia a patto che le condizioni di vita all’interno di quella spazio potenzialmente mortale lo permettessero “Catturare un Mooncalf.” Il sopracciglio schizzò all’insù. Dubitava fortemente che la Dottoressa, con anni e anni di esperienze in torture –sì, si era fatta quell’idea di lei- si sarebbe limitata a farli entrare in contatto con quel piccolo vitello dai grandi occhioni imploranti. Vi doveva essere qualche cosa sotto. L’obiettivo non era di certo quello di farli andare per campi a raccogliere margherite, come fossero la Vispa Teresa. Andiamo. Tenne per sé l’idea, non aveva alcuna intenzione di portare negatività nella coppia. Il divorzio non sarebbe stato contemplato per il momento.-

    Entrarono fianco a fianco. Con circospezione. Alzò lo sguardo e sorrise. Quella donna? Un fottuto genio. La luna piena brillava sopra le loro teste, quasi come fosse la protagonista indiscussa di quella faccenda. Effettivamente era proprio grazia alla sua presenza se, in un modo o nell’altro sarebbero entrate in possesso del Mooncalf, vista la loro bizzarra abitudine di girovagare proprio durante il plenilunio. Manco fossero dei dannati cani mannari. Si guardò indietro e osservò l’entrata svanire sotto i suoi occhi castani “Una passeggiata forzata al chiaro di luna, eh?” Commentò sarcastica. Certo, avrebbe preferito un altro tipo di compagnia ma sarebbe stata una lamentela sterile e, con tutta probabilità, Harris sarebbe stato apprezzato di più da Grace. Ma, ahimè, il destino le aveva volute lì. Insieme. “Molto romantico.” Magari era avvenuto un colpo di fulmine in una delle altre coppie. In quel caso, avrebbero potuto approfittare dell’occasione. O forse no. Certo che no. Là, da qualche parte nell’oscurità, si nascondeva un tranello. La Lancaster. Con il suo sguardo pietrificante. Chi avrebbe avuto il coraggio anche solo di scambiarsi una mezza effusione. Rabbrividì al solo pensiero della fine che avrebbero potuto fare. “Non sono Harris.” Fece spallucce. “Begli occhi il tuo ragazzo, comunque! Fate una bella coppia! Potreste generare dei figli bellissimi.” Disse distrattamente mentre si accingeva a voltare l’angolo. Qualche cosa le diceva che si trattasse della direzione giusta da seguire ma, immediatamente, si dovette ricredere. Una strada senza uscita. “Fanculo.” Possibile che non andasse mai per il verso giusto? Quel labirinto iniziava a darle su i nervi. Si voltò di scatto e si guardò intorno, alla ricerca di qualche segno che potesse suggerirle il da farsi. Inutile. Socchiuse gli occhi e riprese a riflettere. “Ok, proviamo di qui?” Svoltarono ancora. E ancora. Tante. Troppe volte. Fare conversazione. Quello avrebbe allentato il suo disagio. “State insieme da tanto?” La domanda giunse mentre, con lo sguardo, continuava a cercare la via, rimanendo leggermente indietro e seguendo la rosso-oro tutta affaccendata quanto lei. Finalmente, dopo mille peripezie, si trovarono in un luogo differente da quelli che avevano percorso. Piccoli corridoi che le avevano condotte al centro della struttura pensata a puntino proprio per la loro prova. Quel punto doveva segnalare il centro del labirinto. Durante il tragitto si era prodigata più di una volta ad affacciarsi di qua e di là per cercare quel musino carino ma, ogni volta, si era rivelato un buco nell’acqua. Dove stava quel dannato? Posò lo sguardo dubbioso sulle roccia a pochi passi da loro e… “Grace!” Fu la prima volta che la chiamò per nome, tralasciando la sua abitudine nel tenere a distanza le persone attraverso il piccolo stratagemma di rivolgersi a loro chiamandole per cognome. “Ho un’idea.” La prese per mano e la portò nei pressi di quella pietra informe. “I Mooncalf ballano. Si pensa che sia una specie di preliminare di accoppiamento.” Doveva avere capito. “Avanti.” Se fossero riuscite a catturarlo con le buone, tutto di guadagnato, no? Non aveva alcuna intenzione di usare le maniere forti. Fino a un certo punto, s’intende. “Balla. Cerca di essere convincente.” Prese a muoversi al ritmo di una musica invisibile. Imitando i movimenti che ricordava di aver visto in qualche libro della biblioteca. Doveva ammetterlo: si sentiva fuori luogo e decisamente costretta a porre in essere un atteggiamento che, se portato alla luce, avrebbe rovinato letteralmente la sua immagine così importante per lei. Poco male. Al momento le sembrava l’unica soluzione. “Muovi quelle anche!” Passo dopo passo. “Fallo innamorare di te!” Che cazzo era diventata? Una di quelle stupide idiote che i babbani chiamavano life coach. Che brutta fine. Ma. Eccoli lì. Luce in fondo al tunnel. Nell’oscurità lo vide. Un lampo. Ma ne era certa. La creatura si era interessata alle movenze delle due giovani donne. “Allora hai buon gusto!” Delfino curioso. Ghignò. Peccato per le loro cattive intenzioni ma che potevano fare? Sottrarsi al dovere? Giammai. Arrestò la danza e puntò la sua preda, come fosse un animale feroce pronto a colpire e a sfamarsi. Ok. Forse un po’ troppo bruscamente. Il Cosino si fece indietro e prese a correre via, impaurito. “NO!” Prese a correre sulla scia di quel fifone. I nervi cominciarono a risentire. La frustrazione non sarebbe stata l’alleata adatta per portare a termine quella missione. Eppure, si sa, la Scamander non era famosa per la sua tolleranza. “Basta! Addomensticabile un cazzo!” Decretò la fine del suo rapporto amicale con quella creatura che, ora, avrebbe potuto addirittura schiacciare sotto il peso del suo corpo, pur di portarsela a casa. La fuga fu breve. La bestiola si trovò in un vicolo cieco. La mano destra, questa volta libera, andò a parare sul legno candido della sua bacchetta di pioppo, sfoderandola di prepotenza. La strinse forte e si concentrò sul bersaglio in movimento. Consapevole della precisione e della rapidità che avrebbe dovuto utilizzare per beccarlo. “Jutem!” Una scintilla si sprigionò. Non aveva nessuna intenzione di perdere ulteriore tempo dietro a quel coso pauroso. Poteva bastare. Quel melodramma sarebbe terminato. Prima di subito a meno che...

    Rain Scamander - IV anno - Serpeverde.
    Interagisce con Grace. Risponde alla domanda della prof. Attende impaziente il turno suo e di Graziella e alla fine entra. Si perdono in chiacchiere non solo. Alla fine arrivano al centro del labirinto e Rain ha un'idea geniale (ssssseh) alla fine quando vede che non funziona, si altera un pochino e cerca di catturare il Mooncalf con metodi non proprio ortodossi u.u Sorry not sorry.
     
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