I will follow you into the dark

Nathan.

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  1. -Nox-
     
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    Nathan Knox | III | Grifondoro


    S0igL
    Sarebbe stato questo essere un Grifondoro? Lanciarsi senza riflettere, senza valutare le conseguenze, senza paure o, anche meglio, nonostante le paure? Perché se era questo, allora, era stato messo nella Casa sbagliata. Non era il tipo di persona che parlava senza riflettere, lui rimuginava e si arrovellava anche sui concetti più semplici, anche su domande all'apparenza semplici che, tuttavia, non lo erano affatto. Sarebbe stato bello avere quel tipo di sfacciataggine che gli avrebbe fatto chiedere scusa invece che il permesso, ma non era quel tipo di persona. Era frenato, sempre, in ogni situazione, e non sapeva dire se questo suo modo di essere fosse davvero il suo, o se fosse diventato così dopo. Ricordava il ragazzo che era stato, era passato dall'essere un timido bambino abbandonato alle cure della servitù con, al massimo, la compagnia di un fratello problematico al diventare un ragazzo normale, qualunque cosa questo significasse, con una vita propria e degli amici, gli stessi che non ci avevano pensato due volte a metterlo alla porta, ripudiato a quelli che erano i suoi problemi. Non gli aveano creduto, anzi, non gli avevano nemmeno dato modo di spiegarsi, e per Merlino era loro diritto! Come era suo diritto quello di andarci cauto, ora, con le persone che incontrava e con cui intrecciava il suo percorso ma, nonostante i piani iniziali fossero quelli di muoversi in punta di piedi, di diffidare quando possibile, di non legarsi ad altri o almeno non così velocemente, non ci era riuscito. Era stato come travolto da una valanga e si era lasciato trascinare da alcune di quelle persone: Grace, Halley, i suoi compagni, tutte persone a cui non avrebbe voluto rinunciare e che ringraziava per averlo fatto sentire parte di qualcosa e, non di meno, Rain, l'uragano rosso che lo aveva investito in pieno. Con lei piano e trattenuto erano parole che perdevano ogni significato, con quella ragazza le cose andavano da zero a cento in pochissimi secondi come con le migliori scope da corsa e, questo, a volte era paralizzante. Disarmante come Rain riuscisse a conquistarlo sempre di più, pezzetto dopo pezzetto, ogni volta che gli mostrava una parte di lei che non mostrava a nessuno, tutta quella parte che era nascosta e che mancava a persone come Grace per decifrare quel rebus umano dai capelli vermigli. Si fidava della Johnson, forse più della stessa Scamander che aveva un ascendente su di lui che le avrebbe permesso di rigirarselo come voleva, sapeva che la rosso-oro non aveva alcun motivo per mentirgli e metterlo in guardia, anzi, apprezzava quel suo modo di preoccuparsi per lui. Non era rimasto nessuno che lo facesse. Da mesi, anni, badava a se stesso e, lo ammetteva, era piacevole avere una mamma chioccia che si interessasse ai suoi casini. Eppure, nonostante Grace non conoscesse il perché la Scamander si comportasse in un certo modo, attaccando, tenendo tutti a distanza, facendo la stronza anche laddove non serviva, era riuscita a sollevare dei dubbi in Nathan che nessuno, fuorché Rain, avrebbe potuto sciogliere. Ma come fare se il coraggio di domandare veniva meno? Gli avessero chiesto di saltare tra le fiamme per un giusto motivo lo avrebbe fatto, ma chiederle di chiarire la situazione lo spaventava più che duellare contro un mago oscuro. Forse non sapere era meglio, avrebbe potuto crogiolarsi nell'illusione di essere l'unico per lei, fingere che le parole di Grace riguardassero un passato ormai distante che non li avrebbe potuti tangere, permettendogli di essere felice ancora per un po'. Invece, contro ogni aspettativa, fu proprio la serpe a sollevare l'argomento, gettando la corazza e quel velo di sfrontatezza dietro cui era solita nascondersi, niente sarcasmo o acidità difensiva, solo Rain, quella che piaceva a lui
    -Andiamo, Rain, che hai fatto di male?- tra i due, quello irragionevole era stato lui. Era fermo e convinto di questo, si era lasciato ingelosire solo per averla vista con un altro, mano nella mano, anche se a dirla tutta era stato proprio quest'ultimo dettaglio ad averlo fatto risentire, quasi gli stesse facendo un torto quando, nella realtà, non si erano mai promessi niente. Le parole di Grace ancora risuonavano nella sua mente con un certo peso, la convinzione con cui l'amica lo aveva messo in guardia davanti ad una possibile presa in giro o, quantomeno, all'essere un fugace passatempo momentaneo lo aveva mortificato, facendolo sentire stupido per non averlo nemmeno preso in considerazione. Possibile che si fosse immaginato tutto? Di aver solo creduto di aver condiviso qualcosa di speciale con quella ragazza misteriosa ed illeggibile? Si era possibile, e allora eccolo li, stentato, quella puntina di coraggio rosso-oro che il Cappello Parlante era convinto che lui avesse, che gli aveva dato modo di palesare i dubbi che ora lo tormentavano. Un nome tra tutti, Dragonov, la montagna umana con cui non poteva competere. Cosa ci trovava in quell'aspro Serpeverde? O, meglio ancora, cosa trovava in lui se il suo tipo era uno come il nuovo battitore delle serpi? Così sicuro, così sfrontato, qualità che Nathan non poteva vantare e non sapeva nemmeno se mai le avrebbe volute, per non parlare dell'aspetto che, beh, che fossero diversi era li alla luce del sole. Si strinse le spalle, nervoso nel sapere quale sarebbe stata la risposta e, quando questa arrivò, gli occhi si abbassarono sul pavimento, a fissare la punta delle scarpe sotto le quali credeva che Rain avesse aperto una voragine. Non era così, ma la sensazione fu la stessa “Andiamo a letto insieme da parecchio tempo! Avrei dovuto dirtelo prima, lo so!” Andiamo. Quindi lo facevano ancora. Poi altre parole che ebbero solo il potere di confonderlo di più -Vi vedete ancora o fa parte del tuo passato? Non sto capendo- la faceva più complicata di quanto in realtà non fosse e, da parte di Nathan, vi era più che altro disagio nell'affrontare un discorso che, in quel momento, lo terrorizzava. Chiedeva ma non voleva sapere. Non era esatto, avrebbe voluto che la risposta fosse in suo favore ma, non avendone la certezza, avrebbe quasi preferito rimanere nell'ignoranza -Amico, visagista, può essere quello che vuoi, non mi importa- si ammutolì un secondo ripensando alla frase appena proferita -Beh, no, non è vero che non mi interessa. Però insomma, sii sincera- si avvicinò di nuovo a lei scostandole una ciocca ribelle da davanti i suoi occhi scuri -Se le cose cambiassero, oggi, domani, o quando sarà, dimmelo-
    “Cosa ti aspetti da me?” che domanda semplice e allo stesso tempo complicata. Lasciò che lei gli afferrasse una mano, stringendola a sua volta. Forse era anche ora di fare il Grifonscemo e smetterla di arrovellarsi la testa con pensieri superflui, di tutti qui “ma”, “e se” o “ma magari” di cui era solito circondarsi e auto-infliggersi per smorzare ogni suo entusiasmo e farlo restare con i piedi per terra. E così fece, spense ogni pensiero, ogni vocina allarmata che gli risuonava nella mente, niente razionalità, solo la prima cosa che gli passava per la testa senza alcun filtro -Che tu sia mia- le rispose, questa volta sicuro e, senza darle modo di replicare l'attirò di nuovo a sé accompagnandola con una mano dietro la nuca, annullando di nuovo quella distanza superflua di cui non sentiva affatto bisogno.

    S0igp
    Si lasciò guidare, di nuovo, in questa nuova e singolare avventura dentro un armadio. Certo non si poteva dire che Rain fosse una ragazza noiosa, ma chiudersi in un armadio superava qualunque aspettativa potesse aver avuto. Invece rimase interdetto quando, una luce innaturale, li inondò non appena le ante vennero aperte, rivelando quanto quello non fosse un armadio come gli altri. Sorpreso, lasciò che gli occhi vagassero per la stanza per quel breve attimo prima di ritrovarsi di nuovo a stretto contatto con la ragazza, facendo passare in secondo piano il fatto che fossero in una stanza, segreta, dentro un armadio -Com'è possibile?- domandò più a se stesso una volta che la carenza di ossigeno si fece sentire -Oh, ma dai!- come un bambino al parco giochi si avvicinò alle enormi vetrate che si tuffavano nelle profondità del Lago Nero, dandogli una nuova prospettiva su quel mondo sommerso che non aveva mai esplorato -Mi permetti di stare nella tua isola felice?- si voltò ad osservarla, sorridendo, con una nuova luce nello sguardo -Come hai fatto a trovarla?- passò le braccia attorno alla vita sottile della verde-argento, stringendosela contro senza darle modo di sfuggire -Certo che sei pazza, ma sull'armadio avevi ragione- scherzò lui prima di rifilarle un bacio a fior di labbra e scappare, letteralmente, andando a visionare la scarna mobilia che quel posto conteneva -É per questo che dicevi che l'aula ti somiglia? Perché nasconde qualcosa di bello?- si accomodò sul divano facendo segno alla ragazza di raggiungerlo. I rumori soffocati delle profondità del lago riempivano i silenzi che si creavano tra i due tra una frase e l'altra, dando loro l'impressione di fluttuare tra quelle stesse acque -Credi che un giorno smetterai di tenere tutti a distanza?- era curioso, oltre che speranzoso e al tempo stesso reticente. Da una parte avrebbe voluto che tutti potessero vedere quella parte bella di lei che teneva nascosta e segregata, dall'altra, più egoista, avrebbe preferito che quella fosse una parte destinata a lui e a lui soltanto -Ammettilo, un po' ti diverte- ghignò verso quel piccolo diavolo dalla lingua velenosa che, quando voleva, sapeva trovare una parola malefica per tutti. E lo ammetteva, a volte divertiva anche lui.

     
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