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.Incredibilmente le giornate s’erano fatte frenetiche. Nonostante la scuola fosse iniziata unicamente da quasi due mesi si poteva dire che il corpo docenti ce l’avesse messa tutta nel mantenere quel proposito che, puntualmente, verso la fine dell’anno veniva infranto dall’inesorabile scorrere del tempo, eppure, sembravano aver trovato il giusto ritmo per procedere. Questo per loro mentre, per la maggior parte degli studenti quella corsa frenetica per portare a termine il programma scolastico risultava unicamente un percorso costellato d’ostacoli che impediva loro di godersi quelli che dalla maggiore venivano giudicati come gli anni migliori, gli anni della spensieratezza. Una spensieratezza che era stata in passato presa e portata via alla Corvonero che, invece, sguazzava in quell’affaccendarsi di cose da fare e studiare che le toglievano le energie e soprattutto lo spazio per la sua mente di elaborare, tornare ai ricordi e riflettere. Riflettere senza sosta, riflettere all’infinito su quei ricordi traumatici indelebili nella sua mente. Invece no, montagne di compiti e di nozioni erano lì pronte per essere immagazzinate nonostante alcune materie richiedessero capacità mnemoniche in grado di mettere in difficoltà persino una studiosa come lei, Danielle. Nonostante l’ottima media che vantava, la Corvonero, era una vera frana con quelle informazioni che richiedevano uno studio unicamente di memorizzazione poiché, come un pesce rosso, non riusciva ad immagazzinare nulla. Viveva di logica, collegamenti e infiniti blocchetti colorati che disseminava dei suoi appunti appiccicandoli a destra e a manca tra le pagine che necessitava studiare. La sua era una memoria prettamente fotografica e, con il progredire del suo percorso scolastico, aveva messo a punto un sistema che le permettesse di riuscire lì dove la sua mente la portava in fallo. Colori, forme, immagini e associazioni erano i suoi amici e... Rose, la sua amica Rose. La ritrovata amicizia con la Tassorosso s’era rivelata del tutto vitale in quel rientro dannatamente disastroso rispetto alle previsioni e seppure non avessero ancora parlato del tempo passato separate si poteva dire che ora che si erano ritrovate le due fossero pressoché inseparabili. Non c’era giorno in cui non si trovassero e le lezioni in comune erano sicuramente un gran vantaggio per le due che non perdevano occasione per cimentarsi in lavori di gruppo o aiutarsi a vicenda esattamente come avevano in progetto di fare qualche sera prima non fosse stato per il Grifondoro – sempre lui – che l’aveva “rapita” in quello strano gioco di carte con i suoi amici. Aveva provato a liberarsene, aveva addotto le sue motivazioni risultate poi del tutto superflue agli occhi di quei ragazzi e aveva persino provato a sgattaiolare in un momento di disattenzione ma il gruppo e soprattutto William – William ed il suo dannato sorriso scintillante incorniciato da due fossette – l’avevano tirata in mezzo impedendole di riuscire a presenziare al suo appuntamento; era riuscita giusto ad inviarle un rapido bigliettino di scuse per non lasciarla lì, in biblioteca, in piedi ad aspettarla inutilmente che la routine scolastica l’aveva inghiottita impedendole di raggiungerla. Il tempo di “finire” col Grifondoro ed era presto stata ora di cena e da lì al coprifuoco un attimo, senza considerare che la Tassorosso in questione fosse proprio un membro delle cariche atte proprio a far rispettare quel regolamento. Insomma, alti e bassi costellati da piccoli disastri di percorso dalla quale la Corvonero stava facendo il possibile per rimanere a galla in un delicato equilibrio o almeno così era come si sentiva da quel rientro: come se stesse facendo surf e lei non sapeva surfare, ci aveva provato una volta in passato ma anche quella era un’altra storia, un altro ricordo seppellito sotto la montagna dei suoi trascorsi.
Affrettò il passo mentre la tracolla sbatteva fastidiosamente contro il fianco e cercando d’ignorare il dolore generato dallo spigolo del libro che le batteva contro si gettò quasi di corsa nella discesa degli infiniti gradini che dalla torre di Corvonero portavano alla Sala Grande dove aveva appuntamento proprio con la ragazza. Ed eccola lì, colei che cercava seduta in disparte in quella che era la tavolata dei Grifondoro. Argh! Perché aveva scelto proprio quel tavolo? Non era meglio quello dei Tassorosso o quello più tranquillo occupato da altri Corvonero intenti nello studio? No, proprio Grifondoro. Il passo della Richards rallentò mentre i grandi occhi scuri passarono al setaccio della Sala alla ricerca di un preciso volto noto chesfortunatamente non era lì. “Beh” pensò, “fosse qui di certo non passerebbe inosservato” le sopracciglia s’alzarono naturalmente in quella che era un’espressione solenne, quel ragazzo non sapeva proprio dove fosse di casa la discrezione. Quindi appurato che poteva stare tranquilla in quanto sembrava il destino volesse farli scontrare più volte del dovuto, alzò il passo piegando i lineamenti in un sorriso mentre prendeva posto proprio di fronte la White. Non sembrò notarla immediatamente e Danielle, con calma, estrasse il materiale permettendo all’altra di finire qualunque cosa stesse facendo. Era la prima a non sopportare quando la interrompevano in un momento di concentrazione. Quando ebbe finito Rose sollevò il capo e, lentamente, la mise a fuoco. «Heiii buondì o forse buonasera... le giornate si stanno effettivamente accorciando» fece volgendo attorno lo sguardo notando come la luce delle fiaccole divenisse mano a mano il punto luce principale. «Che-che stavi scrivendo? Roba interessante?» Inclinò nuovamente la testa verso la Tassorosso indicando con lo sguardo il foglio scritto per buona parte e di fianco il libro aperto su alcune illustrazioni di piante. Sorrise, erbologia doveva immaginarlo. Rose aveva un talento naturale per quella materia. «Ascolta... Mi dispiace per l’altro giorno. Non essere venuta... la lezione è finita tardissimo, stavo arrivando ma quel» dannato? «Grifondoro mi ha trattenuta e quando mi sono liberata era ormai ora di cena. Scusami, davvero!» Strinse le labbra carnose in una linea sottile. Era davvero mortificata.
Edited by Dragonov - 14/2/2024, 18:33. -
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.Si era domandata spesso – soprattutto nell’ultimo periodo – se tornare ne fosse valsa la pena, e la risposta era che non le piaceva come stava andando e aveva la parvenza, invece, che tutto sembrasse spingere al considerare quella decisione come un fallimento totale. Danielle aveva davvero sbagliato? Aveva davvero fatto male i conti con sé stessa e soprattutto con quelle che si erano rivelate essere le sue aspettative? Tutto sembrava urlarle di sì ma la Corvonero, stoica, si rifiutava di darsi per vinta nonostante, nel concreto, non sapesse effettivamente come ribaltare la sua personalissima situazione. Era tornata per Vanja e Skylee, per tornare a star loro vicina ma ciò che l’aveva aspettata al castello era stato il nulla, la delusione. Quell’abbandono, quel tradimento era ancora cocente dentro di lei e forse era anche per quel motivo che non riusciva a legare con nessuno, le sue nuove compagne di stanza in primis. Era nuovo, diverso e per questo in un certo senso persino inaccettabile. Non doveva andare a quel modo e prima lo avrebbe metabolizzato e meglio sarebbe stata e per farlo doveva sforzarsi di curare quei rapporti umani che tanto le stavano stretti portandola a preferire il rifugio delle confortanti pagine dei suoi amati libri. I libri non potevano ferirla. Le storie, scelte appositamente a lieto fine, la portavano a provare un corollario d’emozioni che terminava accomunandosi per tutte con l’armonia del perfetto incastro. Nella finzione dei suoi libri tutto andava bene. Nella finzione dei suoi libri niente avrebbe potuto farle del male o deluderla o scalfirla in qualsiasi possibile modo. Era un mondo confortante ma non era una reale vita vivere attraverso quelle pagine.
«Sì preferisco anch’io» replicò all’unica persona che le era rimasta come amica in quel castello. Si strinse nella divisa massaggiando la soffice manica del maglioncino della divisa. In realtà avrebbe preferito indossare uno dei suoi di maglioni. Di quelli larghi, oversize, che nascondevano meglio la formosa figura della giovane ispanica che avrebbe altrimenti attirato sicuro qualche sguardo ma Danielle non voleva più gli sguardi addosso. Voleva rimanere nell’ombra, in disparte; lì dove nessuno avrebbe potuto farle del male.
Inclinò il capo allungando di un poco il collo nel tentativo di carpire ancora qualche informazione da quello che Rose stava scrivendo. Aveva capito si trattasse di Erbologia ma nulla nei testi (e figure) capovolti riusciva a darle quella risposta. «Che tipo di pianta è? Cosa fa?» La naturale curiosità facente parte della sua casa venne a galla spingendola ad allungare maggiormente il collo sul disegno. Non capiva se fosse un arbusto o una pianta subacquea dalla sua posizione. «Non credo di averla mai vista», ammise, «è presente qui ad Hogwarts?» Possibile non ci avesse mai fatto caso? Ascoltò le eventuali spiegazioni della compagna annotando mentalmente quanto detto e, in base a quanto le avrebbe spiegato, avrebbe azzardato ulteriori domande poiché sinceramente interessata alla novità e ovviamente al bagaglio culturale che avrebbe portato con sé. Poi calò il silenzio. Un silenzio pregno di una certa tensione da parte della Corvonero stessa. Per quanto Rose non sembrasse infastidita o non lo desse a vedere esplicitamente la Richards si sentiva comunque in colpa per averle dato buca qualche giorno prima. Non era da lei “paccare” un’amica. Non era da lei “tirar pacco” in generale e la cosa la faceva sentire a disagio, fuori posto, il tutto comprensibilmente accentuato da quanto già di per sé stesse faticando ad inserirsi e reintegrarsi nel contesto scolastico di Hogwarts. Tutti sembravano essere andati avanti, Rose inclusa, mentre lei era rimasta come freezata a due anni prima, a letteralmente il prima di quella notte che aveva rovesciato tutto il suo mondo.
Abbozzò delle scuse per quanto alle sue orecchie apparissero stentate e deboli ma, inaspettatamente – almeno per lei – Rose sembrò davvero non esserne rimasta offesa per quell’episodio ed anzi scoppiò persino in una gentile risata atta a stemperare la tensione che Danielle sembrava star vivendo. «Davvero?» Il suo fu un sussurro. Sbatté le ciglia mentre un sorriso prendeva piede sulle labbra distendendole i lineamenti dolci. «P-puoi contarci! Assolutamente!» Il sorriso s’allargò ulteriormente e, come presa da un senso del dovere, aggiunse ulteriori spiegazioni a quanto già prima addotto. Espirò. «N-no! William non mi da problemi. Non è cattivo! È solo...» Come descriverlo? «Troppo esuberante... Eccessivo. È... oltre!» Ecco, oltre era la parola adeguata per descriverlo. «Io non sono così», o almeno se un tempo lo fosse stata ora di certo non lo era più. «Non so come comportarmi» e soprattutto non sapeva, quando era con lui, come sfuggire a quel faro che le finiva puntato addosso di riflesso. Espirò ancora. «Qualche consiglio?» Ridacchiò. «Che poi non capisco nemmeno perché ce l’abbia così tanto con me», insomma perché si perdesse così tanto dietro ad una persona tanto standard quanto anonima? Non aveva senso per lei, eppure in qualche maniera del tutto contorta doveva averne per il Grifondoro. Scosse il capo sollevando gli occhi al cielo con aria solenne mentre dall’altra parte del tavolo la Tassorosso rovistava nella sua tracolla in cerca di qualcosa. Quando la estrasse Rose mise al centro tra loro una scatolina di latta che andò successivamente ad aprire con i suoi classici modi gentili e Danielle, immediatamente, si espresse in un mugolio di sorpresa. Avrebbe dovuto lei offrirle dei biscotti in segno di scuse, non la compagna!
«Ma che meraviglia!» Esclamò allungando immediatamente la mano per afferrarne uno ricordando perfettamente le spiccate doti culinarie della ragazza. In quel tempo trascorso separate poi doveva persino essere migliorata in quanto i decori al di sopra dei biscotti stessi erano precisi al millimetro, quasi fossero confezionati. Se lo rigirò tra le dita osservandolo con l’acquolina in bocca quando, con la coda dell’occhio, colse il movimento anomalo dell’amica che la portò a spostare nuovamente l’attenzione su di lei. Rose era immobile, lo sguardo tristo perso chissà dove e le sue mani, furono proprio quelle ad attirare l’attenzione della Corvonero. La Tassorosso stava stringendo con forza il coperchio di latta portandolo ad incrinarsi a tal punto da potersi fare del male.
«Rose?» Danielle posò il biscotto facendosi immediatamente seria. «Rose?!» Esclamò a voce più alta portando la giovane a sobbalzare per riprendersi da qualunque cosa fosse successa.
«Puoi stare tranquilla... Sono acquistati!» La Corvonero corrucciò le sopracciglia mentre nel suo sguardo faceva capolino la preoccupazione per l’amica. Ignorò il successivo commento sui biscotti stringendo le proprie mani tra loro al di sopra del tavolo per sporgersi poi verso di lei. «Va tutto bene, Rose? Co-cosa è successo?» Azzardò mentre le iridi scure si muovevano da lei al coperchio piegato. «S-so che è passato del tempo ma, se tu lo vorrai, io sono ancora qui» mormorò spalancando i grandi occhi di un marrone così caldo ed accogliente. Forse il tempo per la Tassorosso era passato, forse per lei era tardi ma questo non avrebbe cambiato l’affetto che provava lei e se Rose gliene avesse dato l’opportunità sarebbe stata quell’amica che avrebbe accolto le sue confidenze e dubbi com’era avvenuto già in un passato remoto che sperava in realtà non essere così lontano.
Edited by Dragonov - 10/2/2024, 17:25. -
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Edited by Rose Mia White - 8/1/2024, 11:17. -
.Di nuovo a chiacchierare con Rose, come ai vecchi tempi, come se tutto fosse stato come sempre, eppure tutto era cambiato, nulla era rimasto come allora ma né la Corvonero né la Tassorosso erano a conoscenza di ciò che agitava e tormentava l’altra. Quanto era cambiato in quei quasi due anni di assenza. Rose era in grado di riconoscerla ancora? Di rivedere quel barlume d’essenza che l’aveva sempre caratterizzata? Se così fosse stato sarebbe stata decisamente una novità del tutto inaspettata per la Corvonero che a stento, il più delle volte, riconosceva quell’immagine riflessa dallo specchio che sempre meno aveva voglia di guardare. Evitava gli specchi per non vedere più quell’aspetto che aveva finito per essere la sua condanna. «Sei bella da star male» le aveva detto l’uomo per la quale aveva perso la testa per la quale, in quel frangente, si era innamorata. «Ti strapperei quel vestito di dosso» aveva continuato, una premessa che si era presto trasformata in realtà. Danielle aveva voluto quel contatto, aveva bramato quel desiderio che finalmente aveva visto specchiarsi di riflesso nello sguardo del nerboruto guardiacaccia di Hogwarts ma ciò che mai si sarebbe aspettata da lui era stata quella freddezza, quel dolore in quell’atto che la Corvonero aveva sperato sancisse tutt’altro epilogo. Stupida, era stata unicamente una stupida. Una sgualdrina in quell’incoscienza spavalda accresciuta dai fiumi dell’alcool alterato dalla pozione che le avevano obnubilato i sensi accrescendo quella vena seduttrice che, in quella forma, non le era mai appartenuta. Quella notte aveva perso tutto. E più di ogni cosa aveva perso sé stessa. Quella gioia e quel brio di gratitudine verso la vita che ora, a guardare la latina, sembrava essersi perso o, forse, era solo sotterrato in attesa che qualcosa o qualcun* fosse in grado di riaccendere quel fuoco altrimenti sopito.
Accennò ad un sorriso mentre in un gesto divenuto oramai routine si stringeva il braccio attorno al busto quasi a coprirsi, quasi a tenersi salda nascondendo quel disagio che l’abbigliamento imposto dalla scuola le suscitava. Quella divisa così attillata per i suoi gusti anche se nella realtà non lo era così troppo. Scendeva giusta sposandosi con le sue curve non evidenziandole troppo ma nemmeno nascondendole ed era proprio questo a metterla a disagio: il fatto che si percepissero, il fatto che quel corpo adesso odiato continuasse a prevaricare sulla sua volontà ed era proprio per questo che la Richards si trascurava. Aveva smesso con il trucco che prima aveva sempre adottato per evidenziare i suoi grandi occhi marroni lasciando invece a quelle anti estetiche occhiaie il compito di circondarli. Solo una cosa non aveva smesso di curare: i lunghi capelli scuri che fungevano un po’ da coperta di Linus, avvolgendola e nascondendola seppur anch’essi avevano risentito del trauma perdendo qualcosa in termini di lucidità e morbidezza. La cosa la intristiva, ulteriormente, e benché ne conoscesse i motivi era come se li ignorasse fingendo che non fossero loro la reale causa di quel calo.
«Non so che tipo di pianta è.» Ammise la Tassorosso passando a raccontarle di quell’arboscello che aveva scoperto. Danielle inclinò il capo focalizzando l’attenzione sull’immagine al rovescio presente sul quaderno dell’amica mentre la mente analitica passava al vaglio tutte le informazioni di Erbologia in suo possesso. Nulla, non le ricordava nulla anche se... no, le foglie non erano fatte a quel modo. Ma cos’era?
«Strane come?» La incalzò sempre più curiosa in merito all’argomento. Avrebbe voluto vederla, persino voluto che Rose s’alzasse per andare nel suo dormitorio a prenderla. «Sì ti prego!» Replicò immediatamente quando l’altra le propose proprio ciò che stava desiderando con una tale intensità da indurla a pensare che le avesse letto il pensiero o che forse la sua espressione parlasse per lei. «Sì e questa volta prometto che sarò puntuale», si sporse allargando maggiormente i grandi occhi scuri intrisi di mortificazione per l’appuntamento saltato di qualche giorno prima. Non era stata sua intenzione e men che meno nei suoi piani ma il Grifondoro sembrava sempre trovarsi sul suo cammino per uno strano scherzo del destino e lei non aveva proprio saputo dire di no a quel sorriso smagliante e a quegli occhi azzurro-verdi intrisi d’aspettativa. Liam aveva fatto letteralmente irruzione nella sua vita quel pomeriggio parandosi lungo il suo cammino per imporle la scelta di quella carta finendo per scombinare con la sua euforia contagiosa qualsiasi cosa avesse programmato. Non sentiva di fargliene una colpa, anzi, trovava fosse giusto il suo atteggiamento mentre considerava lei quella sbagliata nel modo di recepire e reagire nei confronti del mondo. Sapeva di essersi chiusa irrimediabilmente a riccio ma a cosa l’aveva portata aprirsi? Dolore, solo dolore ed un immenso trauma alla quale far fronte. Abbassò lo sguardo sospirando contrita contro le sue stesse mani intrecciate sul ventre. Come poteva fare?
«Ti direi di provare a dirgli come ti fa sentire» gli occhi della Corvonero si spalancarono. Dirgli come la faceva sentire? Oddio... no! Avrebbe implicato domande e lei non voleva rispondere a domande né avrebbe voluto aprisi con lui a quel modo. Chi era lui per lei? Nessuno! No, no lo avrebbe solo che spaventato o peggio, magari il Grifondoro avrebbe frainteso costruendosi chissà quali film.
«Sii te stessa! Non temere di essere te stessa, credimi! » L’espressione si corrucciò. Era sé stessa. Terribilmente. Difendeva con le unghie e con i denti quella nuova versione che aveva creato a difesa della sua persona perché, a prescindere da tutto, non avrebbe saputo come tornare indietro se anche avesse voluto farlo. Ma, al netto dei fatti, non voleva. Farlo avrebbe richiesto di far fronte a tutto il dolore che si portava dentro, a quelle ferite che pensava d’aver sanato con la terapia ma sulla vi aveva messo solo un cerotto. Andava avanti ignorando Danielle, ecco cosa faceva, in quella vita vissuta con il freno a mano tirato troppo timorosa d’affrontare i demoni che aveva dentro ma non doveva essere l’unica ad affrontare qualcosa di più grande di sé stessa poiché anche Rose doveva stare vivendo qualcosa di simile. Danielle osservò le sue mani stringersi sul coperchio di latta mentre Rose, colta da uno stato di trance, lo deformava.
La chiamò cercando di portarla alla realtà preoccupata che l’amica potesse farsi del male e con estrema dolcezza provò a confortarla ma allo stesso tempo ad aprirsi all’altra mostrandosi ricettiva al suo dolore come lo era stata anni addietro. Il sentimento non è cambiato per me, Rose. Sembrava volerle dire e l’altra annuì chinando il capo a sua volta. Due anime fragili, spezzate, sedute allo stesso tavolo. Forse Rose avrebbe potuto capirla, lei ed il suo passato di abusi fisici di cui però la Tassorosso non aveva mai parlato nel dettaglio ma le parole, per un occhio attento, erano superflue ed i segni intravisti sul corpo della mora erano stati inequivocabili allora.
«Sai...» Cominciò, la voce flebile, un mormorio stentato costretto nel difficile modo dei sentimenti che rendeva il tutto tremendamente arduo da proferire. In quell’istante Rose era come uno specchio che rifletteva lo stesso dolore di Danielle. «In questi mesi [...] ho sempre trovato me ingiusta e sbagliata e mi sono punita tante volte in modi dannosi» sentenziò la Tassorosso sollevando i suoi grandi occhi cangianti in quelli scuri e caldi della Corvonero per poi spostarsi ancora quasi a volerla mettere a nudo mentre silenziosa constatava lo stato dell’amica. Danielle distolse lo sguardo e involontariamente si strinse ancora di più nel disagio del suo abbraccio. Rose se ne stava accorgendo? Aveva capito quanto non stesse bene? Quanto le sue parole rispecchiassero il suo stato? Parlava di sé stessa o parlava di lei? Parlava per entrambe?
Danielle avrebbe voluto tanto riuscire ad aprirsi in quel momento ma un nodo alla bocca dello stomaco le impediva di farlo. Un nodo che si estendeva fino a raggiungere le corde vocali, ghiacciandole in quella morsa dolorosa che ne impediva il movimento. Annuí per lei, per loro. Sapeva cosa intendeva, confidava, un giorno sarebbe stata in grado di farlo.
«Che ne dici se andiamo a fare shopping un giorno di questi?» Sollevò il capo incontrando nuovamente il viso gentile dell’amica. Si strinse nel maglione; ecco una nuova cosa che non le piaceva fare: shopping. Andare in giro a negozi avrebbe implicato la sua immagine riflessa, un’immagine di un corpo che lei non voleva vedere.
«Vorrei acquistare un maglioncino» verità? Pretesto? Annuì. La dottoressa Conroy l’avrebbe spronata ad accettare per cominciare un po’ ad uscire da quel suo guscio quasi del tutto chiuso.
«Sì potremmo farlo... Magari quest... HEI!» Strillò presa in contropiede da un ragazzino con una grossa macchina fotografica analogica di quelle magiche in grado di scattare le foto in movimento.
«È per il giornaleee!»
Edited by Dragonov - 14/2/2024, 18:38. -
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.Non sapeva che cosa aspettarsi più da quella scuola che era tornata a frequentare ora che, addirittura, non potevano parlare di una pianta davanti ad altre persone. Era Hogwarts ad essere diversa, o era Rose?
Danielle sbatté gli occhi per un attimo interdetta da quella richiesta dell’amica. Ricordava benissimo che in quella scuola tutti origliassero i fatti di tutti, persino chi non si sarebbe detto avvezzo alla chiacchiera aveva l’udito finissimo e sembrava ascoltare ciò che si dicesse in giro per poi riportarlo, magari edulcorando, alla propria cerchia. Così, come un telefono senza fili, finiva che una sciocchezza di poco conto si trasformasse in un’evento d’importanza capitale. Ellie ne era stata vittima e, non lo escludeva, talvolta persino il carnefice, riportando a sua volta ciò contro cui si scontrava alle sue amiche poiché sapessero cosa si diceva in giro. Così era stato per la gravidanza di Vanja o gli impeti di rabbia di Skylee o persino quando s’era trovata Kynthia ad essere la pietra dello scandalo del periodo. Aveva sempre odiato però quel fare, quel dover confabulare ergendosi dall’alto di un piedistallo che sembrava conferire la verità assoluta investendo l’individuo della carica di giudice e boia. La gente finiva per sentenziare, per puntare il dito e per ricoprire l’oggetto delle proprie chiacchiere della vergogna che loro s’erano sentiti in dovere di sobbarcare. Odiava tutto questo e l’odiava poiché troppe volte era lei stessa stata l’oggetto dello scandalo. Troppe volte aveva sentito dire cattiverie e falsità sul suo conto, persino opere di pura fantasia quando era venuta fuori la sua appena abbozzata relazione con il professore di volo del tempo. Le avevano dato dell’opportunista, della venale e chiunque s’era sentito forte del proprio giudizio pensando di poter parlare per lei di poter sentenziare per lei come se qualcuno lì dentro di loro l’avesse mai davvero conosciuta. Danielle aveva amato di un amore sincero il docente, quel mago dall’età nettamente superiore alla sua ma mai lo aveva fatto per un proprio tornaconto. Era semplicemente successo che dalle semplici ripetizioni a causa delle sue vertigini finissero poi a parlare d’altro, di loro, delle loro ambizioni e storie e che da lì l’interesse evolvesse. Era stato bello ma non era stato destino ed il mago era stato immediatamente allontanato dalla scuola, bandito dall’insegnamento. Era vero che tra loro le cose s’erano evolute naturalmente e che Danielle non fosse mai stata forzata a far nulla di ciò che non volesse ma era anche vero che all’epoca la Corvonero fosse minorenne mentre estremamente vicino al soglia dei quarant’anni. Non era sano e non era nemmeno giusto per quanto guardandosi indietro, con l’immaturità della sua ancora giovane età, la Richards non vi vedesse nulla di male poiché portato avanti con la mera sincerità delle intenzioni. Cos’era l’età se non un limite in una popolazione in cui l’aspettativa di vita era così prospera? Poteva essere considerata così male tutta la vicenda nonostante le intenzioni più pure? Per Danielle era ingiusto ma era sempre il giudizio di una ragazzina di appena diciott’anni per quanto ne avesse viste e vissute fin troppe sulle sue esili spalle.
Poteva capire, insomma, quella tipologia di chiacchiere. Poteva capirne l’avversione e poteva anche condividerla ma faticava a mettere sullo stesso piano d’importanza l’argomento. Come poteva essere la scoperta di una pianta, seppur particolare e con tutte le caratteristiche del caso, degna delle attenzioni di quel branco di comari? Inclinò il capo osservando con la coda dell’occhio, nel tentativo d’essere il più discreta possibile, i loro immediati vicini immersi in una fittissima conversazione. Osservò ancora questa volta girando quasi del tutto il volto mentre esplorava i volti attorno a loro: tutti sembravano impegnati e nessuno sembrava essersi accorto di loro, nessuno le considerava. Arricciò il naso emanando un sospiro e strinse le ginocchia in una posa maggiormente composta prima di tornare al volto sereno della Tassorosso.
«Ma certo, come preferisci!» Alla fin fine non le costava alcun sacrificio avvallare quella piccola richiesta inoltre, dal canto suo, adesso si sentiva molto più a suo agio in ambienti più raccolti e con molte meno persone al proprio interno. Non a caso uno dei suoi rifugi preferiti lì al castello era diventato la biblioteca con le sue nicchie e gli alti scaffali in grado di separare gli ambienti donando anche solo la parvenza di una contenuta e voluta intimità.
Abbozzò un sorriso ed entrambe accantonarono quell’argomento per tornare sulle vicissitudini del momento. Danielle, per l’ennesima volta, si scusò del suo ritardo raccontandole del breve incontro avuto con William, il Grifondoro del loro anno super confusionario, e con il suo gruppo d’amici. Era strano averlo attorno – non che lei lo cercasse, capitava! – così spesso. Riusciva a strapparle un sorriso, a volte, ma anche a farla arrabbiare oltremisura quando il suo giudizio o i suoi modi finivano per metterla in imbarazzo. Non sapeva nemmeno lei come trattare la cosa per il momento ignara che, lo stesso destino, avrebbe deciso di lì a qualche giorno portandola a scoprire un lato di lui che l’avrebbe allontanata di netto. Rose le consigliava d’essere sincera con lui, d’essere sé stessa ma nemmeno Danielle sapeva più chi lei fosse e temeva che quella nuova versione di sé non fosse più in grado di interfacciarsi con il prossimo. Non in maniera naturale quantomeno. Nè pensava/voleva farlo. Stava bene nel bozzolo della sua solitudine, per quanto, in determinati momenti sentisse la necessità del calore umano. Quella vicinanza, quel calore... forse avrebbe potuto darglielo un legame d’amicizia, Rose, se fosse stata in grado di non mandare anche quello a monte.
Ma tutti i suoi piani e soprattutto i suoi buoni propositi saltarono in aria quando un ragazzino munito di una macchina fotografica magica più enorme di lui si piantò di fronte a loro di punto in bianco abbagliandole con il flash. Ellie strillò agitando le mani di fronte a sé mentre la vista le andò a mancare per poi, molto lentamente, tornare fintanto che Rose – un’inaspettata imperturbabile Rose – gestiva la situazione addirittura schernendo il ragazzino che doveva essere finito a terra da ciò che la Tassorosso diceva.
«Rose non vedo niente! Che succede?» La voce le uscì stridula per quanto il torno fosse appena soffiato, tremolante. Non era a suo agio. Affatto. L’idea che le persone presenti in Sala Grande fossero girate verso di loro per capire cosa stesse succedendo, verso di lei, così inerme per colpa del flash. Un nodo pesante si formò all’imboccatura dello stomaco mentre il cuore accelerò la sua corsa saltandole in gola.
Si chinò su sé stessa moderando i respiri, cercando di concentrarsi su di essi e non sulla pressante sensazione di tutti quegli sguardi puntati addosso.
Rose rideva di quella situazione ma lei no. Lei no.
«Sai cosa? Dobbiamo svagarci! Dobbiamo prendere in mano la nostra età e non pensarci su! Siamo troppo riflessive. Si! Un po’ di aria fresca e nuove esperienze in allegria ci faranno bene!» Aveva ragione obiettivamente ma la Corvonero non era nella posizione di riuscire ad ascoltare davvero quelle parole, riuscire a capire quel discorso. Il panico, sordido infame, stava prendendo possesso di ogni suo pensiero e reazione mentre la vista finalmente tornava riducendosi ad un’unica macchiolina scura nel suo campo visivo. Il suo sguardo vagò notando con orrore i volti diretti girati nella loro direzione ed in quella del ragazzino che si stava schernendo scattando altre foto di chissà quale incomprensibile scoop. Mandò giù il groppone.
«N-ne riparliamo.» Balbettò afferrando la sua tracolla. «Scusami Rose, non mi sento tanto bene.» Con movimenti scattosi infilò in spalla la borsa ed alzandosi di scatto fuggì via dalla sala in cerca del suo confortevole silenzio.CITAZIONECONCLUSA..