Million reasons

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  1. -Nox-
     
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    Nathan Knox | III | Grifondoro


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    Rischiare, il senso della vita. Qualcosa a cui lui non era mai stato avvezzo, così comodo nel rimanere nell'ordinario, così prudente in ogni aspetto che lo riguardasse, osare avrebbe significato mettersi, in un certo qual modo, in pericolo, accettando anche il rischio del fallimento. Era pronto? No, nessuno era mai pronto a fallire, ma non tentare di perseguire un'idea, un sogno, o persino una persona, avrebbe voluto dire che niente di tutto questo valesse abbastanza o che, ancora più probabile, fosse lui a non valere niente. Per anni, e la cosa lo faceva ancora sorridere, si era lamentato della mancanza di libertà che i suoi genitori gli imponevano, di quanto si sentisse oppresso sotto certi aspetti, di come non fosse autonomo nel prendere le proprie decisioni per sottostare alle loro, di come gli tarpassero le ali, anche se senza cattiveria, decidendo cosa fosse giusto per lui. Ora, che di libertà ne aveva quanta ne voleva, ne era solo spaventato. Non aveva più quella fune di costrizioni di cui lamentarsi, da colpevolizzare nel non riuscire a fare qualcosa che desiderava, adesso che era indipendente era obbligato a prendere decisioni e, proprio quelle volontà, comportavano dei rischi che doveva essere pronto ad affrontare. L'angoscia di non riuscire a raggiungere ciò che si desiderava era sempre li, presente e costante, qualcosa con cui fare i conti ogni sera fissando i tendaggi che ricoprivano il letto a baldacchino che occupava, pronta a tenerlo sveglio la notte e a renderlo stordito durante il giorno. Nathan era stanco di tutto questo, il carico di aspettative di cui si circondava era proprio quello che lo spingeva verso la paura del fallimento, ed era arrivata l'ora di dire basta, di smetterla di pensare al futuro e godersi un po' più il presente facendo solo ciò che aveva voglia di fare, lasciandosi andare e seguendo la strada che, d'istinto, sentiva di voler percorrere, anche se questo avrebbe fatto storcere il naso ad un'amica che, sospirando sconsolata, non faceva altro che preoccuparsi per lui.
    Quelle di Grace non erano parole gentili né lusinghiere, e non era facile neppure per lui mantenere la calma di cui era solito munirsi, ma capiva perché lo stesse facendo. Lo vedeva dal modo in cui la Grifondoro si preoccupava per la sua amica, Halley, da giorni ridotta al fantasma di se stessa. La Johnson era così, si preoccupava per gli altri anche a costo di dover essere dura e lapidaria, brutalmente onesta nel dire le cose, forse proprio per svegliarli e fargli aprire gli occhi su quelle che, per lei, erano scelte discutibili. La speranza, ora, era che lo stesse facendo con lui per lo stesso motivo, perché ci teneva, e non solo per l'avversione che provava verso Rain. Se fosse stato quello il motivo per cui lo faceva, perché teneva a lui, allora avrebbe potuto accettarlo, sorridendo di quella crudezza che solo una vera amica poteva permettersi. Tutti meritavano un'amica che li proteggesse come faceva lei, persino da se stessi a volte, Halley era fortunata ad averla, e confidava che persino lui potesse ritenersi tale
    -Davvero, l'ho capito che non ti sta simpatica- mise di nuovo le mani avanti notando tutte le espressioni che passavano sul volto della compagna e rendendo eloquente quale fosse il suo pensiero a riguardo -Non ti sto chiedendo di fartela piacere, ma puoi darle almeno il beneficio del dubbio?- e magari scoprire che, com'era successo a loro poco prima, tra lei e la Serpeverde potevano esserci stati solo dei grossi malintesi. Magari avrebbe potuto vedere un nuovo aspetto della rossa. Magari avrebbe potuto vedere parti di lei che le accomunavano. Magari, magari, magari. Tutte ipotesi che si abbarbicavano nella sua mente e che si auguravano un lieto fine in cui tutti, seppur in ruoli differenti, potessero fare parte di quella che era la sua vita.
    Tutto un altro paio di maniche era, invece, il discorso su Victoria. Come avrebbe potuto immaginarlo? Le occasioni per fare conversazioni erano state poche e, lui, trovava sempre sconcertante che qualche ragazza potesse dirsi interessata proprio alla sua persona. Con le orecchie a sventola ed il naso a patata, timido, impacciato, anche noioso sotto tantissimi punti di vista, non capiva l'attrattiva e, ragazze sveglie e spigliate come Vic o la stessa Rain, presto o tardi se ne sarebbero accorte
    -Va bene, farò come dici- il rossore evidente su tutto il suo viso era un chiaro segno di quanto quell'informazione lo avesse preso di soppiatto, una doccia gelata ripensando al modo in cui si era allontanato con un'altra proprio davanti a lei -Ho fatto un casino, vero?- imperdonabile. Una mancanza di tatto che non si sarebbe dovuta ripetere. Accettò il suggerimento di Grace, anche perché non avrebbe davvero saputo cosa dire per scusarsi dell'accaduto.
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    -Davvero- sorrise di nuovo all'amica che, tuttavia, non sembrava affatto in vena di scherzare. Si alzò, abbandonando la posizione e prendendo a vagare per la stanza circolare con le mani nelle tasche, osservando le mappe celesti incantate e perdendosi in quelli che erano i suoi pensieri.
    -Mi piace- ripeté di nuovo come se non lo avesse fatto a sufficienza -Mi diverte, mi fa pensare a lei, mi fa sentire cose che non credevo nemmeno più di riuscire a provare- si voltò di nuovo verso la biondina ora con sguardo serio e appena abbattuto, togliendo le mani dalle tasche ed allargando appena le braccia, -Grace, io non ho niente- gli arti tornarono a cadere lungo i fianchi -Quando non sono qui, passo il tempo in una casa deserta che ho riempito di eleffrodomestici, e quando sono con lei riesco a non pensarci- sorrise ancora nonostante il peso di quella rivelazione, avvicinandosi di nuovo alla ragazza e sedendosi nel posto che aveva da poco abbandonato. Era divertente vedere come scattasse sulla difensiva ogni qual volta venisse nominato il suo ragazzo, anche se non parlava il suo corpo lo faceva per lei e, finché fosse stato così, avrebbe voluto dire che le cose, tra loro, andavano bene. Non era male quel ragazzo, ne aveva avuto un sentore quell'unica volta in cui era riuscito ad averci una conversazione, anche se alle sfortunate spese della ragazza li presente. Ciononostante, non era un ragazzo di facile interpretazione, non era il tipo di persona che spandesse sorrisi e grandi gesti verso il prossimo, e forse aveva le sue ragioni, come era possibile che altri si facessero un'idea sbagliata su di lui. Non era possibile che, Grace, si stesse sbagliando su Rain? La Scamander non aveva un carattere semplice e, al contrario di Mike, si faceva sentire apparendo, spesso, nel modo sbagliato. Ma Nathan sapeva che era apparenza, era il muro che lei stessa aveva ammesso di mettere, il suo modo di tenere gli altri a distanza, lui ne era a conoscenza e per questo riusciva a vedere qualcosa che non era destinato ad essere per i più, si sentiva un privilegiato per questo e, per tale motivo, non poteva avercela con la Johnson per l'idea che si era fatta della ragazza che occupava i suoi pensieri. Non poteva biasimarla, quella era l'idea che Rain stessa voleva creare nel prossimo. O forse era lui, accecato da ciò che sentiva, a non avere un quadro obiettivo. La verità, come sempre, stava nel mezzo, ma era disposto a correre il rischio questa volta, nonostante le allusioni che nemmeno Grace si risparmiò verso la rossissima Serpeverde che, oramai, si era fatta una certa pubblicità negativa
    “Nate..” lo sguardo cercò quello della ragazza, osservandola con occhi speranzosi e desiderando solo ricevere una risposta opposta a quella che, invece, ottenne. Era chiaro ciò che Grace voleva dirgli, ma non sapeva nemmeno come prenderla. Non aveva idea di che rapporto ci fosse stato tra Rain e il bestione imponente di Serpeverde, o quale avessero ancora, non era un argomento di cui avessero mai parlato, “Sta attento con lei, non voglio tu ti faccia male ma dovevi saperlo” annuì, abbassando lo sguardo ancora una volta sulle proprie mani che avevano preso a tormentarsi
    -Beh, non è la mia ragazza- ammise quasi stesse ragionando ad alta voce ed era vero, non avevano mai chiarito quale fosse la natura del loro rapporto, mai parlato di esclusiva o altro per quanto per lui fosse impensabile, almeno per quel momento, immaginarsi con qualcuna che non fosse lei -Non credo si possa parlare di fedeltà, anche se certo non mi farebbe piacere-. La sola idea di vederla con qualcun altro, questa volta per davvero e non come la situazione del falò, gli faceva rigirare il fegato. In quel caso, cos'avrebbe fatto? Avrebbe messo un punto a quella storia, se così si fosse potuta definire, o avrebbe provato a combattere per tenersela? Non era una domanda a cui dare una risposta semplice e, finché non ci si fosse trovato, non lo avrebbe mai saputo -Però la colpa è anche mia che non ho mai chiarito la situazione, dovrei farlo?- certo che avrebbe dovuto, ma la risposta avrebbe potuto essere difficile da affrontare. Tornò ad osservarla, gli occhi sereni nonostante il tormento interiore che lo divorava, fantasticando su quale fosse ora l'opinione che lei avrebbe potuto avere di lui ora che era a conoscenza di quella faccenda -Devo dire che mi fa piacere avertelo detto. E grazie, per essere stata sincera, non deve essere stato facile- sollevò un angolo della bocca prima di abbandonarsi contro la parete alle sue spalle, trovando un sostegno, per poi sospirare. Aveva tanto su cui riflettere.
    -E tu invece? Qualche novità?- lo sguardo si fece più furbo -Come vanno le cose? Ancora in Luna di miele?- le sopracciglia scattarono un paio di volte verso l'alto in un chiaro riferimento al suo bello e misterioso, era giunta l'ora di parlare di qualcosa di più piacevole per la biondina che aveva avuto la pazienza di starlo a sentire. E poi ci stava prendendo gusto ad informarsi sui fatti del castello, soprattutto se riguardavano le persone a cui teneva di più.

     
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