Una carezza. Un piccolo gesto, delicato, capace di racchiudere quell’intimità di cui si erano nutriti, entrambi, per lungo tempo. Un’intimità, oramai, lontana ma impossibile da estirpare dalla mente senza che, quest’ultima, subisse un grave danno.
Perché? Perché di quel tuffo al cuore inspiegabile? Gli occhi della Wheeler si inumidirono, minacciando di lasciarsi andare a un pianto irrefrenabile, normale conseguenza di quel senso di oppressione che sentiva a livello del petto, indotto dalla lettura di quella lettera. Tra le sue righe aveva scorto quella fragilità che Kai non aveva mai mostrato, fingendo indifferenza verso quel mondo che, lentamente, lo stava portando verso la
fine. No, non poteva accettare il fatto che buttasse la sua vita, così, come se non avesse nessun valore, dando per scontato di essere
solo. Un brivido le percorse per intero la colonna vertebrale, portandola a stringersi ancora di più a lui, in quell’abbraccio che aveva tutta l’aria di essere
l’inizio della fine. Nessuna parola, nessun commento fuori luogo. Niente di niente, solo un assordante silenzio. Il
silenzio era calma, tranquillità e assenza di suono capace di turbare internamente gli animi più inquieti. In parole povere:
la perfezione nella quale, Halley, riusciva a scorgere più risposte di quelle che avrebbe dato una volta messo alle strette. Anche il cielo versò le sue lacrime mentre, in lontananza, si udì un tuono soffocato da quell’atmosfera nembosa. La Grifondoro alzò lo sguardo cercando quello del ragazzo, così da potersi trovare apertamente faccia a faccia, così da poter fare i conti con le loro emozioni, una volta per tutte e, nel farlo, nessuno dei due si prese la briga di porre una distanza tra quei corpi che sembravano richiamare l’estremo bisogno di contatto umano. Interminabili istanti che la riportarono per un instante a quel giorno ad Hogsmeade quando, Kai, aveva poggiato per la prima volta le labbra sulle sue, strappando le sue certezze una ad una. Due passi indietro, infransero quell’immersione nel passato, riportandola al triste presente e non nel migliore dei modi.
”Halley…” Quella voce rotta dalla sofferenza, le fece uno strano effetto. Era la prima volta che l’anima di Parker se ne stava lì, completamente a nudo, davanti a lei che non aveva fatto altro che procurargli ferite, sin dal primo giorno che le loro strade di erano incrociate più di un anno prima.
”Non ci parliamo da mesi…” Halley abbassò gli occhi colpevoli verso il pavimento oramai zuppo dall’insistente pioggerella che giungeva per traverso, rendendo inutile la tettoia che sovrastava il ponte sospeso. Erano stati mesi infiniti, durante i quali i sensi di colpa l’avevano attanagliata a tal punto da sentirsi sopraffatta e inerme davanti a quella sensazione più grande di lei. Sostenere il suo sguardo, quindi, divenne difficile, se non impossibile.
”… irrompi qui, come un fulmine a ciel sereno…” Come poteva anche solo lontanamente pensare che, dopo il ritrovamento di quella lettera, lei, potesse proseguire per la sua strada, fingendo un’indifferenza che non vi era nei suoi riguardi.
”… e mi chiedi di parlarti di quello che mi succede?” Un rimprovero meritato pienamente, in tutto il suo disappunto ma, di certo, non l’avrebbe forzato a dire qualche cosa contro la sua volontà. Triste. Il legame che intercorreva tra i due ragazzi, oramai, si era dissolto ma, la mora, non era tipo da darsi per vinta. Riacquistò terreno e si posizionò lì, proprio davanti a lui, spogliata di ogni traccia di supponenza, guardandosi bene dall’avanzare diritti che non vantava più da tempo, oramai.
“Hai ragione.” Commentò semplicemente. L’aveva deluso e nessuna parola o scusa poteva ribaltare la situazione a suo favore, come avrebbe voluto.
“So che non risulterò mai più credibile ai tuoi occhi ma…” Si interruppe bruscamente, cercando le parole adatte che riuscissero ad esprimere alla perfezione il concetto.
“Voglio che tu sappia che mi sei mancato.” La sua presenza, il suo essere enigmatico, i suoi modi di fare che tanto differivano da quelli primitivi di David, i loro battibecchi. Fattori importanti che, però, aveva ingenuamente lasciato da parte per poi scontrarsi con la certezza di avere perso tutto quanto. Per cosa? Questa domanda, ancora, rimaneva senza risposta.
”Sei tornata da me perché ti faccio pena?” Le mancò il respiro mentre scrutava quegli occhi scuri, vuoti e imploranti.
“Sono tornata perché, nonostante tutto, ti voglio bene, Malachai.” Nessuna frase di circostanza. Dalle sue labbra uscì solamente quello stralcio di verità che niente e nessuno avrebbe mai potuto cambiare. Sospirò, ignara della reazione che quelle sue rivelazioni avrebbero suscitato il lui. Si sentì, improvvisamente, svuotata come se ciò che era rimasto lì, latente, fosse svanito in seguito alle sue parole donandole un senso di leggerezza che, probabilmente, non sarebbe durato così a lungo, contrastato da un risentimento fondato su basi solide e non di certo su supposizioni campate in aria.
”… io non valgo nulla. Che fosse giunta l’ora di zittirlo? Quella marea di stronzate gli stavano, letteralmente, annebbiando quella mente brillante che un tempo gli avrebbe suggerito di andare oltre a quella parvenza di depressione che, in quello specifico momento, provava sulla sua pelle. Lo ascoltò, senza dare sfogo al suo rammarico nel sentirgli dire quelle cose ma poi, un particolare catturò la sua attenzione. Una frase che, se analizzata a dovere, si riscontrava essere rivolta
anche a lei.
“No.” Intervenne in quel monologo, senza dargli il tempo di aggiungere altro a quel mucchio di fandonie.
“Io ho distrutto il nostro rapporto.” Non poteva sapere del resto della storia, quali altre persone lo avevano lasciato solo, voltandogli le spalle ma se lì, in quel luogo, vi era un colpevole di certo non si trattava di
lui.
“La colpa è solo mia. Non ho pensato alle conseguenze che le mie azioni avrebbero avuto su di te.” Da quando era diventata egoista?
“Non ho capito fino a che punto ci tenessi a me.” Non l’aveva capito per il semplice motivo che non aveva prestato attenzione alle piccole cose, lì, proprio davanti al suo naso.
“Sono una persona orribile.” Una persona che nulla aveva a che fare con la vecchia Halley, quella che lui aveva imparato a conoscere in seguito a svariati episodi.
“Non posso tornare indietro e non ti chiederò neanche di perdonarmi.” Sentiva il desiderio di piangere, soprattutto a causa degli ultimi avvenimenti che l’avevano terrorizzata a morte, mettendo in discussione ogni cosa e cambiando le carte in tavola.
“Ma ti prego. Perdona te stesso.” Fai pace con la tua anima. Lì, dentro di lui, da qualche parte, doveva esserci quel briciolo di salvabile, sul quale fare leva per darsi una spinta.
“Non sei solo.” Replicò, azzardando l’ennesimo gesto per evidenziare la sua presenza, al suo fianco. Gli prese la mano, prima di voltare lo sguardo verso quel cielo che, ancora, non aveva smesso di piangere davanti a quelle confessioni intime e delicate.
“Il futuro è nelle nostre mani, questa è l’unica certezza che possiamo avere.” E gli errori arricchivano l’esperienza, così da non doverli ripetere.
“Tua sorella ha bisogno di te…” Dalle sue poche righe si evinceva che, quella povera ragazza, doveva essere disperata dopo essere venuta a conoscenza di quella sventata tragedia.
“… io ho bisogno di te.” Terminò, come se l’ultimo concetto fosse una sorta di ancora di salvezza. Distolse lo sguardo che, fino a quel momento era stato puntato in modo indefinito al di là di quegli ammassi di nuvole temporalesche, e lo portò dritto in quello di Kai.
“Non farlo.” L’ultimo sussurro.