La sua vita non era mai stata il massimo. Un padre svanito nel nulla, una madre succube del suo secondo, caro, marito e la sua sorellastra, tutto fumo e nient’arrosto la quale, però, vantava tutte le attenzioni materne che, oramai, non contavano neanche più. Si era ritrovato, da un giorno ad un altro, a doversela cavare con le sue stesse forze, come fosse un bambino sperduto nelle mani di un futuro incerto ma, in fondo, quale poteva essere l’alternativa? Vivere in un nucleo familiare che, palesemente, non riusciva ad accettarlo, etichettandolo come la pecora nera di casa, solo per il fatto che non riusciva ad integrarsi in quella atipica mentalità spacciata dal Signor Rosier, padre della più fortunata Lorelei. Non appena raggiunse l’età, il giovane Lennox, aveva spiccato il volo, abbandonando la sua vecchia routine, alla ricerca di qualche cosa che potesse spronarlo e catturare definitivamente la sua attenzione, trovando così un’opportunità nel quidditch. Tutte queste incertezze, quindi, avevano comunque fatto in modo di provocare in lui timore, soprattutto nei riguardi di ciò che lo aspettava in un domani. Apparenze, quindi. Non bastava la sua stazza da cacciatore provetto e quell’aria da chi credeva al cento per cento nelle proprie qualità. No, per niente.
”… la definirei orribile.” Come darle torto. Rompersi le ossa, di certo, non rientrava nelle esperienze che si vorrebbero rivivere assolutamente. Eppure, volere o volare, si era ritrovato innumerevoli volte, disteso su quel fottuto lettino in infermeria a sperare che i suoi arti non subissero danni permanenti. Ahhh, che bei ricordi. La ascoltò attentamente mentre cercava di elencargli tutto ciò che avrebbe preferito al dolore. Sul volto dell’uomo comparve un sorriso sincero. Tutto ciò a cui aveva accennato Rose, da che ne avesse memoria, non era mai stato preso in considerazione da lui. Troppo oggettivo, troppo concentrato sui suoi problemi per fermarsi a godere anche del più piccolo istante di felicità.
”Mi scusi! Troppo smielato!” Si passò una mano tra i capelli, giungendo a grattarsi la nuca. Chi era lui per giudicare se i suoi pensieri fossero davvero troppo smielati? Da quel che poteva osservare, la Tassorosso, appariva come una ragazza sensibile, attenta ai sentimenti altrui ma, in fin dei conti, non possedeva abbastanza informazioni su di lei per sbilanciarsi e quindi? Rimanere sul vago sembrava essere sempre la soluzione migliore.
“Non direi.” Esordì con un tono che voleva essere rassicurante ma, allo stesso tempo, anche desideroso di comprendere di più su ciò che aveva appena proferito.
“Le piace leggere?” Domandò, semi convinto che la risposta sarebbe comunque stata affermativa.
“Mi sta dicendo di essere fan della bene amata primavera?” Che per lui voleva dire solo
allergia, Merlino era così ingiusto, per la miseria.
”E lei?” Sensazioni migliori. Cercò rapidamente di scavare nella sua testa, lì, proprio dove aveva archiviato i suoi ricordi più profondi, oramai abbandonati da troppo per essere freschi. Da quando aveva accettato la cattedra di Volo, ad Hogwarts, Seth non aveva troppo tempo da riservare alle attività che, normalmente, trattava prima della sua vita al castello. La sua vita si era ridotta ai minimi termini: lezioni, partire di quiedditch e casa, come un vero uomo pronto a mettere su famiglia.
Ma non scherziamo, non sai badare a te stesso! Che triste verità. Si ritrovava solo al suo rincasare ma, nonostante ciò, non riusciva a sentirsi incompleto, avendo costruito mattoncino per mattoncino tutto ciò che era diventato.
“Credo di essere una mente semplice, mia cara!” Amara realtà o fortuna? Dipendeva dai punti di vista.
“Amo vincere!” Già, forse in maniera del tutto patologica.
“Quando la mia squadra vince, beh, sto bene!” Aveva l’idea di essere parte di un tutto, all’interno del quale, ogni membro si trovava al pari dell’altro. Ed ecco il segreto della loro coesione. Il poter contare l’uno nell’altro, senza riserve. Una seconda famiglia che, per quel che gli riguardava, aveva preso il posto di quella ufficiale, spodestandola drasticamente. Da quanto non vedeva sua madre? Mesi? Forse un anno? Visto dall’esterno poteva sembrare un qualche cosa di vergognoso ma conoscere gli avvenimenti, sembrava dovuto prima di esprimere qualsiasi parere. Per questo motivo, il professore, aveva preferito far vivere il prossimo nel mistero, senza raccontare quali fossero le sue origini.
Lo vedeva nei Grifondoro. E come poteva essere il contrario? Aveva vissuto per quel dannato emblema. Nel bene o nel male, finché morte non li avrebbe separati. Perché, no, anche dopo la chiusura della sua avventura accademica, Seth, non aveva mai smesso di far parte di quella allegra combriccolo e, ancora oggi, dopo tanto tempo, riusciva ad immedesimarsi con i loro modi di affrontare gli ostacoli e/o disavventure sul loro cammino.
“Perché dice questo?” Domandò serio. Quella sua bassa autostima urgeva di essere elaborata a tal punto da spingerla al di là di quelle assurde credenze che si era cucita addosso, come se fossero realtà.
“Non crede di essere estremamente critica verso è stessa?” Davvero eccessivo. Certo, entrare nelle grazie di tutti non era matematica possibile ma da lì ad affossarsi da soli, beh, ne passava d’acqua sotto al ponte.
Pozioni? Una bella gatta da pelare. Non aveva mai brillato in quella materia ma, dopo i primi anni, si era abituato a sezionare cadaverini insignificanti e, doveva ammetterlo, mescolare qua e là ingredienti dalla dubbia provenienza, da un certo grado di assuefazione, anche se l’odore che caratterizzava quella dannata aula era, da sempre, nauseabondo.
“Affatto. Questa disciplina ha quel non so che di affascinante!” E non sapeva davvero cosa, effettivamente. I suoi risultati erano stati davvero una sorpresa. Nessuna materia aveva lasciato a desiderare e grazie a questo, si era convinto di essere in grado di cavarsela da solo.
”… ma all’atterraggio sono quasi svenuta, eh!” Ahia. Brutta storia. Doveva avere un grandissimo problema con il volo anche se, diciamoci la verità, cavalcare un Thestral non era propriamente la stessa storia.
“Sfortunatamente no.” L’impegno era sempre ben apprezzato ma, al contempo, ognuno si trovava a fare i conti con i propri limiti in sospeso.
“Però si è messa in gioco. Questo non l’ha resa almeno un po’ fiera?” Avrebbe dovuto esserlo ma un votaccio, spesso, oscurava ciò che di buono era stato estrapolato da una data esperienza.
”Vuole che mi monti la testa?” Un po’ di sicurezza in più non sarebbe gustata.
“Sa? Non mi sembra proprio il tipo da lasciarsi incantare da qualche lusinga. Sbaglio?” E comunque non avrebbe smesso di dire la sua, anche se questo si fosse rivelato essere una verità scomoda. Ma, fortunatamente, sembrava essere tutto in una linea positiva.
“Si goda uno dei mie pochi momenti modesti! Non saranno molti.” Scoppiò in una fragorosa risata.
“In ogni caso, non sarà sola.” L’avrebbe aiutata a superare le sue paure, con metodi adatti, senza trascinarla con la forza su quel manico di scopa.
Pix. Solito piccolo stronzetto dall’inquietante senso dell’umorismo.
“Sempre stato uno stronzo!” Da quando era ragazzino. Certo, non aveva mai avito modo di divenire una sua vittima ma, per sentito dire, non vi era nulla di simpatico in lui.
“Non si preoccupi. Se si metterà sulla nostra strada, assaggerà la mia ira funesta!” Ovviamente stava scherzando, pareva più un cucciolo di labrador per come si presentava ma, con un po’ di impegno, avrebbe tirato fuori il lato più oscuro di sé che già una volta l’aveva tentato.
Il discorso si spostò sulla sua richiesta di mantenere il riserbo sulle sue lezioni private e, Seth, non poté fare a meno di rimanere dubbioso.
“Certamente. Vedrà che sarà fiero dei suoi progressi, alla fine!” Un giorno o l’altro, chissà, anche i cuori di ghiaccio prima o poi si sarebbero sciolti. No? Beh, si trattava pur sempre di White. Nutriva ben poche speranze. Ops.
La Signorina White si strinse al suo braccio, mossa da quello che era stato un rumore appena percettibile, lascinadolo di stucco. Sì, l’aveva udito indistintamente. Si voltò in quella direzione, preoccupato quel tanto che bastava ma mantenendo la sua solita aria imperturbabile.
“Ho sentito.” Forse era stata colpa di qualche animaletto scappato al proprietario.
“Che facciamo? Andiamo a vedere?” Domandò retorico, nonostante sapesse che si trattava del suo sporco lavoro.
“Spero solo non siano dei ragazzini intenti ad amoreggiare.” Eppure, spesso, accadeva anche quello.
“Non vorrei che mi bloccassero la digestione!” Sempre terra a terra.