Stage Divingwith Marshall.

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    Grifondoro
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    Quattro minuti e undici secondi. Grace non ce l’aveva fatta a rimanere lì sul palco o ai piedi dello stesso ad aspettare di cogliere il frutto delle settimane, giorni su giorni, di studio. Aveva paura e ciò che aveva fatto era un livello di esposizione che non avrebbe mai immaginato di azzardare per una persona. Il punk-rock non era nemmeno il suo genere preferito, lo ascoltava sì, ma generalmente lo faceva quando era arrabbiata e la grinta delle voci e delle chitarre riuscivano a darle la giusta carica per mettere in prospettiva. Ciò che amava andava più lento come le melodie delicate di una ballad che concentravano tutto il loro potere nelle parole. Quello amava ma si era convinta che Mars non avrebbe potuto apprezzarlo, non in quel momento. Grace doveva parlare la lingua del Tassorosso poiché spronarlo a parlare la sua non era servito a niente fino a quel momento. Così aveva cominciato ad andare appena fuori dai confini del castello, lì dove il campo del cellulare babbano prendeva nuovamente e si era messa ad armeggiare con spotify, l’applicazione che utilizzava – offline entro i confini del castello – per ascoltare musica e aveva studiato. Si era messa a confrontare i testi, i ritmi, uscendo da quella che era la sua comfort zone nel tentativo di fare breccia nel biondo. Era un azzardo, un totale azzardo vista la stoicità con la quale Marshall la evitava ma doveva farlo. Quella era la sua ultima spiaggia, l’ultimo tentativo. Era quindi uscita dai suoi schemi, dalle costruzioni mentali perché sapeva che dopo la doppia cocente delusione che gli aveva servito, il ragazzo, non avrebbe accettato nulla di meno. Ci aveva provato, eccome se lo aveva fatto, attraverso i messaggi o semplicemente sedendosi alla loro panchina della ricreazione in attesa che il ragazzo decidesse di raggiungerla a chiarirsi ma il Tassorosso aveva scelto la via del silenzio, dell’indifferenza e a Grace quell’indifferenza aveva scoperto pesare più di ogni altra cosa. Aveva accettato il modo in cui era andato il ballo, si era persino fatta scivolare di dosso la presunzione con la quale si era posto quel coglione di David Harris e ultima tra tutte ma non per importanza e non perché l’avesse affatto superata, c’era stata l’umiliazione del tutto gratuita di Michael. Tante cose, forse troppe, ma alla quale la Grifondoro non avrebbe badato se alla fine di quel tunnel vi avesse trovato nuovamente sorridente e solo per lei Marshall. In quell’indifferenza Grace aveva scoperto, capito e coltivato quel sentimento che aveva iniziato a provare per il Tassorosso capendo quanto avesse dato per scontato la sua bontà, la sua presenza trovandosi poi a dover affrontare una mancanza cocente. Era come se il sole le fosse stato sottratto. Era stata quella perdita a farle realizzare quanto contasse per lei la leggerezza che Mars riusciva a darle ed il modo semplice, naturale e cristallino con la quale – quando non litigavano – riuscivano a comunicare in più l’attraeva anche esteticamente.
    Eppure, era riuscita a sbagliare, non capiva bene come e perché l’avesse presa in quel modo ma ciò che sapeva era che dovevano quantomeno riuscire a parlare, chiarirsi soprattutto, ora che non c’erano più complicazioni poteva lasciarsi andare e dirgli, senza censure – o almeno questo si era prefissata – come stavano le cose. Poi avrebbe potuto decidere se cancellarla o meno. Dopo. Almeno il beneficio del dubbio poteva darglielo, no? Quattro minuti e undici, la durata di Always dei Blink 182 canzone che aveva scelto, senza saperlo, al primo ascolto. Era stato un lavoro abbastanza lungo il suo, certosino quasi. Avrebbe preferito usare qualcosa della sua band preferita, decisamente più lenta ed emotiva ma non era sicura che sortisse lo stesso effetto. Marshall suonava quel genere, era una rockstar, doveva comunicare in quel modo lì. Doveva costringerlo ad ascoltarla. Senza non detti questa volta, senza metafore con la quale avrebbe corso il pericolo di fraintendere. Chiaro, inequivocabile. Let me hold you, touch you, feel you. Diretto come mai lo erano stati tra loro forse troppo spaventati dalla reazione dell’altro per tentare quel salto nel vuoto che sembrava inevitabile: tutto (con te) o niente (nemmeno amici). Alla fine, aveva selezionato tre canzoni. Una l’aveva tenuta per sé, più oscura, adatta ma allo stesso tempo troppo rivelatrice della vera sé che portava dentro. Delle paure, dei dubbi e delle oscurità che teneva segrete al mondo. Quella, I miss you, sarebbe rimasta custodita in un cassetto in fondo al cuore e chissà, magari un giorno gli avrebbe spiegato cosa rappresentava se tutto fosse andato come pregava. E poi ad Halley ne aveva presentate due. La Grifondoro si era subito espressa confermando i suoi gusti e ora era lì, seduta sulle gradinate del locale mentre cercava di tenere il tempo – quanto era passato? Due minuti? – per cercare di capire, giustificare, prevedere il possibile arrivo del ragazzo. Se non lo vedo entro dieci minuti... Marshall le avrebbe dato la sua risposta definitiva e lei avrebbe dovuto fare i conti con sé stessa facendo quanto in suo potere per farsi passare quella cotta a senso unico. No è presto. Pensò, sperando ma allo stesso tempo confondendo oramai i secondi. Forse la canzone era in procinto di terminare o forse no... Affondò le dita nei capelli scombinandoli mentre poggiava la fronte agli avambracci. «Ti prego... Esci, Mars esci, esci!» Era raggomitolata su sé stessa cercando di tenersi insieme, giocando a fare l’equilibrista sul filo del rasoio mentre ciò che pensava essere tutto il suo mondo, quanto di più importante ci fosse, veniva messo in discussione. Le veniva da piangere, sopraffatta da tutte le emozioni che si erano susseguite in così breve tempo. Un rollercoaster di cui ancora era lontana la fine. Sussurrava contro le sue mani, gli occhi chiusi, stretti, mentre manifestava con intensità il suo desiderio quasi come se, se lo avesse desiderato intensamente, allora si sarebbe realizzato. Tre minuti? Cinque? Quanto era passato? Ogni istante era un’agonia di angoscia, ansia, un passo più vicina al fallimento.
    «Grace...!»
    La porta alle sue spalle si aprì sbattendo dandole uno scorcio del ritornello che ancora suonava al piano inferiore. La canzone non era ancora terminata. Era lì, Marshall era lì! Era sbalordita. Meccanicamente si alzò dalle scale sistemandosi gli abiti, guardandolo con sorpresa. Era lì. Aveva il fiato grosso. Aveva corso da lei! «Io...» Ma che poteva dire adesso? Ecco questo non lo aveva preparato e ora si pentiva di non aver studiato anche quella parte del piano per non sembrare un’idiota. «Non ti arrabbiare. Io non sapevo come parlarti. Tu non… I messaggi. Tu non ti presentavi più al cambio. I-io non sapevo come parlarti. Dovevo dirtelo… dovevo. Spero di non averti messo in ridicolo…» Com’era finita a giustificarsi per una dedica?
     
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    Mars Carter-Johnson

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    I've been here before a few times/And I'm quite aware we're dying. Mars non era mai stato bravo con le relazioni. Come tutti i ragazzi della sua età, aveva sempre preferito non creare troppi legami, un po' per via del fatto che non sostava in un posto per più di tre giorni e un po' perché esser diventato padre all'età di 17 anni lo aveva scosso più di quanto non volesse ammettere. Così, nonostante aver trasformato la sua passione in musica lo avesse favorito parecchio nei rapporti col gentil sesso, gli era capitato raramente di provare un trasporto abbastanza forte da spingerlo ad indagare i suoi sentimenti per qualcuno. E se era accaduto, ben poche volte nel corso degli anni, le cose si erano subito complicate fino a spingerlo a lasciar perdere. Almeno finché non aveva conosciuto Grace Johnson. Qualcosa, di lei, lo aveva catturato al punto da non poter fare a meno di trascorrere quei brevi ritagli di tempo che entrambi erano stati bravi a ricavare tra una lezione e l'altra per chiacchierare. Parlavano, parlavano e basta e, senza nemmeno rendersene conto, si erano avvicinati finché, forse troppo spaventati per fare il passo successivo, avevano rischiato di mandare tutto a puttane. And your hands, they shake with goodbyes/And I'll take you back if you'd have me. Rischiare di perderla si era trasformato in qualcosa di immensamente concreto dopo la notte di capodanno, quando lui aveva deciso di fare quel passo e superando le sue insicurezze l'aveva baciata. Aveva sperato che quel gesto così istintivo e autentico potesse convincere la Johnson a dargli una possibilità e negli istanti in cui le labbra dell'uno erano rimaste incollate a quelle dell'altra, Mars aveva creduto davvero che tra loro ci fosse veramente qualcosa di speciale, ma ben presto la realtà dei fatti gli era crollata addosso e quando l'altra gli aveva detto di avere delle cose in sospeso con Michael Harris, il biondo si era sentito nuovamente di troppo. Una sensazione che lo aveva portato inesorabilmente lontano dalla ragazza. Una decisione, quella di starle distante, che aveva preso impulsivamente, ma che - malgrado fosse stato bravo a nasconderlo persino ai suoi amici più stretti - lo aveva fatto soffrire e gli aveva fatto passare parecchie notti in bianco. And I'll miss your laugh, your smile/I'll admit I'm wrong if you'd tell me. Dalla notte in cui si erano separati, infatti, la Grifondoro era diventata il suo pensiero costante. Non avevano trascorso tantissimi momenti insieme, ma nella sua testa Mars li riviveva instancabilmente: dal loro primo incontro fortuito, in cui lui le aveva rubato uno stupido biscotto e lei gli aveva urlato dietro una qualche lamentela, fino all'ultima sera in cui si erano lasciati malissimo. Quei quarantanove giorni senza Grace erano stati terribilmente vuoti, e non c'era stata medicina che fosse riuscita a lenire il dolore provocato dall'idea che niente e nessuno avrebbe potuto occupare il posto che la ragazza si era scavata nel suo cuore. I'm so sick of fights, I hate them/Let's start this again, for real. Più di una volta aveva pensato di lasciarsi tutti gli errori alle spalle. Ne avevano fatti entrambi e lui sapeva di avere la sua parte di colpa se Grace aveva deciso di consolarsi in braccia che non erano le sue. Il fatto era che l'idea di condividerla con qualcuno che la vedeva nello stesso modo in cui la guardava lui gli impediva di riflettere lucidamente. Mars, fino a quella sera, aveva creduto che di quello si trattasse, che Grace gli chiedesse comprensione, che lo rivolesse nella sua vita come amico. Una richiesta che il Tassorosso aveva considerato inconcepibile, un'idea - quella che si era fatta - terribilmente sbagliata. E, se fino a quel momento aveva frainteso le parole di Grace, con la canzone che in quel momento suonava forte nel locale, davanti a tutti i presenti, la ragazza gli aveva finalmente aperto gli occhi. Come on let me hold you/Touch you, feel you, always/Kiss you, taste you, all night, always.
    «Grace...» sussurrò, quando finalmente la raggiunse, fuori dal locale, con ancora il fiatone per via della corsa disperata in cui si era lanciato. La vide alzarsi, spolverarsi i vestiti, come a volerli stirare nervosamente. «Non ti arrabbiare. Io non sapevo come parlarti. Tu non… I messaggi. Tu non ti presentavi più al cambio. I-io non sapevo come parlarti. Dovevo dirtelo… dovevo. Spero di non averti messo in ridicolo…» cercò di dire lei, piuttosto confusamente. «In...ridicolo?» le domandò lui affannato, senza nemmeno cercare di nascondere il sorriso che ormai gli illuminava il volto. Senza attendere oltre, avanzò qualche passo in direzione della ragazza e, senza timore di alcun tipo questa volta, le cinse la vita con le mani. «Sei stata una cazzo di rockstar lì dentro, Johnson.» le fece notare, staccando una mano dal suo fianco solo per indicare il locale alle sue spalle. «Ricominciamo da capo, ti va?» fece, senza però attendere la risposta dell'altra che sperava, per una volta, fosse implicita. «Mi chiamo Marshall, amo rubarti i biscotti e...»...e avrebbe voluto trovare le parole giuste per dirle ciò che desiderava davvero, ma senza averlo premeditato decise che mostrarglielo era dannatamente più semplice. Così, prima che potesse fermarlo, la baciò. Per la seconda volta, nel giro di due mesi circa, schiuse le labbra tra le sue, ma quella volta era pronto. Pronto per cominciare qualunque cosa Grace volesse da lui.
     
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    Grifondoro
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    Marshall era lì, di fronte a lei, e Grace non riusciva a farsi venire in mente assolutamente nulla da dire, o meglio, voleva dirgli centinaia di cose ma non sapeva come farlo senza spaventarlo o, peggio, provocarlo. Aveva bisogno di capire la reazione del biondo a quella dedica, cosa aveva provato sentendo la sua voce? E quando il testo di quella canzone aveva raggiunto le sue orecchie? Conosceva quella canzone? Nella sala le note dei Blink 182 andavano esaurendosi e lei, tremante, si chiedeva quanto avesse ascoltato di quel testo, se fosse sufficiente e se avesse capito cosa stesse cercando dirgli. “Voglio te Mars, te e te soltanto!” Il cuore della Grifondoro batteva a mille mentre torturava con le dita un lembo del vestito all’altezza dello stomaco. Lasciò andare la stoffa spostando l’attenzione delle sue mani alla tracolla della borsetta per tediarla qualche attimo prima di lasciarla andare di scatto per gettarsi in un monologo di scuse piuttosto nervoso e sconnesso rivolto al Tassorosso. «Cavolo, davvero, se ti sei sentito a disagio mi dispiace», blaterò abbassando lo sguardo ai suoi piedi per poi sollevarlo quando, con la coda dell’occhio, lo vide avanzare in sua direzione. Sollevò allora lo sguardo trovando finalmente il Carter-Johnson sorriderle, un sorriso diverso da tutti quelli che si erano scambiati nei loro incontri agli intervalli. Quei sorrisi amichevoli, spensierati, che si interrompevano per distogliere lo sguardo quando il tutto si faceva troppo intimo, le guance leggermente arrossate da quel movimento che scuoteva le membra. Ora lo aveva davanti a lei con quel sorriso che sembrava illuminare a giorno Hogsmeade, un sorriso che andò lentamente riproducendosi anche sul volto della ragazza, caldo, accogliente, suo. «In...ridicolo?» Marshall s’avvicinò ancora, questa volta cancellando del tutto la distanza tra loro. Le posò le mani in vita, quasi a volerle impedire di battere in ritirata come era successo a Londra, la sera di Capodanno, ma Grace non sarebbe retrocessa di un millimetro, non questa volta. Trattenendo il sorriso sulle labbra abbassò di poco lo sguardo lanciando una breve occhiata alle sue mani che la stringevano per poi risollevarlo velocemente. «Sei stata una cazzo di rockstar lì dentro, Johnson» Rise portandosi una mano a coprire la bocca mentre una vampata di colore le arrossiva completamente le guance. «Non credo proprio! Credo di essermi impappinata almeno tre volte», replicò divertita, imbarazzata. Le farfalle nel suo stomaco volavano all’impazzata. «È meglio quando la rockstar la fai tu», gli puntò l’indice sul petto nel punto esatto dove la giacca di pelle borchiata si apriva e, successivamente, quasi fosse la cosa più naturale del mondo, aprì il palmo poggiandosi e sistemandosi sulla sua pelle. «Anche se non ti serve...» non con me. Glielo aveva detto anche a Capodanno, lì glielo aveva proprio ammesso seppur non del tutto intenzionalmente, che a lei piaceva per ciò che era, per la spensieratezza che sapeva donarle e non necessariamente per tutta la parte legata alla sua fama musicale. Quello era un di più, un qualcosa di lui che poteva renderla fiera – nel caso avesse voluto condividere con lei i suoi successi – ma che prescindeva dalla meravigliosa persona che era ai suoi occhi. «Mi chiamo Marshall, amo rubarti i biscotti e...» il sorriso sulle labbra della Grifondoro si fece più luminoso prima di lasciarsi andare in una brevissima risata. Avrebbe voluto replicare che avrebbe preso altri biscotti e che lo avrebbe ucciso, spaccandogli la mazza di Halley in testa, se da lunedì non lo avesse trovato ad attenderlo alla loro panchina del giardino interno ma non ci fu il tempo necessario e d’altronde, quelle, erano chiacchiere superflue. Marshall si chinò e con la stessa naturalezza Grace incontrò il suo viso senza il minimo accenno a timori o a possibili questioni in sospeso e lasciò che lui la baciasse mentre i battiti cardiaci acceleravano all’impazzata scoppiando come i fuochi d’artificio di Londra quella sera. Fu come un vero Capodanno. Tutto ora era perfetto e forse anche il Tassorosso avrebbe capito e percepito la differenza dalla disperazione di quella notte. Grace si aggrappò ancora una volta alla sua maglietta e quando le sembrò di perdere l’equilibrio strinse i lembi della giacca aggrappandosi completamente a lui, beando e godendo di quel bacio tanto desiderato. Ora sì, ora era perfetto e ora era il momento. Tutti i pezzi del puzzle andavano al loro posto combaciando alla perfezione. Non poté fare a meno di sorridere quando percepì la bocca di Marshall allontanarsi dalla sua. «“Nessuno ha detto che potevi andartene”» mormorò contro le sue labbra senza smettere di osservarle, non ne era affatto sazia. Strinse maggiormente i lembi della sua giacca e si aggrappò ad essa di peso costringendolo contro la sua volontà(?) ad abbassarsi nuovamente sulla sua bocca. Era semplice, come respirare ed ora che avevano sbloccato quella barriera tra loro non se ne sarebbe più privata.
    Lei era cotta di lui e... viceversa. Era platealmente reciproco. Era... incredibile!
    Grace si sentiva come ubriaca, su di giri ed eccitata per la svolta presa dagli eventi. Sembrava finalmente che la ruota stesse girando in suo favore dopo tutta quella sofferenza e quelle lacrime versate e per niente al mondo avrebbe rovinato quel momento gustandoselo piuttosto fino in fondo in quello slancio di coraggio che aveva spinto lei a cercare la bocca di lui. «Scusa», mormorò timidamente, scostandosi da lui per riprendere fiato, scendendo nuovamente dalle punte dei piedi per toccare terra. Si sentiva leggera, euforica, come se avesse bevuto ma non aveva toccato liquido. Halley era stata molto chiara in merito. «Non so cosa mi sia preso...» Cercò di giustificarsi lasciando andare i lembi della sua giacca. «Ah! Ho una cosa per te! Reggimela un attimo» Si tolse la tracolla di spalle allungandogliela perché gliela mantenesse. La aprì rovistando al suo interno e vi estrasse un pacchettino un po’ stropicciato ma perfettamente incartato. Richiuse la tracolla sistemando il piccolo pupazzetto della mandragola che stava, con le piccole braccia grassocce incrociate, fissando torva il biondo studiandone i movimenti pronta a cominciare ad urlare nel caso quest’ultimo avesse tentato di appropriarsi della borsa della Grifondoro. «È un tipino particolare Mel, l’ho dovuta togliere dal cassetto o avrebbe urlato tutto il santo giorno! Carrie mi prende di tutto... Quella ragazza è impossibile. Comunque la adoro! Grazie del regalo!» Non aveva mai avuto modo di ringraziarlo per quel regalo di Natale. L’aveva lasciata perplessa tra l’altro quella peculiarità. Le aveva fatto quello splendido dono nonostante fosse furioso con lei, non capiva! A che pro farle un regalo se poi ce l’aveva avuta con lei? Mah. Gli piazzò il pacchetto in mano, «buon Natale Mars!» Follemente in ritardo ma poco importava, era perfetto così. Andava bene così. All’interno del piccolo rettangolino di carta il Tassorosso vi avrebbe trovato un taccuino dalla copertina di un tono caldo di giallo ma non una semplice moleskine qualunque, Grace si era presa l’azzardo di personalizzarla disseminando qui e lì tra le pagine alcuni piccoli disegnini, dei doodle, intervallati dai pezzi più salienti – per lei – di alcune canzoni, come quella nella prima pagina del taccuino dove erano stati segnati dalla sua grafia ordinata e tondeggiante i dati del biondo di sua conoscenza e poi, nella prima vera pagina libera una frase. La strofa di una canzone che aveva riadattato: “sei come un’autostrada che porta al mare” vi aveva scritto, criptica ma forse nemmeno troppo, mentre raccoglieva in quelle poche parole ciò che sentiva nei suoi confronti nascondendola nelle parole della sua band preferita. Lei amava il mare. «Ti vedo sempre scrivere su cose, questo dovrebbe riordinare l’ispirazione per le tue canzoni! Mi sono presa la libertà di lasciarti qualche disegnino... come vedi», arrossì mentre lo scorrere delle pagine si fermava sul disegno di un tasso. «Spero ti piaccia.»
     
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    Mars Carter-Johnson

    Non c'era sentimento più lontano del disagio che descrivesse le emozioni di Mars nel preciso istante in cui aveva sentito la voce della Grifondoro amplificata nel locale. Sapeva che l'avrebbe finalmente rivista quella sera, Halley glielo aveva praticamente assicurato, ma una parte di lui aveva preferito comunque prepararsi al peggio: considerare tutte le possibili eventualità lo facevano sentire al sicuro, protetto da una possibile delusione. Insomma, l'ultima cosa che si aspettava era di vederla attirare l'attenzione di tutti i presenti a quella festa per potergli recapitare un messaggio attraverso una canzone. Esporsi così platealmente non era da lei, lo aveva notato da come gesticolava in imbarazzo, dal rossore che le aveva colorato le gote per tutta la durata del suo breve discorso, dal modo in cui aveva sussurrato il suo nome, alla fine... Lo aveva sorpreso e sicuramente non era abituato a trovarsi al centro dell'attenzione per via della sua vita sentimentale, ma nonostante tutto non si era sentito a disagio nemmeno per un momento. «Non devi scusarti, Johnson.» scosse il capo Mars, avanzando abbastanza da riuscire a cingerle la vita con le braccia. «Sono tutti troppo su di giri, non se ne ricorderanno nemmeno.» la rassicurò, osservandola arrossire e mettersi una mano davanti alla bocca, imbarazzata. Quel misto di timidezza e audacia era uno dei motivi per cui la Grifondoro gli piaceva così tanto. «A te il quidditch, a me la musica.» aggiunse distrattamente, mentre l'indice della ragazza gli puntellava il petto lasciato scoperto dalla canotta nera che il biondo aveva sotto alla giacca di pelle. Un breve contatto innocente, quello della mano di lei sulla pelle tatuata di lui, che segnava il superamento di una qualche sorta di limite che fino a quella sera entrambi avevano faticato ad oltrepassare, ma che in quel momento pareva la cosa più naturare e ovvia del mondo. E ancora più facile fu, per Mars, trovare le labbra della Grifondoro. A differenza del loro primo bacio, questa volta non fu lui a doverle rincorrere, no. Dopo quel primo bacio lento e dolce che si scambiarono, Grace si aggrappò alla sua maglietta, tesa sulle punte dei piedi per riuscire a raggiungerlo e gli sorrise sulle labbra. Un sorriso che il biondo ricambiò quando lei soffiò sulle sue labbra una frase che le aveva già sentito pronunciare, ma che in quel momento assumeva tutt'altro significato. Non ebbe il tempo di replicare, ché si ritrovò a rispondere ad un nuovo bacio. Le accarezzò le labbra con le sue, lo fece per un tempo indefinito e la tenne - se possibile - ancor più stretta a sé, mentre la sentiva scivolare verso il basso, lontana dalla sua bocca. La lasciò fare, anche se la realtà era che desiderava non staccarsene per niente, non ancora, non così presto. Da quanto erano lì? «Potrei abituarmici, in realtà.» fece lui, che di smetterla di baciarla non avrebbe voluto nemmeno sentirne parlare. «Cos-oh, ok!» esclamò, preso alla sprovvista, ma afferrando la borsa per lasciare che l'altra potesse frugarvi all'interno. Dopo pochi istanti, la vide estrarre dalla borsa un pacchetto rettangolare che aveva tutta l'aria di essere un regalo e stava per chiedersi di cosa si trattasse esattamente, quando la vista della piccola mandragora gli fece quasi strabuzzare gli occhi. Riuscì a contenere la sua sorpresa giusto in tempo per non essere visto dalla Grifondoro che - come lui - non aveva idea di essere vittima del libero arbitrio goduto dal gufo tutto rincoglionito (e anche un po' pazzo) di Marshall, il quale - prima che il tassorosso potesse evidentemente fermarlo - si era preso la libertà di consegnare un regalo che altrimenti, dopo i pessimi risvolti della vigilia di Natale, avrebbe fatto tutt'altra fine. Quando aveva visto sparire i pacchetti dalla sua camera aveva pensato in qualche furto tattico da parte dei suoi compagni di dormitorio, magari sprovvisti di regalo per i loro cari, così aveva deciso di non indagare più di tanto, ma...mai avrebbe pensato che fossero stati consegnati dritti nelle mani di Grace. A posteriori, però, doveva ammettere che quel gufo ci aveva visto lungo... Mars osservò per qualche istante di troppo la piccola madragora palesemente scocciata dalla sua presenza (sapeva forse tutta la verità? e se era così, avrebbe potuto tradirlo?) e poi alzò le spalle, cercando di sembrare naturale ed assumendo un'espressione alla "non è niente, davvero". «Fortuna che non nascondi biscotti, nella borsa, o avremmo un bel problema.» ironizzò il biondo, col sorriso sulle labbra, mentre le riconsegnava la tracolla. Aveva la faccia paralizzata in quel sorriso idiota da quando si erano separati e sapeva di doverla smettere, ma gli sembrava tutto così assurdamente bello, lì insieme a Grace, che proprio non riusciva a farla finita. Aaron lo avrebbe ridicolizzato se solo fosse stato nei paraggi, ma fortunatamente non era lì. «Buon Natale Mars!» esclamò la rosso-oro, porgendogli il pacchettino che aveva estratto dalla tracolla poco prima. Mars si rigirò il rettangolino tra le mani, sorpreso ma felice e soprattutto curioso di scoprire di che si trattasse e cercò lo sguardo dell'altra. «Lo apro.» decretò, dopo averlo studiato brevemente. Così, preso dalla curiosità, strappò la carta rivelandone il contenuto: un taccuino di ottima qualità dai colori in tema con la sua casata, tassorosso. «Ma è bellissimo!» esclamò, liberandolo dall'elastico che lo teneva chiuso e sfogliandolo davanti a Grace che con la coda dell'occhio vide arrossire di nuovo. «Ti vedo sempre scrivere su cose, questo dovrebbe riordinare l’ispirazione per le tue canzoni! Mi sono presa la libertà di lasciarti qualche disegnino... come vedi» ammise, mentre lui osservava lo sketch di un tasso fatto niente poco di meno che dalla ragazza. Sorrise, divertito e, speranzoso di scoprire cos'altro gli avesse disegnato, continuò a sfogliare il taccuino, ignorando le proteste dell'altra. «Solo qualche pagina. Dai, voglio vedere cos'altro sai disegnare. Solo qualche altro. Giuro!» si giustificò lui, ridendo e cercando di darle le spalle perché lei non potesse sfilargli l'agendina dalle mani. Stava giusto sfogliando il suo nuovo oggetto preferito, quando si imbatté - quasi per caso - nelle prime pagine della moleskine. Sei come un’autostrada che porta al mare. lesse quella frase tra sé e sé, smettendo di agitarsi, ma allargando un sorriso che lei non avrebbe visto. Chiuse così il taccuino, se lo infilò nella tasca posteriore dei pantaloni e alzò le mani, in segno di resa. «E va bene, mi arrendo. Scoprirò col tempo cos'altro mi hai scarabocchiato.» ammise, voltandosi in direzione della ragazza, cercando di farle una sorta di promessa che aveva tutte le intenzioni di mantenere (ma che avrebbe sicuramente infranto alla prima occasione a causa della sua implacabile curiosità). Senza smettere di sorridere, allungò una mano affinché l'altra la afferrasse e la tirò nuovamente a sé, avvolgendola nuovamente nella sua stretta, e abbassò lo sguardo per incontrare quello di lei. «E così ti piace il mare, mh?» le domandò, alzando un sopracciglio per poi sorriderle inevitabilmente. Avrebbe mai smesso di farlo, in sua presenza?
     
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    Grifondoro
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    «Lo apro.» Sentenziò il Tassorosso, il pacchetto immobile tra le sue mani ma la voce carica d’emozione. Era come se Marshall non avesse mai ricevuto un dono ed ora, stringendo quel pacchetto offertogli dalla Grifondoro, non fosse ben in grado di capire come doveva comportarsi, cosa fare. «Sì, aprilo.» Gli fece eco la ragazza stringendo, nervosa, la tracolla della borsa mentre piegandosi con il busto si avvicinava per godersi maggiormente la reazione del ragazzo quasi nemmeno lei sapesse del contenuto del pacchetto. Il nervosismo tornò ad aggrovigliarle le viscere mentre la sua mente continuava a ripetersi come una litania una breve frase: fa che gli piaccia. Aveva azzeccato? Solo la sua espressione poteva dirlo. Marshall non attese oltre e le sue lunghe dita smaltate presero a scartare l’involucro del pacchetto rivelando il piccolo taccuino rivestito di cuoio giallo. «Ma è bellissimo!» La sua espressione, il tono della sua voce erano sinceri e Grace si sentì al settimo cielo mentre lo guardava sfogliare il suo regalo nuovo di zecca e fermarsi quando notò uno degli schizzi con la quale gli aveva personalizzato le pagine. Si sentì in dovere di giustificarsi per quella profanazione del regalo. Profanazione che però il Tassorosso sembrò apprezzare tanto da cominciare a sfogliare pagina per pagina l’agenda. «Hei! Non rovinarti la sorpresa!» Esplose arrossendo tutta. Un po’ si vergognava che lui guardasse il suo operato proprio di fronte a lei, un po’ come quando in classe si era chiamati interrogati di fronte l’intera platea di colleghi di corso per esporre la propria relazione. Quelle “cose” con il pubblico a Grace non erano mai piaciute poiché c’erano ambiti in cui la Grifondoro dimostrava il coraggio di uno struzzo ed erano proprio quei maledetti ambiti. Nel quidditch, così come nella scherma, non c’era tempo di pensare. Erano azione e reazione e bisognava agire d’impulso, di pancia, ed era l’istinto che in quei casi la guidava. «Niente! Credo di essere abbastanza negata!» Replicò con sincera modestia poiché, a differenza di Kynthia, ad esempio, era una totale frana nel disegno e quelle bozze al confronto erano veri e propri pastrocchi. «Dio Marshall! Ti prego!» Protestò quando il biondo trovò l’ennesimo disegnino: un biscotto seduto su di una panchina al di sotto di un albero. Piuttosto allusivo, no? Infatti, sul volto del ragazzo il sorriso, dolce e genuino, andò accentuandosi provocando una nuova ondata di rossore sulle guance della ragazza. «Ora te lo requisisco.» Fece più seria ma allo stesso tempo naturalmente ironica andando a protendersi per togliere davvero di mano il taccuino al ragazzo ma questi, complice la sua altezza spropositata, lo allontanò dalla Grifondoro dandole per giunta le spalle. Grace incrociò le braccia al petto fingendosi (piuttosto platealmente) offesa ma un broncio che non durò nemmeno il tempo di una canzone perché, quando Marshall richiuse il taccuino infilandoselo nella tasca posteriore del jeans, si voltò verso di lei con quel suo sorriso in grado di disarmarla mentre le offriva da afferrare la sua mano. Grace mollò la stretta lasciandosi andare in un altrettanto luminoso sorriso prima di afferrare la mano che gli porgeva e che la tirò al ragazzo trovandosi nuovamente contro il suo petto. Il sorriso si allargò ulteriormente mentre i loro sguardi s’incrociavano ed una miriade di farfalle spiccava il volo nel suo stomaco. Erano sempre stati così belli i suoi occhi? O solo quella sera parevano ancora più chiari, vibranti e intensi?
    «E così ti piace il mare, mh?» Ecco quella era una di quelle cose che avrebbe preferito Mars leggesse lontano da lei e che non gli rinfacciasse così presto. Era così palese adesso la sua cotta? Si sentiva così persa e spacciata, in cima al mondo! Non avrebbe mai smesso di ringraziare la Wheeler per averla supportata e sopportata in quella missione mettendoci più volte, lo sapeva, il suo zampino affinché tutto filasse liscio tra i due. Scoppiò in una breve risata nervosa prima di nascondere il suo viso nel petto del ragazzo. Si vergognava così tanto... non si era mai aperta e mostrata a quel modo ad un ragazzo, era la sua prima volta! «È il mio posto preferito», mormorò contro il suo petto. Era più facile dire certe cose senza guardarlo in faccia, senza esporsi, d’altronde non lo aveva già fatto a sufficienza quella sera? Pensava di aver detto a sufficienza con quella canzone dei Blink 182, che fosse stata sufficientemente esplicita mentre... lui? «Ma potremmo anche smetterla di parlare di me, no? Direi che siamo pari», almeno per quanto riguardava le umiliazioni dichiarazioni pubbliche. «Oppure potremmo parlare di te. Tu che hai da dichiarare, mh?» Ecco, spostare l’attenzione sul Tassorosso. D’altronde lei gli aveva dedicato un’intera canzone piuttosto esplicita mentre lui una frase della sua di canzone illuminandola tra una folla danzante quanto nutrita... non erano pari. Cioè in realtà lo erano ma... ecco... banalmente Grace avrebbe voluto sentire qualche conferma un po’ più esplicita, giusto per capire se anche il biondo fosse preso tanto quanto lei. Perché lei si sentiva cotta fino al midollo! «Tra l’altro credo che i nostri compagni siano stufi del modo in cui monopolizziamo gli eventi, al prossimo minimo ci bandiscono...» Cercò di sdrammatizzare magari allentando quell’aria densa di aspettative che aveva involontariamente – era davvero involontario? – generato. Si schiarì la voce. «E il tuo? Qual è il tuo posto preferito?» Immaginava fosse il palco, l’adrenalina mentre suonava, un po’ come per lei rappresentava lo stesso lo stare a cavallo della sua scopa durante le partite di campionato. In gioco si trasformava. Annullava tutti i pensieri per focalizzarsi unicamente sul gioco, gli schemi, la vittoria. Era per lui lo stesso? Si strinse a lui, avvolgendo il suo corpo in un abbraccio mentre poggiava il mento sul suo petto e sollevò lo sguardo; da quella prospettiva riusciva a vedere una linea rossa dividergli il collo in due perfette metà, chissà cosa voleva dire?


    Edited by Dragonov - 12/3/2023, 02:11
     
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    Mars Carter-Johnson

    «Hei! Non rovinarti la sorpresa!» protestò Grace arrossendo visibilmente, mentre Mars studiava avidamente ogni pagina del suo nuovo taccuino nella speranza di scoprire cos'altro la ragazza avesse nascosto tra le sue pagine. Rimostranze, quelle della grifondoro, che non impedirono al biondo di continuare imperterrito nella sua missione. Fu così che riuscì a trovare la bozza di un biscotto seduto su una panchina al di sotto di un albero. Un rimando piuttosto esplicito al modo in cui si erano conosciuti, un ricordo che seppur non ancora tatuato sulla pelle, avrebbe portato sempre con sé. Letteralmente, dal momento che non si sarebbe separato facilmente dalla sua nuova agendina. «Non puoi farlo, ricordi? Me lo hai regalato.» replicò raggiante, dandole temporaneamente le spalle per evitare che la grifondoro gli sottraesse il suo dono e così da riuscire a sbirciare tra le pagine ancora per un po'. E nonostante si fosse voltato per tre quarti, Mars non poté non notare il finto broncio messo su dalla ragazza, che immediatamente incrociò le braccia al petto, assumendo un'espressione esageratamente sbalordita davanti a quel suo comportamento leggero che poco combaciava con l'aspetto del ragazzone. Così, incapace di ignorare quella tacita richiesta di attenzioni, il biondo decise finì per conservare la sua nuova moleskine e cedette al desiderio di tenere Grace più vicina a sé. Desiderio evidentemente condiviso, perché Mars non dovette insistere poi molto per convicerla a farsi più vicina. Gli bastò tendere la mano perché lei la afferrasse e si lasciasse stringere dalla sua presa salda del biondo. Con le mani sui fianchi minuti di Grace e lo sguardo perso nei suoi occhi chiari, il Carter-Johnson non riuscì a trattenersi dal farle notare che aveva letto più di quanto lei - probabilmente - non si aspettasse. «È il mio posto preferito» ammise, il viso nascosto contro il petto del biondo. Mars, davanti a tutto quel candore, sorrise e nell'attesa che lei gli rispondesse, sfiorò la fronte della ragazza col mento, cercando poi il suo sguardo. La frase che gli aveva dedicato lasciava poco spazio a interpretazioni, ma se davvero avevano deciso di giocare a carte scoperte, voleva che le conferme arrivassero direttamente dalla bocca di lei. La strinse ancor più a sé nell'istante in cui lei mormorò esattamente ciò che Mars aveva desiderato sentirle pronunciare mesi prima e fu preso un po' alla sprovvista, quando Grace contrattaccò, spostando la conversazione su di lui. «Oppure potremmo parlare di te. Tu che hai da dichiarare, mh?» «Vuole una dichiarazione ufficiale, signorina Johnson le domandò ironico, piegando lentamente le labbra sottili in sorriso compiaciuto e inclinando leggermente la testa indietro. Esisteva una formula magica da esplicitare, forse? Mars trovava inspiegabilmente più semplice organizzare dichiarazioni plateali, rispetto a...quello. Insomma, in passato non aveva mai sentito il desiderio di tracciare confini netti come con Grace, ma per niente al mondo si sarebbe lasciato sfuggire la Johnson, non ora che erano così fottutamente vicini. «Tra l’altro credo che i nostri compagni siano stufi del modo in cui monopolizziamo gli eventi, al prossimo minimo ci bandiscono...» la voce della grifondoro lo riportò al presente. Il Carter-Johnson non riuscì a trattenere una risata, quando si rese conto che effettivamente gli studenti erano piuttosto contrariati a causa di quel continuo scambio di versi tra i due. «Dici? Eppure mi sembravi così a tuo agio su quel palco. Stavo quasi pensando di chiederti di seguirmi durante il prossimo tour.» ironizzò lui, divertito dalla timidezza che sembrava assalirla nelle occasioni pubbliche, per così dire. Al contrario, Mars sembrava dare il meglio di sé quando si trovava davanti ad una platea. «E il tuo? Qual è il tuo posto preferito?» gli domandò Grace, dopo qualche istante di esitazione, ed immediatamente Mars visualizzò un'immagine precisa che non era - probabilmente - quella che la ragazza si sarebbe aspettata. «Il mio posto preferito, mh?» ripeté la domanda, fingendo di pensarci un po' su. Lì per lì, avrebbe risposto "il palco": non c'era altro luogo in cui si sentisse sé stesso; davanti ad un microfono e a una chitarra, davanti alla folla che urlava il suo nome, Mars si sentiva imbattibile. La musica era letteralmente la sua vita, il suo modo di vedere il mondo, di esprimere i propri sentimenti, di curare le ferite. In mezzo alla sua gente, Mars si sentiva il re. La musica cancellava ogni sua cicatrice e non immaginava futuro senza di essa, ma quando pensava al suo posto preferito, la musica scivolava inesorabilmente al secondo posto.
    Il biondo si umettò le labbra, guardandosi intorno per qualche breve istante, poi senza preavviso decise di prendere in braccio la ragazza, incrociando poi le braccia all'altezza delle sue natiche. «E' l'abbraccio delle persone che amo, il mio posto preferito.» le confidò, serrando la mascella a seguito di quella vera e propria confessione. Nuovamente ad un soffio dal viso della ragazza, Mars allentò la stretta della mandibola e piegò l'angolo delle labbra in un lieve sorriso. Gli sarebbe piaciuto parlarle di Casey, di quanto fosse straordinaria malgrado la sua tenera età, ma decise che fosse meglio rimandare la conversazione: quello era il loro momento. «E vorrei ufficilamente che tu ne facessi parte.» continuò, sottileando la formalizzazione della richiesta. «Ti va di darmi una possibilità, Grace Johnson le sussurrò, immensamente vicino alle sue labbra, tanto da non riuscire ad impedire al suo sguardo di cadere su di esse ancora una volta, prima trovare nuovamente le sue iridi chiare. So here I am, are you ready?


    Edited by -mars - 1/4/2023, 16:02
     
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    Grifondoro
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    «Vuole una dichiarazione ufficiale, signorina Johnson?» Era da chiederlo? Era appena salita su quel palco, di fronte a tipo tutta la scuola, sicuramente davanti i loro amici e conoscenti, davanti a tutti quelli che a Natale si erano riuniti ad assistere a quel siparietto e che ora avevano visto lo svolgimento di un nuovo capitolo – la Grifondoro sperava fosse quello finale – di quelle soap opera improvvisata. «Beh vedi tu!» Sbottò sgranando gli occhi con decisione. «Ti ho dedicato un’intera canzone e piuttosto esplicita anche», non a livello di volgarità dei contenuti, no, quello non l’apparteneva quanto a sentimenti dichiarati. Always non lasciava spazio ad interpretazioni differenti da quella che aveva voluto imprimere la ragazza. Il messaggio era chiaro e doveva arrivare al Tassorosso senza fraintendimenti, per questo l’aveva scelta. Proprio perché Marshall non avesse il minimo dubbio di cosa provasse per lui per quanto la sola idea di dirglielo lei a parole guardandolo in faccia gli attorcigliava malamente le budella togliendole il fiato. Più semplice con una canzone, no? Poi quella era un inno all’amore in cui il protagonista non faceva altro che ripetere: ti voglio, lo voglio; e lei questo voleva che Mars capisse. Lei questo aveva urlato. Gli aveva detto che voleva lui e nessun altro, che aveva scelto e questa volta non ci sarebbe stato spazio a possibili incomprensioni o sottintesi come era stato il loro rapporto prima della Vigilia di Natale caratterizzata da quella costante tensione carica di aspettative in alcuni momenti che costringevano sia l’uno che l’altra a deviare il discorso troppo codardi per avanzare il primo vero passo. Ma ora no, ora era il momento delle confessioni, della verità. Era il momento decisivo nella quale avrebbero rivelato l’una all’altro cosa sentivano davvero e lei quel passo lo aveva fatto, ora toccava a lui. Perché sì, lui aveva detto di avere “bisogno di lei” ma questo era stato prima della delusione, prima della lite, era ancora lo stesso per lui? Non poteva saperlo, non poteva sapere la portata dell’eventuale danno inflitti ed era per questo che ora, dopo essersi esposta, aveva banalmente bisogno d’essere rincuorata anche se per come si stavano evolvendo le cose, il felice epilogo era più che assodato. «Non ci pensare proprio!» Sbottò dandogli un gentile spintone con il corpo premuto contro il suo. «Ti accompagno», promise seppur ingenuamente in quanto, essendo minorenne, avrebbe comunque dovuto chiedere il permesso a sua madre e anche dopo il suo compleanno avrebbe dovuto mantenere quella linea fino a quando non fosse andata via di casa, lo sapeva, ma era comunque bello fantasticare su quell’eventualità che non si sarebbe realizzata. «Quello sì. Voglio un bel posto in prima fila, anzi no! Dietro le quinte. Ho sempre voluto vedere il dietro le quinte di un concerto. In realtà anche un concerto...» Ma dettagli, no? «Non sono mai andata ad uno.» A quel proposito avrebbe voluto chiedergli un sacco di cose di quella vita e soprattutto se conoscesse di persona qualcuno dei membri della sua band preferita, i Maroon 5. Avrebbe voluto tantissimo un bigliettino autografato da Adam Levine ma sua madre non era molto per la quale all’idea di lasciarla andare in un posto così affollato e sola. Grace non lo capiva, per lei avrebbe anche potuto accompagnarla se le faceva piacere ma la donna si rifiutava e con esso non faceva altro che tarpare le ali della giovane figlia.
    «Il mio posto preferito, mh?» Grace annuì tornando a poggiare il mento sul suo petto, il viso inclinato – dolorosamente – verso l’alto ma non le importava del fastidio alle cervicali poiché da lì riusciva ad avere una visuale sul viso del ragazzo del tutto inedita oltre che di quel singolare tatuaggio formato da una singola linea rossa che gli percorreva verticalmente il collo dividendolo in due metà speculari. Non sapeva per quale motivo ma si sentiva attratta da quella linea così semplice rispetto al resto dei disegni che ne ricopriva il corpo. E proprio perché immersa nella sua contemplazione che non si accorse dello scivolare delle mani del Tasso lungo il suo corpo che la sollevò da terra portandola istintivamente a cingergli con le gambe la vita ed il collo con le braccia. «MARSHALL!» Urlò tenendosi stretta a lui. «È l’abbraccio delle persone che amo il mio posto preferito.» Concluse facendosi immediatamente più serio mentre il volto della Grifondoro andava imporporandosi. Questa sì che era una dichiarazione con i contro fiocchi! Grace rimase senza fiato incapace di replicare. «Ti va di darmi una possibilità, Grace Johnson?» Si morse il labbro trattenendo a stento l’ampio sorriso pieno di calore che le era naturalmente nato in viso e di tutta risposta si fece più vicina a lui. «Era ora che me lo chiedessi!» Arricciò il naso conscia della provocazione e prima che potesse replicare altro lo baciò, questa volta di sua iniziativa lasciandosi trasportare dal sentimento che sentiva di provare per il ragazzo stringendo la presa attorno alle sue spalle nello stesso modo in cui sentiva la sua stringersi attorno a lei. Il suo cuore scoppiava di gioia e finalmente, dopo mesi oscuri si sentiva davvero radiosamente e completamente felice. «Mi... metti giù?» Sollevò un sopracciglio. In realtà sarebbe rimasta lì anche per sempre me forse non era il caso o comunque presto o tardi si sarebbe stancato di reggere il suo peso. «Ehm... vuoi... mh... tornare alla festa?» Fece indicando la porta del locale dalla quale in forma attutita si sentiva provenire la musica. Entrando aveva visto quelle due o tre attrazioni, tipo la cabina delle foto(!), e quale oggetto migliore per immortalare quel momento? Voleva imprimerlo su carta lasciando un ricordo indelebile fisico oltre che nella sua mente. Gli scostò una ciocca di capelli dagli occhi e sorrise. Era cotta.
     
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    Mars Carter-Johnson

    «Ti ho dedicato un’intera canzone e piuttosto esplicita anche» Davanti a quella risposta così spontanea, Mars non poté non sorridere e se in un primo momento aveva pensato di replicare che anche lui era salito su un palco e la canzone gliel'aveva persino cantata, però...c'era un però che andava a favore della Grifondoro. Infatti, mentre il Tassorosso era praticamente cresciuto sul palco ed era abituato ad esibirsi davanti ad un pubblico, Grace aveva fatto qualcosa di estremamente coraggioso e significativo per lui. Aveva vinto l'imbarazzo e si era esposta solo per lui, per dirgli in modo praticamente inequivocabile - era impossibile interpretare in modo diverso il testo di Always - che lo voleva al suo fianco. Un desiderio condiviso palesemente da entrambi, ma che la Grifondoro voleva lui lo esplicitasse in parole, più di quanto non lo avesse fatto fino a quel momento. Nel corso di tutta la sua vita, si intende.
    «Tu non sei mai...» sbottò il Carter-Johnson, incredulo, spalancando gli occhi per la sorpresa di quell'affermazione. «Rimedierò e tu non potrai rifiutare. Niente scuse.» decise sul momento, senza riflettere. Per Mars era inconcepibile che una sedicenne come Grace non avesse mai preso parte ad un concerto. Eppure, a giudicare dalla scelta della canzone che gli aveva dedicato, la Grifa doveva essere una che di musica ne capiva qualcosa. Di sicuro, pensò, aveva buon gusto, cosa che non guastava. Mars non sapeva se avrebbe apprezzato la sua, di musica... I suoi testi erano spesso espliciti, gli argomenti trattati potevano disturbare la sensibilità del suo pubblico e Grace ne aveva avuta la prova, a Capodanno... Ok, una persona saggia avrebbe agito d'astuzia, evitando una pazzia simile, ma ormai la parola era data e poi - malgrado tutto ciò che la ragazza avrebbe potuto pensare di lui - Mars era anche i suoi testi e non si sarebbe scusato con nessuno per essere sempre ed esclusivamente sé stesso, nel bene e nel male.
    Approfittando di un momento di distrazione, Mars riuscì a sollevare la sua interlocutrice, costringendola ad avvolgere le gambe intorno ai suoi fianchi. Da quella nuova posizione, gli occhi di Grace sembravano ancora più grandi e di un azzurro cristallino, limpido. Ne rimase così affascinato che fece una pausa prima di chiederle quello che, vista la risposta di lei, si rivelò essere più di una formalità. Prima che il Tasso potesse dire altro, le labbra di Grace si premettero sulle sue in un bacio che cancellò ogni dubbio riguardante quale potesse essere la sua risposta in merito al futuro della loro relazione. Il biondo strinse la presa sui fianchi della ragazza, ricambiando quel bacio il più a lungo possibile finché le labbra di lei non si schiusero un'ultima volta tra le sue. Quando Mars riaprì gli occhi, la Grifondoro difronte a lui era raggiante, così luminosa che - di riflesso - il Tasso si lasciò sfuggire l'ennesimo sorriso della serata. Si sentiva così incredibilmente leggero, che quasi trovava incredibile non fosse per merito delle droghe. Se in quel momento gli avessero chiesto che nome avrebbe dato a quella sensazione, senza esitazione avrebbe detto "Grace". «Mmh?» mormorò confuso, prima di ridestarsi dai suoi pensieri e riportare il corpo della ragazza con i piedi per terra, chiaramente controvoglia. C'erano voluti mesi per arrivare a quello. Mesi, in cui la distanza era stata una costante e non c'era niente che avrebbe voluto fare quella sera più di quello: tenerla tra le braccia, cercare le sue labbra, assicurarsi che tutto ciò che stava vivendo quella sera fosse reale. «Ehm... vuoi... mh... tornare alla festa?» chiese la Grifondoro, facendo un cenno in direzione del locale e, sebbene l'istinto gridava due lettere ben precise, il biondo annuì, lasciandosi accarezzare una tempia dai polpastrelli di lei che scostarono una ciocca di capelli lontano dai suoi occhi. «Andiamo.» affermò subito dopo, avvolgendole le spalle con un braccio e tenendola ancora stretta a sé. E, almeno per quella sera, Grace avrebbe dovuto accettare il fatto che non avrebbe allentato la presa sul suo corpo di un millimetro, profondamente convinto che - se solo lo avesse fatto - tutto ciò che aveva vissuto in quell'ultimo folle periodo si sarebbe rivelato un sogno ad occhi aperti e non la pura realtà. «Che ne dici di quel toro meccanico?» le propose, tenendo aperta la porta del locale per lasciarla passare, per poi mischiarsi nella folla mano nella mano con la ragazza per la quale - ancora non ne era pienamente consapevole - aveva perso completamente la testa.


    CITAZIONE
    CONCLUSA.


    Edited by Dragonov - 8/4/2023, 16:55
     
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