Marshall era lì, di fronte a lei, e Grace non riusciva a farsi venire in mente assolutamente nulla da dire, o meglio, voleva dirgli centinaia di cose ma non sapeva come farlo senza spaventarlo o, peggio, provocarlo. Aveva bisogno di capire la reazione del biondo a quella dedica, cosa aveva provato sentendo la sua voce? E quando il testo di quella canzone aveva raggiunto le sue orecchie? Conosceva quella canzone? Nella sala le note dei Blink 182 andavano esaurendosi e lei, tremante, si chiedeva quanto avesse ascoltato di quel testo, se fosse sufficiente e se avesse capito cosa stesse cercando dirgli.
“Voglio te Mars, te e te soltanto!” Il cuore della Grifondoro batteva a mille mentre torturava con le dita un lembo del vestito all’altezza dello stomaco. Lasciò andare la stoffa spostando l’attenzione delle sue mani alla tracolla della borsetta per tediarla qualche attimo prima di lasciarla andare di scatto per gettarsi in un monologo di scuse piuttosto nervoso e sconnesso rivolto al Tassorosso.
«Cavolo, davvero, se ti sei sentito a disagio mi dispiace», blaterò abbassando lo sguardo ai suoi piedi per poi sollevarlo quando, con la coda dell’occhio, lo vide avanzare in sua direzione. Sollevò allora lo sguardo trovando finalmente il Carter-Johnson sorriderle, un sorriso diverso da tutti quelli che si erano scambiati nei loro incontri agli intervalli. Quei sorrisi amichevoli, spensierati, che si interrompevano per distogliere lo sguardo quando il tutto si faceva troppo intimo, le guance leggermente arrossate da quel movimento che scuoteva le membra. Ora lo aveva davanti a lei con quel sorriso che sembrava illuminare a giorno Hogsmeade, un sorriso che andò lentamente riproducendosi anche sul volto della ragazza, caldo, accogliente,
suo.
«In...ridicolo?» Marshall s’avvicinò ancora, questa volta cancellando del tutto la distanza tra loro. Le posò le mani in vita, quasi a volerle impedire di battere in ritirata come era successo a Londra, la sera di Capodanno, ma Grace non sarebbe retrocessa di un millimetro, non questa volta. Trattenendo il sorriso sulle labbra abbassò di poco lo sguardo lanciando una breve occhiata alle sue mani che la stringevano per poi risollevarlo velocemente.
«Sei stata una cazzo di rockstar lì dentro, Johnson» Rise portandosi una mano a coprire la bocca mentre una vampata di colore le arrossiva completamente le guance.
«Non credo proprio! Credo di essermi impappinata almeno tre volte», replicò divertita, imbarazzata. Le farfalle nel suo stomaco volavano all’impazzata.
«È meglio quando la rockstar la fai tu», gli puntò l’indice sul petto nel punto esatto dove la giacca di pelle borchiata si apriva e, successivamente, quasi fosse la cosa più naturale del mondo, aprì il palmo poggiandosi e sistemandosi sulla sua pelle.
«Anche se non ti serve...» non con me. Glielo aveva detto anche a Capodanno, lì glielo aveva proprio ammesso seppur non del tutto intenzionalmente, che a lei piaceva per ciò che era, per la spensieratezza che sapeva donarle e non necessariamente per tutta la parte legata alla sua fama musicale. Quello era un di più, un qualcosa di lui che poteva renderla fiera – nel caso avesse voluto condividere con lei i suoi successi – ma che prescindeva dalla meravigliosa persona che era ai suoi occhi.
«Mi chiamo Marshall, amo rubarti i biscotti e...» il sorriso sulle labbra della Grifondoro si fece più luminoso prima di lasciarsi andare in una brevissima risata. Avrebbe voluto replicare che avrebbe preso altri biscotti e che lo avrebbe ucciso, spaccandogli la mazza di Halley in testa, se da lunedì non lo avesse trovato ad attenderlo alla loro panchina del giardino interno ma non ci fu il tempo necessario e d’altronde, quelle, erano chiacchiere superflue. Marshall si chinò e con la stessa naturalezza Grace incontrò il suo viso senza il minimo accenno a timori o a possibili questioni in sospeso e lasciò che lui la baciasse mentre i battiti cardiaci acceleravano all’impazzata scoppiando come i fuochi d’artificio di Londra quella sera. Fu come un vero Capodanno. Tutto ora era perfetto e forse anche il Tassorosso avrebbe capito e percepito la differenza dalla disperazione di quella notte. Grace si aggrappò ancora una volta alla sua maglietta e quando le sembrò di perdere l’equilibrio strinse i lembi della giacca aggrappandosi completamente a lui, beando e godendo di quel bacio tanto desiderato. Ora sì, ora era perfetto e ora era il momento. Tutti i pezzi del puzzle andavano al loro posto combaciando alla perfezione. Non poté fare a meno di sorridere quando percepì la bocca di Marshall allontanarsi dalla sua.
«“Nessuno ha detto che potevi andartene”» mormorò contro le sue labbra senza smettere di osservarle, non ne era affatto sazia. Strinse maggiormente i lembi della sua giacca e si aggrappò ad essa di peso costringendolo contro la sua volontà(?) ad abbassarsi nuovamente sulla sua bocca. Era semplice, come respirare ed ora che avevano sbloccato quella barriera tra loro non se ne sarebbe più privata.
Lei era cotta di lui e... viceversa. Era platealmente reciproco. Era... incredibile!
Grace si sentiva come ubriaca, su di giri ed eccitata per la svolta presa dagli eventi. Sembrava finalmente che la ruota stesse girando in suo favore dopo tutta quella sofferenza e quelle lacrime versate e per niente al mondo avrebbe rovinato quel momento gustandoselo piuttosto fino in fondo in quello slancio di coraggio che aveva spinto lei a cercare la bocca di lui.
«Scusa», mormorò timidamente, scostandosi da lui per riprendere fiato, scendendo nuovamente dalle punte dei piedi per toccare terra. Si sentiva leggera, euforica, come se avesse bevuto ma non aveva toccato liquido. Halley era stata molto chiara in merito.
«Non so cosa mi sia preso...» Cercò di giustificarsi lasciando andare i lembi della sua giacca.
«Ah! Ho una cosa per te! Reggimela un attimo» Si tolse la tracolla di spalle allungandogliela perché gliela mantenesse. La aprì rovistando al suo interno e vi estrasse un pacchettino un po’ stropicciato ma perfettamente incartato. Richiuse la tracolla sistemando il piccolo pupazzetto della mandragola che stava, con le piccole braccia grassocce incrociate, fissando torva il biondo studiandone i movimenti pronta a cominciare ad urlare nel caso quest’ultimo avesse tentato di appropriarsi della borsa della Grifondoro.
«È un tipino particolare Mel, l’ho dovuta togliere dal cassetto o avrebbe urlato tutto il santo giorno! Carrie mi prende di tutto... Quella ragazza è impossibile. Comunque la adoro! Grazie del regalo!» Non aveva mai avuto modo di ringraziarlo per quel regalo di Natale. L’aveva lasciata perplessa tra l’altro quella peculiarità. Le aveva fatto quello splendido dono nonostante fosse furioso con lei, non capiva! A che pro farle un regalo se poi ce l’aveva avuta con lei? Mah. Gli piazzò il pacchetto in mano,
«buon Natale Mars!» Follemente in ritardo ma poco importava, era perfetto così. Andava bene così. All’interno del piccolo rettangolino di carta il Tassorosso vi avrebbe trovato un taccuino dalla copertina di un tono caldo di giallo ma non una semplice moleskine qualunque, Grace si era presa l’azzardo di personalizzarla disseminando qui e lì tra le pagine alcuni piccoli disegnini, dei doodle, intervallati dai pezzi più salienti – per lei – di alcune canzoni, come quella nella prima pagina del taccuino dove erano stati segnati dalla sua grafia ordinata e tondeggiante i dati del biondo di sua conoscenza e poi, nella prima vera pagina libera una frase. La strofa di una canzone che aveva riadattato: “sei come un’autostrada che porta al mare” vi aveva scritto, criptica ma forse nemmeno troppo, mentre raccoglieva in quelle poche parole ciò che sentiva nei suoi confronti nascondendola nelle parole della sua band preferita. Lei amava il mare.
«Ti vedo sempre scrivere su cose, questo dovrebbe riordinare l’ispirazione per le tue canzoni! Mi sono presa la libertà di lasciarti qualche disegnino... come vedi», arrossì mentre lo scorrere delle pagine si fermava sul disegno di un tasso.
«Spero ti piaccia.»