She's No Angel

cortile. Kenya

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    L’idea di fare una passeggiata non era stata poi così furba. Si era persa ancora una volta. Il suo senso dell’orientamento lasciava alquanto a desiderare. Com’era possibile? Abitava quei luoghi dall’alba dei tempi e ancora non aveva capito che lì, svoltando a destra, si sarebbe dovuta confrontare con quelle che erano le bestiacce appartenute alla scuola. Doveva scappare da quel luogo infernale, prima di perdere completamente le staffe. Puzzavano. Troppo per i suoi gusti. Si affrettò verso la direzione opposta e, dopo pochi attimi, raggiunse le sponde del Lago Nero per, poi, percorrere il sentiero che l’avrebbe ricondotta, dritta dritta al castello e alla sua amata Sala Comune dove, finalmente, avrebbe potuto crogiolarsi nel più totale relax e, soprattutto al caldo. Sì. Le temperature avevano subito un drastico mutamento, gettandoli in quello che sembrava il trailer dell’inverno che li aspettava dietro l’angolo. Breve storia non molto allegra. Camminava a testa alta, incrociando i volti di gente che, mai prima di quel momento, aveva avuto modo di vedere. Tra un sorriso e l’altro, Ruby, giunse al Castello di buon umore, smorzato esclusivamente da due piccoli piccioncini intenti ad amoreggiare sulle gradinate. Ma davvero? Ahhhh, non c’è più religione. Credevano davvero che il loro ipotetico amore sarebbe durato per tutta la vita? Poveri illusi. Trattenne l’istinto di rovinare il momento idilliaco e passò oltre, percorrendo l’ingresso in fretta e furia, come se stesse arrivando in ritardo a un qualche appuntamento galante. Fece mente locale sui vari impegni che avrebbero potuto vederla su qualche libro ma, per sua fortuna, prima di intraprendere il giro di ricognizione, la Tassorosso, aveva portato a termine ogni faccenda per essere libera come una farfalla. Ed eccola lì, felice di essere in possesso di tempo da sprecare a volontà. Erano passati cinque lunghi anni da suo arrivo in quella struttura e ancora non si era del tutto abituata a quella routine tanto complicata. Le mancava un po’ il calore familiare ma, d’altra parte, non poteva che essere grata per quella vita tanto movimentata che riusciva a tenerla sulle spine, giorno dopo giorno. Imparare qualche cosa di nuovo, per lei, altro non era che un punto a suo favore in vista di un roseo futuro che, diciamocelo, la vedeva, senza dubbio Ministro della Magia. Sì, esattamente. Ruby puntava in alto e non si sarebbe accontentata di una carriera modesta e senza un briciolo di pepe. Lei non era fatta per quello. Lei aveva bisogno di stimoli nuovi, così da poter sfoggiare il potere che un giorno sarebbe stato insito nel suo essere. Insomma, in poche parole, un’ambiziosa con mille pretese.
    Si diresse verso il cortile e, stringendosi nuovamente nel mantello, si ritrovò, nuovamente a fronteggiare quell’aria gelida che già aveva assaporato qualche istante prima. Aveva repentinamente cambiato meta, senza neanche pensare al fatto che il fuoco del caminetto, di certo, sarebbe stata un’opzione migliore di quella. Poco male, mantenersi giovani è pur sempre una scusa valida. Passeggiò per alcuni secondi e, a pochi passi da lei notò una ragazza dai lunghi capelli biondi, intenta a trafficare con qualche cosa. Da buona ficcanaso, quindi, Ruby, decise in quattro e quattr’otto di raggiungerla per sincerarsi che non stesse tramando qualche cosa di deplorevole alle spalle di loro, poveri, studentelli. Lentamente si avvicinò e, con una certa sorpresa, riconobbe Kenya, una giovane Grifondoro, incontrata spesso per i corridoi, senza aver mai avuto la possibilità di scambiare due parole con lei. Quel che sapeva di lei è che fosse la sorella di Will, un Tassorosso purosangue e, quindi, un potenziale amico. “Ehi!” Palesò la sua presenza, tentando di non sembrare più invadente del dovuto. “Che stai facendo?” Diretta, senza troppi giri di parole. “Merlino, non mi dire che stai tentando di avvelenare qualcuno. In questo caso, non ci siamo mai viste. Ok?” Insomma, un Ministro della Magia con precedenti penali? Non sarebbe stata una mossa così furba da parte sua. Piegò la testa di lato, lasciandosi sfuggire una ciocca di capelli che le cadde davanti agli occhi, portandola a soffiarla via. “Ah, giusto. Non si parla con gli sconosciuti, me lo diceva sempre mamma.” Un modo stravagante per fare conversazione. “Io sono Ruby, in caso non ne fossi a conoscenza.” Niente di più facile, visto il suo tentativo di mantenere un basso profilo. “Sei coraggiosa. Qui al freddo e al gelo. Sei masochista o semplicemente speri di prenderti un accidente per saltare qualche lezione?” Perché no? In fondo era un modo come un altro per sfuggire al dovere.
     
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  2. Kenya
     
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    La lezione di Cura delle Creature Magiche si era conclusa e, dopo aver avuto la possibilità di accarezzare un maestoso cavallo alato, il mio umore non poté che mantenersi euforico per tutto il tragitto di ritorno al castello. Il Recinto n°1, tuttavia, non ospitava solo quei maestosi animali dal piumaggio color avorio, ma anche tutti gli animali di proprietà degli studenti che (per ovvie ragioni) non potevano alloggiare all'interno delle mura. Lo steccato di color verde, delimitava quindi un'area piuttosto vasta, così da lasciare a ciascuna creatura la possibilità di poter scorrazzare in giro, senza recar disturbo alle altre ivi presenti. Con la testa a rimembrare quei momenti, il tempo impiegato per colmare i sentieri in pietra e/o terra battuta trascorse in un istante, tanto da non rendermi minimamente conto di ritrovarmi già all'interno delle mura del Castello a pochi passi dal cortile interno. Tutto molto bello, sia chiaro, ma il tempo a nostra disposizione per poterli rimirare da così vicino era stato davvero breve. Mossa dal desiderio di avere un ricordo più concreto di loro, iniziai a camminare nel vasto cortine, dando fugaci occhiate qua e là, alla ricerca di un sasso sufficientemente grande per l'uso che ne avrei voluto fare successivamente e, non appena lo trovai, presi fuori il tiglio argentato dal suo fodero. Senza attendere oltre, mi accovacciai iniziando a tracciare movimenti ben precisi con l'estremità lignea. L'obbiettivo? Trasfigurare la pietra in un grande foglio di carta.
    Crumena Effecio.
    Recitai, riuscendo (senza concentrarmi troppo) a compiere la trasfigurazione desiderata, pur mantenendo lo sguardo sguardo attento sul foglio che – di lì a poco – sarebbe stato soggetto ad un altro cambiamento. Di nuovo, la bacchetta avrebbe piegato l'aria su di sé fino a completare la movenza richiesta per il secondo incanto.
    Chartanimus.
    Il foglio prese così ad accartocciarsi su sé stesso, nel tentativo di dar origine ad una sorta di origami, avente le fattezze della creatura a cui tanto stavo pensando, dall'attimo in cui ero riuscita ad accarezzarla sul muso nonché sulla criniera. Sorrisi, entusiasta, per il risultato che ero riuscita ad ottenere in seguito a quelle due trasfigurazioni, tanto che andai ad allungare le dita affusolate in direzione delle ali della piccola replica cartacea. Lo scopo fu chiaramente quello di appurare quanto “fioccoso” fosse il piumaggio fittizio della mia creazione, rispetto all’originale. Forse fu per l’eccessiva enfasi o (magari) per la mia rinomata sbadataggine ma, al posto di una superficie soffice al tatto, i miei polpastrelli sfregarono contro il bordo di una di quelle piccole piume.
    Ouch.
    Ritrassi immediatamente il dito, manifestando una leggera smorfia quando andai ad appurare quanto insidiosa potesse divenire una creazione cartacea – intrisa di magia – se non trattata con la dovuta accortezza: la carta, sembrava infatti piegarsi meno facilmente, rispetto a quella comune, ed il risultato fu inaspettato. Iniziai così a frugare nella borsa a tracolla che mi ero portata appresso, prendendo fuori alcune ampolle ed alcune garze, iniziando a tamponare la ferita mentre con la mano mancina andavo a leggere le varie etichette, nel tentativo di trovare quella sulla quale scrissi “ Ess. Tent. Purv. ” nel momento della sua realizzazione.
    Eccoti.
    Preso il vasetto in vetro, lo portai alla bocca allo scopo di togliere il tappo con la bocca (praticità > raffinatezza), portandolo quindi a contatto con la garza in modo da inumidirla con il contenuto. Avvertii un piccolo bruciore sul taglietto come se, oltre ad accelerare la cicatrizzazione, la pozione applicasse anche un effetto sterilizzante su di essa. Non feci in tempo a riporre il sughero nell’imboccatura vitrea che una voce mi sorprese alle spalle. La schiena mi si rizzò, mentre le spalle si chiusero su loro stesse ed il capo si accucciò in avanti. Ero così abituata ad essere ripresa da mia madre o da mio fratello che la reazione fu del tutto simile a quella di un gattino sorpreso ad arrampicarsi, ma inabilitato a scappar via, in quanto rimasto incastrato con le unghie nelle trame del tendaggio: occhi spalancati, muso rivolto verso l’umana che aveva richiamato la sua attenzione ed un’espressione che lasciava ben intendere un bel “Che ho fatto?” alla tassina che (tra l’altro) manco conoscevo.
    Eh? Io?
    Breve pausa lasciata in dono al silenzio.
    Io…ecco…
    Altra breve pausa, dovuta all’accusa della giovane difronte a me.
    …avvelen-…cosa? No-no.
    Scossi il capo ad avvalorare la mia risposta, portandole la boccetta appena richiusa in sua direzione, nel tentativo di farle leggere l’etichetta.
    È una pozione lenitiva! Mi sono distrattamente tagliata con la mia creazione.
    Le sorrisi, visibilmente imbarazzata, nell’indicarle con l’indice (coperto dalla garza) l’origami magico, nato da una semplice pietra trovata nel prato.
    A me lo dice ancora.
    Divenni ancora più rossa, accorgendomi solo in un secondo momento di quanto fossi stata sciocca a fare quel commento. Malgrado la bionda apparisse circa come una mia coetanea, come aspetto, non avendola mai vista in classe ai miei occhi fu come se fosse più grande.
    Io sono Kenya, del II Anno…tu di che Anno sei?
    Le regalai uno dei miei sorrisoni più amichevoli, venendo tuttavia travolta dalle successive domande da pseudo detective scolastico.
    Freddo?
    Sbattei le palpebre un paio di volte, guardandomi attorno come a sondare la temperatura, finendo per appurare la veridicità insita nella sua affermazione.
    Effettivamente fa freschino.
    Constatai, mugugnando appena nel rimettere tutte le boccette all’interno della borsa, per poi andare ad usare la bacchetta prima per un Wingardium Leviosa (che avrebbe sollevato la creazione dal suolo) e poi un Creatio Locomotor. Redini invisibili avrebbero connesso il muso del cavallo cartaceo alla bacchetta, permettendomi così di portarmelo dietro alla stregua di un vero e proprio cavallo alato…volava pure!!
    Sono solo sbadata.
    Le dissi nel rimettermi in piedi, facendole poi un cenno col capo in direzione di una porticina che ci avrebbe permesso di andare al tepore sito all’interno dell’antico edificio.
    Ci vorrebbe una tisana, per tua fortuna ne conosco una moltitudine! Ne vuoi una anche tu? Potrei chiedere agli elfi di lasciarmi uno dei tavoli in cucina e, con esso, le loro erbe aromatiche…anche se per la preparazione di alcune occorrono erbe difficili da reperire.
    Pensai a voce alta, dando quasi per scontato che Ruby si unisse a me. D’altronde, per quale motivo non lo avrebbe dovuto fare? Mh? MH?


     
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    Continuava ad osservarla con aria perplessa. Non si capacitava del fatto che qualcuno, con quel gelo polare, si cimentasse in quegli intrugli. Insomma, un contesto particolare per il suo modo di vedere le cose. Ruby non era di certo una persona ordinaria ma ci teneva alla sua salute soprattutto perché, se si fosse buscata un malanno, sarebbe stata obbligata a rimanere a letto, lontana dagli insegnamenti che, poi, l’avrebbero aiutata a realizzare il suo sogno: diventare Ministro. Che cavolo. Mica cavolate, la sua ambizione toccava le alte vette della sapienza e perdere tempo, le avrebbe fatto perdere terreno. Giammai. Fuori discussione. La osservò ancora per qualche istante e, alla fine, si decise di regalarle un sorriso che l’aiutasse a levarsi da quell’impiccio. Sembrava un orsetto scovato con le zampe in un barattolo di miele. Una tenerezza infinita. Quei lineamenti, poi, la rendevano così fanciullesca che se avesse avuto la certezza che non fosse un’impura, si sarebbe lanciata ad abbracciarla forte forte, fino a stritolarla. Che cuore di panna, questa Ruby. Sotto sotto. Molto sotto. Insomma, accontentatevi delle apparenze.
    “Stavo scherzando, tranquilla!” O forse no. Il mondo era pieno di quelle faccette angeliche votate al male. E se fosse stata una serial killer, alle prese on un piano diabolico? Non voleva di certo rischiare di immischiarsi in affari loschi. Si portò in avanti, così da poter avere una visuale migliore sull’etichetta che le stava mostra. Una pozione lenitiva. Passò da essa al dito bendato. Piccola sbadata. Le sorrise dolcemente e, dopo essersi assicurata che non fosse niente di grave, riprese la sua solita espressione. Le sue gote si colorarono di un rosso acceso, come se si trovasse nel più profondo imbarazzo. Certo, Ruby non possedeva qual tatto necessario per mettere, all’istante, le persone a proprio agio ma, prima di quel giorno, non aveva mai creduto di avere quel potere. “Kenya, Kenya. Un nome particolare che ho già sentito da qualche parte!” E no, non parlava della nazione affacciata sull’Oceano Indiano, facente parte dell’Africa orientale. Aveva sentito quel nome da qualcuno facente parte della sua casata, un giorno, così di sfuggita mentre si trovava in Sala Comune a raccontarsela su con alcuni compagni. Ci pensò intensamente e, poi, una lampadina le si accese nella sua testolina: “Sei la sorella di Singh. Ma certo. Il portiere della squadra di quidditch!” Il bel biondino con il quale aveva avuto il piacere di scambiare alcune, superficiali, parole di tanto in tanto. Ora si spiegavano i lineamenti simili. Mistero risolto.
    “Io sono al quinto anno.” E tra due anni dominerò il mondo. O per lo meno, sarebbe iniziata la sua ascesa da Signora Poco Oscura. In realtà non aveva le idee proprio chiare sul ciò che avrebbe affrontato una volta terminata la scuola ma, in fondo, sembrava abbastanza prematuro conferire dei paletti che avrebbero delimitato le azioni da compiere.
    Freschino. Quel minimizzare, denotava un certo grado di distorsione della realtà, probabilmente dovuta alla grande concentrazione che aveva messo in ciò che stava compiendo prima che, una certa bionda ficcanaso, andasse a romperle le uova nel paniere. Per un nano secondo pensò di essere di troppo. Forse aveva solo cercato un luogo dove rifugiarsi tranquillamente, sfuggendo al caos che, gli ultimi tempi, era il castello. Il Natale era alle porte e gli animi erano letteralmente esplosi, portando trambusto in ogni angolo. Una bella grana per i tipi solitari e poco inclini alla mondanità. La osservò mentre, con grazia, ritirava l’occorrente utilizzato poco prima. Dopo essersi messa in piedi, la invitò a raggiungerla in un posto caratterizzato da una temperatura accettabile e, la Duvall, accettò con piacere. “Sono una figlia dell’estate in fondo.” In tutti i sensi, essendo nata nel mese di luglio, tra l’altro. Con quei colori, adorava quel periodo dell’anno, senza nulla togliere all’inverno e al suo fascino.
    Il suo volto si illuminò di immenso. Una tisana. Proprio quel che ci voleva per allietare quella gelida giornata, Drenante possibilmente. Quella fissazione che aveva per la forma fisica, prima o poi, l’avrebbe distrutta. Non ingeriva nulla che potesse essere dannoso per il suo organismo ma una di quelle bevande, che male avrebbe potuto farle? “Con piacere!” Sapeva che gli elfi domestici non erano delle creature accomodanti ma, forse, per il loro scopo, avrebbero fatto un’eccezione. Non stavano cercando di uccidere nessuno. Le cucine, comunque, si trovavano fuori dalla portata degli studenti, fatta eccezione per coloro che, per qualche strano motivo, avevano accettato di dare una mano a pulire pentole e cose simile. “Dimmi quel che devo fare e lo faccio!” Per lei la normalità stava sempre nel trovarsi le cose fatte e, per questo, sembrava leggermente in difficoltà. “Ma dimmi un po’ di te? Sei famosa. Tuo fratello parla spesso di te ma, vorrei sentirlo dalla tua voce.” CQuale modo migliore poteva esserci? “Ah. Kenya. Parteciperai al ballo?” Ruby, ancora, si trovava indecisa. La voglia di fare ritorno dai propri genitori era molta ma, se fosse rimasta, avrebbe avuto la possibilità di un divertimento che andava oltre le solite cene tra parenti. Ahhhhh. Che ardua decisione.
     
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2 replies since 25/11/2022, 00:14   77 views
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