Devil's trill

Quest di Halloween (aperta solo agli studenti)

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  1. seán
     
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    18 y.o.
    III anno
    diario
    Seán Hardice › DEVIL'S TRILL
    and if you gaze long enough into an abyss, the abyss will gaze back into you.
    HALLOWEEN 2022
    La mia serata perfetta per Halloween? Certamente non una festa che coinvolgeva tutta la scuola. Magari sono un tipo scontato e noioso, ma di sicuro, se fosse dipeso solo da me, questa serata si sarebbe svolta mangiando pop corn, avvolto tra le coperte del mio baldacchino a guardare la saga di Indisious per tutta la notte - dispositivi magici o connessione magica (quale) permettendo. Nonostante le mille grane che avevo dovuto affrontare nell'ultimo periodo qui a scuola - il cui argomento principale erano stati i conflitti umani nella forma più precisa: le incomprensioni con una persona in particolare - maledette siano le relazioni umane. Mi ero convinto che potessi rimandare la questione ad un altra circostanza. Detto in parole povere: volevo pensare ad altro, solo per un po'. E magari quella festa sarebbe stato un ottimo pretesto per provare a staccare la spina da tutto...e invece, dato che ero una cazzo di contraddizione vivente, mi ero diretto al banchetto anche perchè sapevo che forse ci sarebbe stata anche lei, Reina Scott. E quante diavolerie ero pronto ad osservare mettere in atto, da parte sua? Ero onesto nell'ammettere quanto mi incuriosisse provare a capire quali scherzi lei stessa aveva preparato per altre persone - magari me compreso? - ero sicuro che si sarebbe trattato di una qualcosa di indimenticabile, sebbene molto infantile. Lei era imprevedibile.
    Da che sapevo, e da che si sapesse in generale, io odiavo le feste. Non mi piaceva parteciparvi, a meno che non fossero particolari davvero, non mi piacevano se non si confacevano alla perfezione con i miei gusti, e io avevo ei gusti davvero precisi e difficili, nè uno più, nè uno in meno. E no, mettersi una maschera sul viso per interpretare qualcun altro per una o due orette non era esattamente il tipo di stimolo che cercavo in quel periodo.
    Non sarei mai riuscito a calarmi profondamente nella mente di Indiana Jones, per esempio, anche se mi sarebbe piaciuto, anche solo per pochi minuti, provare ad ipotizzare quali fossero i suoi pensieri e le sue paure, completamente diverse da quelle che erano solo di Seàn. Dopo vari ripensamenti espressi davanti allo specchio della mia camera, misi da parte il vestito che avrei indossato nel dopo cena: una camicia color cachi che dava ampia vista sui miei addominali nudi, indossai un pantalone largo cargo della stessa tonalità. Alla cintura avrei sistemato delle armi finte, come bombe o pistole - con il senno di poi, forse avrei preferito che fossero state vere. Avrei completato il mio vestito con un make up che imitava una scazzottata nella quale non sapevo se avessi avuto meglio, della serie "se io sto male, dovresti vedere com'è conciato l'altro". Che ci sarebbe stato di troppo strano, alla fine? A quanto sapessi, ad Hogwsrts non erano presenti delle attività, ed il massimo che sarebbe potuto capitare - oltre i balli in pista scontatissimi ai quali io non avrei partecipato - sarebbe stata la presenza scenica migliore di sempre. Ed era così, infatti. L'atmosfera Halloweeniana c'era tutta, a partire dalle zucche parlanti appese al soffitto, che sorridevano ai malcapitati che osavano fissarle, fino a passare alle decorazioni precise fatte di ragnatela agli angoli della stanza, ragni associati, per concludere con quelli che erano in assoluto i miei preferiti: degli scheletri ambulanti. Se avessero avuto un cervello, avrei provato a farmene amico qualcuno. O magari potevo sequestrarne uno e basta e portarmelo in camera! Perchè alla fine, perchè no? Mi affascinava l'interno del corpo umano, e forse suonava un po' macabro ma mi affascinavano le ossa di questo stesso corpo. Mi piaceva imparane nomi e posizioni così da essere preparato nel caso in cui ci fosse stato bisogno di intervenire per una rottura d'osso in campo o durante l'allenamento. Amavo Halloween. Amavo il clima che si respirava, così vero e privo dell'ipocrisia che il Natale nascondeva ai non più bambini, a chi aveva perso l'innocenza. Nonostante potessi sembrare una persona ostile a qualsiasi attività sociale, come tutti, nutrivo delle preferenze nei riguardi di certe cerimonie. Definirle "feste", a parer mio, avrebbe estirpato tutto il significato che questi eventi portavano con loro. Halloween era molto più che una semplice giornata da festeggiare spostandosi di stanza in stanza a fare dolcetto scherzetto, molto più che travestirsi da fantasma, da scheletro, o ancora peggio, da gente morta, molto più che star dietro alle cagate dei primini che lo trovavano interessante da morire, perchè la prendevano solo come un gioco. A parer mio, Halloween rappresentava uno dei migliori esempi di connessione con l'altro mondo, ed il ci credevo davvero. Credevo che, davvero, a parte la leggerezza che questo evento portava con sè, io magari avrei finalmente potuto parlare con la mia nonna paterna, defunta anni prima e da me conosciuta per pochissimo. Esempio. Era stato il mio unico esempio di nonna, e da allora non ne avevo avuto altri che provassero ad aiutarmi, che potessero aiutarmi a capire, grazie alla loro saggezza, quale fosse la mia strada. Non mi aspettavo che mia nonna mi conducesse sulla retta via, ma che mi aiutasse a capire cosa volessi davvero. Perchè è questo che fanno le nonne, ti spingono a venire a patti con te stesso, con ciò che tu vuoi davvero. E lo fanno con fare nostalgico, quasi potessero rimediare ai propri errori giovanili, spostando ogni attenzione sui propri nipoti, che ancora della vita non ne sanno un cazzo. Ed onestamente, ad una cena di gruppo condivisa con il resto delle Case, compresi i professori, avrei preferito una piccola seduta spiritica, composta da poche ma fidate persone. Magari ne avrei reclutata qualcuna quella sera, per portare a termine questo desiderio.
    Nel mentre, iniziai a mangiare, distratto dalle decorazioni animate che volteggiavano sulle nostre teste, distraendomi. Distraendomi non abbastanza da costringermi a seguire lo sguardo dov'esso stesso mi portava, senza che io avessi davvero decisione in merito. Mi soffermai su Reina Scott, di nuovo, ed onestamente, stavolta ciò che più mi colpì non fu la sua bellezza, ma il modo vorace con cui banchettava, addentando con le mani una bistecca, sbraitando a denti stretti verso un primino. Selvaggia oltre ogni immaginazione, maleducata e porca, lei con il galateo se ne sarebbe pulita il culo. E mi fece ridere pensare al fatto che, se l'avessi portata a pranzo a casa mia, un giorno, a mio padre sarebbero diventati i capelli tutti bianchi per lo shock. Forse a maggior ragione per il fatto che non fosse una purosangue. Non sapevo cosa più lo disturbasse, ma lui all'etichetta ci teneva davvero, manco fossero le ceneri di sua madre.
    Non soffermai troppo lo sguardo sulla bestia che si scatenava in Reina durante un piatto di bistecca al sugo: era del tutto comprensibile ed il mio stomaco mi richiamò a regime, portandomi a scegliere due cucchiai di purè ed una semplice fettina di pollo ai ferri. Come sapevo, dopo cena avrei dato parecchio con il dolce, dunque volevo tenermi leggero per questo motivo. Addentai la fettina di pollo un pezzo alla volta, dopo averla tagliata con fin troppa e maniacale precisione. Stessa cosa feci con il purè, prendendomi tutto il tempo per finirlo, senza timore di apparire troppo lento nel farlo. Chi cazzo se ne fregava? Quando gli altri studenti erano già al dolce, io ancora stavo finendo il secondo e non mi sarei vergognato per questo. Raccolsi una cioccorana saltellante, ignara che presto sarebbe finita tra le mie fauci, e ne addentai la testa, con sguardo estremamente soddisfatto. Allo stesso modo feci con i confetti, i primi tra le caramelle a finirmi sotto gli occhi. Ne scartai uno e lo infilai in bocca con ingenuità, senza pensare minimamente al fatto che potesse essere stato avvelenato. E come molti miei compagni, subito dopo persi i sensi, ma non mi sbilanciai in avanti, come era avvenuto per molti di loro: io persi l'equilibrio ed ondeggiai con la schiena all'indietro, ed anche se provai ad aggrapparmi con le mani alla tovaglia, questa parve sfuggirmi dalle mani, nemmeno fosse stata intrisa di vasellina. Il colpo alla schiena non lo sentii, quando toccai terra, era già black out. Le mie ultime parole, però, furono chiare: che facce di culo. Perchè ero scaltro abbastanza da capire che l'ultima cosa che avessi mangiato avesse un effetto soporifero, ma non potevo sapere di cosa si trattasse davvero.
    Mi parve un incubo, sentivo mani ovunque, dappertutto. Sulle mutande e dentro le mutande. Immaginai che fossero le mani di Reina, quelle che si muovevano nell'intimità delle mie cosce. Ma ero troppo stordito per spiegarle il modo in cui mi sarebbe piaciuto essere toccato, dunque, in questo sogno malefico, blaterai un tocca a caso, come se non sapessi nemmeno io dove dovesse mettere le mani, basta che lo facesse.
    Pochi istanti dopo riaprii gli occhi, ed il primo pensiero che ebbi fu quello di un grande fastidio alla schiena ed alla testa. Svegliarmi ed apprendere di avere la mano di un primino esattamente sopra il mio pacco, non mi rese le cose semplici, mi face incazzare. Ma passai oltre questo. Non si trattava di dolore, comunque, e solo dopo essermi rialzato, a fatica, mi resi conto del motivo per cui non mi ero fatto così male: ero caduto su due compagni già stesi a terra da prima che toccasse a me, e dunque avevano attutito il colpo. Non che mi dispiacesse per loro, l'importante era che io non mi fossi fatto nulla. Subito, appresi che nella sala si era sollevato uno schiamazzo a cui non potevo non prestare attenzione. Mi spostai di qualche passo verso la colonna più vicina dietro cui nascondermi, da lontano e da una posizione che fosse sicura, per capire cosa stesse succedendo: gli studenti si stavano letteralmente ammazzando tra di loro, chi a mani nude, chi con armi bianche, ed altri semplicemente con l'uso della bacchetta. La confusione era tanta, ma come sempre, non avrei permesso che questa mi offuscasse. Avrei mantenuto la mente lucida fin quanto fossi riuscito. Lo avrei fatto, se non avessi sentito una forza dentro di me, farsi spazio e serpeggiare tra le mie volontà. Una forza che mi suggeriva di uccidere chiunque mi si fosse parato davanti, perchè inaspettatamente, il mio sesto senso, realizzava che tutti gli studenti, dentro quel castello fossero una minaccia per me. Ponderai bene quando uscire allo scoperto, e provai a combattere contro la rabbia cieca che stava provando a mandare a puttane ogni pensiero logico. Non c'era davvero via d'uscita, o pareva non esserci. Ed il mio motto, da sempre, era "morte tua, vita mia". Non avrei mai pensato di sacrificarmi per qualcuno, meno che mai per uno sconosciuto. E sì, sarei arrivato ad uccidere, per salvaguardare me stesso. Questo era sbagliato? E quanto era sbagliato? Non era il momento di pormi quesiti di natura etica o morale, comunque, perchè intorno a me vedevo i miei compagni cadere sotto incantesimi o peggio, sotto attacchi brutali portati avanti con lame taglienti. Ero arrabbiato, come lo erano gli altri, ed avrei voluto trattenere questo istinto. Controllare le mie emozioni, come mi era stato insegnato all'ultima lezione di incantesimi. Sarei stato in grado di mettere in pratica degli insegnamenti teorici? Mantenni un respiro regolare, lo feci finchè, uscendo allo scoperto, Ryuu Watanabe non localizzò il mio sguardo incerto, e forse fu proprio quest'espressione poco convinta a spingerlo a dirigersi verso di me, e di far di me la sua preda. Non avrei esitato, non esisteva che io diventassi la preda di qualcuno. Ma non avrei attaccato per primo, avrei prima cercato di capire le sue intenzioni, che comunque non tardarono a manifestarsi. Sguainando la bacchetta, il giovane giapponese lanciò verso di me quello che mi sembrò a tutti gli effetti un bombarda. Non capivo perchè, ma questo gesto bastò a far scatenare dentro di me quell'istinto di sopravvivenza che tutti abbiamo, che molti hanno allenato, e solo in alcuni fallisce. Vedendo arrivare la bomba nella mia direzione, feci presto a balzare lateralmente verso la mia destra, preoccupandomi di cadere sui palmi delle manie e ginocchia, piegate, e pronte a compiere un balzo in avanti verso il mio compagno che aveva distrutto un pezzo di Sala Grande. Fulmineo, come una saetta, avrei estratto la bacchetta dal fodero senza dare a lui il tempo di reagire con un contro incantesimo. Stupeficium! Il raggio rosso dell'incantesimo lo avrebbe colpito in pieno petto, e scagliato contro la parete più vicina. Solo ad allora, come in un crescendo di emozioni sbagliate e disfunzionali, avrei sentito una rabbia ribollente montare ed andare ad offuscare ogni pensiero. Ogni tentativo di fare la cosa giusta e logica andò in fumo. L'unico desiderio che possedevo in quel momento era uccidere Ryuu. Non perchè Ryuu mi stesse antipatico, in nessun modo, al contrario, lo avevo sempre trovato un ragazzo addirittura piacevole. Per me chiunque si facesse i cazzi propri senza interferire nei miei era una persona piacevole, dunque non è che forse facesse testo, questo giudizio. Ma per dirla in breve, logicamente non avevo motivi che mi avrebbero potuto spingere ad ucciderlo, ma era ciò che volevo. Era come se uccidere lui, avrebbe reso me un po' più libero. Mi sarei tolto una catena alla volta, lentamente. E dunque, con passo lento ma deciso, approfittai dello stordimento dato dall'incantesimo che gli avevo lanciato contro, ed una volta ai suoi piedi, con la sinistra calciai via la sua bacchetta, così che non ci potesse arrivare con le mani, e con la suola della scarpa destra andai a premere, forte, sulla parte più morbida del suo collo. Sotto la gola. Se anche fosse svenuto, la botta in testa presa al muro lo avrebbe fatto riprendere alla perfezione. Feci pressione, andando a schiacciare esofago e trachea ed impedendogli di prendere aria. Ed avrei fissato lo sguardo in quello più scuro del giapponese, prima di premere ulteriormente la suola sulla sua gola. Lo avrei visto dimenarsi, provare a spostarsi, ma l'incantesimo da me lanciato lo aveva indebolito, ed ora era tutta una storia in discesa. Una discesa negli abissi. Non avevo mai ucciso nessuno, ed ora, mi sentivo accecato dall'orgoglio, e dalla rabbia che quel suo primo attacco mi aveva procurato. Mi stai simpatico, Ryuu. E' davvero un peccato che finisca così. E forse per pietà, forse perchè avevo fretta di proteggermi le spalle, sollevai la suola della scarpa per poi sganciare un calcio, forte, secco, e definitivo, alla sua gola, rompendogli l'osso del collo, con la semplicità con cui si rompe un bicchiere di cristallo. Pensavo di sentirmi meglio, dopo ciò che avevo fatto. Ed il mio pensiero non andò affatto alle ripercussioni che avrei avuto a seguito di quell'azione. Non pensai al fatto che sarei stato espulso per questo...no. Pensai che ne volevo ancora, ancora, ed ancora.

    code © psiche


    - si reca alla festa perchè spera staccare un po' la spina da tutti i problemi che ha ultimamente
    - citata Reina Scott , non a torto, pensa che mangi come una sguaiata
    - vorrebbe fare una seduta spiritica con poche persone dopo la cena, ma non ne ha ovviamente il tempo
    - mentre è svenuto fa un sogno un po' porno
    - si sveglia, sentendosi strano e vedendo intorno a sè una situazione ambigua e pericolosa, si nasconde dietro la prima colonna / muro che trova.
    - osserva la situazione a distanza, per capire
    - ma poi esce allo scoperto quando vede che .Cielo. lo sta per attaccare con un bombarda. Lo schiva buttandosi di lato, si risolleva e gli lancia contro uno stupeficium che lo sbatte contro il muro. Si avvicina a lui e gli poggia la suola della scarpa sulla gola. Preme, preme, preme, ed infine gli da una pedata finale per rompergli l'osso del collo. (Consenso della player)


    Edited by seán - 3/11/2022, 15:02
     
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58 replies since 31/10/2022, 10:30   1848 views
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