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Dormitorio | Seán x Loki

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  1. seán
     
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    Seán Hardice
    [ SCHEDA ] - 18 - III anno - dormitorio - animagus vol I
    Avevo preso l'abitudine di portare con me quel libro ovunque. E quando dicevo ovunque, intendevo proprio in qualsiasi luogo andassi. Se trovavo una lezione passiva e particolarmente noiosa, allora aprivo quel libro sopra le cosce e fingevo di ascoltare - per lo più quando si trattava di argomenti che già sapevo, perchè mi piaceva portarmi avanti con il programma. All'ora di cena, quel libro era sempre al mio fianco occupando, in parte, lo spazio del tavolo riservato ad un compagno, che dunque imprecava e si lamentava di questo. Passavo il tempo libero in sala comune, spiaggiato comodamente su uno dei grossi divani illuminati dalla flebile luce delle acque del lago nero e con in mano quel libro, le cui pagine scorrevano veloci come scosse dal vento. Se in sala comune erano presenti troppe persone, allora mi rifugiavo in biblioteca, e lì proseguivo la lettura per ore. L'attesa prima degli allenamenti di Quidditch era un ottimo momento per mettermi a leggere le troppe pagine di quel libro. E per essere totalmente onesti, me lo portavo dietro persino quando andavo in bagno. Ero fatto così, per quanto dessi l'idea di essere una persona equilibrata, nella pratica ero o tutto o niente, ed a quel libro, stavo dando tutto.
    "Trasfigurazione avanzata: le basi dell'Animagia" solo il titolo avrebbe dovuto chiarire quanto complesso fosse quell'argomento, ma nonostante le difficoltà non demordevo. In teoria sapevo tutto, o quasi. La pratica era un'altra cosa. Non sapevo quando mi fosse balzata in testa l'idea di approcciarmi ad un argomento così complicato come l'animagia, ma ormai c'ero dentro e non avrei mollato la presa finchè non avessi imparato a trasformarmi. Forse era capitato proprio quell'estate quando, chiuso tra le quattro mura di casa mia, avevo fantasticato come dovesse essere evadere da quel mondo fatto di ossa umane e pelle glabra, e fuggire via libero di esplorare il mondo senza troppe responsabilità sulle spalle, senza dover rendere conto a nessuno. Sparire solo per un po', uscire da Seán e ritrovarsi nei panni di qualcos'altro. Il cosa, poi, era un mistero assoluto. Non avevo la minima idea di cosa sarei potuto diventare se anche avessi imparato a trasformarmi, ma ciò a cui silenziosamente aspiravo, senza pronunciarlo ad alta voce, era di essere un animale dotato di ali. Perchè più che la terra, avrei volentieri esplorato il cielo. Allo stesso tempo, mi piaceva fantasticare sul fatto di non diventare un insetto perchè, andiamo, il mondo era troppo pericoloso per essere un'arthropoda. E mentre fantasticavo su cosa potessi diventare, proseguivo la lettura di quello che era l'ennesimo libro di una serie potenzialmente infinita. Il fatto era che odiavo sentirmi impreparato, e prima di avanzare una richiesta così importante alla professoressa Huxley o al professor Blackwood, volevo e dovevo sapere vita, morte e miracoli dell'animagia. Non avrei accettato niente di meno da me stesso, dopotutto. E dunque, quel libro mi faceva anche un po' compagnia, nei momenti in cui mi sentivo solo, perchè nonostante fossi una persona fredda e distaccata il più delle volte, e nonostante io stesso amassi vantarmi di amare la solitudine, quest'ultima potevo percepirla anche io come qualsiasi essere umano. Magari la sentivo un po' meno di molti altri, ma la percevivo, a volte. Mi ero affezionato a quel libro, tanto che erano rare le volte in cui quest'ultimo si trovasse in giro per il dormitorio senza custodia. Eppure, era capitato, quel giorno, di lasciarlo sopra la mia scrivania, invece che nella mia borsa. Non è che non volessi far sapere a qualcuno di quest'ultima ossessione per qualche oscuro motivo, ero sempre stato riservato su qualsiasi cosa, e non mi piaceva l'idea di sbandierare ai quattro venti l'intenzione di diventare animagus. Anche perchè...cazzo se ero scaramantico. In ogni caso, un occhio attento avrebbe notato il mio cambiamento negli ultimi tempi, come fossi preso da qualcosa in particolare, qualcosa che rapiva i miei pensieri in maniera totalizzante, e quel qualcosa, grazie al cielo, non era una persona, ma un libro. Quel libro. Finiti gli allenamenti di Quidditch, avevo fatto in fretta a farmi una doccia e fuggire di nuovo nel dormitorio per recuprare il libro, e rientrando in dormitorio aveva incrociato Loki. Come va il naso? Domandai distrattamente, oltrepassandolo ed andando a porre le mani avide sul tomo lasciato sulla scrivania. Ovviamente ero riferito al fatto che Norman avesse l'abitudine di sbattere la testa un po' ovunque e farsi sanguinare il naso, come era successo alla fiera estiva, nemmeno fosse colpa sua, porello. Ma chissà quante altre volte gli era successo, di recente. In effetti in generale mi dava l'idea di qualcuno che aveva sbattuto la testa troppe volte da bambino, un po' come qualsiasi essere umano entrasse nella mia sfera persona e intima. Li detestavo quasi tutti.

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    Loki è una persona precisa, e la precisione si manifesta anche nell’attenzione verso ciò che lo circonda e le persone che gravitano attorno al suo campo vitale. Come per esempio il compagno di stanza, appunto. E dunque se n’è accorto eccome del suo comportamento “anomalo”, ha notato come da qualche tempo se ne vada in giro con la testa fra le nuvole e un libro sempre appresso, di cui ormai riuscirebbe a riconoscere la copertina se gli capitasse sotto mano. Non ha mai detto nulla, limitandosi a scrutarlo dal proprio angolo di mondo. Ma quando quel pomeriggio, intento a sistemare la propria area della stanza, scorge sulla scrivania proprio quel fottuto volume, non resiste alla curiosità di varcare i confini dello spazio altrui per andare a guardare meglio. Generalmente non è un tipo di atteggiamento che gli appartiene, avendo una cura forse estremizzata della privacy delle altre persone. Eppure deve ammettere che sono diversi giorni che cerca di immaginarsi che cosa abbia rapito il coinquilino al punto da modificare alcune sue routine. Si potrebbe dire che ne è piuttosto impensierito, che magari il suo innato istinto di protezione sia stato attivato e lui si sia fatto convincere da questa spinta a compiere delle azioni che in altre circostanze avrebbe evitato. Perciò appena veduto quell’oggetto per la prima volta incustodito, si è immediatamente messo sull’attenti, avvicinandosi cautamente al luogo del delitto e finendo inavvertitamente per sfiorarlo con la punta delle dita al momento della lettura del titolo. E’ più forte di lui, ne è attratto come un’ape al nettare di un fiore, così tanto da doverci, imperativamente, dare pure un’occhiata all’interno. Complice la sua passione per la materia, l’uragano di nuove connessioni neurali che gli si scatena in quella testolina lo rende affamato al punto da sfogliarne le pagine febbrile, con un orecchio sempre teso all’ascolto di suoni sospetti per non farsi cogliere in flagrante. Per la verità si sta anche sentendo vergognosamente in colpa per aver infranto in modo così subdolo la riservatezza del compagno. Ma ormai il danno è fatto, il reato è stato commesso, e la volontà di indagare più a fondo si è instillata nella mente del ragazzetto, che allo scattare della porta, balza in piedi, richiudendo il tomo con un gesto rapido. Compie, o almeno ci prova, alcuni passi verso il centro della camera, fingendo di sistemarsi la cintura, come se fosse appena uscito dal bagno e avesse dovuto passare da quelle parti per caso. Seh. [Bene] risponde, forse un po’ troppo precipitosamente per i suoi standard. Ci sarebbe da chiedersi come mai Sean abbia deciso di rivolgergli quella domanda dopo mesi dal loro piccolo incidente, ma al momento non gli passa nemmeno per la testa di porsi un simile problema, allarmato invece dalla possibilità di uno scatto d’ira – del tutto giustificabile – nel caso in cui l’altro riuscisse leggere l’aria e intuisse i reali accadimenti degli istanti precedenti il suo rientro. [E il tuo?] Chiariamoci: non pensa che sia abitudine del maggiore, quella di spaccarsi il naso con frequenza. Gli viene solo spontaneo rigirargli il quesito, un po’ come si fa quando ci si domanda vicendevolmente “come stai” all’inizio di una conversazione casuale, e non è che faccia tanto caso al modo in cui viene impostato l’interrogativo. Strano anche questo. E’ abituato a sporcarsi le mani e la reputazione, e di solito la faccia di bronzo e la condotta imperturbabile sono il suo marchio di fabbrica. Invece ora resta in attesa di della replica per una manciata di secondi, in totale apnea, imponendosi mentalmente di non farsi sfuggire occhiate dietro di sé, nervoso. Si mordicchia anche l’interno di una guancia per, infine, lasciarsi andare ad un sospiro profondo che manda in vacca tutti i propositi e distrugge il palco appena costruito in totale autonomia. […Vuoi farlo?] chiede allora titubante, ma dritto al punto, indicando con il capo nella direzione della scrivania da poco abbandonata per dargli un indizio del tema del discorso. Perché, alla fine della fiera, è quello che gli preme maggiormente. Vuole capire, nonostante sia del tutto consapevole di non avere alcuna voce in capitolo per mettersi a discutere sulla pericolosità della pratica, specialmente se è convinto che voglia provarci di nascosto, da solo. Sa perfettamente quanto per il collega sia importante il libero arbitrio, la possibilità di commettere errori e sbattere il muso contro di essi. Ne condivide pure la filosofia. Ma lo deve sapere ugualmente. Vuole prepararsi, possibilmente, a limitare i danni. E quindi fanculo se lo prenderà a male parole. E’ pronto a buscarsi un sonoro cazzotto in faccia. L’urgenza e l’apprensione sono appena percepibili nella sua voce come nello sguardo aperto che gli rivolge subito dopo, e che mantiene fisso sul suo. Tra l’altro ne è sorpreso, e fatica lui stesso a cogliere i motivi sottostanti questa agitazione. Razionalmente parlando, saranno anche cazzi suoi se vuole rischiare di spezzarsi l’osso del collo nel tentativo di trasfigurarsi in uno struzzo o quel che sia. Invece boh, la cosa gli interessa un po’ più del dovuto, a quanto pare. Forse si sta davvero affezionando a quell’idiota, in fin dei conti.

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    Rientrato nella stanza ed intercettato Loki nei pressi della mia scrivania, non ci misi molto a capire che probabilmente aveva anche lanciato uno sguardo al libro che stava appoggiato lì sopra, in bellavista, tomo che certamente mi aveva visto in mano più volte. Non potevo sapere se si fosse limitato a guardarlo, o se avesse anche sbirciato al suo interno, notando gli appunti a matita a bordo pagina o alcuni post it incollati alla carta. Questo pensiero non mi turbava più del necessario, da una parte non avevo mai fatto niente per nascondere il fatto che si trattasse di un libro sull'animagia, ed in ogni caso conoscevo Loki il tanto da sapere che non fosse tipo da andare a spifferare ai quattro venti ciò che sapeva o non sapeva di me. Questo non significava che mi fidassi completamente di lui, ovvio. Comunque non era di uno dei doni della morte che si parlava, ma di un libro che riguardava un argomento anche scolastico, non avevo nulla da temere! Di sicuro, l'atteggiamento del mio compagno non appena mi vide entrare in stanza, fu del tutto sospetto. Si affrettò a rispondere alla mia domanda quasi prima che finissi di porgliela, mentre si accingeva a sistemarsi la cintura del pantalone. Mi fece piacere sapere che non avesse sbattuto il naso da qualche parte in mia assenza, se non per spirito d'altruismo, quanto meno perchè così non avrebbe sporcato di sangue le mie cose. D'altra parte io portai l'indice a colpire la punta del mio. Importante come sempre. Che dire? Non avevo mai davvero sbattuto il naso da qualche parte, nè lo avevo visto sanguinare, ma ero ben consapevole di non avere un naso da fatina. Bastò rimanere ad osservarlo in silenzio, per qualche istante, per fargli vuotare il sacco. Mi fermai al bordo del letto a baldacchino, senza sganciare gli occhi dalla sua figura esile, ed intrecciai le braccia sul petto, mentre lui diventava sempre più nervoso o così mi sembrava a vista: non stava respirando, si mordeva la guancia e tre, due uno...
    Accompagnò quella domanda del tutto fraintendibile con un gesto del capo in direzione del libro. Allora spostai lo sguardo sul tomo e mi avvicinai piano alla scrivania per recuperarlo. Me lo rigirai tra le dita, andando poi a riporlo gelosamente sotto braccio. Diventare animagus? Non l'avevo mai detto ad alta voce, e sentire uscire quelle parole dalle mie labbra fu davvero strano, tanto che sentii un brivido percorrermi la spida dorsale. Perchè no? E' interessante, magari divento una colomba e mi vedi solo a Pasqua. Sempre che credesse in Dio. Lo vedevo a tratti preoccupato, ma non potevo davvero intuire la natura del suo stato d'animo. Quindi storsi di lato il capo, chiedendoglielo direttamente. La cosa ti turba?

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    Che la propria fosse una domanda fraintendibile non gli è passato neanche per l’anticamera del cervello, ormai del tutto estraneo ai sentimenti romantici e ciò che vi va appresso. Nella sua testa, le emozioni provate pochi mesi addietro non ritorneranno mai più; NON DEVONO ritornare mai più, consapevole com’è che, alla fine, non resterà mai nessuno per uno come lui. Non ha carisma, non brilla nello studio, proviene da un mondo lurido e brutale, e per di più, non è mai stato amato in vita sua. Non ne ha le competenze. Perché, naturalmente, è colpa sua se non se lo merita. E’ colpa sua se si affeziona, ed è colpa sua se le persone se ne vanno. Vuol dire che non è stato all’altezza, vuol dire che non si è impegnato abbastanza o che non ha capito come fosse meglio comportarsi. Non ne è capace. E allora è meglio tenercisi lontani, a maggior ragione se ha grossi problemi nella gestione delle emozioni, ora che è adolescente, e se queste vengono fuori davanti alle persone “sbagliate”. Al genere sbagliato, sarebbe meglio dire. Insomma, lui non ci fa caso a come si pone, vuole soltanto centrare il punto, arrivare al dunque e levarsi un peso dallo stomaco. [Sì] conferma infatti, andando a sistemare i polsini della camicia come se ne fosse infastidito, neanche fossero delle manette. Ma, assicuratosi delle pacifiche intenzioni di Sean, per quanto gli risulti un po’ scocciato, riesce a riprendere aria e darsi una leggera calmata. [Secondo me hai più la faccia da lamantino] commenta allora, a sfregio, riguardo la possibile forma che potrebbe assumere nel caso in cui riuscisse a trasfigurarsi in un animale. Anche perché non crede in una religione, tantomeno ai rituali ad esse associati, ma potrebbe comunque apprezzare di restarsene per conto proprio per gran parte dell’anno, ad eccezione di un’unica festività. Solo che poi, chi glielo va ad assicurare che sia quello il suo destino? [Sarebbe una bella rottura di coglioni se non riuscissi a rotolare via sulla palla di lardo che ti ritroveresti, e mi toccasse estinguere la fottuta fauna del Lago Nero solo per sfamarti] la butta sullo scherzo, per quanto permanga serio. Anzi, la preoccupazione sembra svanire almeno in parte mentre i lineamenti gli si stanno irrigidendo, facendogli diventare l’espressione quasi severa. Gira i tacchi, marciando in direzione del proprio letto per lasciarvisi poi cadere sopra con le chiappe, a peso morto, e tornare a scrutare l’altro. [Tranquillo, non te lo tocco più] il suo prezioso libro. Di nuovo l’ambiguità delle parole è del tutto casuale. Dalla maniera in cui se l’è rimesso in braccio, pare quasi una madre col suo cucciolo. Boh. Interessante il tema e tutto, per carità, ma questo attaccamento alle cose materiali non lo riesce a comprendere appieno. Non capisce perché il ragazzo che gli sta di fronte sia così gelosamente legato a quel tomo in particolare. Ciononostante, non è il tipo da giudicare le stramberie degli altri – o quelle che ai suoi occhi possono apparire tali; infondo lui è il primo ad essere pieno di manie che di sicuro non vuole questionare con chicchessia, perciò mantiene lo stesso riguardo per quelle a lui estranee. Vi saranno sicuramente delle motivazioni che non gli è dato conoscere, e si accontenta di osservarne le conseguenze, a tratti incuriosito. [Ammetto che la cosa mi turba] però gli sta lasciando il dubbio se si stia ancora riferendo al problema di dover badare ad un lamantino spiaggiato nella propria stanza, o se stia rispondendo genuinamente all’interrogativo. Non sa bene come mai, ma non gli viene la voglia di svelare l’arcano, di spiegargli che cosa effettivamente lo stia mettendo in allarme. Probabilmente questo ha a che fare proprio con tutto il discorso sulla propria emotività che ha deciso di trattare con meno riguardo di un mozzicone di sigaretta gettato sull’asfalto. [Hai già fatto dei test?] chiede invece con le braccia che vanno ad incrociarsi al petto, così come la gamba destra va a poggiarsi sulla sinistra. [Spiegami come funziona, sono curioso. Anzi, ormai ci sono dentro, se non mi coinvolgi mi sentirò costretto a starti attaccato al culo anche quando vai al cesso] è una minaccia bella e buona, visto e considerato che sarebbe capacissimo di farlo. Quasi gli sta tornando utile, adesso, il suo piccolo scivolone sulle cotte improvvise. Può servirsi della faccenda “Ryuu” per rendere l’immagine ancor più raccapricciante agli occhi del collega, che ne era stato messo al corrente. E difatti le sopracciglia si innalzano per una frazione di secondo, a simboleggiare una malizia che neanche gli appartiene, ma che gli pare piuttosto convincente.

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  5. seán
     
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    Seán Hardice
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    Un lamantino? Domandai, un tantino perplesso ed andando ad analizzare uno per uno i tratti caratteristici che avrebbero potuto accomunarci. In verità non sapevo fino a che punto l'affermazione sul lamantino volesse essere un complimento - per la creatura, non per me: notariamente, i trichechi mi erano sempre sembrate delle creature simpatiche, ed io non lo ero mai stato. Ma mentre riflettevo mi portai una mano a palmo aperto sul petto, quasi temendo che quella sua ipotesi potesse diventare realtà, e mi trovassi costretto - nel remoto caso in cui fossi riuscito a trasformarmi - ad esplorare il lago nero. Non più a salutare gli animali che ne facevano parte e che riuscivo ad intravedere sera e mattina attraverso gli spessi vetri della sala comune, ma quasi a far parte di di essi. In effetti, non mi era nemmeno chiaro se i trichechi vivessero in acque dolci o salate, e questo avrebbe di gran lunga complicato le cose. Se fossi stato così bravo e fortunato da riuscirci, io quel potere avrei voluto usarlo davvero. Hai appena detto che ho una faccia da tricheco o qualcosa di simile? Lo fissai torvo, con espressione seria, lo sguardo a tratti tagliente. Ed in base a quale struttura fisionomica lo dici? Cioè, i trichechi avevano un volto un corpo grosso ed un volto paffuto, alcuni persino con baffi e con lunghe zanne sporgenti. Potevo concedergli il fatto che non avessi, di norma, una grande coordinazione coorporea, essendo notoriamente molto alto. Ma a parte la descrizione fisica, che comunque non ci azzeccava un'acca per davvero, mi sorprendevo come uno studenti di un anno più grande di me fosse così tanto ignorante in materia: avevo appreso dai libri letti che la scelta dell'animale per la trasformazione si sarebbe concentrata su caratteristiche psicologiche, mentali, caratteriali. L'aspetto fisico iniziale c'entrava bene poco! Strinsi a me il libro, senza dimenticare di fissare il mio compagno di stanza come fosse un nemico poco simpatico che mi aveva appena definito un tricheco. Ero permaloso, non così tanto da prendermela per questo giudizio che aveva di me e del quale non sapevo da dove fosse saltato fuori, ma certamente mi sarei approcciato a lui con un po' più di riguardo, dato come scherzava - perchè scherzava, vero? - su qualcosa che per me era molto importante. Perchè ti interessa saperlo? Vuoi diventare una mosca fastidiosa che spia i maschietti dentro i bagni? Okay, ero stato cattivo, utilizzando l'informazione che sapevo di lui contro di lui, ma che importava? Mi aveva paragonato a gratis ad un tricheco, come se io e quell'animale avessimo qualcosa in comune. Strabuzzai gli occhi alla sua proposta, andando a sedermi sulla sedia della scrivania e voltandomi verso di lui, il tanto da riuscire a guardarlo negli occhi. Serio? Sai che per questo percorso molto importante devi liberare la mente da qualsiasi altro pensiero che possa occuparla, e dedicartici completamente? Domandai, così, perchè nonostante fossero passati mesi ero piuttosto convinto che la cotta per Ryuu non fosse andata via. Il sesto senso al quale tanto mi affidavo di solito funzionava benissimo, come una lampadina sempre accesa. Non puoi intraprendere questo percorso se hai grane emotive da risolvere, devi essere completamente libero. Conclusi. Questo era ciò che io avevo imparato leggendo diversi manuali. Ma questo non significava che io fossi un ottimo esempio in merito: anche io non avevo la mente del tutto sgombra da altri pensieri, e forse anche per questo motivo stavo ritardando di un po' l'inizio del test. Mi ero fermato alla teoria, per adesso. Sai cosa intendo, no? Domandai, allusivo, storcendo di lato il capo. Lui aveva Ryuu, ed io avevo, in misura ridotta, o così mi piaceva credere, Reina Scott. Entrambi avremmo dovuto andare oltre questi pensieri per poterci riuscire. In ogni caso non permetterti di seguirmi al cesso, ti do un calcio in culo da qui fino alla torre dell'orologio. E non mentivo.

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    Se Sean lo guarda torvo, quella che gli viene restituita è un’espressione pressappoco similare, glaciale per certi versi, ma che parte tuttavia da un primo momento di incredulità. A Loki sfugge, infatti, come possa anche solo prenderlo lontanamente sul serio sulla faccenda del lamantino. L’animale gli è uscito così, a bruciapelo, senza nemmeno pensarci. Avrebbe potuto dirne un altro qualsiasi, e trovare una scusa valida per farlo sembrare fastidioso da gestire, se ci si fosse messi nei suoi panni. E invece niente, gli tocca assistere all’esternazione di una permalosità del collega che non conosceva minimamente. Esagerata, dal suo punto di vista. Come esagerato gli sta sembrando tutto ciò che gira attorno a quello schifosissimo libro. Che è successo a Sean? Gli hanno rubato l’anima? Deve essere colpa di quell’affare che si tiene in braccio come se ne andasse della sua vita. E questo, se possibile, lo rende ancora più inquietato. [Ma che cazzo, Sean. Ti stavo solo prendendo per il culo, Cristo] incrocia pure le braccia al petto, facendo roteare gli occhi al soffitto per un momento, salvo poi far tornare lo sguardo dritto su di lui. Merda. Di sicuro non è la prima volta che si scherniscono dacché condividono la stanza. A memoria sua, anzi, è sempre stato più o meno così, ad eccezione delle confidenze cui si è lasciato andare qualche mese addietro. Errore madornale, visto come gli si ritorceranno contro di lì a poco. Paragonare qualcuno ad un animale un po’ goffo non lo ritiene minimamente assimilabile all’uscita che gli spara il coinquilino appena si stava per mettere l’anima in pace sull’effrazione commessa. E invece Hardice gli restituisce il favore con gli interessi inflazionati. “Vuoi diventare una mosca fastidiosa che spia i maschietti dentro i bagni?” Questo non dovevi proprio dirglielo. Con tutta la fatica che sta facendo ad accettare quella parte di sé, fallendo miseramente fino a negarla del tutto, questa è la peggiore offesa che potesse mai essergli rivolta. Trattiene il fiato, mentre le palpebre si aprono decisamente più del normale, e le braccia gli ricadono lungo i fianchi a peso morto. Tutta la fiducia riposta nella persona che gli sta di fronte gli scivola via dalle dita, come anche gran parte del colore della pelle che va sbiancandosi a mano a mano che gli istanti si susseguono in un silenzio scioccato. Schiude le labbra, ma la ferita appena aperta sanguina a sufficienza da lasciarlo completamente senza parole. E quindi, si limita ad alzare di poco la testa, nel tentativo di farsi dignitosamente carico dell’affronto subito. Le mani gli tremano, e vengono strette a pugno, mentre il capo esegue micromovimenti di diniego. Comunque l’altro non sembra accusare il colpo quanto lui, infatti riprende a parlare spiegandogli come ci si dovrebbe comportare nei confronti della materia complicata in cui ha deciso di cimentarsi. [E’ per questo che sei diventato così stronzo? Mi sa che sei arrivato ad un livello superiore del “liberare la mente”, e il cervello lo hai direttamente gettato nel cesso] la voce che gli esce rauca la dice lunga sul suo stato emotivo del momento. Tradito, ecco come si sente. Dall’ennesima persona di cui aveva deciso di fidarsi. Pugnalato con orgoglio da qualcuno che avrebbe voluto poter chiamare “amico”. Fanculo. Oltre al tradimento, però, è presente un’estrema critica a sé stesso e al suo stupido idealismo che non gli permette di accettare la cruda realtà dei fatti: a nessuno fregerà mai un cazzo di lui. Nessuno sarà mai davvero suo amico. Ha bruciato la sua unica possibilità quando aveva dodici anni, e ne dovrà pagare lo scotto per il resto della vita. D’altro canto se lo merita, per aver lasciato indietro Hugo; per non essersi assicurato che fosse lui l’unico sopravvissuto.
    A questo punto vorrebbe girare i tacchi e lasciare Sean a sguazzare nella merda in cui ha scelto di infilarsi; di fargli fare i suoi tentativi del cazzo a vuoto col rischio di restarci secco, non dovrebbe essere più un problema che lo riguarda. Che crepi assieme a quel fottuto libro di merda. Eppure, nonostante lo stia visceralmente detestando per quello che gli ha appena sputato in faccia, con astio per di più, confermando quanto faccia schifo essere persone dai gusti perversi e deviati come lui, non riesce ad abbandonarlo seriamente al suo destino. E resta lì, ormai inchiodato coi piedi al pavimento, perché qualsiasi accenno di spostamento rischia di far notare maggiormente il suo squilibrio psicofisico. [No, non lo so cosa stracazzo intendi, Sean, non sono un fottuto legilimens. E per la verità, non so più neanche chi cazzo sei. O forse non l’ho mai saputo] . Non è sicuro di voler davvero sapere a cosa stia alludendo, intravvedendo forse che il discorso potrebbe andare a parare proprio sul tema che gli sta facendo vedere Sean come un nemico, qualcuno da cui possibilmente guardarsi le spalle in futuro. [Vaffanculo] è la sola risposta che riesce a fornirgli infine, giunta l’ennesima stilettata da parte del compagno. Beh, questa volta gliel’aveva un po’ servita, ma ciò non toglie che faccia la sua parte a renderlo ulteriormente instabile e a farlo indietreggiare verso l’uscio. [Vedi di non fare puttanate. Non voglio andarci di mezzo se finisci per romperti l’osso del collo facendolo sparire mentre ti trasformi nel tarzanello di un fottuto tardigrado] a modo suo gli svela i motivi del suo interessamento alla questione, per quanto ormai il viso permanga asettico. Chissà se i tardigradi fanno la cacca, tra l’altro. Non lo sa. Magari Sean sì e lo può pure istruire a riguardo prima che se ne vada sbattendo la porta. Perché, di fatto, l’ultima cosa che vuole fare adesso è di condividere l’ossigeno con l’altro.

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    Edited by Justapoint - 20/10/2022, 23:18
     
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  7. seán
     
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    Seán Hardice
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    Mi era chiaro che stesse scherzando con la storia del tricheco. Perché sì, magari quel libro mi aveva assorbito tanto, per non dire rincoglionito, ed ero stressato, ma non fino a quel punto. Si, lo avevo capito, Loki. Ero sempre stato serioso ed un po’ snob, di certo ero permaloso e sapevo di esserlo, ed a volte l’ironia non sapevo nemmeno cosa fosse. Ma non avevo mai preteso di considerarmi una persona piena di pregi, anzi, sapevo di avere più difetti che altro. Considerando tutti questi precedenti, sentirmi dare del tricheco da Loki Norman sicuramente non avrebbe potuto strapparmi un sorriso, dai! Io e lui ci punzecchiavamo sempre! Che dovevo fare, riderne? Ma allo stesso modo nemmeno me la sarei legata al dito, insomma. Cioè, sapevo che la sua era una frase buttata lì, una come un’altra. Non è che avrei rotto il nostro rapporto di pacifico coinquilinaggio per questa cazzata. Era stata una frase stupida come lo era stata anche la mia, d’altra parte. O così avevo creduto prima di vedere la sua reazione a parer mio spropositata, dato che non ne conoscevo i retroscena psicologici.
    Avrei potuto scegliere qualsiasi altro termine di paragone per spedirlo come mosca in vari luoghi, per esempio avrei potuto dirgli “vai a spiare i gufi che gufano” “vai a spirare la sezione proibita della biblioteca e perditici” “vai a spiare gli studenti che danno gli esami così magari al prossimo copi” e tante altre frasi cattivelle. Perché il mio rapporto con Loki era sempre stato quello: ci punzecchiavamo, il più delle volte ci davamo contro o per lo meno, io gli davo contro. Perché non avevo mai nascosto di non volere un coinquilino nè di non essere un ottimo compagno di stanza con cui convivere. Ed arrivato agli inizi del terzo anno non avevo cambiato idea, avevo solo constatato che, tra le opzioni disponibili ad Hogwarts, Loki fosse tra i meno peggio. Non era mio amico, era il mio compagno di dormitorio, io non avevo amici ad Hogwarts. Non ancora, per lo meno. E, per il carattere che avevo, difficilmente sarei riuscito a farmene qualcuno, ma mi andava bene così, ne ero consapevole.
    Stavo bene da solo.
    Nonostante le possibili risposte sorpra citate, per nessun motivo in particolare se non il caso, avevo scelto di invitarlo a spiare “le docce” e notoriamente sotto la doccia spii chi ti attrae, non chi non lo fa. Ed io sapevo che a Loki piacessero i maschi, perché lui me lo aveva detto mesi prima senza problemi apparenti. Mi aveva detto che aveva dei problemi amorosi con un ragazzo. Me lo aveva detto senza che io glielo chiedessi, senza che avessimo davvero confidenza. Mi sarei fatto più scrupoli a fare una battuta simile se in dormitorio ci fosse stato qualcun altro oltre noi, perché non sapevo se Loki avesse fatto coming out e non me ne fregava nemmeno un cazzo. Ciò che non mi era chiaro, e che non potevo sapere perché lui non me lo aveva detto apertamente, era che Loki non avesse ancora accettato il suo orientamento sessuale, o meglio, che ancora avesse difficoltà a trattarlo, come per lui fosse un tabù. Per me non lo era, e non partivo dal presupposto che un omosessuale vivesse male il proprio orientamento sessuale a prescindere. Ma non era di me che si stava parlando, forse avrei dovuto avere un po’ più di tatto che mi mancava. Mi era sempre mancato. D’altra parte, anche se mi sarebbe piaciuto esserlo, non ero un indovino.
    Certamente rimasi basito dalla sua reazione, sbiancò, iniziò a tremare e io mi resi conto allora che non stesse bene. Tutto ok? Domandai, sinceramente preoccupato ed anche confuso. Corrugai le sopracciglia, potendo azzardarmi ad ipotizzare che la mia frase l’avesse colpito più a fondo di quanto io volessi davvero. E non ero felice di questo, non ero così tanto cattivo. Ma non ebbi il tempo per approfondire la cosa, se avesse voluto chiarire la sua posizione avrebbe potuto farlo lui stesso, io da parte mia ero nella confusione più totale e potevo solo fare ipotesi per capire cosa stesse succedendo.
    Non mi scomposi quando mi diede dello stronzo: era così. Quando mai mi ero dimostrato diverso con lui? Avevamo chiacchierato, una sera, e quella sera ero stato con lui meno piccato del solito, ma se si aspettava da parte mia coccole e comprensione aveva sbagliato persona. Quando mi disse che avevo buttato il cervello nel cesso, assottigliai lo sguardo fissandolo con un’espressione interrogativa ed anche seccata. Okay, per me potevamo chiudere lì il discorso, perché arrivato a livelli che non mi piacevano più. D’altra parte, avrei accettato comunque il modo con cui lui mi trattava perché era lo stesso che io riservavo a lui: ruvido, rude. Non avevo mai preteso che mi trattasse con i guanti, non lo pretendevo da nessuno e speravo che nessuno lo pretendesse da me. Rimasi in silenzio, alle sue parole successive. Non volevo rivangare cose passate e che magari gli facevano male. Perché non ero un sadico. Perché si, sapevo che avesse sofferto per Ryuu, questo lo sapevo. Perché lui me lo aveva detto. Questo me lo aveva detto, e per questo motivo evitai di premere sull’argomento, sia per questo ed anche perché ero sinceramente scazzato da tutta quella discussione. Lui mi aveva chiesto informazioni in merito all’animagia, ed io ero stato chiaro nel dirgli che avrebbe dovuto mettere da parte ulteriori passioni e sgomberare la mente. Si facesse lui i calcoli. Non avevo alcuna intenzione di fare i compiti con lui, nè di averlo attaccato al culo h24 per studiare insieme. A questo punto speravo che avesse cambiato idea anche lui, dato come mi stava mandando a quel paese. Anche meno, Norman. Io sto solo leggendo un libro, non ho intenzione di fare le prove in assenza di un professore esperto. Puoi evitare di preoccuparti per me.
    Detto questo, aprii il libro e lo sfogliai alla pagina che dovevo leggere.

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    Bah, a lui non è parso neanche per un momento che Sean avesse davvero capito che si trattasse di uno scherzo. Le domande “di troppo” sulla somiglianza con il lamantino, erano state per lui un segnale di come l’altro se la fosse legata più di quanto avesse previsto nel momento in cui aveva formulato la frase. Certo, magari non era stato il modo migliore per affrontare l’argomento, ma non vi aveva messo malizia alcuna nelle parole, tanto meno nella scelta dell’alterego animalesco. Se tuttavia la questione poteva essere risolta con poche e semplici spiegazioni, nell’istante in cui all’altro viene in mente di ribattere usando potenziali fantasie sessuali come arma da rivolgergli contro, ogni buon proposito abbandona il corpo e la mente di Loki. Ci resta di sasso, sentendo la bocca dello stomaco stringersi dolorosamente. Gli viene anche da chiedersi se, effettivamente, quella non sia l’evoluzione che il destino gli riserba, se continua ad andare avanti a rivangare un passato ormai remoto. E’ condannato a diventare un depravato che gode nel vedere corpi nudi maschili in un cesso pubblico? Allo stato attuale dei fatti, l’immagine gli risulta solo stomachevole. E questo, crede, sia lo stesso identico effetto che una simile scena susciti a Sean. Lo schifo più totale. Ed è un disgusto che gli viene vomitato addosso, con l’espressione scocciata e uno sguardo giudicante (che lui pensa fermamente dipenda da questo). ”Tutto ok?” ha anche il coraggio di chiedergli quando lo vede diventare un blocco di cemento armato, incapace di reagire in alcun modo. Ovviamente, cazzo, è tutto ok. E’ assolutamente normale che una persona a cui aveva confidato una debolezza gliela sbatta in faccia come un pugno e pretenda anche di far finta di essere preoccupato. [Sì. Certo. Ti ringrazio di avermi finalmente rivelato quello che pensi] fottuto bastardo. Ma questa ultima parte non la dice verbalmente, tanto gliela si può leggere negli occhi fulminanti che gli ha piazzato addosso già da un po’. La voce permane roca, ma la calma con cui si esprime è quasi innaturale se messa assieme a tutti i sintomi dello shock ancora presenti sulla sua figura. Come la posizione rigida, il pallore, e il respiro pesante.
    Poi, però, gli scambi si fanno sempre più accesi e Loki comincia sentire la necessità di abbandonare la nave prima che le cose degenerino. I passi si direzionano alla porta, pronto ad infilarla al termine di questa conversazione del tutto infruttuosa, ma riescono a fermarsi in tempo per sentirgli pronunciare la volontà di non mettersi a giocare allo scienziato pazzo in solitaria. La mano destra poggia già sulla maniglia, la preme verso il basso. [Ricevuto] quantomeno può tirare un sospiro di sollievo sotto questo aspetto, placando l’ansia relativa alla probabile dipartita del collega qualora avesse avuto in mente di testare l’animagia senza una doverosa supervisione. Perché, in tutto questo, con l’anima spaccata a metà e la sensazione del tradimento in circolo, la priorità restava comunque quella di assicurarsi della sicurezza di Sean. Poteva andare meglio anche sul piano umano, quindi, se quest’ultimo non avesse colto le allusioni lanciategli da Loki, rispondendogli sulla stessa scia del commento precedente. “In ogni caso non permetterti di seguirmi al cesso, ti do un calcio in culo da qui fino alla torre dell'orologio” La durezza dei lineamenti del piccoletto allora si manifesta con la mascella serrata così tanto da rischiare di scheggiargli un dente. [Strano, non hai pensato che potrebbe pure piacermi. Magari dovresti cambiare stanza, sai, metti che ad averti sempre attorno mi emoziono e finisco per succhiarti il cazzo inavvertitamente. Non si sa mai, con un fottuto pervertito] ci aggiunge il carico, sarcastico, seguendo il filo di quanto ha interpretato fino ad ora dei discorsi promossi dal ricciolo. La porta viene spalancata con rabbia subito dopo, lasciandolo libero voltarsi per imboccare il corridoio. Semmai non dovessero esserci motivi validi per restare, proseguirebbe dritto come un treno, e incazzato come una biscia, chiudendosi la stanza alle spalle con un colpo secco.

    - [Parlato] - Pensato -“Parlato altrui”-
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    Edited by Justapoint - 9/11/2022, 16:44
     
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    Seán Hardice
    [ SCHEDA ] - 18 - III anno - dormitorio - animagus vol I
    Mi voltai verso il giovane serpeverde che mi passava alle spalle, diretto all'uscita, e lo osservai con aria di palese confusione in volto, mentre si muoveva nervoso. Le sue parole, se possibile, mi lasciarono con più domande che risposte. Cosa gli avevo rivelato? Io davvero non capivo cosa gli avessi fatto per farlo scattare in questo modo. Non credevo di aver fatto chissà quale confessione, ma forse, avrei dovuto domandarmi cosa lui aveva capito di ciò che io gli avevo detto. In un attimo andai a ripensare alla frase che più di ogni altra cosa lo aveva colpito, quella dello spiare gli altri sotto le docce. Mi portai una mano alla fronte, massaggiandomi la pelle con i polpastrelli, in difficoltà e provando a fare ciò che in genere non facevo mai con il prossimo: provai a mettermi nei suoi panni. Già era dura stare nel proprio corpo e nella propria mente, delle volte, figurarsi riuscire ad immaginarsi anche le menti altrui! Provai ad empatizzare con Loki e capire che, ciò che gli avevo detto, lo aveva ferito così tanto da portarlo ad avere quasi le convulsioni. Tremava sul posto, bianco come un lenzuolo. Tremava di rabbia e ce l'aveva a morte con me. Glielo leggevo negli occhi ma persino un cieco lo avrebbe potuto capirlo. Partii dalle basi, facendo un ragionamento molto veloce: dunque, se avessero detto a me, una frase sullo spiare le ragazze sotto le docce, io cosa avrei pensato? Probabilmente d'impatto mi sarei sentito confuso. Sicuramente non avrei riso ad una battuta simile, ma il mio intento non era quello di farlo ridere, quanto di mandarlo da qualche parte e più in generale dargli fastidio. Riflettendoci, forse mi sarei sentito in imbarazzo, di fronte a quella battuta, magari se mi fossi soffermato a pensarci davvero molto, mi sarei chiesto il motivo per il quale il mio interlocutore mi volesse mandare proprio sotto le docce. Forse anche Loki aveva fatto questo ragionamento. Forse, prendendola davvero sul serio, avrei creduto che il mio interlocutore pensasse a me come a qualcuno di dedito ad attività losche e sessuali di questo tipo. Ma io, sapendo di non essere così, e fregandomene dell'opinione altrui, mi sarei fatto scivolare addosso quelle parole. Io, conoscendo il mio interlocutore almeno un po', non sarei arrivato a prenderla così tanto sul serio. E Loki, almeno un po' mi conosceva, credevo.
    Quindi perchè lui aveva reagito così?
    I motivi potevano essere svariati: insicurezze, mancanza di consapevolezza riguardo il proprio orientamento sessuale, permalosità anche, perchè no? e sicuramente sensibilità, forse troppa, forse giusta, magari l'insensibile ero io. Probabilmente avevo infilato il dito in una piaga ben aperta e dolorante, e certamente non era mia intenzione che andasse a finire così.
    Dunque chiusi il libro, ma non feci in tempo a fermarlo che lui, vomitandomi dietro parole oscene, si chiuse la porta alle proprie spalle. Lo-Loki?? Mi voltai con la sedia in direzione della porta, rimanendo letteralmente sbigottito. Non mi era mai capitato di trovarmi così spiazzato dinnanzi alla reazione di un mio coetaneo, forse perchè fondamentalmente dei miei coetanei non me ne era mai fregato granchè. Eppure, dinnanzi alla reazione di Loki, non riuscii a rimanere indifferente. Mi toccava, mi dispiaceva, mi spingeva a muovermi, ad evitare di stare fermo e far sì che se ne andasse avendo capito fischi per fiaschi o, quanto meno, che se ne andasse ferito per ciò che io avevo detto con davvero troppa leggerezza. Probabilmente avevo sbagliato tutto, non avevo capito quanto l'argomento sessualità fosse delicato per lui, quanto fosse sensibile a questo. Ma come potevo saperlo? Lo conoscevo, ma non così tanto bene, questo era evidente. D'altra parte, lui con me non si era mai aperto su questo, confidandomi solo di avere dei problemi con un ragazzo. Come potevo sapere che gli desse così tanto fastidio che l'argomento venisse toccato, che ci si facessero delle battute sopra? Probabilmente avevo peccato di ignoranza, di arroganza, e di chissà quali altre brutte cose, ma davvero non avrei voluto che se ne andasse lasciando quella situazione poco chiara. Non volevo che finisse così per tanti motivi: perchè mi dispiaceva, e anche perchè comunque avrei dovuto conviverci, e volevo davvero evitare che tra di noi ci fossero malumori o fraintendimenti. Magari avrei potuto ribeccarlo più tardi e chiedergli scusa per quella frase, compiendo uno sforzo per me non indifferente ma forse doveroso. Avrei potuto spiegargli, in seguito, che ero stato un idiota ad affrontare così di petto l'argomento, buttandogli addosso una frase poco pensata e che lo aveva ferito. Avrei potuto aspettare, ma non lo feci, mi alzai e mi diressi alla porta, aprendola e reagendo d'istinto forse per la prima volta da quando mi trovavo ad Hogwarts. Volevo che Loki si fermasse senza scappare via, ed allora con due falcate lo raggiunsi e gli afferrai la manica della divisa, per fermarlo. Loki. Solo in quel momento mi accorsi di quanto sconveniente fosse quel gesto, di quanto fosse fin troppo persino per i miei standard. Io, che non mostravo le mie crepe, le mie paure, le mie ansie, i miei rimorsi o rimpianti. Io che di fronte ai miei errori volevo essere una statua. Ferma, perfetta da ammirare, un po' piatta e sorda, sicuramente cieca, ma che non sbaglia mai. Ritirai indietro la mano, abbassando il capo, con lo sguardo a fissare il pavimento per qualche istante. Mi sentivo in difetto, in quel momento, forse avrei avuto difficoltà anche a guardarlo in volto, ma tirai un breve sospiro e sollevai lo sguardo sulla sua figura, sforzandomi. Lo avrei anche guardato negli occhi, semmai si fosse voltato. Senti, mi dispiace. Davvero. Ho fatto una battuta stupida, ma io non pensavo che ti desse così tanto fastidio. Avanzai, serio. Ma ti pare? Non volevo ferirti davvero, era una frase molto stupida. Perchè, ponendomi nei suoi panni, ed in base a ciò che lui mi aveva fatto intuire, forse si era sentito definito come fosse "un pervertito". Io non lo avrei pensato minimamente, questo era chiaro. A me era chiaro, ed avrei voluto che fosse chiaro anche a lui. Sono stato un coglione, non ho pensato (ndr: DRAMATIC PAUSE DOVEROSA) hai ragione. boom. Avevo buttato il cervello nel cesso - cit. Ma non davvero io non credevo che potesse farti così male, sennò avrei evitato. Non mi ero mai posto nessun problema nello spogliarmi dinnanzi a lui, come poteva credere che lo pensassi come un pervertito? E soprattutto, avevo fatto qualcosa per fargli credere che potessi vederlo in quel modo? Potevo rimediare, allora? Possiamo parlarne almeno? Ci tengo.

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    Si è lasciato la camera alle spalle da appena un secondo quando sente la porta riaprirsi, permettendo a Sean di raggiungerlo in corridoio. Non gli ci vuole nemmeno chissà quale impegno, dato che, una volta fuori, Loki rallenta subito il passo, concentrato a rimuginare sugli avvenimenti. Perciò al maggiore viene anche facile afferrargli la camicia, gesto che fa istintivamente voltare il più piccolo, con lo sguardo ancora assottigliato dall’ira. Si ferma. Non fa alcuna resistenza, ma le iridi passano in rassegna l’intera sua figura, sospettose, come se fosse l’avversario in un’arena pronto a saltargli al collo al primo cenno di debolezza. Quello che vede, però, è l’abbassarsi della sua testa, cui risponde con il sollevamento delle sopracciglia e un leggero piegarsi del capo laterale. Fatica a intuirne le intenzioni, sebbene siano abbastanza palesi dal linguaggio del corpo. Forse ha solo il timore di affidarsi al proprio istinto, poiché lo espone al rischio di venire scottato di nuovo. La mano dapprima trattenuta dal ricciolo finisce per precipitare lungo il fianco nell’istante stesso in cui viene lasciata, senza forze. E’ arrabbiato, sì, ma non ha intenzione di colpirlo. A maggior ragione se gli appare così remissivo. [Sean.] replica secco. Ottimo, conoscono i loro nomi reciprocamente. La tensione fra i due rende l’aria talmente pesante che non stupirebbe se fossero costretti a restare in apnea durante l’attesa quasi infinita che precede la risposta alla domanda tacita che alberga nella mente di Loki ("perché sei qui?). Almeno questa è la percezione che ne ha lui. Per quel che lo riguarda, il respiro è in effetti l’ultimo dei suoi pensieri, trattenuto nei polmoni assieme al rancore che sta covando nei confronti di colui che considerava un amico. Eppure ciò che il compagno va ad articolare di lì a poco ha un immediato effetto analgesico. Schiude le labbra, cosicché il fiato carico di nervosismo fuoriesca più agevolmente dalla sua persona, sebbene stia mentalmente soppesando le parole, e si conceda tutto il tempo che gli serve a farlo. Probabilmente un’eternità. [Mi ha dato fastidio] ammette quindi con cautela, chiedendosi se questo improvviso cambio di atteggiamento da parte dell’altro non sia solamente un modo per fargli scoprire il fianco e poterlo attaccare ancor più efficacemente in futuro. In pratica, sta continuando a mettere in dubbio la sincerità di Sean, oltre alle proprie capacità sulla comprensione delle persone che lo circondano. Dacché lo conosce, non ha mai visto il coinquilino piegarsi, non lo ha mai visto dare neanche il più vago accenno di cedimento. Perciò gli risulta strano, o meglio si impegna a vederlo fale, assumendo una posizione diffidente. Sean si fa più vicino, e Loki tentenna, ponendo il piede sinistro indietro, ma senza effettivamente spostare il peso del corpo su di esso per prendere le distanze. Non lo ha neanche mai visto così serio, però. Si morde il labbro inferiore, confuso. Lo fa in corrispondenza alla frase “sono stato un coglione”, quasi l’avesse prevista e si trattenesse dal supportare la tesi. E’ solo un caso, comunque, anche perché Sean non è stato l’unico a comportarsi da stronzo in quella circostanza, e ne sono consapevoli entrambi. Difatti abbassa gli occhi a terra, abbandonando il contatto visivo mentre prende la decisione di credergli. [O-ok…] accetta allora quelle che hanno tutta l’aria di essere delle scuse a cui vorrebbe poter pure replicare, senza minimamente riuscirci. [Non mi va di essere una mosca maniaca di merda] sottolinea, invece, con la voce più flebile del dovuto, come se infondo volesse ricordarlo più a sé stesso che al proprio interlocutore, autoconvincendosi di quanto appena detto. Perché non lo è affatto. Non è convinto. La possibilità di diventare un cultore delle docce maschili lo spaventa, ma la crede in qualche modo collegata a certe “devianze” di cui si è macchiato lui stesso. E quindi, per quel che ne sa, potrebbe davvero finire in quel modo, come una malattia degenerativa che pian piano prende possesso del corpo e della mente di chi ne è affetto. Cazzo, gli fa davvero paura. Per una manciata di secondi resta immobile, con le pupille talmente statiche da poter dare l’impressione di essere morto. Ma poi si schiarisce la voce, inspira dalle narici e rialza lo sguardo che fa anche un breve giro di perlustrazione, prima di riportarsi su Sean, spalancandosi. ”Ci tengo” Ah. Viene colto di sorpresa da una tale sparata, che ha ancor più effetto della concessione della “ragione” di poco prima, e lo fa anche pericolosamente arrossire sulle guance. Ne sente il calore distintamente, potrebbe stabilire forse l’intensità del colore, e, naturalmente, ne è così allarmato che preferisce distogliere l’attenzione da sé. [Torniamo dentro] suggerisce, perché oltre al fatto che l’imbarazzo potrebbe venire frainteso, si vergogna come uno schifoso ladro (qual è stato) a parlare di argomenti così privati in un corridoio. Fosse anche solo l’ammissione di essersi sentito ferito in virtù della stima che gli riserba, cosa che in effetti non gli esce dalla bocca. Lo precede pure, sgusciandogli di fianco ben attento a non sfiorarlo neanche per errore – dovesse incollarsi al muro per farlo -, per poi infilare l’uscio e intrufolarsi nella stanza, diretto al proprio baldacchino. Aspetta che il maggiore faccia altrettanto, iniziando a torturarsi il collo con le dita della destra, com’è solito fare quando sta sotto pressione (cioè tipo sempre). Tossicchia, alla ricerca di appigli visibili per riprendere la lucidità perduta ormai da un bel po’. [Come fai a scoprire che animale diventerai?] si dà infine al cambio d’argomento super tattico, allo scopo di spostare il focus su altro che non siano i suoi problemi di accettazione. [E che tipo di esercizi propedeutici si devono fare?]

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