Family Ties

Mikhalia

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    L’anno che si stava lasciando alle spalle, l’aveva cambiata radicalmente. Non sapeva né come né quando fosse iniziata questa sorta di nuova era ma poco importava. I dati dicevano che la ragazzina londinese, sotto il controllo assoluto della famiglia, non esisteva praticamente più. Il suo posto l’aveva preso una giovane donna decisa a cambiare il proprio presente, in vista di un futuro degno di essere vissuto. Molteplici cambi di rotta erano stati effettuati, costellati da scelte che, spesso, l’avevano portata a dubitare anche di sé stessa. Un cammino arduo e ricco di ostacoli che, però, non erano riusciti ad arrestare il flusso delle sue idee che, lentamente, erano riuscite a renderla ciò che era diventata. Una persona nuova e pronta ad affrontare anche l’eventuale collera che sarebbe franata su di lei una volta che la madre fosse venuta a conoscenza delle sue vere intenzioni. Quella donna sarebbe stata in grado di distruggerla se, Halley, avesse accettato di mettere nelle sue mani i progetti di una vita. Il suo spirito libero sarebbe rimasto imprigionato in lunghi anni di agonia, passati dietro ad una scrivania ad approvare o meno chissà quale tipo di direttiva. Certo, un lavoro che non prevedeva nessun tipo di pericolo ma che, tirando le somme, l’avrebbe inchiodato ad un livello mediocre, senza alcuno sbocco e senza alcuna soddisfazione personale.
    Per tutti questi motivi, il gufo che giunse tra le sue mani, ebbe un effetto molto forte su di lei. Leggeva e rileggeva quelle poche righe. Lo sguardo smeraldino danzavano a destra e a sinistra, incredulo. Non poteva essere uno scherzo. Lei doveva proprio essere lì e aveva il desiderio di incontrarla. Si sedette sul letto e prese la testa tra le mani, consapevole che se avesse accettato quell’invito, sarebbe andata contro la madre. Non aveva mai compreso la natura del rapporto tra quest’ultima e la sorellastra ma, da quel che aveva potuto constatare di persona, le due erano molto diverse. Se Seira corrispondeva al profilo della donna in carriera, senza scrupoli e attenta alla reputazione, Mikhalia non aveva nulla a che fare con lei. Al contrario, somigliava di più alla nipote: libera, desiderosa di sperimentare. Insomma, per Halley, sarebbe stata la madre ideale. La loro storia non le apparteneva e, quindi, non si era mai permessa di intromettersi in situazioni che neanche le appartenevano anche se, spesso, la madre aveva tentato di metterla contro al modo di vivere di colei con la quale condivideva parte del DNA. Diede un ultimo sguardo veloce al messaggio e lo ripose dove aveva impilato tutti gli altri e si avviò verso la Sala Grande, dove avrebbe consumato il pasto serale per poi raggiungere sua zia nell’ufficio assegnatole dalla scuola. La cena andò per le lunghe ma la testa della Grifondoro stava lì, puntata sul cosa avesse da dirle di così urgente per volerla vedere senza preavviso. E come si sarebbe dovuta comportare? Da quel momento non era solo sua Miky, la sua zietta prediletta no, la donna era diventata a tutti gli effetti un membro del corpo docenti. Porca troia. Alzò lo sguardo e lo puntò dritta sulla folla. Il caos che si era creato le impediva di ragionare. Ahhhh. Basta! Si alzò di scatto, acchiappando il suo bicchiere e bevendone il contenuto in un solo sorso. ”Dove stai andando, Hall?” Chiese Alexis incuriosita. “Devo fare visita alla Professoressa di Cura. Ti spiego più tardi.” La osservò interdetta, senza capire il perché di tutto quel mistero. Si lasciò alle spalle il brusio e salì le scalinate, senza essere a conoscenza della posizione esatta dell’ufficio nella quale era stata invitata. Si addentrò in quel groviglio di corridoi e, alla fine, giunse alla sua destinazione, scontrandosi con la scritta; Mikhalia Dobrev. Sospirò e bussò energicamente sulla porta di legno, così per assicurarsi che potesse sentire chi stava al di là di quello spesso divisorio. Senza tergiversare, aprì e fece il suo ingresso in quella stanza, trovando la nuova professoressa in piedi davanti alla finestra, come se la stesse aspettando al varco.
    La Wheeler si lasciò sfuggire un sorriso. Non era cambiata di una virgola, nonostante il tempo passato dall’ultima volta che aveva avuto il piacere di vederla. Troppo tempo. La Grifondoro fece qualche passo in avanti ed, in qualche modo, riuscì a rilassarsi del tutto. Il volto si distese e riuscì persino a non apparire una completa idiota, con la faccia da ebete. “Professoressa Dobrev-O'Hara, eh?” Il suo tono cadde nel divertente, senza perdere mai il filo del contesto istituzionale in cui si trovava. “È così che dovrò chiamarti, giusto?” Poco ma sicuro. Nel messaggio, sua zia, pareva incredula e dubbiosa, come se non sapesse come affrontare con lei quell’argomento ma, Halley, in cuor suo, aveva sempre sperato di non perdere i contatti con lei. “Allora, come stai?” Avrebbe voluto porle così tante domande che, alla fine, non sarebbe bastata l’intera notte per chiarire ciò che avrebbero dovuto chiarire. La sua presenza al castello, però, non sarebbe di certo stata motivo di turbamento per lei, anzi, al contrario, sarebbe potuta rivelarsi un punto di riferimento importante in grado di guidarla sulla strada che più rispecchiava le sue doti. Abbassò gli occhi, pronta a sferrare un affondo mortale. “Mamma lo sa?” Anche se lo avesse saputo, non avrebbe potuto sindacare sul fatto che la sorella si fosse creata una carriera tra le mura di Hogwarts. Il motivo della sua domanda stava in ben altro. Se la madre non fosse stata a conoscenza della sua presenza, Halley, sarebbe stata attenta nel calibrare le parole, così da non farglielo neanche scoprire. Mikhalia meritava quella posizione, era una ragazza in gamba, degna di ricoprire un ruolo che avesse messo in mostra le sue straordinarie capacità di professionista quale era. “Scusa. Non volevo essere così diretta.” Alzò le spalle. Quando si trattava di affari di famiglia, Halley, sarebbe stata la prima a volerli sotterrare così in profondità così che un giorno scomparissero del tutto ma sapeva bene che ciò non sarebbe stato possibile. Beh, per quello esisteva sempre l’alcol.



    Edited by Halley. - 18/4/2023, 15:08
     
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    Ancora non riuscivo a crederci. Ero riuscita ad ottenere la cattedra di cura delle creature magiche ad Hogwarts, una scuola che da adolescente mi aveva letteralmente cambiato la vita. Proprio lí avevo scoperto di avere Seira come sorellastra e quell'incontro aveva generato un sacco di problemi che solamente io e la O'Hara sapevamo come eravamo riuscite a superarli, sancendo cosí l'inizio di un rapporto sano. Non che parlassimo cosí tanto ma almeno eravamo riuscite ad ottenere il rispetto reciproco dell'altra, cosa che in passato non c'era. Avevamo passato una vita intera a farci la lotta cercando di disputare chi fosse la migliore tra di noi, perdendo cosí i vantaggi di avere una sorella dalla propria parte. Se avessimo saputo in anticipo che stavamo lottando per l'approvazione di un padre che non poteva essere definito tale, allora non avremmo nemmeno incominciato. Eravamo state proprio delle stupide ma, per fortuna, il peggio sembrava essere passato. O almeno per il nostro rapporto perchè la mia vita si trovava ancora in acque poco tranquille.
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    Avevo perso la mia collega, nonché migliore amica, durante una missione che avevo voluto soltanto io e mi ero ritrovata a dover, a voler mollare tutto perché non mi sentivo piú all'altezza di gestire una squadra di cacciatori di lupi mannari. Sapevo che Robyn non l'avrebbe mai voluto ma avevo bisogno di un periodo di pausa dal mio vecchio lavoro per riordinare un pó le idee. Il lavoro di insegnante sembrava proprio ció che faceva al caso mio e cosí mi ci ero cimentata, senza troppe pretese. Dopo essere stata assunta, mi era stato comunicato tutto quello che avrei dovuto fare e avere per mantenere la mia posizione in regola. Tra queste cose c'era anche l'opzione di avere uno studente come assistente, potevo aspettare che fossero loro a pormi la domanda oppure richiederne uno io stessa. Proprio per questo motivo, avevo scelto di scrivere ad Halley e di convocarla nel mio ufficio. Averla come assistente mi sembrava l'occasione giusta per recuperare il tempo che avevamo perso per via delle divergenze con sua madre. Al momento, l’unica cosa che riusciva a farmi sentire a mio agio era il mio ufficio che avevo trasformato in un oasi in cui potermi rilassare dopo le lezioni. Aveva tutto ció che mi serviva per mantenere il mio autocontrollo e la mia serenitá: un angolo dedicato a tutte le mie foto, una poltrona scarlatta davanti ad un bel camino, la mia collezione di vini rossi, la mia Harley Davidson in bella esposizione e una vasca da bagno che appariva nei momenti piú stressanti. Guardavo con insistenza l’orologio perché non vedevo l’ora di rivedere la mia adorata nipotina. Anche se avevamo passato poco tempo insieme, mi era mancata molto. Quando sentì qualcuno bussare alla porta, un sorriso comparve sulle mie labbra: Avanti. Dissi cercando di non sembrare troppo autoritaria, infondo era sempre mia nipote. Wheeler modera i toni. Assunsi un'espressione seria come se volessi davvero rimproverarla. Sto scherzando. A quel punto distesi i nervi, contenta di aver ritrovato la mia piccola Halley. Per quanto fu facile evitare di rifilarle i soliti commenti del tipo "come sei cresciuta, come ti sei fatta grande", non potetti resistere all'impulso di stringerla in un forte abbraccio. Non posso lamentarmi e tu? Che combina la giovane Wheeler lontana dagli occhi vigili della madre? Sapevo cosa significava vivere con una Seira pronta a criticare ogni tuo singolo gesto che non rispecchiasse i suoi nobili ideali. In realtá é stata lei ad invitarmi a propormi come insegnante di cura. Sai, dopo il lutto che ho subito, ha pensato che sarebbe stata la cosa migliore da fare. Per una volta avevo scelto di seguire un suo consiglio, una cosa piú unica che rara. Lo avevo fatto perché avevo notato una gentilezza, una delicatezza nei miei confronti che Seira non aveva mai adoperato con me. Era sempre stata molto scettica circa il mio lavoro, vista la sua pericolosità e più volte aveva cercato di depistarmi dalla mia “folle passione per il suicidio”. Così lo definiva il mio lavoro. Non devi scusarti Halley, non sei piú una bambina ed é giusto che tu sappia alcune cose. Halley era ormai entrata nel mondo degli adulti e non poteva piú essere trattata come una bambina, quella era la sua famiglia ed era giusto che lei sapesse di determinate situazioni. Forse ti starai domandando perché ti ho fatto venire qui. Era giunto il momento di darle qualche spiegazione. Ho una proposta da farti. Le sorrisi amorevolente. Mi piacerebbe averti come mia assistente. Vorrei che recuperassimo un pó del tempo che avevamo perso e, inoltre, Halley ed io eravamo sempre state molto affini come caratteri e avevo pensato che avrebbe giovato alla nostra collaborazione. Sentiti pure libera di rifiutare se non te la senti, magari potresti sentirti a disagio nell'essere l'assistente di tua zia. Anche se, teoricamente, non eravamo proprio legate strettamente da quel legame.


    Edited by outsider. - 28/1/2023, 11:09
     
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    La notizia dell’arrivo di sua zia sul territorio scolastico era stato un po’ come un fulmine a ciel sereno ma in senso positivo. Per mesi aveva desiderato qualche cosa che si avvicinasse ad un’ancora di salvezza ed, in quel momento, il desino le sembrava essere stato clemente con lei che neanche riusciva ad elaborare le informazioni come se fossero vere. Miky se ne stava lì, davanti a lei, in carne ed ossa e, con la sua presenza, Halley, avrebbe potuto tirare un sospiro di sollievo e rilassare i nervi. Sì, lei sarebbe stata al suo fianco in un modo o nell’altro. Le visioni si erano fatte più frequenti e limpide ma, senza un adeguato allenamento, non sarebbe riuscita a cavarne un ragno dal buco. Solite paranoie che costellavano le sue giornate, niente di nuovo. Ci aveva lavorato su da sola, con fatica, estraniandosi dall’ambiente che la circondava, eliminando il superfluo. Un male necessario. Almeno, così aveva creduto fino a quel momento. Entrò in quella stanza con la speranza di uscirne con una prospettiva chiara che l’avrebbe indirizzata verso un traguardo, bene o male, immediato.
    ”Wheeler modera i toni.” Quanta autorità in una sola donna. Peccato che fosse un modo per schernire la giovane Grifondoro che non cadde nel suo tranello. La mora sorrise. Era sinceramente contenta di vedere che stesse bene dall’ultima volta che aveva avuto modo di vederla a qualche cena svolta tra le mura di casa sua. Eventi rari che, però, non riusciva ad apprezzare fino in fondo, non trovandone il senso in quegli eventi dettati dalla pura convenzione. La neo professoressa la strinse forte, facendola tornare, per qualche istante in famiglia, lontana dalla scuola. “Abbastanza bene!” Che stesse meglio lontano dalla madre, non era di certo un segreto, anzi. Tutti erano a conoscenza del suo controverso rapporto con Seira ma, in fin dei conti, nessuno si sarebbe messo tra le due, neanche sua zia. “Solite cose. Non ho una vita così interessante a dire il vero!” Una verità scomoda che, però, giorno per giorno, aveva imparato ad accettare e con grande fatica, riuscendo a migliorare la parte che la vedeva impegnata nei rapporti interpersonali. Si dedicava per la maggior parte del tempo allo studio e al quidditch. Le uniche persone che erano riuscite a scalfire la sua corazza che, per forza di cose, si era creta, erano state le sue compagne di stanza, in primis Grace e Alexis, sulle quali sapeva di poter contare. “Studio e quidditch. Quidditch e studio. Un circolo vizioso.” Ammise. Non le dispiaceva per nulla ma qualcuno sembrava contrariato e poco incline ad accettare quel suo stile di vita solitario. Pace all’anima loro. L’unico obiettivo, a parte alzare la Coppa del campionato, era quello di imparare a gestire quella che per lei era una maledizione lasciatale in eredità.
    Rise di gusto quando, Miky, la informò che era stata proprio sua madre a proporla per la cattedra di Cura delle Creature Magiche. Molto strano. Cercava di trovare il nesso logico che l’avesse indotta a giocarsi quella carta. Era evidente che nella mente della donna si fosse annidata una malsana idea: quella del controllo nei confronti della figlia. “Non so perché ma questa cosa non mi sorprende affatto!” Sconcertata. Si sentiva violata nella sua privacy e non per colpa di sua zia. “Una manipolatrice nata!” Niente di più vero. Quella donna l’avrebbe portata sull’orlo di una crisi di nervi e senza neanche presenziare nel suo spazio vitale. “Sono contenta che tu sia qui!” Questo era fuori discussione.
    Tutto molto bello ma, oltre i piacevoli convenevoli, non aveva ancora compreso il motivo della sua convocazione, così, d’urgenza. La spiegazione, però, non tardò ad arrivare. Spiegazione che riuscì ad interdirla per qualche istante. Diceva sul serio? Non aveva mai pensato a sé stessa in quel ruolo. Un’occasione unica, impossibile da rifiutare. Avrebbe potuto sfruttare la posizione per imparare molto di più di quello che avrebbe imparato normalmente, frequentando solo il corso. “Questa è una tua idea, vero?” Ne era quasi certa. Mai e poi mai la mamy chioccia avrebbe permesso di esporre la figlia ad un eventuale pericolo e ciò le suggeriva che la ex Corva, non fosse a conoscenza delle intenzioni di Mychalia. “Certo, che domanda stupida.” Iniziò a camminare su e giù per l’ufficio, tentando di calcolare i pro e i contro. “Posso chiederti cosa comporterebbe questo ruolo? Ti ricordi che sono la battitrice e vice capitano della squadra di quidditch?” Il tempo era quello che era, certo, quello era uno dei contro ma i pro erano davvero tanti. “Non mi fraintendere Sarei felice di fare parte del tuo dream team!” Ovviamente. Quella materia le interessava più del dovuto e avrebbe voluto approfondirla, tanto da arrivare ad una preparazione adeguata per intraprendere una carriera proprio in quell’ambito. “Nessun imbarazzo. Non scherzare.” Mica doveva avere a che fare con la sua vecchia. Quello si che sarebbe stato altamente imbarazzante e, per molti versi, addirittura tossico.



    Edited by Halley. - 18/4/2023, 15:10
     
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    Ancora non riuscivo a credere ai miei occhi di trovarmi nella stessa stanza con Halley, la mia presunta nipote. Erano passati solo pochi mesi da quando ci eravamo lasciate ed esserci ritrovate per me rappresentava una fonte di speranza. Sì, perché non mi sarei mai lanciata in questa nuova avventura senza sapere di poter contare su di lei. Con questo non volevo dire che mi sarei appoggiata alla grifondoro però, insomma, avere un viso familiare tra quelle mura faceva davvero tanto ed ero sicura mi avrebbe aiutata a mantenermi calma, con i nervi ben saldi. Il ruolo di insegnante era un enorme responsabilità e io avevo paura di fallire come avevo fatto con la mia, ormai, vecchia squadra di cacciatori di lupi mannari. Mi portavo addosso ogni giorno la convinzione che la morte della mia migliore amica Robyn, era stata solo colpa mia. Se avessi studiato meglio il piano d'azione e valutato ogni singola possibilità, lei sarebbe ancora qui tra di noi. Invece Robyn non c'era più e il dolore continuava a lacerarmi senza darmi il tempo necessario per respirare, per aiutarmi a ricucire le mie ferite. Quel genere di dolore non sapevo per quanto tempo mi avrebbe perseguitata ma ero sicura che non sarei riuscita mai e poi mai a superarlo completamente, quella cicatrice avrebbe continuato a sanguinare. Sospirai mentre cercavo di ricompormi per dar modo alla mia testa di concentrarmi solo ed esclusivamente su Halley e sul motivo che mi aveva spinta a cercarla.
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    Abbastanza bene? C'è qualcosa che ti turba? Ero pur sempre sua zia e assicurarmi che stesse bene, era uno dei doveri morali che questo genere di parentela comportava. Non mi sarei mai comportata come la mia sorellastra Seira che cercava di monitorare ogni singolo movimento, ogni singolo pensiero delle persone a lei più care, imponendo le sue soluzioni spesso drastiche. Avrei lasciato ad Halley la possibilità di confidarsi con me, se l'avesse voluto, aiutandola poi a sbrigarsela da sola. Io ero cresciuta con quella mentalità: i problemi bisognava risolverseli da soli perché solo così si poteva crescere, in modo tale da guardare ai propri errori con altri occhi. E, se la mora era come la sottoscritta, ero sicura che sarebbe stata in grado di fare qualsiasi cosa. Si vede che hai un po' del mio sangue. Quando ero una studentessa di Durmstrang anche le mie giornate erano interamente occupate dal quidditch, ero il capitano e dovevo per forza di cose essere sempre concentrata sul mio obiettivo che era quello di portare la mia squadra alla vittoria. A differenza della grifondoro, però, lo studio non rientrava tra le altre mie attività perché preferivo di gran lunga divertirmi con i miei amici. Solo che per il ruolo che occupavo dovevo per forza mantenere i miei voti ad un buon livello, altrimenti sarei stata cacciata dalla squadra e questo non lo avrei mai permesso. Raccontami, che ruolo occupi nella squadra di quidditch? Ero sinceramente interessata a quell'argomento, sicura che ci avrebbe dato modo di parlarne a lungo. Io amavo il quidditch, infatti, il mio piano B era proprio giocare da amatoriale in una delle più grandi squadre di quidditch. Ciò non era accaduto per il semplice fatto che ero riuscita a realizzare il mio vero sogno che era quello di entrare a far parte di una squadra di cacciatori di lupi mannari. Non so perché ma questa cosa non mi sorprende affatto! Lo so, nemmeno a me a dire il vero ma per una volta tua madre sembrava avere solo buone intenzioni. Erano rare le volte in cui prendevo le difese di Seira, questo Halley doveva saperlo bene, ma ero davvero sicura che non ci fosse nulla dietro la sua offerta di aiuto. Conoscevo anche le dinamiche familiari che c'erano tra Halley e sua madre, perciò non avrei mai giudicato la giovane Wheeler per il suo essere così sconcertata. Ne aveva tutti i motivi per esserlo. Halley non ti sembra il caso di calmarti un po' adesso? Le proposi amorevolmente, avanzando verso due poltrone invitando la ragazza a sedersi. Rimasi in silenzio per qualche istante prima di esporre alla grifondoro il motivo per il quale l'avevo convocata nel mio ufficio, utilizzando un tono leggero per farle capire che non c'era nulla di cui preoccuparsi. Una volta terminato il mio discorso, aspettai trepidante una risposta da parte della ragazza. E' una mia idea, tua madre non centra nulla e sappi che se vorrai occupare questo ruolo, Seira non ne sarà mai al corrente. Agire alle spalle della sorellastra era un qualcosa che avevo fatto più volte, per questo non rimasi sorpresa dalla facilità con la quale avevo lasciato che quelle parole uscissero dalle mie labbra. Seira doveva smetterla di controllare la vita di Halley e doveva anche smetterla di intromettersi tra me e lei, timorosa che le avrei messo in testa qualche strana idea. Durante la mia permanenza a casa sua, le avevo detto più volte che doveva lasciare Halley libera di fare ciò che desiderava e che non c'era nulla di male se voleva seguire le orme di suo padre. Glielo avevo continuato a ripetere fino a quando, all'ennesima discussione, non decisi di lasciar perdere convinta che prima o poi la ex corvonero avrebbe capito che non poteva continuare all'infinito così. Nulla di troppo impegnativo o che ti occupi troppo tempo, so benissimo cosa significhi far parte di una squadra di quidditch. Quello era un impegno che portava via davvero tanto tempo e io non mi sarei di certo interposta tra lei e lo sport. Si tratta di darmi una mano svolgendo piccole mansioni per aiutarmi nel mio lavoro. O semplificarmi le cose da svolgere che erano davvero tante: dovevo badare ai recinti delle creature magiche (il che richiedeva davvero tanto tempo), correggere i compiti, preparare le lezioni e l'occorrente, insomma avevo il mio bel da fare. Non mi pesava o altrimenti non avrei mai preso la scelta di insegnare, però ero sicura che una piccola mano mi avrebbe sicuramente aiutata. Poi se la materia ti interessa così tanto, sarò più che felice di approfondire alcuni argomenti trattati a lezione o di toglierti qualche curiosità. Sorrisi affabile, una piccola ricompensa se la meritava. Allora che dici? Fremevo dalla voglia di conoscere la sua risposta, sperando in un riscontro positivo.
     
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    Era passato molto tempo dall’ultima volta che le loro strade avevano avuto il piacere di incrociarsi. Nonostante Miky fosse, a tutti gli effetti, sorella della madre, la loro parentela era sempre stata messa in discussione per via di vecchi dissapori che vedevano la donna come il frutto di un eclatante tradimento. Tutte stronzate. Halley non riusciva a capacitarsi come, sua madre, potesse riversare colpe sul sangue del suo sangue per errori commessi da un uomo meschino e incapace di amare veramente. Non aveva alcuna idea di quale rapporto vi fosse tra la professoressa e suo padre ma, di certo, quello che poteva affermare di suo nonno non aveva alcunché di positivo. Assente, menefreghista. Un individuo che mai era riuscito a mettersi una mano sul cuore ed ad andare oltre quei conflitti che avevano provocato una pesante spaccatura con la figlia. Problemi loro.
    In tutto ciò, però, era grata a Merlino di avere lì, a pochi passi da lei, una figura pronta a sorreggerla ogni volta che fosse stato necessario. Negli ultimi mesi era stata vittima di ripetuti scivoloni e, spesso, si era ritrovata a pensare che quello non fosse il posto adatto ad una personalità come la sua ma, dopo attente riflessioni si era mandata al diavolo per aver anche solo perso tempo in quello stupido pensiero.
    ”C’è qualche cosa che ti turba?” Le sue risposte, probabilmente, avevano messo in allarme la donna che, in qualche modo, aveva recepito il disagio fluire dalle sue parole. Un groppo in gola. Che fosse giunto il momento di svelare il suo piccolo segreto a qualcuno? “No. Tutto bene.” Affermò secca, senza gli inutili giri di parole ai quali ricorreva davanti alle difficoltà. Se si fosse aperta con sua zia, sua madre gliel’avrebbe rinfacciato per il resto dei suoi giorni, convinta di dover essere la prima a venire a conoscenza della manifestazione della veggenza. Come no. Halley ne aveva avuto di occasioni per sputarle in faccia lo schifo di dono che le aveva tramandato ma, nonostante la rabbia, aveva decretato di tenere per sé la cosa, almeno fino a quando non avrebbe trovato il modo di gestire la situazione in totale autonomia.
    Fortunatamente, la Dobrev, non si perse appresso a quel momento di turbamento, provocato da pensieri poco salubri e cambiò discorso, focalizzandosi su quidditch, sport a lei caro. “Battitrice. Per il momento il campionato volge a nostro favore. Abbiamo battuto i Tassorosso pochi giorni fa.” Il suo sguardo si illuminò. Il Quidditch era tutto ciò che aveva per non incappare nel circolo vizioso della sua quotidianità che, prima o poi, l’avrebbe trascinata a fondo. “L’allenamento è tutto.” Una fissazione bella e buona che stava cercando di inculcare anche nella mente delle altre componenti della squadra. “Se non ricordo male, anche tu facevi parte della squadra a Durm!” Forse le era stato riportato nel momento in cui aveva fatto presente, in famiglia, di essere entrata a far parte dei sette eletti di Grifondoro. Niente di buono. Un modo per dissuaderla non andato a buon fine.
    “Buone intenzioni, Miky?” Non poteva credere che Seira O’Hara, come minimo, non avesse un secondo fine per desiderare la sorellastra tra le mura di Hogwarts. Iniziò a farsi viaggi mentali, sentendosi il fiato sul collo. Una spia. Ecco cosa si aspettava da lei. Mykhalia, altri non era che la vittima sacrificale, spedita lì dentro per tenerla d’occhio per evitare che la figlia si cacciasse nei guai. Assurdo. No. Come poteva credere che qualcuno potesse accettare di essere un burattino nelle sue mani? No. Impossibile. Allontanò dalla mente questa malata possibilità e cercò in tutti i modi di non vederci nel marcio. Difficile. “Sono quasi certa che mi voglia tenere d’occhio. Ti prego…” Mettere le cose in chiaro, prima di tutto. “Non farlo.” Non aveva bisogno di chiedere, probabilmente, ma non riuscì a non esternare quella sua preoccupazione, palesando il fatto che stesse nascondendo qualche cosa di abbastanza significativo.
    Calmarsi. Facile da dire dall’esterno. Solo lei poteva essere a conoscenza della galera che aveva dovuto vivere sotto il controllo della madre. Sempre sorvegliata, sempre rimproverata e con un futuro costruito a pennello secondo il suo punto di vista. Per Halley risultava persino impossibile sottrarsi a quella specie di tortura e, per sfinimento, aveva accettato di condurre quella vita fatta di sacrifici e di lunghi pianti. Qualche cosa, però, era cambiato e tornare indietro era fuori discussione.
    “Lo so che è una tua idea.” Mai e poi mai la donna apprensiva che era la madre, le avrebbe permesso di chiederla come assistente. “Te ne sono grata. Soprattutto per il fatto che se lo dicessi, finiresti di diritto sulla sua lista nera!” La sua piccolina a contatto con Creature feroci? Mai nella vita. Nel suo immaginario, la Grifondoro, sedeva dietro ad un’insulsa scrivania a compilare scartoffie. I brividi.
    Cura delle Creature Magiche era ciò che, dopo il Quidditch, riusciva a smuoverle dell’interesse sincero. Abbozzò un sorriso e si rese conto di essere stata una stronza nei suoi confronti nel crederla una mera spia di sua sorella. “Accetto.” Annuì. “E accetto anche la possibilità di approfondire la materia.” In fondo le sarebbe stata utile per il suo futuro immerso nella natura selvaggia. “Zia…” La voce soffocata non lasciava spazio a dubbi. “Devo dirti una cosa.” E da dove iniziare? “Prima ti ho mentito. C’è una cosa che mi turba.” Precisamente la cosa non le permetteva di vivere una vita serena. “Il mio potere.” A lei poteva confessarlo. “È apparso mesi fa ma…” Da buona stupida idiota, aveva creduto di poter fare tutto da sé. “… non l’ho detto a nessuno.” Ottima mossa. Raggiunse la scrivania e si sedette sulla sedia appartenente alla docente. “Lo so, sono stata stupida. Ti prego, evitami la ramanzina.” Che doveva fare? Come si doveva muovere a riguardo? Non meritava quella condanna ma, il destino, aveva voluto diversamente e non le rimaneva che accettare la sua condizione e trovare il modo di gestirla al meglio. Si sentì, improvvisamente, leggera. Il peso sul petto si affievolì e, finalmente, poteva sperare in un aiuto.



    Edited by Halley. - 18/4/2023, 15:11
     
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    Al mio "c'é qualcosa che ti turba?", Halley rispose in maniera secca e fin troppo decisa. Alzai un sopracciglio di rimando, scrutandola appena non condividendo la sua risposta. Era palese che ci fosse qualcosa che non andava ma se la Wheeler non voleva parlarmene, sognificava che non c'era motivo di preoccuparsi. Come biasimarla. Io alla sua etá, ero proprio come lei. Espansiva e divertente ma quando si trattava di entrare nelle profonditá dei miei stati d'animo, mi chiudevo a riccio e non lasciavo trapelare nulla. Non avevo mai amato parlare di quello che mi capitava o di quello a cui pensavo, del perché ero triste o felice o arrabbiata. Non lo facevo perché non avevo nessuno a portata di mano, che fosse abbastanza fidato a cui potessi affidare quel genere di dramma. Il fatto era che venivo da una situazione familiare giá abbastanza travagliata e parlarne non i avrebbe portato nessun giovamento, poi c'era quel fastidioso aspetto di una amicizia che da il consenso al privilegiato di turno di psicanalizzare ogni cosa per poi dare conaigli che quasi sicuramente non avrei mai seguito. Io che mi facevo consigliare o aiutare? Era totalmente fuori questione. Ero una Dobrev e le Dobrev risolvono tutto senza l'aiuto di nessuno.
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    Mia madre era l'esempio lampante del detto: "chi fa da sé, fa per tre". Lei era stata rifiutata dalla sua famiglia e dal suo fidanzato perché era incinta di me ma nonostante questo, non si é arresa all'idea di dare ad entrambe un futuro migliore e una vita degna di essere chiamata tale. Diamine, battitrice! Ero davvero fiera di lei e anche del fatto che condivideva la mia stessa passione. Io amavo il quidditch e se non fossi diventata una cacciatrice di lupi mamnari, sicuramente mi sarebbe piaciuto entrare a far parte di qualche squadra importante. Ero presente a quella partita e avete giocato davvero benissimo. Era davvero uno spettacolo guardarvi, siete stati degni di una delle squadre migliori del mondo a livello agonistico. Il mio entusiamo era palpabile e non pensai minimamente di nasconderlo ad Halley. Forse solo una cosa avrei omesso, ovvero, il mio secondo motivo legato alla mia permanenza a quella partita. Oltre alla voglia di vedere giocare la moretta, ero lí anche per il professore di volo. Ricordavo con piacere, fin troppo, la serata che avevamo passato: ci eravamo incontrati in un locale di Londra e dopo aver passato delle ore a conversare del piú e del meno, eravamo andati a letto insieme. La mattina seguente, me l'ero svignata per evitare gli stupidi e imbarazzanti convenevoli che si dicono dopo aver dormito insieme. Ero scappata, consapevole del fatto che non ci saremmo mai piú rivisti. E invece, una mattina, me lo sono ritrovata davanti nell'aula dei professori. Non mi sarei mai aspettata di rivederlo proprio in quel contesto e da quel giorno, cercavo di evitarlo il piú possibile. Nel sedurre gli uomini e andarci a letto per poi sparire, ero imbattibile ma non mi era mai capitato di avere a che fare con gli uomini dopo aver passato con loro quel genere di serata. Ti ricordi molto bene. Sorrisi un pó malinconica, ripensando aibtempi ormai andati. Ero capitano e cacciatrice della squadra, un bell'impegno. Ricordavo di quel periodo soprattutto le notti passate un bianco sia a causa dello studio arretrato ma anche per studiare nuove tattiche ed esercizi da effettuare agli allenamenti e successivamente sfruttarli in parita. I miei compagni di squadra non hanno avuto vita facile con me. Ero una perfezionista e volevo fare le cose per bene, soprattutto perché ilio unico obiettivo era vincere. Perfezionista e competitiva, due qualitá capaci di creare un capitano severo. I miei metodi di allenamento erano poco ortodossi ma visto che funzionavano, non mi facevo grandi problemi sulle conseguenze che avrebbero influito sui miei compagni di squadra. Conosco bene tua madre e so per certo che non aveva nessun secondo fine quando mi ha fatto questa proposta. Piú la Wheeler parlava in quel modo e piú mi ci rivedevo. Mia madre, ad un certo punto, si arrese all'idea di farmi cambiare opinione su Seira. Lei diceva che dovevamo andare d'accordo, che avere una sorella era un qualcosa di unico e tutte queste stronzate qui. Io, peró, non ho mai voluto darle retta e per anni Seira ed io abbiamo continuato ad odiarci. Perbun motivo stupido, sia chiaro. Haey ma per chi mi hai preso? Diventai seria improvvisamente. Sai bene che non mi intrometterei mai tra te e tua madre, specialmente spiarti per conto suo. Ora che Seria ed io iniziavamo ad andare d'accordo, non significava di certo che avrei accettato la sua stupida mania di controllo che esercitava sulla figlia. Le voglio bene ma non sono d'accordo con la sua mania del controllo, sai bene che sto cercando di lasciarti libera di decidere con la tua testa. Il padre di Halley ed io, patteggiavamo per far capire a Seira che continuare a stare con il fiato sul collo su Halley non sarebbe servito di certo a proteggerla dai pericoli. Anzi. Io ero convinta che cosí facendo, non faceva altro che aumentare il senso di ribellione della grifondoro. Se mi fossi trovata nella sua stessa condizione, avrei fatto di tutto pur di vedere mia madre disperarsi. La Wheeler, come me, era uno spirito libero e soffocare o manipolare le sue scelte non serviva proprio a nulla. Dirlo a tua madre? Lo farei solo per vederla disperarsi. Era il compito di una sorella, quello di far esasperare l'altra e io in questo ero una vera e propria campionessa. Quante volte avevo fatto qualcosa solo per il semplice gusto di vedere Seira dare di matto, era il mio dirty pleasure. Ho detenuto il record di permanenza nella sua lista nera, tornarci non farebbe che aumentare la mia fama. Seira per anni aveva covato odio e risentimento nei miei confronti senza che peró la cosa mi toccasse piú di tanto. Era lei che ci rimetteva, io pensavo semplicemente a vivere al meglio la mia esistenza. Poco dopo il "sí" di Halley alla mia proposta, mi fece sorridere entusiasta. Vedrai, sará fantastico. Beh, almeno per me. Per lei non potevo dire lo stesso perché spettava a lei, decidere se quel ruolo poteva essere un bene o un male. Dimmi, ti ascolto. Il mio entusiasmo si trasformó in preoccupazione ma cercai di non farle percepire niente cosí che si sentisse libera di parlarmi di tutto quello che la turbava. "Il mio potere, é apparso mesi fa.” Cosa? Di che genere di potere stava parlando? Che genere di potere? Le domandai a quel punto. Frena, frena Halley. Non ho nessuna intenzione di farti la ramanzina. Non ero mica Seira, piuttisto cercai di mettermi nei suoi panni. Le sorrisi e le poggiai una mano sul suo ginocchio, cercando di farle capire che potevo aiutarla.
     
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    ”Diamine, battitrice!” L’atmosfera si smorzò. L’argomento Quidditch, riusciva sempre ad infonderle quella sicurezza che in altri ambiti non poteva vantare. Da quando era entrata a far parte della squadra, Halley, sentiva di aver raggiunto –nel suo piccolo- uno degli obiettivi prefissati sin dal suo ingresso in quella scuola. Sì. Nonostante la madre fosse contraria a tutte le attività potenzialmente pericolose, in grado di mettere a repentaglio la sua incolumità. Un’ossessione vera e propria quella della Signora O’Hara la quale, dopo tutto quel tempo, nutriva ancora la speranza che, la figlia, si potesse accomodare in una di quelle comode poltrone caratterizzanti i lussuosi piani alti del Ministero della Magia. Beh, sognare, in fondo non aveva mai fatto male a nessuno. Certo, la realtà, non poteva trovarsi più agli antipodi dalle credenze materne ma, dopotutto, non aveva mai illuso nessuno sulle sue reali intenzioni. Nessun senso di colpa, almeno non per il momento. “Ti ringrazio. Ci stiamo allenando molto e vado molto fiera del lavoro che stiamo facendo, tutte insieme!” L’orgoglio che provava nei confronti del suo piccolo gioiello, la sua squadra, poteva definirsi sconfinato. Vedeva alcune delle ragazze come una vera e propria famiglia, qualcuno che riusciva a darle le soddisfazioni che erano mancate nella sua vita. Si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto, assolutamente sincero. Quello sport le stava dando parecchio, soprattutto a livello di spensieratezza. Quando si trovava lassù, la mente riusciva a svuotarsi, rendendo tutto più vivibile. Brevi ma intensi momenti che riusciva a vivere nella più totale interezza. Ne aveva sempre più bisogno e dedicava ogni istante libero alla sua formazione sul campo, accompagnata da Grace o chiunque fosse interessato ad un allenamento sempre più intensivo. Un’ombra di malinconia scese sul volto della nuova docente di Cura delle Creature Magiche. Che fosse nostalgia? Quella scuola aveva forgiato fior fiore di maghi e doveva valere lo stesso per Durmstrang, dove aveva studiato lei. “Ti mancano?” Chiese di getto, riferendosi ai compagni oramai cresciuti e concentrati a farsi strada nella vita. “Siete rimasti in contatto, una volta terminata la scuola?” Non vi era alcun dubbio che sarebbe rimasta in contatto con Grace e compagnia bella. L’idea di perderle la gettava nello sconforto più profondo e, per questo sperava che tutto si risolvesse con frequenti ritrovi. “Non è facile conciliare il tutto, hai completamente ragione!” Gli allenamenti, i compiti, la veggenza e ora il ruolo di assistente, insomma, non le sarebbe rimasto molto tempo utile per coltivare amicizie e relazioni di varia natura. Dire di no? Sarebbe stato folle, d’altra parte.

    ”Conosco bene tua madre e so per certo che non aveva nessun secondo fine…” Non ci avrebbe messo la mano sul fuoco, per nulla al mondo. Quella donna riusciva a sorprenderla in ogni azione compiuta. Per questo non si sarebbe stupita del tentativo di ficcare il naso negli affari suoi, utilizzando la presenza della sorellastra all’interno delle mura di Hogwarts. Fece spallucce, lasciando scivolare l’argomento per il quale si sarebbe dovuto spendere una quantità di tempo imbarazzante per raccapezzarsi almeno un minimo. Non aveva mai compreso questo atteggiamento da parte della madre ma, forse, un giorno sarebbe riuscita a coglierne il senso più profondo se mai le fosse stato concesso il privilegio di diventare genitore. Chissà. “Ti chiedo scusa.” La sua intenzione non era di certo quella di farla sentire il terzo incomodo. “Quella donna è imprevedibile. Se venisse a conoscenza del mio stile di vita qui dentro, probabilmente, pregherebbe per me per intere settimane.” Le scelte che aveva effettuato non sarebbero mai state condivise, probabilmente neanche da suo padre, ma neanche l’avrebbe mai chiesto. Pretendeva che si limitassero a fidarsi di lei, né più né meno. “Mania del controllo dici?” Eufemismo. “Per lei non dovrei giocare neanche a quidditch.” Ricordava bene la scenata che le aveva fatto quando, ingenuamente, l’aveva messa al corrente della sua entrata nella squadra. “Follia pura, Miky!” Il terrore che potesse accadere qualche cosa alla sua piccola e dolce Halley, la portava letteralmente fuori di testa, impedendole di ragionare lucidamente anche per un solo, fottuto, istante. “La libertà.” Stava riflettendo su ciò che si era persa per interi anni, fino al momento del suo cambio pagina. “Ciò che vorrei non rientra nei piani di mia madre.” Ammise amareggiata. Non che ciò fungesse da deterrente ma, in cuor suo, sapeva bene che avrebbe creato tensioni e attriti anche all’interno della coppia stessa: madre contro padre. Se da un lato Jason era disposto ad ascoltare la figlia, dall’altra, Seira, avrebbe fatto di tutto per dissuaderlo dal tentativo di appoggiare quelli che per lei rimanevano progetti bizzarri, pensati solo per via dell’impeto giovanile e null’altro.
    ”… lo farei apposta per vederla disperarsi.” Quello sarebbe stata una vera e propria rivincita, doveva ammetterlo. Vedere la madre in difficoltà, dava un senso di appagamento non indifferente. Il quieto vivere, però, regnava sovrano e non si sarebbe mai permessa di svegliare il cane che morde, solo per un suo tornaconto. Sorrise, in totale accordo. “Che hai osato farle? Le hai sporcato il muro di casa? Hai stonato durante il suo canto natalizio preferito?” Scherzò. Sapeva poco del loro rapporto ma qualche cosa le diceva che non era sempre stato tutto rose e fiori.
    Tralasciato tutto, Halley, raccolse con entusiasmo la proposta della zia, divenendo a tutti gli effetti sua assistente, nella speranza di non combinare nulla di così irreparabile.

    ”Che genere di potere?” In famiglia tutti erano a conoscenza della specialità degli O’Hara e faticava a credere che Mykhalia fosse all’oscuro di tutto. La osservò, prestando attenzione al linguaggio del corpo, per lei estremamente importante. Si fidava di lei, completamente ma vuotare il sacco in quel modo, con qualcuno che aveva uno stretto legame di sangue con lei, le costava parecchia energia mentale. “Credo di aver ereditato la veggenza.” Concluse, abbassando lo sguardo. “So che avrei dovuto riferirlo a qualcuno che fosse in grado di aiutarmi, almeno nei primi momenti ma…” La paura di dover tornare all’ovile, aveva oscurato il buon senso, inducendola a cadere in un madornale errore. “Non ne sono certa ma vedo delle immagini!” Casuali che, apparentemente, non avevano alcuna connessione l’una con l’altra. Rimase muta, immobile, senza riuscire a dare un senso alla situazione ma con la speranza che, la donna, la prendesse per mano e la trasportasse verso una spiegazione sensata che l’avrebbe aiutata a riemergere da quel baratro che, ingenuamente, si era creata con le sue stesse mani.

     
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    Sorrisi davanti alla sua domanda sul se mi mancavano i miei vecchi compagni di scuola. Era una cosa alla quale non ci avevo mai pensato, questo perché avevo dato per scontato tutti i bei ricordi che mi legavano a Durmstrang ma anche alle persone che avevo conosciuto lì dentro. Non ero mai stata una ragazza che si lasciava andare a stupidi sentimentalismi forse era per questo motivo che mi ero rifiutata di provare qualsiasi tipo di emozione che riguardava il mio passato. Se mi mancano? Inconsapevolmente ripeti la sua stessa domanda come a voler marcare quel sentiero mai esplorato, come a voler sforzare la mia mente a ripercorrere quegli anni. Mi mancano molto. Non ero emotiva ma ciò non significava che fossi un blocco di ghiaccio, per questo risposi in maniera affermativa alla sua domanda. Sì, mi mancavano. Eccome se mi mancavano. Improvvisamente se quella domanda mi aveva costretto a ripercorrere i volti delle persone che avevo incontrato durante i miei anni a Durmstrang, la mia mente iniziò a spolverare dei ricordi che credevo aver completamente dimenticato. Ripensai al giorno in cui incontrai la mia nuova compagna di stanza, Mabel: la mia vecchia compagna di stanza aveva abbandonato gli studi perché era riuscita ad entrare in un'accademia per aspiranti registi e senza lasciarmi nemmeno un messaggio, aveva abbandonato il nostro dormitorio. Così, senza essere stata avvisata, mi sono imbattuta in questa ragazza dai lunghi capelli rossi e gli occhi limpidi come il mare cristallino dei caraibi. La mia diffidenza abbandonò il mio corpo non appena questa ragazza mi sorrise -solo successivamente scoprì che si trattava di una veela- e mi ritrovai incredibilmente a mio agio in sua presenza. Mabel era il mio esatto opposto: silenziosa, ligia al dovere e poco incline ai rapporti interpersonali. Formavamo una bella coppia e le nostre differenze non furono mai motivo di litigio ma di grande crescita personale.
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    Conoscevo tante persone con tante personalità diverse e se con alcuni ho rischiato di far esplodere il laboratorio di pozioni, con altre mi ritrovavo ad apprezzare il silenzio della biblioteca. Ero una casinista di prima categoria, tenermi ferma era letteralmente impossibile e nessuno conosceva la chiave per mettermi a tacere. Solo mia madre. Mi bastava una sua strilettera per calmarmi e diventare la studentessa esemplare che tutti i miei insegnanti sognavano di avere. Il tutto durava circa cinque giorni, poi tutto tornava alla normalità. C'era anche da dire che essendo una mezzosangue, non avevo per niente vita facile e che dovevo sempre mantenere un basso profilo se non volevo essere spedita nella sala delle torture che, per la cronaca, era diventata il mio secondo dormitorio. Sì, non c'è da scandalizzarsi. Era risaputo che Durmastrang non vedeva di buon occhio quelli che non rientravano nella categoria dei purosangue. A dire la verità, no. Purtroppo la fine della scuola aveva sancito anche la fine dei rapporti che si erano costruiti. La mia indisponenza verso i rapporti duraturi, mi aveva portata ad ignorare tutti gli inviti a rimpatriate e cose simili. Mi sono concentrata sul lavoro e ho dato priorità a questo aspetto piuttosto che preoccuparmi di coltivare i miei rapporti. Quella era la triste verità. Volevo a tutti i costi diventare cacciatrice di lupi mannari e inserirmi nel ministero, così avevo tolto dalle mie priorità le mie vecchie amicizie. A volte me ne pento. Scrollai le spalle ripensando alla triste realtà delle cose. Probabilmente mi sentirei e sarei meno sola se avessi continuato a coltivare quei bei rapporti che ero riuscita a costruire tra le mura del castello. Ti do un consiglio: persegui i tuoi sogni ma non lasciar perdere mai le amicizie che riesci a crearti qui dentro. Saranno fondamentali una volta che ti ritroverai ad affrontare il mondo là fuori. Il mio pensiero virò immediatamente a Robyn. Avevo perso il contatto con i miei vecchi compagni di scuola ma nella mia vita avevo avuto la fortuna di avere una persona meravigliosa come Robyn. Nessuna delle due era mai riuscita a fare a meno dell'altra, ci eravamo sempre aiutate in tutto. Lei era lì per me e viceversa, sapevo che qualsiasi cosa mi fosse successa avrei sempre potuto fare affidamento su di lei. A volte, però, la vita è ingiusta e deve portarti via le uniche certezze alle quali sai di poterti aggrappare nei momenti peggiori. Robyn era morta e io non avevo più nessuno al mio fianco. Sì, è difficile coinciliare tutto ma sono anche dell'idea che bisogna approfittarsi di qualsiasi cosa la scuola ti offra. Avevo avuto una vita molto attiva a Durmstrang: ero capitano della squadra di quidditch e al tempo stesso ero anche prefetta, inoltre aiutavo la bibliotecaria tutte le sere prima del coprifuoco, poi mi ero offerta di diventare l'assistente del professore di Arti Oscure. Insomma mi ero data da fare e tutto mi era servito sia per ottenere un buon punteggio finale ma anche per crescere e maturare come donna. Lo so, tua madre non appena ha saputo che ero a capo di una squadra di cacciatori di lupi mannari, mi ha persuasa a smettere immediatamente. Anche se eravamo distanti chilometri e chilometri, riusciva ugualmente a farmi incazzare. Lei non era d'accordo con il mio stile di vita perché lo riteneva 'pericoloso' e non adatto ad una donna come me bensì spingeva su lavori più 'tranquilli' come l'insegnante o il giornalista. Venne a vedermi giocare a quidditch una volta nello stadio dell'università in cui studiavo e da allora mi pregò di smetterla con quello sport perché mi sarei rovinata la vita e bla bla bla. La comprendevo perché mi aveva visto cadere da decine e decine di metri e fratturarmi una spalla. Dammi retta, prima o poi si arrenderà e ti lascerà fare ciò in cui credi. Con me era successo e se anche, ogni tanto, tornavamo a litigare sempre sugli stessi argomenti, Seira si arrendeva davanti al fatto che non poteva scegliere per la mia vita. “Che hai osato farle? Le hai sporcato il muro di casa? Hai stonato durante il suo canto natalizio preferito?” Diciamo che farla esasperare, era il mio passatempo preferito. Una volta le avevo messo un calzino nero nella lavatrice delle sue adorate lenzuola di lino bianche... Iniziai a ridere ripensando all'espressione di Seira non appena tirò fuori quelle lenzuola ormai perse. ...inutile dirti cosa è successo dopo. Aveva iniziato a scagliarmi contro maledizioni, incantesimi di ogni tipo e io che non mi ero mai tirata indietro davanti ad un duello, le avevo risposto con la stessa moneta. La nostra domestica non fu molto contenta di dover ripulire tutto il disastro che avevamo combinato e ci costrinse ad aiutarla senza l'aiuto delle nostre bacchette magiche. Dopo questo scambio di battute e aneddoti su sua madre, fui felice di vedere Halley raccogliere con entusiasmo la mia proposta; divenendo a tutti gli effetti la mia assistente. Il clima tranquillo e leggero al quale eravamo state abituate, durò poco perché la grifondoro mi espose una sua preoccupazione. Afferrai immediatamente le sue mani e cercai di rassicurarla. Halley, non c'è nulla da temere. Credo che sia stato prudente da parte tua, parlare di questa cosa solo quando ti sei sentita pronta ma credo che sia giunto il momento di farti aiutare da qualcuno. Le sorrisi. Chissà da quanto tempo si portava dietro questo peso e cosa aveva passato in quel periodo. Non sei l'unica a vedere delle immagini, so benissimo quello che stai passando. Ammisi, facendo riferimento a me stessa. Fin da ragazza avevo questa specie di sesto senso che mi aiutava a capire quando una persona a me cara si trovava in pericolo, poi questo si è trasformato in...visioni. Visto che ne stavamo parlando, era giusto che lei sapesse che anche io ero una veggente. Non a tutti gli effetti ma comunque in parte lo ero. Erano visioni di breve durata e quasi mai erano complete. Ero riuscita a gestirle ma non sempre riuscivo a controllarle perché spesso mi ritrovavo a dovermi stendere perché le immagini continuavano a scorrere nella mia mente per svariati minuti e più la paura aumentava più non riuscivo a recuperare il controllo della mia mente. La cosa giusta da fare ora, è confrontarti con la professoressa di divinazione. Sono sicura che lei saprà aiutarti e comunque, in qualsiasi caso, hai me al tuo fianco.
     
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    Come scordare i bei tempi? Impossibile. Si interrogava spesso sul futuro delle sue relazioni, nate e coltivate all’interno dell’ambito scolastico ma, ancora, non riusciva ad immaginarsi chi sarebbe rimasto nella sua vita, una volta chiuso il capito accademico. Un bel quesito che avrebbe trovato una sua risposta solo ed esclusivamente alla fine dei sette anni. Daphne, Grace, Alexis e Ryuu promettevano bene ma, Halley, aveva la brutta abitudine di non riporre troppe speranze nel prossimo. Un vizio che non le permetteva di viversi a pieno i rapporti, aspettandosi da un momento all’altro una coltellata alle spalle che la ferisse nel profondo, tanto da portarla non credere mai più all’amicizia. Tutto piuttosto melodrammatico ma parecchio realistico per chi, come lei, era abituata a sopravvivere sul filo del rasoio con delusioni che arrivavano da ogni lato. Sua madre non le aveva permesso nulla che uscisse dal seminato. Nessuna esperienza, niente che riuscisse a forgiarle il carattere in modo adeguato e consone ad una ragazza della sua età. Le veniva raccontato un mondo fatto di cattiveria ed egoismo ma quando aveva avuto modo di interfacciarsi con queste fantomatiche problematiche, si era accorta che le cose non stavano affatto come le era stato romanzato. Quei tentativi l’avevano resa ribelle, incline a tenere atteggiamenti lontani dal modo di vedere e pensare della madre la quale, facendo ricorso a metodi poco ortodossi, non aveva perso occasione per scagliarsi addosso ad ogni decisione presa lontano dal suo controllo. Un vero incubo ma il risveglio aveva dato quelle soddisfazioni sottratte ingiustamente. Halley si ritrovò cresciuta, inesperta ma desiderosa di scrivere un nuovo capitolo che le donasse quella serenità che a lungo le era stata strappata dalla stessa donna che l’aveva messa al mondo. Non dubitava dei sentimenti provati nei suoi confronti. Sapeva bene che, la madre, tenesse un comportamento simile per cercare di proteggerla dai vari pericoli ma, d’altra parte, la Wheeler, rimase convinta che quelli non fossero i metodi adatti a raggiungere i suoi scopi anche onorevoli. Quale madre avrebbe gettato il figlio in mezzo al mondo, senza preoccupazioni? Nessuna. Solo qualcuno di degenere. Eppure ponendo in essere quegli atteggiamenti ossessivi le aveva provocato delle ferite, profonde e difficilmente sanabili. Ed ecco il deterioramento del loro rapporto. Quella fiamma, piano piano, si era spenta dopo essersi consumata lentamente. Sospirò, con la speranza che un giorno, lei stessa, avrebbe potuto pronunciare le stesse parole uscite dalle labbra di sua zia. “Spero, un giorno, di potermi voltare indietro, senza rimpianti!” Commentò a mezza voce. I rimpianti? Un tasto dolente che, però, non sarebbe stata in grado di approfondire in presenza di qualcuno che la conosceva così bene da potersi permettere di dire la sua in merito. Non ne aveva le forze. La stanchezza degli ultimi giorni l’aveva prosciugata e un ulteriore sforzo, l’avrebbe mandata KO e questo non poteva accadere. “È un peccato.” Commentò, senza però soffermarsi sull’argomento per paura che non fosse a lei gradito. “Ma hai fatto tanta strada. Meriti tutto ciò che hai guadagnato!” Compreso quel ruolo che era riuscita ad ottenere tra quelle quattro mura così importanti per il mondo magico. Quella scuola segnava l’inizio di un qualche cosa che avrebbe permesso a dei semplici ragazzini di prendere in mano la propria vita, portandola su un piano diverso dalla solita routine di qualsiasi bambino privo di quelle doti. “Lo terrò a mente.” Il mondo là fuori, chissà cosa avesse in serbo per lei quel tanto decantato futuro che, con impegno costante, cercava di assicurarsi. Doveva ammettere che, spesso, si trovava a pensare tra sé e sé che non sarebbe stata in grado di cavare un ragno da un buco sena l’aiuto di qualcuno che vantasse più esperienza ma, fortunatamente, una volta all’interno di una certa situazione, riusciva a uscirne con le sue stesse capacità. Sentiva di essere cambiata in seguito a quella crescita esponenziale che aveva subito e, tutto sommato, fino a quel momento, non poteva recriminarsi nulla o quasi.
    Seira O’Hara non si smentiva mai. Qualsiasi cosa uscisse dal suo modo di pensare, lo reputava sbagliato o potenzialmente letale e quindi da eliminare assolutamente dalla faccia della terra. Non le diceva proprio nulla di nuovo. Ficcare il naso negli affari altrui riusciva assai bene alla madre che non perdeva occasione di dispensare consigli assolutamente non richiesti. “Non sarà così facile ma la speranza è l’ultima morire.” Come se in caso contrario sarebbe riuscita a dissuaderla dall’intraprendere la strada a lei più affine. Non sarebbe mai successo. Il tutto prescindeva dalle idee dei genitori, poco ma sicuro. Ricordava la prima volta che l’aveva messa al corrente della sua entrata in quadra: le aveva tolto il saluto per una settimana, girandole alla larga e lanciandole sguardi accusatori a ricolmi di risentimento, con il solo scopo di fare leva sul suo senso di colpa. Povera illusa. Fece spallucce. “Quanta morbosità, per Merlino.” Alcuni atteggiamenti, oltre a non poter essere condivisi dalla maggior parte della popolazione mondiale, non riusciva a comprenderli a livello morale. Sogghignò. “Hai rischiato grosso. Un bel coraggio!” Doveva essere un piacere assistere a quei simpatici teatrini messe in scena dalle due sorellastre anche se non era certa che fossero cresciute così facilmente, accettando i trascorsi dei genitori.

    Ed infine l’argomento più gettonato e, allo stesso tempo, quello che più la intimoriva: la veggenza. Non aveva tutti i torti. “Se lo avessi detto a mia madre, mi avrebbe obbligata a fare ritorno a Londra e l’ho evitato.” Sbuffò. La sola idea di proseguire gli studi sotto lo sguardo vigile di colei che avrebbe fatto di tutto per condurla sulla strada che più la aggradava, le faceva accapponare la pelle. In ogni caso aveva rischiato grosso.
    “Credo sia una vera e propria condanna!” Rifiutava con tutta sé stessa la condizione nella quale versava ma, d’altra parte, nulla avrebbe potuto cambiare quel dato di fatto difficile, ancora a distanza di mesi, da accettare.
    ”La cosa giusta da fare ora, è confrontarti con la professoressa di divinazione. Sono sicura che lei saprà aiutarti e comunque, in qualsiasi caso, hai me al tuo fianco. Aveva pienamente ragione. La Signora Lovecraft avrebbe, senza dubbio, sanato le sue lacune, indirizzandola sulla strada giusta. “Lo farò, non appena farò ritorno dagli allenamenti, domani pomeriggio. Te lo prometto!” Si avvicinò alla donna e allargò le braccia, fasciandola in un affettuoso abbraccio. “Grazie per l’opportunità che mi hai offerto. Spero di non deluderti.” Si sentiva a casa, come una boccata d’aria fresca a pieni polmoni. “Ci vediamo a lezione.” La salutò con la mano e si portò verso l’uscita del suo ufficio. Quella sera avrebbe avuto molto su cui riflettere, così da poter trovare una soluzione si suoi drammi.


    Conclusa.
     
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