Never ending party!서울 (Seoul) con Carrie

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    JAEMIN WAN – 18 ANNI – SERPEVERDE (III)

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    Esauriti gli acquisti e con il portamonete decisamente più leggero, ha rintracciato la madre per farsi riportare indietro, a Seoul. Dopo una breve introduzione della sua nuova amica Carrie (una cosa tipo: “hey, ma’ questa è Curry, la mia bff appena incontrata”), ha anche comunicato alla “vecchia” la decisione di voler passare la notte in compagnia della ragazza in casa propria, generando sguardi interdetti della genitrice che però ha infine accettato passivamente. Che si sia finalmente deciso a trovare un buon partito con cui accasarsi? Sarebbe proprio l’ora che mettesse a posto quella testolina indisciplinata.
    Mi-Cha Lee è una donna coreana poco sopra la quarantina dall’apparenza giovane ed emancipata, ma dai valori tipici di una cultura irrigidita dalle tradizioni antiquate. Priorità assoluta, dunque, è quella di non sfigurare in società, facendo sfoggio del proprio alto lignaggio, e di… beh quello che si spera diventi un figlio esemplare, posato, educato, con una buona moglie e un lavoro importante. Seh. A proposito di questo, il marito Do Hyun (padre del nostro Serpeverde) avrebbe già predisposto la promessa ad una giovane Purosangue dalla famiglia influente in politica, ma purtroppo i risultati molto scadenti di Jaemin a scuola, il suo comportamento “discutibile”, la sua esuberanza inopportuna, hanno finito per incrinare i rapporti fra le due dinastie, annullando perciò il patto fra i due Capofamiglia. Una vera onta. Eppure, nonostante la ferita generata nell’orgoglio di tutto il parentado, l’unico a non avere alcun risentimento è proprio colui che ora se ne sta per rientrare dal festival di Hogsmeade a testa alta, con la sua faccia di bronzo dal sorriso sempiterno e dallo sguardo sornione a mandorla che sembra portare con sé un perenne tacito “vaffanculo”. [Vedrai come ti si mescolano i connotati adesso, Curry! Sarà super divertente! …Basta che non sbocchi l’anima davanti casa mia, spostati almeno un po’ più in là, altrimenti mi offendo.] avvertenze dell’ultimo minuto, mentre si stringe ad un braccio della madre molto più minuta di lui. Poveretta. Sovrastata nel fisico e nell’anima. Lei però non sembra darci troppo peso, osservando invece con molta più curiosità (e giudizio) la ragazza straniera che crede aver rapito il cuore del figliol prodigo. Anche se, dal suo punto di vista, è troppo presto per l’intimità. Se ha ben capito si sono conosciuti al mattino. E la regola dei tre appuntamenti? Non che possa stupirsi dell’irruenza del proprio ragazzo, però diamine, Jaemin, fai sempre tutto alla rovescia! Gli deve davvero dare il suo benestare? Cosa ne penserà Do Hyun? Ma infondo, non può opporsi. Cioè potrebbe, ma conosce il suo “pollo” e non ha nessuna voglia di mettersi a litigare o discutere dando spettacolo in pubblica piazza. Lei è una Signora. Quindi va da sé che per il momento la cosa migliore da fare è acconsentire cordialmente, dispensando sorrisi rigidi alla biondina inglese. [No preoccupare, tutti abbiamo fatto. Offrire la tisana appena arrivi] fiera e gentile, si sforza con tutta sé stessa di fare gli onori di casa prima ancora di arrivarci. Però parla un inglese stentato e non sa nemmeno se verrà compresa. [A tuo padre verrà un coccolone, digli almeno che vi conoscete da un po’] non si trattiene però dall’aggiungere, in coreano, sbrigativa. Fatti tutti i convenevoli e assicuratasi che Carrie sia abbastanza salda nella presa attorno – si presume – il proprio braccio libero, si concentra sulla destinazione, avviluppando in un lampo tutte e tre le figure in un vortice confuso.
    Quando ricompaiono al vertice opposto del pianeta, il cambiamento è drastico. Dalla rustica cittadina simil medievale Scozzese, sono approdati in una metropoli caotica, rumorosa, affollata, in cui svettano centinaia se non migliaia di grattaceli e il cui traffico stradale farebbe impallidire anche il più esperto degli stunt-man. Pur trovandosi nella zona residenziale per eccellenza, il ritmo cittadino cozza enormemente da quello quasi rurale della cittadella magica. Siamo a Cheongdam-dom, il quartiere più ricco, quello della moda e dei più conosciuti marchi k-pop, davanti ad un palazzo dall’ampio spazio comune, curato con alberelli ornamentali perfettamente potati, e dalle piccole zone verdi contornate da comodi vialetti per il passeggio. Dall’altra parte della strada v’è anche uno dei parchi della metropoli, che aggiunge un altro tocco nature. E’ notte. Questo potrebbe forse prendere alla sprovvista la futura grifondoro, abituata al sole spaccapietre sotto cui si trovavano fino a pochissimi istanti prima. Le luci colorate dei fari, dei lampioni e dei neon, sparaflashano una vista poco allenata, ubriacandola se ci si prende la briga di guardarsi attorno. Anche lo stesso Jaemin sbatte le palpebre un paio di volte, districandosi dalla madre e facendo un paio di passi per stirare i muscoli delle gambe. E poi pure quelli delle braccia che vengono gettate al cielo alternativamente, ruotando un po’ la spalla. [서울에 오신 것을 환영합니다!]* prorompe eccitato a voce altissima, voltandosi infine sull’amica. [Il mio appartamento sta al settimo piano, e ho la vasca a idromassaggio, la smart-tv da sessanta pollici con Switch e Playstation 5 e una collezione assortita di giochi. Mentre quello dei miei è appena sotto, al sesto, e possono offrire noia e vecchitudine!] le indica grossolanamente, salvo poi ruotare dall’altra parte, puntando ad una delle strade principali che si apre perpendicolarmente a qualche decina di metri da loro. [Ma prima potrei farti fare un giretto per la città…] . Si appropinqua a lei con un paio di balzelli felpati, occhieggiando la madre come se volesse tenerla all’oscuro di qualcosa, nonostante lei sia lì presente e possa tranquillamente vederlo. E infatti alza gli occhi al cielo, spazientita, in attesa che la finisca con le sue stramberie. [Ci sta qualche localino interessante…] ammicca malizioso, tralasciando il dettaglio che sono entrambi minorenni e che quindi lo sfruttamento di tali locali non dovrebbe essere di loro competenza. E infatti <b> [Sarete stanchi, venite su a mangiare qualcosa, così presenti la tua nuova… amica… anche a papà] prova a intervenire Mi-Cha, talmente disperata da dimenticarsi di parlare una lingua conosciuta ai più, ma lanciando segnali speranzosi – o per meglio dire, imploranti – a Carrie. Tanto ormai con Jaemin sta perdendo ogni speranza di ravvedimento.

    *Benvenuta a Seoul


    Edited by Personaggio casuale - 24/8/2022, 15:48
     
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    Nata babbana



    Era stato tutto straveloce.
    La stessa rapidità di un rutto, che inizia potente e poi va a scemare in una manciata di secondi brevi ma intensi, impossessandosi per un attimo di te e poi lasciandoti svuotato, disgustato quanto meravigliato da tale potenzia d’eruzione… non so se rendo l’idea. Io lo trovo un esempio così calzante, mentre sbatto le palpebre come una drogata, frastornata da quel cambio repentino di location, di luci… di emisfero. Alzai lo sguardo seguendo le fondamenta dell’enorme palazzo che avevo davanti, sorprendendomi sempre di più man mano che alzavo la testa, al punto che arrivai a comprendere per la prima volta il vero significato di “grattacielo”. Quello lo scorticava abbbestia.
    Quando abbassai la testa, però, per lanciare uno sguardo da vera tonta all’espressione evidentemente coreana (che io non distinguevo minimamente da quella giapponese o cinese) del compare dal capello blush, rendendo palese tutta la mia pateticissima ignoranza, quando dovetti portarmi una mano alla bocca, travolta improvvisamente dal flusso irrefrenabile dalla salita vertiginosa di un conato di vomito potentissimo in direzione della mia cavità superiore. Visto che sono una signora, evitai accuratamente le scarpe del confetto (Jaemin), solo per beccare le scarpe nere, tirate talmente a lucido che riuscivo a vederle risplendere nel cielo notturno di Seoul, di un passante visibilmente altolocato. Inutile dire che mi ghiacciò con lo sguardo e si mise a sbraitarmi addosso un fiume di parole in coreano che mi fece sentire tutto sommato fortunata nel non comprendere la lingua… e quindi, qualsiasi cosa disse, non mi tocco minimamente. Per quanto potessi benissimo immaginare il testo di mio.
    – Io no parlare korean, mi dispiacere… tu andare per tua strada mentre io pulire vomito da mia bocca – accompagnai quelle parole da un gesto esplicativo delle mani, dando, una mano sull’altra, colpetti a paletta, come esortazione a proseguire il tragitto. ’spè, ma ora perché ero io quella che parlava strano? Quella lacuna linguistica mi metteva talmente a disagio… soprattutto quando la madre del confetto si rivolgeva a me, anche tentando di parlare la mia lingua… non ci capivo comunque una beata.
    – Signora, io no capire… – continuavo a dirle da quando l’avevo vista sbucare a Hogsmeade in gran carriera. Una donna affascinante, o almeno io trovavo tutti i coreani affascinanti… sì, ora che mi guardavo davvero intorno nella capitale, potevo dirlo ufficialmente. Aveva l’aria simpatica, ma può darsi benissimo che mi stesse disprezzando dal momento in cui mi aveva vista in compagnia di suo figlio, rivolgendoci uno sguardo indagatore… che continuava a fissare su di me come un fottuto lampione. Signora, anche meno
    – Cioè, famme capì… c’avete due appartamenti? E uno è tuo? Che razza di lavoro fanno i tuoi? – domandai ammirata, con occhi completamente sbarrati e la mascella che arrivava al marciapiede. Non ero una che invidiava la gente, di solito… giusto il minimo sindacabile, daje, sono pur sempre una quindicenne… ma come potevo non invidiare che quel ragazzino avesse una casa propria? E con tutta quella roba fighissima all’interno, per lo più. In quella meravigliosa, coloratissima e rumorosissima città… lo era decisamente più di Londra.
    – Sìsìsìsìsì ti prego, fammi vedere la città! Sembra fighissima!!! Fammi da cicerone! – iniziai a strattonare vivacemente il suo braccio (gli sarebbe caduto entro fine serata? Era una possibilità), dopo che quello si avvicinò con due balzetti alla sottoscritta, dedicandogli due occhioni kawaii grandi come la luna. Una scenetta che alla mammina sembrò piacere, visto il sorrisetto intenerito che ci riservò, per quanto a sua volta non capisse un ciufolo di ciò che noi due ci dicevamo.
    – Senti, ma che vuole tua madre?? Non è che potresti tradurre? Non capisco se mi vuole incenerire o che ti sposi tipo all’istante… – le lanciai una faccina sorridente ed impacciata accompagnata da una manina incerta alzata nella sua direzione, quando quella proferì nuovamente parola, aspettandosi da me una qualche risposta; un po’ come insegnavano i pinguini di Madagascar, tecnica indiscussa: “sorridete, ragazzi… carini e coccolosi. Carini e coccolosi.”
    – Localini tipo quali??? Daidaidai, fammi vedere i tuoi posti preferiti! Magari lasciamo queste cose a tua madre… ecco… TENGA QUESTE SIGNORA… KONICHIHUAHUA! – dissi l’unica parola che conoscevo, insieme a “Kawaii”…e non ero neanche così sicura che l’avessi detta bene… visto anche come mi stava guardando. Sorrisi nuovamente, imbarazzata e rossa come un peperone, tirandomi via Jaemin.
    – Salvami da questo imbarazzo… ho bisogno di bere a quelle che dovevano essere tipo… le 10 o 11 del mattino? LOL. Ma qui non valeva. Qui vigevano nuove regole. E sticazzi se avevo solo quindici anni.
    – So che a Seoul ci sono un sacco di luoghi a tema… dove la gente lavora mascherata da cartone animato! Scusa… anime, voi ci tenete… È vero? C’è qualche posto così qua vicino?? – lo presi a braccetto mentre venivo sparafleshata da diecimila insegne diverse, bombardata dalle scritte al neon, dal brusio incomprensibile dei passanti, che attraversavano come una folla di soldatini alla moda, e dalle pubblicità, o meglio… dalle gnoccone dalla pelle fantasmica schiaffate sui cartelloni pubblicitari. Che bellissima città.
    – Voglio anche comprare qualcosa per ricordo… anche se non ho la moneta vigente! Ma hey, tu sei ricco… ti ripagherò a tempo debito – gli rivolsi un occhiolino molto furbo quanto poco seducente, prima di venire attirata come una molla da una vetrina interattiva che mostrava un’esibizione di Kpop, e così mettermi a ballare completamente a caso, ignorando bellamente gli sguardi e le risa coreane sulla pefffomans scadente di quella che doveva essere sicuramente "una stramba inglese".
    – Fatti sotto, se pensi di saper fare di meglio! – vedendolo ridere a sua volta, sfidai Sir Confetto a una sfida di ballo all’ultimo sangue, quando iniziò una nuova specie di “partita”, dandomi provocanti pacche sul sedere nella sua direzione (provocanti non nel senso sessuale del termine), mentre gli ologrammi delle Blackpink dall'altra parte del vetro ammiccavano in maniera alquanto invitante.


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    Fa finta di non conoscere Carrie, di non avere niente a che fare con lei, quando questa si ritrova a riversare i propri succhi gastrici sulle scarpe di un passante, prendendo le distanze fisicamente dalla scena del crimine con ampie falcate in direzione del parco all’altro lato della strada. Anche lui porta una mano alla bocca, ma non per emulare le gesta della compagna di viaggio, quanto più per tentare di trattenere una risata che però prorompe dalle narici rischiando di smoccolargli il palmo. Si picchia anche l’altra mano su una gamba al momento degli insulti, incapace di contenere l’energia in esubero, mentre la madre accorre in soccorso della straniera scusandosi con ripetuti inchini di cortesia con il malcapitato di turno. Poi, con non-chalance ricomincia a stiracchiarsi, come se non avesse fatto altro, attendendo che quel tizio si allontani per riportarsi dov’era venuto a balzelli in punta di piedi. [Precisamente!] è ricco da far schifo, oltre che essere un gran figo, capito? Quindi magari se a Carrie scappa di fargli qualche altro complimento, lui ne sarà più che felice. Anzi, si direbbe che non aspetti altro. [Sono imprenditori…] al contrario, di parlare dei suoi genitori non sembra averne affatto voglia, restando sul vago e stringendosi al contempo fra le spalle, disinteressato. E onde evitare equivoci, cambia subito argomento, proponendosi di mostrarle la città e ricevendo in cambio l’ennesima strattonata della giornata. Ha la spalla lussata, vero? Deve essere così per forza. Infatti se la va pure a massaggiare, senza però smorzare l’entusiasmo dell’amica a cui abbandona il braccio ormai esanime. [Ah, sì] la traduzione… Ma a lui che cosa dovrebbe fregargliene, esattamente? E’ molto più divertente osservare le due donne interagire in maniera che definire grottesca è un eufemismo. [Entrambe le cose] ammette placido. Sua madre vorrebbe incenerire all’istante entrambi E gradirebbe che si sposassero. Magari in ordine inverso. Annuisce solennemente mentre lo dice. [Ma è perché non sa che sei nata babbana. Altrimenti ti odierebbe e basta] sfoggia uno dei suoi migliori sorrisi soddisfatti, come se questo aspetto fosse un gran valore aggiunto. Dal suo punto di vista lo è eccome, ma capiamoci, non esattamente per nobili motivi. E’ solo un modo in più per dare fastidio ai propri vecchi, e tanto gli basta per renderlo una persona felice e grata alla vita. E già che siamo nel discorso [Magari potremmo falsificare qualche scartoffia all’anagrafe, però dipende: quanti nipoti sei disposta a darle?] indaga in tutta scioltezza, neanche stessero parlando dei gusti di gelato preferiti. [Oh, e devi sperare che escano fuori coreani] ci mancherebbe che nascessero biondi! Chi le sentirebbe, se no, le malelingue del vicinato! Ghigna sotto i baffi che non ha ad ogni considerazione, molleggiando le sopracciglia maliziosamente per incitarla a rispondere. [Comunque ha detto che vuole una bottiglia anche lei, andiamo!] traduce alla Jaemin-maniera le parole della genitrice, cui poi sventola una mano a mo’ di saluto, mentre comincia ad allontanarsi (per la precisione viene portato via di forza, ma senza opporre la minima resistenza) con un sorriso sfidante rivolto proprio verso di lei. E questa sospira, lascia cadere pesantemente le braccia lungo i fianchi con uno schiocco, e poi imbocca il vialetto di casa con gli acquisti di quegli screanzati di ragazzini ribelli che le tocca pure servire. Le mancava solo la presa in giro di una sciocca 외국인* che le dice parole assurde in giapponese. A lei. Incredibile. Non può essere più stizzita di così. Ma d’altro canto, se questa va d’accordo con suo figlio, non poteva essere certo una persona normale.
    Intanto gli altri due sono aria di festa e camminano spediti per le strade trafficate della capitale. [Ho in mente altri generi di locali per stasera, però può darsi che mi convinci. In che modo pensi di ripagarmi?] la stuzzica, occhieggiandola da sopra degli occhiali inesistenti, con la testa leggermente abbassata e lo sguardo alto indirizzato sull’amica, malizioso. Ma questa gli sfugge via, presa da un raptus ballerino che lo fa ricominciare a ridere entusiasta nel giro di pochi istanti. Si sistema un po’ a lato, con le braccia incrociate al petto smosse dagli spasmi delle risa. Diamine, ha avuto proprio un’idea geniale a portarsi dietro questa fenomena. Non gli serve nemmeno l’aiuto di qualche amico per rendere la serata interessante. Addirittura non ha ancora toccato il cellulare da quando è arrivato in terra babbana, il che è un record assoluto per i suoi standard. Soltanto adesso gli sta baluginando l’idea di estrarlo, unicamente per poter filmare quella danza imbarazzante che potrebbe utilizzare come ricatto da qui agli anni a venire. Invece viene intercettato subito, fingendo di ciondolare al centro della scena controvoglia, per poi farsi coinvolgere nella coreografia. [Qual è la penitenza per chi perde la sfida?] domanda, strizzando all’interno una guancia, furbetto. Difficile che sia lui a venire sconfitto, infatti, e ci vorrà ben poco affinché le sue reali capacità atletiche vengano messe a disposizione del pubblico, dando uno spettacolo che potrebbe non sfigurare affatto con la versione originale illustrata dagli ologrammi. [Comunque conosco Lisa, delle Blackpink… L’ho vista qualche volta in un posto qua vicino, potremmo andare a vedere se c’è anche stasera] butta lì, quasi sovrappensiero. Che sovrappensiero non lo è per niente, poiché è interessatissimo alla reazione di Carrie. Vuole che gli lanci le braccia al collo e lo implori a portarla ovunque lui ritenga possa esserci l’idol. Però deve anche mettere in conto che non le conosca, che potrebbe cadere tutto in un nulla di fatto, perciò ci va cauto, si dà un tono, pretendendo di star parlando di qualcosa di poco conto. Nel dubbio comunque, comincia anche a muoversi in direzione del luogo incriminato, come i gamberi. Cioè fa seguire dei passetti incoraggianti indietro, per richiamare a sé la collega insieme alle sue attenzioni.

    *straniera
     
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    Jae non aveva una gran voglia di parlare dei genitori, ma non avrei saputo dire perché. Forse non aveva un buon rapporto con loro? Eppure sembrava che con la madre non ci fossero problemi… a parte il fatto che, sì, ci vedeva già ufficialmente sposati, e forse per quello voleva uccidermi, o amarmi per poi uccidermi, o uccidermi per poi amarmi nell’al di là… i suoi piani, insomma, non risultavano per nulla chiari o prevedibili, dunque fu un sollievo quando Confettino la mandò a casa con i nostri acquisti come il più fedele e addestrato dei Golden Retriever, cosa che mi mise un po’ a disagio. – Non se lo è fatto ripetere due volte… è sempre così disponibile? – domandai, mentre con lo sguardo seguivo ancora il passo della signora in lontananza, fino a perderla totalmente di vista. Con mia madre era tutto il contrario: al massimo era lei che mi dava le buste, ed io, come il più modesto dei muli da soma, eseguivo ogni suo ordine senza fiatare, perché lo sapevo bene che non mi spettasse farlo. Chiariamoci: non si trattava di sfruttamento minorile (o almeno credo…), ma mi hanno sempre cresciuta con l’idea che bisognasse sbracciarsi anche per le minime cose… e di fatto, le mie apparenti esili braccia mostravano dei piccoli rigonfiamenti di cui andavo molto fiera, complice anche la mia passione per la batteria.
    Ma tornando a noi, Jaemin aveva un modo di fare tutto particolare, che tanto mi intrigava, perché non sapevi mai cosa gli passasse per la testa, o cosa stesse per fare. In poche parole, per quel poco che avevo visto, era imprevedibilmente, e meravigliosamente fuori di testa. E mi dissi che, se tutti i maghi erano come lui, allora mi sarei proprio trovata bene in mezzo a loro!
    “In che modo pensi di ripagarmi?” Ecco… tuttavia non sapevo come prendere quel tipo di frasi, che così spesso gli scappavano dalla bocca; era maliziosamente serio, oppure era solo un modo di scherzare? Da come si era comportato con quel ragazzo, al Magi Festival, sembrava abbastanza chiaro che a lui interessasse il genere maschile… o magari era bisex? Avrebbe potuto. Tuttavia c’erano state quelle salsicce di mezzo, e dovevo ancora appurare quanto i suoi istinti perversi fossero frutto di quell’alimento stregato e quanto farina del suo sacco.
    Però, insomma, prendetemi pure per pazza, ma non mi dava affatto l’aria di uno di cui dover avere paura… ma piuttosto di uno con cui c’era da divertirsi un mondo! E quindi perché privarsene?
    Intanto riuscì ad eludere quella domanda così ammiccante correndo incontro a quella vetrina super tecnologica, qualcosa che non avevo mai visto, e per questo mi meravigliava quasi quanto il villaggio magico in cui mi trovavo fino a poco prima. Le ballerine sul vetro, onestamente, facevano la loro bella parte nel richiamare prepotentemente il mio sguardo e incatenarlo; inutile dire, così, che quando disse di conoscere Lisa delle Blackpink (cioè…LISA DELLE BLACKPINK, ci stiamo capendo??) Il mio cuore perse una manciata di battiti, prima di ritornare al trotto più selvaggiamente di prima, insieme alle gambe che si attivavano in una corsetta sul posto a tutta velocità, accompagnando un – COOOOOOOSSSSAAAAAA?????!!!! – con gli occhi strabuzzati, che dovevano essere parecchio simili a quelli del gufo bruno che avevo acquistato da poco per l’inizio della scuola (che immaginavo dovesse servire, a quel punto, per la messaggistica).
    Questo era accaduto dopo essermi bloccata quando il Confettino aveva iniziato a muoversi accanto a me, rubandomi completamente la scena… e forse era stato un bene, perché i koreani stavano filmando nella nostra direzione, e ora puntavano tutti su di lui, meravigliati almeno quanto me dalla sua incredibile performance; a fine canzone, batterono tutti le mani, compresa me medesima.
    – Non avevo idea che potessi ballare così… conosci Lisa perché sei una specie di trainee? Vuoi dire che ho conosciuto qualcuno di famoso senza saperlo??? domandai adorante, guardandolo adesso come si guarda una vera celebrità.
    – Niente penitenze, per carità… mi hai stracciata di brutto. Però ora ti fai perdonare della figura di merda che ho fatto davanti a tutti (insomma, una figura doppia se messa in confronto alla tua bravura) portandomi a caccia di Lisa!!! Che è tipo la mia crush coreana ASSOLUTA – mi aggrappai nuovamente al suo braccio (questa volta quello opposto) come se stessi afferrando un baule pieno d'oro, mentre quello iniziava ad indietreggiare verso una direzione precisa.
    – Di che genere di locali parlavi??? Ora mi metti curiosità! Facciamo che mi fido di te: oh capitano, mio capitano! sì, insomma… nonostante l’età, quel giovane sembrava sapere proprio il fatto suo: mi sarei lasciata stupire ancora e ancora sotto la sua guida!


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    Sorride sornione mentre si allontana a braccetto con la nuova amica, occhieggiando i passanti con la beatitudine tipica di uno che è appena andato in botta grazie a una canna rollata bene. E invece è la sua attitudine abituale, quella che mostra al pubblico di Seuol nel quotidiano. Peraltro, è anche molto felice che Carrie abbia notato come la madre lo assecondi servile, a mo’ di principe di sto cazzo casa, quindi è anche molto disponibile a fornirle qualche elemento utile a capirne le basi. [Sì] fa sempre così. Cioè, non proprio sempre, ma per il momento preferisce sorvolare sui dettagli. [L’ho istruita bene. Sia mai che le rovino accidentalmente la reputazione urlando di fronte ai vicini…] lascia intendere quali siano le sue tecniche di persuasione, rivolgendole al contempo le iridi e strizzandole un occhiolino complice. Sta in fase condivisione delle tecniche del mestiere, che la ragazza potrà sempre rivendersi con i propri genitori magari in altri frangenti, dato che dubita quelli siano lontanamente simili ai Coreani. E’ facile quando ti ritrovi in una società così rigida da andare in crisi per facezie, e uno come lui, la cui esistenza sembra essere votata alla distruzione di ogni singolo schema mentale della propria cultura di origine, è sicuramente un soggetto da trattare con i guanti. E quanto ne va fiero, poi! Si sente paragonabile ad una bestia pronta a mordere. Cosa che, per altro, farebbe spesso e volentieri. Sexy~. Ma comunque se non provocato è una personcina angelica, perciò è anche un animaletto che sa fornire una discreta compagnia. Anzi, la migliore del mondo (a suo parere, sia chiaro). Una riprova ne è il fatto che Carrie vorrebbe visitare dei locali che a lui hanno stufato col tempo, ma si sente abbastanza magnanimo da potercela accompagnare. A patto che ci guadagni qualcosa, questo è scontato. Gli serve la giusta motivazione, capite. E quindi inizia a stuzzicarla, rigirando la questione in sfida, curioso di conoscere i limiti della propria dama. Cosa sarebbe disposta a fare? Quali sono i termini definibili da un fantomatico contratto da sottoscrivere alla luce dei neon della metropoli? Nessuno, a giudicare da come Carrie gli scivola via per andare a sculettare di fronte alla vetrina. Deve segnarsi mentalmente che la ragazza condivide con lui non solo la passione per il divertimento improvvisato, ma anche una scarsissima capacità di concentrazione. Perfetto. Se non altro la sorpresa che ottiene dicendo di conoscere Lisa è esattamente quella che si aspettava di vedere, gongolando sul posto e recuperando tutta l’ispirazione che aveva perduta. Ci riprova, allora, a gettare il sassolino della penitenza, ma è troppo irruento nel mostrare i suoi assi nella manica, e quindi nuovamente è costretto a rivedere gli accordi. [Peccato] gli sfugge, con uno schiocco di lingua. A questo punto, tanto vale che li stabilisca da solo. [Frequento l’ambiente…] risponde vago, con la testolina che si gira lentamente dall’altra parte al termine della propria esibizione, trattenendosi però qualche momento di più con le iridi sul volto della compagna. Vuole che sia lei a chiedergli di continuare. Vuole farsi pregare, e possibilmente adulare, facendo leva sull’entusiasmo scatenato alla sola idea di poter incontrare la sua beniamina. Poco importa se ora pure il braccio sinistro sarà da rattoppare con una fisioterapia semestrale (come minimo). Ciò che gli interessa è l'attenzione, la scintilla negli occhi altrui, il suo amore eterno possibilmente. Fra l’altro, ora che ci fa caso, come dovrebbe intendere l’espressione ambigua che usa: “crush”? Le piacciono le ragazze? Mah, come che sia, l’importante è il risultato. Di sicuro non è il tipo da formalizzarsi. [Informazioni super riservate… che mi potresti scucire solo se mi raccontassi qualche particolare scabroso della tua vita] passa alla raccolta di elementi utili a conoscerla più nel profondo. D’altronde sono amici, e questo è il primo step insindacabile delle relazioni di lunga durata: sapere cose compromettenti l’uno dell’altra. Soprattutto dell’altra. Ah, non è così che funziona? Oh, beh, per lui sì. [Decidi tu il tema. Può essere qualcosa di imbarazzante, o divertente… basta che sia qualcosa che non hai mai detto a nessun altro] prosegue con le labbrucce che si chiudono a cuore, maliziose, mentre continua nella sua marcia a ritroso che ha un brevissimo tentennamento quando sente gonfiarsi il suo ego alle parole di Carrie. “Capitano”. La ama. E quella parola su di lui è come una corona sulla testa di un Imperatore. Più gasato di così non potrebbe esserlo! Lei gli ha appena regalato il timone della nave, può farne ciò che vuole, ed è proprio ciò che ha intenzione di fare. Il passo si fa più spedito, e con esso il corpo si volge verso i luoghi in cui è diretto. Salvo poi scartare all’ultimo, per imboccare un vicolo stretto, trascinandosi dietro la bionda. A proposito di timoni, si è ricordato una cosa. [Ho cambiato idea. Prima andiamo di qua…] l’estro del momento ha preso dunque un’altra direzione, e lui segue il suo istinto prima di tutto. [E poi ero convinto di essere io il tuo coreano preferito, questa me la segno] mette i puntini sulle “i”, che mica siamo qui a fare le ruote di scorta di nessuno. Lui deve stare sempre in cima alla classifica. La stradina acciottolata che hanno intrapreso ha delle luci più flebili rispetto alla via principale che hanno da poco abbandonando, ma presenta a distanze regolari delle locandine pubblicitarie dei locali presenti in zona negli appositi espositori in plexiglass. E’ proprio sul terzo di questi cartelloni che si sofferma Jaemin, rallentando e guardandosi attorno con la coda dell’occhio. Poi, senza indugiare oltre, si scontra con il vetro raffigurante una scalinata gialla in salita che termina in una porta azzurra, e la scritta 오라에라모라 (“Ora et Ramora”) a lato della figura. Per una frazione di secondo, come una diapositiva cartoonesca, la schiena del Serpeverde appare all’interno del cartellone, e poi svanisce nel nulla, assieme alla mano di Carrie, quella che lui tratteneva con sé negli istanti prima di scomparire. Non le lascia il tempo per lo shock, perché con un colpetto del polso la attrae a sé, quasi a imporle la forza motrice necessaria a farle superare la barriera magica a sua volta. E se così fosse, si troverebbe anche lei davanti a quella scalinata, che conduce a quella porta, e che, se vorrà varcarla, darà loro l’ingresso ad un pub dall’aria peschereccia. Ci sono alcune reti a fare da ambientazione, da cui ciondolano rampicanti fioriti e candelabri fluttuanti illuminano la stanza di luce tremolante, mentre al bancone - dalla forma della prua di una imbarcazione - un ragazzo si adopera nella preparazione di cocktail dagli aromi più spericolati. [Ho proprio voglia di uno Soju Sangha Banjeon…] commenta, inspirando a pieni polmoni l’aria legnosa del posto. [Il soju è il nostro alcolico tipico, ma ti avviso che è molto forte. E sangha banjeon vuol dire “sottosopra”] c’è da perdersi in ulteriori spiegazioni? Non crede che ne servano granché, specialmente dopo aver alzato un dito a indicarle il soffitto della sala, da cui spenzolano un paio di gruppetti di clienti particolarmente rumorosi: con il capo all’ingiù e i piedi ancorati sul tetto… ma comodamente seduti a dei tavoli appositamente installati sullo stesso, al contrario. [Il sangue alla testa dà quel tocco mistico, e anche un brivido adrenalinico quando svieni e ti ritrovi a sfracellati per terra. Mi sa che le reti servivano a quello, in origine, ma non le ho mai viste usare davvero. Boh] ma infondo che importanza può avere. Sono lì per fare casino, qualche osso rotto che male potrà mai fare. Tanto da ubriachi non si sente niente, no? Tant'è che lui le ha già lasciato la mano per andare a ordinare un paio di drink.


    Edited by Personaggio casuale - 16/9/2022, 17:28
     
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    – Particolari… scabrosi, dici? – uscii la lingua portandomela quasi a toccare il naso (ho una lingua estremamente lunga), un occhio aperto e uno semichiuso, a scrutare le stelle sopra il cielo di Seoul. La mia vita non aveva dettagli scabrosi, quindi quella era una domanda a difficoltà massima. Però Lisa… ooohh, Lisa… per lei qualcosa avrei dovuto pensarla!
    – Beh… una volta, dopo la lezione di pallavolo, e dopo essermi docciata, non trovai più i miei vestiti in spogliatoio: mi avevano fatto uno scherzo del cazzo, e dovetti uscire nuda dall’edificio in cerca di qualcosa da mettermi addosso. Mi sono dovuta inventare una buona scusa in questura…. – era solo una delle settordicimila delle disgrazie mai accadute in vita mia, quindi la raccontai con grande calanche… purtroppo, inutilmente. – Hey… non vale!!! – protestai, mettendo il broncio. Io gli faccio il dono della sacra confessione delle mie tragedie, e lui ritratta! Ma signori, non si fa mica così eh!
    – Tu non hai le tette! – mi lasciai sfuggire quella molto poco velata dichiarazione, senza volerlo. – Sì… cioè… è il m-mio idolo – balbettai, incerta, sperando non ci avesse fatto troppo caso.
    – Ma… dov’è che mi stai portando?? Si può sapere? – facevo fatica a stargli dietro, col suo passo lungo e deciso, attraverso vicoli meno illuminati della città, addentrandomi sempre di più in una zona palesemente poco frequentata. Non sapevo davvero che tipo fosse, Jaemin, non ancora, per lo meno… avevo deciso di fidarmi alla cieca, ma mentre attraversavamo un cartellone – sì, cioè, ci rendiamo conto??? – e facevamo l’ingresso in una bizzarra e assai inquietante pescheria (?) dall’aria decisamente poco raccomandabile, che a quanto pare serviva cocktail fumosi con strani colori e bollicine – insomma… qualcosa che non avrei avuto moltissima voglia di bere, quantomeno per istinto di sopravvivenza –, mi passò per la testa che potesse non essere una compagnia esattamente positiva. Ma magari non era nulla di che... e mi stavo facendo pare inutili! Dopotutto era un minorenne, studente come me... era difficile pensare che mi avesse portato in un posto...illegale, no?
    – Che razza di posto è, questo? – mi voltai attorno meravigliata, osservando un’ambientazione peschereccia con vaghe note piratesche, con reti da pesca e lenze che penzolavano dal soffitto, candelabri fluttuanti e una clientela che più stramba non poteva essere: grossi troll dall’aria poco intelligente camminavano indisturbati, con passo lento e pesante, tra i tavoli di quello che doveva essere una specie di pub notturno; orrendi goblin dagli occhi a mandorla (sorry per il bodyshaming, ma siamo obiettivi...), come quelli che avevo visto alla Gringott, lanciavano carte sul tavolo in vecchio legno rosicchiato mentre bevevano come spugne, rivoli di liquido che mi ricordava molto la birra babbana scivolargli lungo i colli bitorzoluti. Ma c’erano anche donne asiatiche bellissime, altissime, purissime, levissime, con lunghi capelli biondo-argentei, intente a camminare suadentemente come trofei o a sedersi in braccio a loschi tipi che fumavano roba colorata (quella avrei voluto provarla!); dovevo essermi bloccata come un’ebete a osservarle, perché a una certa mi resi conto di stare letteralmente sbavando come un cane. Ma non finiva qui: uomini con lunghi canini, gente con la pelle ricoperta di branchie, folletti della Cornovaglia che creavano baccano qua e là, emettendo striduli urletti euforici; uno di questi mi sbucò da dietro tirandomi bruscamente una ciocca di capelli, facendomi emettere un verso molto simile al loro.
    – AHIO, CHE MALE! Vieni qui, lurida bestiaccia… se ti prendo… – mi tolsi una scarpa (delle converse rosse) per lanciarle inutilmente al vuoto, lasciandomi sfuggire epiteti irripetibili. Mi massaggiai la nuca dolorante, dove per un attimo temetti di trovare solamente una piana circolare vuota.
    Solo in quel momento mi accorsi dei tavoli sottosopra, indicati dal mio compagno-confetto, e rimasi ulteriormente esterrefatta al vedere che i liquidi che stavano bevendo non finivano sulle nostre teste. – Che cosa meravigliosa, la magia! – mi lasciai sfuggire, adorante. Non credevo minimamente di meritarmela. – …AH… – sbarrai gli occhi all’ultima constatazione, – forse non voglio molto salirci… però se vuoi possiamo farci un sorso lo stesso! – perché quando mai mi sarebbe ricapitato? Magari spesso, in sua compagnia… ma in quel momento provavo un brivido eccitato che mi fece rivalutare anche il mio spirito di conservazione, nel voler assaporare quella strana poltiglia scura.
    – Lascia che recuperi la scarpa, prima, però… – mi feci largo tra la folla; a un certo punto mi misi addirittura a gattonare per terra, in cerca della rossa compagna. Stare scalza in quel posto non mi sembrava propriamente igienico. Neanche gattonarci, in verità... ma ho mai detto di essere furba, o in qualche modo intelligente? Non credo proprio!
    – ECCOLA QUI! L’ho trovata, Jae! – esclamai trionfante, tenendo la scarpa sollevata come un trofeo.
    – WOAH. – la feci cadere con un tonfo, le gambe ancora piegate contro il pavimento, spalancando gli occhi difronte allo spettacolo di una sirena – sì, diamine, una vera sirena, tipo Ariel! – all’interno di un’enorme teca acquatica. – HEY, JAE, VIENI A VEDERE! – mi rimisi la scarpa, mi issai in piedi e gli feci cenno di avvicinarsi, agitando braccia frenetiche durante brevi saltelli.
    – Non ha un’aria molto felice… – realizzai, incrociando il suo sguardo attraverso il vetro, su cui poggiai una mano. Quella, dapprima spaventata, si avvicino lentamente, poggiando la propria in corrispondenza della mia. Fui rapita da quella scena, percependo un contatto profondo con quella creatura. Ma forse era solamente la mia impressione… – Perché si trova qui? – provai a chiedere a Jae.
     
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    JAEMIN WAN – 16 ANNI – SERPEVERDE (III)

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    Comincia a ridere di gusto prima ancora che l’aneddoto giunga alla sua metà, tanto che verso la fine è così scosso dalle risa che non riesce nemmeno a parlare. Ma ci prova ugualmente a intervenire con un:[Ahalla poliziahahah!] che per lui rappresenta l’apice dell’ilarità in tutta la scena.[Hanno spiegato le sirene rincorrendoti? Dimmi di sì, ti prego, sarebbe epico!]. Insomma, la chiosa in questura a quanto pare è sufficiente a fargli paralizzare gli zigomi dalle troppe risate. Ciò non toglie che cambia idea sulla destinazione, trascinandosela dietro per vie traverse e poco frequentate, senza fornire alcuna spiegazione. [Oh, ma quindi ti piacciono le tette…] rallenta quel minimo che gli consente di lanciarle un’occhiatina obliqua. [Peccato] conclude per la seconda volta, riprendendo la marcia, fino ad approdare alla meta di quella scorribanda, in religiosissimo silenzio, di modo tale che si crei il giusto senso del mistero. Oltre ad essere un gran figo è pure un uomo pieno segreti da svelare. Il massimo. Ah no? Beh, considerando che si accompagna ad una ragazza lesbica, il fascino potrebbe non attechire a dovere. Ma siamo sicuri che sappia farsene una ragione. Comunque lui ha l’aria di essere di casa quando fa il suo ingresso nella bettola dal profumo marino. Inspira a pieni polmoni quell’aria stantia, rilassando le spalle mentre osserva gli avventori del locale presi nei loro affari. Stiracchia persino il collo nel momento stesso in cui a Carrie viene la bella pensata di lanciare una scarpa a diversi metri da loro, per niente allarmato dalla dinamica improbabile che si sta svolgendo sotto i suoi occhi rilassati. [Ora et Remora] replica, invece, come fosse tutto normalissimo, indicandole l’insegna sopra al bancone che tuttavia potrebbe essere ostica da decifrare per la compagna inglese. Non ci pensa, lui è abituato, quindi neanche ci fa troppo caso, allungando poco dopo qualche passo più all’interno del pub, sia per accompagnare la ragazza nella ricerca della sua scarpa – a cui lascia volentieri l’impegno di scovarla standosene bellamente diritto a fare da vedetta – sia per raggiungere uno dei tavolini muniti di menù. Nemmeno si preoccupa eccessivamente di come le urla di Carrie abbiano attirato su di loro l’attenzione di quasi tutta la clientela, procedendo indisturbato per la propria strada, come un felino che incurante del mondo che lo circonda, seleziona il cantuccio su cui fare il prossimo pisolino. [Bravissima, sei la migliore!] a ritrovare la sua stessa converse? Probabilmente, oppure le sta solo dicendo quello che presume lei voglia sentirsi dire, senza formalizzarsi sui perché e per come. In effetti non sta neanche più guardando, puntando invece le iridi sul listino che ha ormai agguantato con la mancina. [Allora cosa vuoi pre…] inizia infatti a chiedere di lì a pochi secondi. Ma non fa in tempo a finire la domanda che la ragazza alza nuovamente la voce, facendogli sollevare prima solo gli occhi, e poi anche la testa, con le sopracciglia ancora alzate al loro massimo. [Ne~?] incuriosito e civettuolo, si sposta anche un po’ più vicino alla teca, per quanto sia più attratto dall’espressione sbigottita della biondina che dalla creatura che si esibisce all’interno della vasca.[Vuoi una spiegazione verosimile o quella romanzata?] domanda sornione con l’aria di chi la sa lunga, senza smettere di fissarla. Carrie. Perché della sirena proprio non gliene potrebbe fregare di meno. Sarà l’inconscia competizione specista. [폭탄주 두 병 주세요] ordina frattanto al cameriere, prendendo l’iniziativa in autonomia (se aspetta l’altra, fanno notte, già ha capito) e optando per la cosiddetta “bomba”, cioè un alcolico che nella sua versione magica fa esplodere chi la beve in una serie di rutti incontrollabili e degni del miglior record mondiale di durata e intensità. Per un inizio serata col botto. [La versione buona è che venuta a deliziare la tua permanenza qui, consapevole che oggi l’inimitabile Curry sarebbe giunta fra noi e andava festeggiata a dovere con delle belle zinne al vento e capelli suadenti mossi dai mulinelli… secsy!] prende la sedia più vicina, accomodandosi con un’eleganza che generalmente non è proprio parte della sua persona, dando le spalle alla creatura. [Invece la versione veritiera è che probabilmente è stata comprata in qualche mercato nero, o pescata, e ora la tengono come una schiava con la minaccia di non rimandarla più a casa se non eseguirà ogni ordine impostole. Magari la pagano pure, dai. Fai tremila won a serata. Circa due sterline e mezzo]. I lati oscuri del suo Paese natale sciorinati con zero enfasi e nessuna traccia di biasimo. Anzi, ad un certo punto alza pure le mani. [Poi oh, magari mi sbaglio, ed è davvero qui per te, profumatamente stipendiata e solo un po’ snob] una stretta di spalle a chiudere l’argomento, per concentrarsi ad ammiccare al cameriere che giunge con le loro bevande. Non sono certo affari che lo riguardano! [Piuttosto, dimmi un po’. Come stai messa a ragazze? Quante ne hai avute? Quante ne hai?] torna in pompa magna a farsi i cazzi (o le vagine) altrui, stringendo fra pollice e indice il suo primo bicchierino che fa anche tintinnare contro quello più prossimo, in una sorta di cin-cin alla salute di sé stesso, per poi portarlo alle labbra.
    Il tempo di scolarselo e le voci in sala si accendono. Non sono le loro, ma quelle del gruppo di goblin che gioca a carte, che a quanto pare non si trova d’accordo sull’ultima piazzata. Chissà. Il parapiglia che ne segue fa scattare in aria qualche bacchetta da parte di altri clienti che fino a quel momento se n’erano stati seduti in disparte fingendo un disinteresse che evidentemente non era che illusorio. La tensione è palpabile, ma la lingua in cui si esprimono non è decriptabile nemmeno per le orecchie di un Jaemin che prosegue a sorseggiare il suo secondo drink, lanciando solo di tanto in tanto occhiatine di straforo a quel gruppo di avventori eterogeneo e ben poco amalgamato, sia per etnie che per intenzioni. Ha come il sentore che sia il caso di buttare giù il possibile e poi moccarsela alla veloce. La musica viene sparata a volume ancor più alto da degli altoparlanti invisibili (o forse sono le conchiglie ornamentali?), quasi a voler far intendere che in quel locale di grane non ne vogliono sapere nulla, e chissenefrega se il cameriere che li ha da poco serviti è in prima fila ad agitare la bacchetta con i denti digrignanti.


    Edited by Personaggio casuale - 15/11/2022, 23:23
     
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    Carrie Marshall

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    16 anni - II anno

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    – No, Jae, niente sirene, devi aver visto fin troppi film… ma è stato alquanto imbarazzante – mi perculava alla grandissima, ma vederlo ridere metteva allegria anche a me, quindi lo lasciai fare senza prendermela: avevo capito in fretta che fosse inutile farlo, con lui, in quanto tutto sembrava un gioco per quel coreano. Un animo certamente affine, per quanto non arrivassi a certi livelli di menefreghismo che di certo gli rendevano la vita più semplice e “leggera”.
    Arrossii alla parola “tette” detta da lui con molta non calanche; doveva essere un membro della comunità lgbtq+, effettivamente, quindi era scontato non fosse un problema per lui. Tuttavia la circostanza non aiutava abbastanza da togliermi dall’imbarazzo: non ero ancora a mio agio con quell’idea, o quantomeno nell’esporla al mondo. Una parte di me – nonostante fossimo nel 2022 – pensava che non fosse al 100% naturale, e che avrei incontrato sempre qualcuno che me lo avrebbe fatto pesare, se solo glielo avessi fatto intendere.
    – Non saresti stato il mio tipo in ogni caso, Jae: ma suppongo di non essere neanch’io il tuo – forse il suo ego sarebbe rimasto ferito da tale affermazione, ma l’ovvietà del suo orientamento sembrava altrettanto palese da non lasciare dubbi.

    – Non conosco il latino – diedi un’alzata di spalle quando mi indicò l’insegna sopra il grosso bancone dall’aspetto nautico, – che significa? “Salpate in questo mare di alcool”? “Ubriacatevi ma non troppo”? – tentai di darvi comunque un significato di mio: se avessi azzeccato sarebbe stato molto divertente. Magari avevo una dote di traduzione innata.

    Non feci caso ai complimenti che quest’ultimo mi fece dopo il mirabolante recupero della mia converse rossa pomodoro (in mezzo a tutta quella folla non era scontato la ritrovassi, d’altronde), presa com’ero dalla creatura all’interno della grande vasca.
    – Ho paura di sentire la prima… – in un mondo di favole come quello in cui mi ero ritrovata in quel giorno, o almeno che avevo sempre ritenuto tale, non avevo ancora pensato che potesse avere lati oscuri come il mercato nero, i rapimenti di creature allo scopo di lucrarvi a loro discapito, o scommesse e giochi d’azzardo come quelli che stavo adocchiando attorno a me, in quel luogo visibilmente losco e malfamato.
    – Preferivo la favoletta, in effetti… – guardai con aria sconsolata la sirena all’interno della vasca, immaginando quante doveva averne passate, e quante ne stesse ancora passando. – Ma… che luogo è questo, Jae? Come lo hai conosciuto? Frequenti spesso posti simili? – l’interrogatorio era iniziato: volevo capire che tipo fosse, dovevo, soprattutto se avevo intenzione di dormire a casa sua, quella sera. Di solito ero una che non si faceva molti problemi (e si vedeva), ma non ero neanche mai finita in un posto come quello, e la presenza di magie, troll e altra gente strana che infestava quel posto, instillava in me un brivido di avvertito pericolo.
    – Io… r-ragazze? – balbettai, di nuovo a disagio nel riprendere l’argomento mammelloso. – Che cos’è questa roba? – odorai il bicchiere che mi ero ritrovata fra le mani, pieno fino all’orlo di una sostanza a me sconosciuta, testandone la mortalità. Osservai, tuttavia, il ragazzo ingoiarlo tutto in una volta senza troppi problemi e, qualche istante di titubanza più tardi, lo imitai anch’io, rispondendo a quel gusto, fin troppo deciso per i miei gusti, con una linguaccia schifata. – È… veramente forte, cazzo – tossicchiai, tentando di riprendermi, un pugnetto davanti alla bocca, – tu mi porterai sulla cattiva strada. Già lo so! – ridacchiai poi, ringraziandolo silenziosamente per lo svago che mi stava regalando. Dopodiché ripresi l’argomento ostico, facendo un gran respiro: – Io… beh, nessuna, in realtà. Però è vero… mi piacciono le tette. Beh, non per forza le tette enormi… anche poca sostanza va bene. Ma che sto dicendo??… comunque non ho mai “testato la merce”, in ogni caso… a parte la mia, come anti stress – forse il bicchierino stava iniziando a fare effetto… o forse dicevo solo parecchie mischiate. – Io… non sono spregiudicata come lo sembri tu, apparentemente. Quelle salsicce hanno scatenato in me una reazione che non mi sarei mai aspettava… secondo te tiravano fuori una parte di noi stessi rimasta sopita? In tal caso sarebbe preoccupante. – soprattutto se avessi dormito da lui, quella sera. Rischio violenza? No grazie. Ma a quel punto avrei avuto paura anche di me stessa… Hey, in questi cosi c’era qualcosa? – domandai un po’ troppo tardi, sperando che non scatenasse effetti simili in nessuno dei due.
    – Tu, invece? Hai avuto molti lovers?…hey, ma che sta succedendo? – mi accigliai sorpresa all’accorgermi del trambusto che stava avvenendo pochi tavoli più in là, proprio dove avevo visto quei goblin imprecare giocando a carte.
    Tuttavia Jaemin esprimeva una calma assolutamente serafica, ingollando anche il secondo bicchierino. – Vacci piano, tigre! – declinai il secondo bicchiere il cameriere mi aveva messo davanti, prima di sguainare la bacchetta alla rotta dei goblin. Stava succedendo qualcosa di strano, che non comprendevo. Il locale, già caotico di suo, si era agitato in una folla confusa di capocce di ogni genere e stazza, tutti con espressioni rigorosamente animalesche.
    La musica si alzò più del dovuto, rendendo impossibile a Jae recepire la mia battuta successiva. Scie di luce iniziarono a sfrecciare ovunque nell'aria, facendo seguire diversi effetti, difensivi ma soprattutto offensivi. In quel momento un incantesimo piuttosto distruttivo colpì il nostro tavolo, sicuramente sfuggito al controllo, facendolo esplodere in lunghi frammenti di legno appuntito, facendomi plausibilmente saltare in aria come una molla.
    Presi Jae per mano e mi defilai attraverso la folla, cercando una safe zone, ma persi il contatto con la sua mano quando uno scorbutico, tarchiato uomo dalla barba blu mi spintonò in maniera brusca.


     
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    JAEMIN WAN – 16 ANNI – SERPEVERDE (III)

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    Tralasciando il fatto che sì, è totalmente offeso dalla naturalezza e sincerità con cui la bionda ha asserito che lui non sia il suo tipo, se la porta all’interno di quel locale defilato nonché appariscente senza aggiungere molto altro sull’argomento. Una ferita aperta che certamente non contribuisce a renderlo genuinamente affettuoso nei suoi riguardi, quanto più gentile e morigerato per non rovinarsi la festa che ha in programma. [Allora vedi che il latino lo sai] replica alle ipotesi sul significato del nome del pub, occhieggiando in giro con fare rilassato. Non è infatti disturbato dalla confusione di voci, odori, luci e colori ivi presenti, come se fosse effettivamente abituato all’ambiente e non fosse affatto la prima volta che vi mette piede. Tant’è che, fosse per lui, non avrebbe fatto neanche caso alla teca con la sirena, relegandola a sfondo generico di cui non saprebbe dire con certezza se sia rimasto sempre lo stesso o se, nel tempo, abbia subito modifiche. Insomma, quella creatura è sempre stata lì, oppure è una novità della giornata? E chi lo sa! Il coreano non si pone il problema, nemmeno quando sciorina una risposta dal sapore amaro che vorrebbe mettere in guardia la ragazzina straniera che lo accompagna dall’affezionarsi eccessivamente alle stramberie di un mondo a lei poco conosciuto. O forse non gliene frega niente, e dà solo aria alla bocca, inventandosi scenari improbabili. [E’ un bar, no?] quasi si stranisce alla domanda che gli viene posta, riportando finalmente le iridi scure sulla futura collega, scuotendo la testa. [E’ un po’ meno chic di quegli altri che stanno qui in città…] si avvicina tanto da portarle le labbra a fiorarle l’orecchio destro, abbassato su di lei […ma non chiedono i documenti per servire gli alcolici. Diciamo che badano poco a certe sciocchezze, ecco tutto]. Se per “sciocchezze” si intendono le leggi del Paese… ha praticamente svelato tutti gli altarini, e Carrie potrebbe farsi una perfetta idea del personaggio con cui ha deciso di trascorrere la notte. [Me lo ha fatto conoscere il mio ultimo ragazzo estivo, l’anno scorso, e ci sono già venuto tre o quattro volte. La “bomba” che hanno qui è il massimo, ti dà una stecca che domani non ti ricorderai più nemmeno come ti chiami!] continua sorridente, e sempre più rassicurante, prima di muoversi verso al tavolo, prendere posto e ordinare proprio la brodaglia di cui ha appena decantato le lodi. La osserva quindi andare nel panico per l’argomento ragazze appena riportato in auge e odorare il primo shottino, con l’attesa di un commento stampata sul viso assieme a un malizioso sollevarsi di sopracciglia che funge anche da invito ad assaggiarlo, dando però inizio alle danze in prima persona. Sospira a fauci spalancate, tentando di trovare sollievo a gola e lingua pizzicate dal sapore forte e bruciante dell’alcol. E tossisce pure, picchiando il bicchiere vuoto sul legno del tavolo.[Praticamente è un distillato di riso… BWARGH… il sojuRGH, unito di solito alla birraAAARH. La birra che hanno quiUUURP ha un alto tasso alcolicoOOOGHR, e il loro soju dovrebbeEEERH stare sui trenta gradiUAAAAAAAAARGHR]. Spiegazione esaustiva e contenente tutte le informazioni fondamentali per una corretta infarinatura sulla bevanda, ma recitata completamente a rutti profondi e cavernosi. L’effetto collaterale non necessita dunque di foglietto illustrativo, tanto più che la stessa Carrie verrà presto investita dall’alito del suo nuovo compagno di bevute, oltre che dal meteorismo gutturale. [AaaH!] geme, poco dopo, ambiguo. Della serie che non si capisce bene se stia avendo un orgasmo o se si senta contrariato da qualcosa. [Non l’hai mai fatto?!?] la cosa pare sconvolgerlo assai. [Allora stasera si va a caccia di gnocca] sancisce. A quanto pare, quello di poco fa, era davvero un modo per farle sapere che non è felice per la sua situazione sentimentale. Peccato solo che lei metta subito le mani avanti raccontandogli di non essere molto avvezza alle avventure, o così è come recepisce il messaggio lui, sventolandole davanti una mano come se stesse scacciando una mosca fastidiosa. [Io mi sono solo sentito tremendamente eccitato… Ma se fosse come dici, sarebbe interessante fartele mangiare di fronte alla tua crush del momento. Perlomeno io mi divertirei da morire. Chi è, a proposito? Spero che almeno quella tu ce l’abbia, no?] a questo punto non sa dubitarne sconsolato, ma gli piace come sia stato tirato in ballo il discorso delle salsicce, anche perché lui di salsicce se ne intende parecchio. Quindi non può che cogliere la palla al balzo per continuare per quel sentiero impervio per la sua interlocutrice quanto facile per l’asiatico, contento di riuscire a scucire tutti i pettegolezzi possibili dalle labbra dell’interessata stessa. Peraltro non è parco nel ribattere con le proprie esperienze in materia, scoprendo i denti e mordicchiando il labbro inferiore, pensieroso, prima di rispondere a sua volta. [Uhm… una trentina, più o meno. Erano più generosi alla Mahoutokoro, però] questi inglesi difficili. Vorrebbe continuare elencando le sue conquiste, o quanto meno quelle di cui ha memoria, ma purtroppo gli altri avventori del locale iniziano a farsi un po’ troppo rumorosi, e lui si vede costretto a chiudere la bocca, per concentrarsi a scolare il secondo bicchiere, sollevando al contempo le spalle, disorientato quanto lei. [BWARvranno barato su una puntWARGata decisiva?] tira a indovinare, prima di venire nuovamente sovrastato da una seconda ondata di improperi proveniente dal tavolo dei goblin. E successivamente dalla musica sparata, assieme agli incantesimi che cominciano a diffondersi per la sala disintegrando il ripiano in cui stava per posare il bicchierino. Oh, cazzo. La cosa è più seria di quanto si era immaginato. Ora sì che quella puntina di pepe fra le natiche comincia a sentirla anche lui, che non oppone infatti alcuna resistenza alla stretta di mano di una Carrie pronta alla fuga, lasciandosi trascinare da lei verso lidi più sicuri. Cerca di tenere la testa bassa e il busto ricurvo, mentre gli occhi saettano alla ricerca di un varco utile a sgattaiolare fuori alla chetichella, ma, perdendo il contatto con le dita dell’amica, perde pure i pochi punti di riferimento che si era mentalmente segnato, voltandosi a cercare il caschetto chiaro di lei. Frattanto il caos è in costante aumento. Non solo la mole di incantesimi scagliati sta diventando sempre più foriero di cattivi presentimenti, del tipo che potrebbero essere i loro ultimi preziosissimi istanti di vita, ma anche i restanti ospiti hanno lo stesso sentore e si accalcano alle uscite, rendendo impossibile un passaggio agile fra le stesse. Si tuffa allora verso quello che spera essere un ciuffo ribelle di Carrie innalzato a segnalare la sua presenza poco oltre uno scaffale ora riverso assieme a tutto ciò che conteneva, giusto in tempo per schivare il fascio di luce rossa arrivato fin dove si trovava lui un secondo prima, nonché l’uomo barbablù ora impegnato in una carica da ariete verso il centro della rissa. Che fortuna sfacciata. Comunque non può fermarsi, sarebbe troppo esposto, e per quanto non sia una mente eccelsa e fatichi pure a mantenere una lucidità apparente, fin lì ci arriva pure lui. Si sbraccia perciò in direzione della porta del bagno, indicandole di seguirlo fin dentro al loculo. Preferibilmente strisciando come un marines o gattonando a zig zag come si mette a fare lui subito dopo. Peccato che la loro pensata venga presto intercettata. Ha difatti appena superato la soglia della salvezza, quando viene raggiunto da un minaccioso losco figuro alto e dinoccolato, con il viso sfigurato da tre vistose cicatrici parallele che partono dall’occhio destro e terminano sotto la mascella sinistra. Meno male che Jaemin è mezzo ubriaco, altrimenti a questo punto si starebbe già cagando addosso, per quanto la faccia atterrita con cui accoglie l’ospite indesiderato sia piuttosto esplicativa. [Non mi uccida! …Ho… una linea prodotti di skin care che copre tutti i tipi di imperfezioni, anche quelle più ostinate… tipo… le sue cose lì…Le faccio un abbonamento permanente, tutto a mie spese! …Le posso dare anche l’album debutto autografato dai BTS!...]


    Edited by Personaggio casuale - 14/12/2022, 23:41
     
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8 replies since 24/8/2022, 14:13   167 views
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