Summer Emotions

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    Agosto 2022

    Estate!
    Un estate davvero piena di emozioni contrastanti. Non ero a casa White, anzi non avevo proprio messo piede a casa mia ma ero in Alaska insieme alla mia amica Sky. Non avevo idea della situazione che c’era a casa a Londra ma le lettere che mi arrivavano e si autodistruggevano da parte di mio padre non era di certo confortevoli. Chissà come facevano ad arrivarmi, dovevano avere qualche incanto particolare, di fatti su di esse non vi era l’indirizzo ma solo il mio nome. Mio padre era un mago potente e a quanto stavo imparando temuto, non solo da me, quindi quell’incanto doveva essere uno di quelli che solo un mago con un certo che di potere poteva attuare. Oppure mi sbagliavo ed era più semplice di quello che pensassi, ma non lo conoscevo. Le sue parole non lasciavano di certo dubbio che era completamente infuriato e forse tra le righe potevo leggere un pochino di preoccupazione, ma anche in questo caso non ne ero certa. Non mi piaceva scappare e tenere i segreti ma non mi lasciava scelta, mi avrebbe segregato in casa e non avrei visto che le mie quatto mura e il mio giardino per tutta l’estate. Se solo si fidasse di più e mi avrebbe permesso di vivere le vacanze. No, era fuori discussione, gli amici non erano quelli giusti, le persone con cui parlavo erano sbagliate, quello che pensavo di fare non era degno o era troppo da cattiva donna… niente andava a genio, io non ero perfetta come sognava lui, ed ero stufa di restare da sola, volevo vivere di qualche piccola “avventura”. Pensieri, dubbi, paure e sensazioni, le tenevo tutte nascoste alla mia amica e ad Axel che era con noi in Alaska, o almeno ci provavo. I giorni per lo più stavano trascorrendo in serenità, la notte non era semplice, tra il solito incubo che mi perseguitava, adesso vi si era aggiunto l'incubo dell’addio ad Amelia che rendeva difficoltoso dormire tranquillamente. Sky nei vari giorni mi aveva fatto esplorare il luogo intorno a casa sua, lasciandomi senza parole per la bellezza e la particolarità, mi aveva portato alle sorgenti di acqua calda facendomi sentire in una SPA come una principessa, nulla era paragonabile a quella meraviglia che rilassava i nervi facendo scivolare via la tensione e i pensieri che si aggrovigliavano nella testa. Inoltre mi aveva portato a passeggiare nel bosco e anche alla scoperta del paesino dove ci siamo divertite a passeggiare e a mangiare qualcosina, beh io non così tanto ma meglio del niente dei primi giorni che mangiucchiavo come un topolino. Tutto questo, che mi rendeva felice e spensierata si stoppava ogni tanto, perché facevano capolino momenti no dove il pensiero spesso si affacciava a mio padre e mi rendeva instabile e preoccupata facendomi temere al mio ritorno ad Hogwarts la sua reazione , non sapendo mai le sue intenzioni era come giocare alla pesca a fortuna magica.
    Il paesino vicino all’isolotto di Sky era raggiungibile grazie a delle piccole barchette (incantate) come eravamo arrivati a casa di Sky così si tornava sulle sponde del paesino. Trovavo quel luogo bellissimo ed interessante. Era piccolo ma i suoi abitanti erano persone che si muovevano e brulicavano tra le stradine. Fu li che mi venne un idea, anzi due. La prima fu quella che mi venne grazie a un piccolo cartello scritto sulla porta di un ristorante, cercavano una cameriera e io ero a corto di moneta, vivere sulle spalle della mia amica mi faceva sentire a disagio così provai a chiedere di nascosto in un momento che Sky si era allontanata per entrare in un piccolo negozio e con mia sorpresa fui assunta senza troppe pretese, ne rimasi sbalordita e per di più mi assicuravano un monolocale al di sopra del ristorante dove potevo pernottare quando volevo, essendo non del luogo e stagionale, era incluso nel lavoro. Il ristorante era nella via che si affacciava verso lo specchio d’acqua, bastava attraversare la strada e ritrovarsi un paesaggio davvero mozzafiato. Di fiato però, sarebbe servito a me per poterlo dire alla mia amica. Di fatti dirlo a Sky fu la parte difficile. Non ne era entusiasta anzi diceva che non dovevo farlo, che per lei non era un problema e me ne stavo creando troppi io… forse era vero ma non mi sembrava giusto, in più avere una stanza al di fuori del rifugio di Sky era ottimale, così anche la mia amica e Axel avrebbero potuto avere la loro privacy, per quanto cercavo di risultare il meno invadente possibile. Quindi a malincuore e non convinta del tutto era riuscita ad accettare il discorso "lavoretto". La seconda idea le piacque ancora meno… Volevo provare ad invitare David li da noi e questo non era assolutamente nei programmi di Sky e secondo la sua idea nemmeno nei miei. Capivo che invitarlo a casa della mia amica non era corretto e non si poteva far vedere quel luogo a chiunque ma qui mi venne in aiuto il mio piccolo lavoro, perché avevo un monolocale e David avrebbe potuto dormire li senza creare problemi. Mi lasciò fare ma invitare il serpeverde risultò più difficile del dovuto. Come scrivergli una lettera? Dopo giorni su giorni, tentativi e tentativi, carta su carta, avevo inviato la lettera e attesi la sua risposta con ansia. Quando la sua risposta arrivò rimasi bloccata. Aveva accettato e presto sarebbe arrivato nel paesino. Ne ero davvero felice e mi sentivo emozionata ma allo stesso tempo persa e leggermente a disagio. Riferì l’esito a Sky che cerco di farsi vedere contenta per me. Ed eccoci qua… Nel paesino, vicino al ristorante dove stavo attendendo l’arrivo di David. Avevo sistemato il monolocale anche se non era in disordine e camminavo avanti ed indietro attendendo il suo arrivo con il pensiero che forse non avevo ben scritto l’indirizzo e forse si era potuto sbagliare… “Ok Rose, calmati!” Mi ripetevo mentre controllavo le vie di destra e di sinistra. Un paio di leggins, una maglietta e una coda alta che ondeggiava ad ogni mio movimento mentre alcuni ciuffettini di capelli fuoriuscivano muovendosi a ritmo del venticello che tirava in quella giornata. Mi appoggiai alla panchina in legno che era messa li in posizione verso lo specchio d'acqua ma restare seduta non era semplice, o la mia gamba destra si muoveva velocemente oppure mi alzavo e controllavo il tutto. «Ok datti una calmata!» mi dissi bloccandomi sul posto e facendo un bel respiro.

     
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    David era sempre stato convinto di fottere la convinzione e invece quell'estate era stato fottuto. Aveva trascorso un intero anno con i sintomi tipici di chi stava per trasformarsi: sensi accenutati, forza soprannaturale, desiderio sessuale alle stelle e fatica a controllare gli istinti e la rabbia. Ero pronto ad abbracciare la bestia dentro di sé, a diventare un nuovo essere capace di tenere testa a suo padre, di fargli patire le sue stesse sofferenze, era pronto a diventare il capofamiglia...le cose, però, erano andate diversamente. Era rimasto umano, nemmeno durante la luna piena di luglio si era trasformato e prendere l'Antilupo era stato una perdita di tempo. Una volta capito che il gene non aveva scelto lui aveva dato di matto, prendendo a pugni il muro della sua stanza, rompendo le cose e maledicendo chiunque gli capitasse a tiro. Suo cugino aveva dovuto schiantarlo, tre volte, perché non ne voleva sapere di calmarsi, voleva solo distuggere. Dopo quello sfogo era tornato nel Bronx. Non era cambiato niente, era tutto come ricordava: una madre succube del marito, un padre bastardo, un fratello viziato e i cadaveri in giardino. Inizialmente aveva ignorato tutti, era uscito e subito aveva preso parte agli incontri clandesitini, vincendoli tutti. Prendeva a pugni un sacco da box non persone, era il suo modo di sfogare una rabbia che invece di diminuire non faceva altro che aumentare. Come poteva lui, David Harris, essersi sbagliato? Come? Perché forse non sei così onnipotente come credevi. Quella consapelovezza lo aveva spinto ad accettare una proposta fatta da suo padre: uccidere un nemico della loro famiglia. Così, la sera del ventiquattro luglio, aveva commesso il suo primo omicidio. L' uomo che aveva soffocato si chiamava Clark Adams, aveva cinquant'anni ed era padre di tre bambine. Suo padre lo voleva morto perché, oltre alle minacce, aveva osato fare delle avances a sua madre. Grave errore. Inutile dire che il suo cadavere era stato seppellitto in giardino. David aveva provato piacere nell'ammazzarlo, si era sentito di nuovo potente, superiore. Peccato che quel trionfo fosse durato la bellezza di una sera, poi la rabbia era tornata. A quel punto era andato da Jessica, l'aveva scopata per tre notti di seguito, facendo di lei quello che voleva. Si era svuotato, aveva goduto ma l'ira era rimasta. E allora aveva provato l'alcol e le droghe, quelle si che lo avevano rilassato. Il loro effetto, però, era momentaneo come tutto quello che aveva provato. La settimana era passata e dopo aver mandato per l'ennesima volta a fanculo il Bronx, aver preso a calci suo fratello per poi essere cruciato era tornato a Londra. Lì aveva trovato una gufo ad attenderlo. Quando aveva letto il mittente era rimasto sorpreso, non si aspettava un invito da parte del coniglio, in Alaska poi. Che ci faceva lì? Ci sarebbe andato, quella era la perfetta occasione per calmarsi e accettare che la maldizione del licantropo non aveva scelto lui, ma suo fratello. Sperò facesse una brutta morte, magari bruciato vivo o fatto a pezzi da qualcuno.
    Erano passate due settimane da quando aveva ricevuto la lettera e il giorno della partenza era arrivato. Il suo umore non era dei migliori, era sempre arrabbiato e dormiva poco. Sembrava un pazzo fuggito da un manicomio o un malato visto il colorito pallido e gli occhi da pazzo. Si caricò in spalla lo zaino che aveva preparato, dentro c'era solo l'essenziale, e poi uscì di casa senza salutare nessuno. Una volta fuori si smaterializzò ad Hyde Park e toccò la statua di Peter Pan, una passaporta che l'avrebbe portato nel luogo segnato nel retro della pergamena. Rose lo aspettava in un piccolo paesino sperduto, accanto a un ristorante. Non ci mise molto a trovarla, era appoggiata a una panchina di legno con la testa rivolta verso un laghetto poco distante. La osservò per un attimo prima di avvicinarsi di soppiatto e abbracciarla da dietro. «Ti sono mancato, coniglietta?» L'odore che emanava era sempre lo stesso ed ebbe il solito effetto: lo fece rilassare un po'. «Adesso sono qui.» Quelle parole gli uscirono dal nulla. Sperò che quella permanenza in Alaska lo avrebbe aiutato a riprendere il controllo di se stesso perché per tutta l'estata, e anche adesso, era una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.



    Edited by David_ - 10/8/2022, 00:19
     
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    Attendevo con ansia mentre i pensieri si affollavano nella mia testa che non smetteva di macinare idee e situazioni varie. Darmi una calmata sarebbe stata un'ottima idea ma non era proprio possibile e anche dirmi da sola di stare calma mi stava facendo agitare. Nemmeno il paesaggio aveva un effetto calmante ma aiutava a fermare i pensieri di tanto in tanto. Un attimo dopo essermi persa con lo sguardo sulla superficie dell’acqua sentii afferrarmi da dietro. Sussultai per la paura e provai a girarmi per colpirlo in pieno viso, quando la sua voce inconfondibile arrivò al mio orecchio. Bloccai la mano a mezzaria e il mio viso leggermente pallido si rilassò. «David...» dissi in un sussurro arrossendo leggermente. Mi girai nelle sue braccia per poterlo guardare in viso e cercai di rispondergli con fare altezzoso ma letteralmente finto e scherzoso «Mh..! No, non mi sei mancato per niente...» gli dissi mentre il mio sguardo si spostava di lato per non guardarlo negli occhi e scoppiare a ridere anche se stavo già ridendo e le mie gote prendevano colore. Il mio sguardo di posò su di lui, sui suoi occhi e sul suo viso, mentre le mie mani erano posate sulla sua maglietta. In quel momento mi allontanai solo di qualche centimetro per osservare meglio il serpeverde. Aveva un volto completamente strano e il mio sguardo perse leggermente i riflessi dorati «David... tutto bene? » gli chiesi con dolcezza e sottovoce come una domanda normale e generica «Il viaggio tutto ok, hai avuto problemi?» anche questa domanda fu generica ma il mio pensiero era un altro, pensavo che la passaporta poteva aver dato fastidio al suo stomaco, ma orgoglioso com’era non me l’avrebbe mai detto e se continuavo a fare domande avrei potuto farlo stizzire, così mi fermai li facendo quelle due domande generiche di circostanza cercando di capire qualcosa dalle sue risposte, se mai fossero arrivate. Certo io chiedevo a lui se stava bene quando ero più magra rispetto ad Hogwarts e non ero proprio con un colorito vivace. Non insistetti oltre e gli sorrisi ancora una volta. «Allora... ti va di mangiare qualcosina?» gli chiesi mentre mi staccai da lui per girare alle sue spalle. «Bar oppure vuoi che ti prepari qualcosina io ?» mi morsi il labbro e arrossì leggermente. “ Ok Rose... ti sei lanciata nella richiesta... ora non puoi tirarti indietro” Pensai mentre il mio sguardo si posò ancora nei suoi occhi. Mi mossi leggermente dondolando, senza staccare i piedi da terra, non lo facevo da tanto e di solito ero davvero agitata quando facevo quel movimento. «Comunque andiamo, ti mostro dove alloggeremo... solo...» dissi abbassando lo sguardo e fermandomi per un attimo Non ti aspettare una reggia, è quello che posso avere tramite il piccolo lavoro che ho trovato qui!» porsi la mano verso di lui come a chiedergli lo zaino, in segno di accoglienza. Va bene , non ero brava in queste cose e stavo replicando i gesti che avevo visto fare ad Amelia per anni. Già, Amelia. Il pensiero mi fece inumidire gli occhi così mi voltai di scatto dando le spalle al ragazzo per non farmi notare. «Seguimi.» gli dissi, attraversando la strada e andando verso il ristorante. Arrivata nei pressi dell’entrata del ristorante mi spostai di lato, dove vi era un cunicolo e una piccola porta bianca fece capolino. Presi la chiave dalla tasca ed aprì con leggerezza. Un piano di scale e un’altra porta bianca con uno zerbino che recitava “Home, Sweet Home” accolse il nostro arrivo. Aprii con la seconda chiave ed entrai fermandomi sulla porta e facendo segno a David di accomodarsi. «Benvenuto in Alaska!»




     
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    Era da ieri notte che si sentiva strano, non era riuscito a dormire e una rabbia improvvisa lo aveva colto. Si era alzato di scatto dal letto, era uscito e aveva corso senza sapere esattamente dove andare, sapeva solo che se non lo avesse fatto avrebbe ucciso qualcuno, di nuovo. Sentiva ancora la bestia dentro di sé, voleva uscire e affondare le zanne nella tenera carne della sua preda. Ma non si era trasformato, il gene non si era manifestato. A quel punto si era buttato in una rissa, aveva preso a pugni chiunque gli capitasse a tiro perché doveva sfogare quella rabbia che, da quando era iniziato agosto, sembrava non essere in grado di controllare. Suo cugino gli aveva fatto prescrivere dei calmanti e anche se all' inizio non voleva prenderli si era reso conto che non aveva scelta visto che scattava per qualsiasi cosa. Anche per il ronzio di una mosca a tavola e i sospiri della gente. Era più suscettibile del solito ed era tutto un dire. Così, prima di andare dal coniglio, ne aveva presi due altrimenti rischiava seriamente di farle del male e, stranamente, non voleva. Quando Rose si girò di scatto con il chiaro intento di colpirlo però, il suo istinto ebbe la meglio e le afferò il braccio stringendolo forse più del dovuto. La guardò in cagnesco per qualche secondo, prima di tornare in sé e lasciare la presa, accarezzandole il polso. «Peccato.» Anche se non le credeva molto, se non le fosse mancato non gli avrebbe scritto quella lettera. Si accorse che lo stava osservando con attenzione, non aveva un bel aspetto, lo sapeva. «Sì, ho solo dormito una merda.» Odiava essere compatito ma conosceva abbastanza il coniglio da sapere che era solo preoccupata per lui quindi non sbottò. Si massaggiò le tempie, i rumori e gli odori di quella maledetta cittadina gli stavano facendo venire la nausea, ci mancava solo che vomitasse per strada. Perché cazzo doveva avere tutti i sintomi della trasformazione se non era un cazzo di licatropo? Che presa per il culo era? «Normale, ma perché mi hai voluto qui?» Era rimasto sorpreso dalla sua proposta di raggiungerla in Alaska, non era esattamente dietro l'angolo e poi rimaneva ancora il mistero della passaporta che aveva usato per andarci. E così la coniglietta aveva qualcosa da nascondere, chi l'avrebbe mai detto. «Vediamo come te la cavi ai fornelli.» Si girò di scatto quando sentì il suono assordante delle sirene, strinse la mascella e fece un passo avanti, pronto a scattare. Sembrava un animale, non si era mai comportato così. Per fortuna le macchine della polizia si allontanarono velocemente e David riuscì, in qualche modo, a darsi una calmata. Prendere quelle pasticche era la cosa migliore che potesse fare. «Chi se ne frega se è piccola, andiamocene di qui.» Prima che ammazzo qualcuno. Non era più solo un modo di dire per lui visto che lo aveva fatto davvero e, onestamente, non gli era dispiaciuto. Si era sentito potente come mai prima d'ora e adesso capiva perché suo padre uccideva appena ne aveva l'occasione. «Cosa? Vuoi portare il mio zaino?» Rise. Voleva portare uno zaino che pesava più di lei? Quel coniglio era davvero assurdo però lo aveva fatto divertire. «Fammi strada, Rose.» Attraversarono la strada, andando verso il ristorante e poi, dopo aver fatto qualche altro passo, si ritrovò di fronte una porta bianca che, non appena venne aperta, mostrò un monolocale in stile moderno. Entrò e si guardò attorno, per essere così piccolo non era male, aveva visto di peggio. «Coniglio, mi hai portato qui perché vuoi abusare di me come al ballo?» Poteva anche essere visto come un invito a saltarle addosso.

     
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    Dopo essermi voltata di scatto, David mi afferrò il braccio con una stretta forte e decisa. Mi bloccai e i miei occhi si fissarono su di lui. Mugolai per la stretta ma un attimo dopo il dolore non c’era più e lui mi stava accarezzando il punto in cui aveva stretto. Il cuore aveva avuto un sussulto e il fiato si era fatto corto per un istante, la paura si era impossessata di me. Poi mi resi conto che non mi stava facendo male mi stava accarezzando e il suo tocco era così delicato e morbido. Abbassai leggermente lo sguardo e tolsi il braccio da quella posizione stringendolo io stessa e spostando lo sguardo di lato. Stavamo andando verso il monolocale e David sembrava alquanto strano, ma non ci feci molto caso, dormire male portava ad essere nervosi e io sapevo bene cosa significasse non dormire bene. Quindi risposi in tranquillità alle sue domande, più o meno. Perché quella che mi aveva posto era una domanda difficile. Mi schiarì la voce e provai a dare una risposta di senso compiuto.«Ecco... così, insomma volevo compagnia e pensavo ti potesse far piacere venire in un posto diverso... non so...» balbettai leggermente ”Brava Rose una risposa stupida e senza senso” Mi rimproverai nella mia mente. Avevo proposto, a David, una colazione al bar oppure una preparaya da me e lui aveva accettato quella cucinata da me così arrossii leggermente ma proseguii. Poi in un secondo sembrò nuovamente cambiare umore, sembrava nervoso, infastidito, non riuscivo a comprendere. Mi voltai verso di lui per un secondo e mi affrettai a condurlo verso il monolocale, sembrava volesse scappare da li. Così ci incamminammo e qualche attimo dopo sembrava essersi calmato perché quando gli proposi di portare il suo zaino lui scoppiò a ridere, mi imbarazzai leggermente, ne avevo combinata un’altra delle mie però vederlo ridere dopo quella strana reazione mi rese allegra e fece ridere anche me. Mi bloccai un secondo guardandolo incredula perché mi aveva chiamato per nome in un momento normale e non solo mentre stavamo litigando. Che strano sentirlo dire da lui in un momento così tranquillo.«Va bene, David!» gli risposi, calcando il tono sul suo nome. Entrammo nella “reggia” e lo feci accomodare. Ed eccolo che doveva dire la battuta del secolo. Lo guardai strano e alzai gli occhi al cielo scuotendo la testa mentre chiudevo la porta e posavo dietro di essa la borsa che avevo con me ed aggiunsi «Io non ho abusato di te al ballo... e non lo faccio nemmeno qui.» Andai verso di la cucina legandomi i capelli in una coda alta, lasciando il collo libero. «Appoggia dove vuoi...» poi mi voltai ed aggiunsi «Come vedi, tavolo e cucina qui, a sinistra subito un divano , proseguendo un letto matrimoniale dove di fronte c’è la porta del bagno e la piccola veranda con un altro tavolino... tour finito!» finii allargando le braccia come ad abbracciare l’intera stanza suddivisa in zone. «Allora ti vanno dei pancake veloci e un caffè? Oppure un succo di mela?» chiesi lavandomi le mani e andando a prendere gli ingredienti per preparare una buona colazione. «Nel mentre, fai come se fossi a casa tua...» Iniziai a preparare il tutto muovendomi con tranquillità e riscoprendo quanto amassi cucinare per le persone a cui volevo bene o che ci tenevo. Sorridevo mentre preparavo i pancake e quando la padella fu pronta iniziai a cucinarli. Un dolce profumo invase il monolocale. Adagiai il tutto in due piattino e nel mentre anche il caffè fu pronto. Quindi un piatto con i pancake per David e un piatto con un pancake per me. Posate e succo alla mela e caffè pronto. Conclusi il tutto con del miele e dello sciroppo d'acero sul tavolo. «Ok eccoci qua... Ho solo miele e sciroppo d’acero quale preferisci..? spero siano buoni...» sorrisi mentre lasciai che David si servisse. Presi un filo di miele e lo misi sul mio pancake mentre iniziai a mangiucchiarlo come se fosse un enorme macigno da tagliare con coltello e forchetta. «Dopo se ti va, andiamo in un posticino tranquillo. Ci facciamo quattro passi vicino all’acqua, li si sta davvero benissimo...» Se avrebbe voluto oppure se si sentiva strano potevamo restare in casa. La giornata trascorse Tranquilla, mi assecondò per la passeggiata e poi riuscii anche a fargli fare qualche giro li vicino. Ma ogni tanto sembrava strano e nervoso con scatti che sembravano rabbiosi e non riuscivo a comprendere. Eccoci nuovamente vicino allo specchio d’acqua, mentre il sole stava calando e io dovevo dirgli una cosa che cercavo da tutta la giornata di raccontargli. «Ascolta David... io devo dirti una cosa. » mi fermai. Non era niente di difficile eppure per me era sempre un problema parlare «Io ho quel monolocale perché lavoro come cameriera nel ristorante che vi è sotto e il proprietario mi ha dato anche l’alloggio.» mi fermai di nuovo per comprendere la sua reazione e poi aggiunsi «Naturalmente faccio dei turni ed è un paesino non si lavora intensamente però ecco volevo dirtelo. Spero non sia un problema ...» conclusi voltando lo sguardo dall’altro lato. Delle persone erano arrivate per guardare il sole tramontare mentre colorava ogni singola cosa di un rosso fuoco e rendeva la pelle splendente e di un colore leggermente dorato.




     
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    «Hai pensato bene, coniglietta.» Le scompigliò i capelli. Essere in Alaska con una persona che, in qualche modo, era riuscita a farlo sorridere dopo tutta la merda che aveva passato nei mesi precedenti non era cosa da poco. Se fosse rimasto un giorno in più a casa di suo cugino avrebbe fatto qualche stronzata, lo sapeva, e non poteva rischiare di essere cacciato di casa visto che non sapeva dove andare. Aveva soldi a sufficienza per comprarsi una villa, questo sì, ma visto che il suo obiettivo era quello di diventare il capofamiglia e abitare nel Bronx non gli conveniva, e poi si rompeva il cazzo di alzare il culo per scegliere la servitù, meglio restare dov'era per il momento. Il problema era come avrebbe fatto a raggiungere i suoi scopi ora; non si era trasformato e, se quella sorte fosse toccata a suo fratello, avrebbe dovuto affrontare non uno ma ben due mannari, tra cui il legittimo erede della fortuna degli Harris. Possibile che dopo tutte le umiliazioni subite neanche questo gli spettasse? A quanto pareva no. Era meglio non pensare a quelle cose, era andato lì per distrarsi. Così, si limitò a seguire il coniglio e a guardarle il fondoschiena perché sì, aveva un culetto niente male, se n'era accorto al ballo. Camminarono per qualche minuto, faceva più freddo qui ma per David non era un problema anzi, preferiva il freddo al caldo infernale che faceva in America. Una volta giunti a destinazione fece una battuta delle sue, si divertiva a provocarla di proposito, gli dava sempre soddisfazione. «Ah no? Allora chi mi ha baciato, la tua gemella?» Lui aveva creato la situazione ma poi era stata lei a prendere l'iniziativa, due volte. Lo aveva attaccato anche prima di tornare in dormitorio. Non che gli dispiacesse, fosse stato per lui avrebbe fatto anche altro, ma il coniglio non sembrava della stesso parere e David non era tipo che pregava o costringeva qualcuno ad andare a letto con lui anche perché, in realtà, di alternative ne aveva. Tuttavia, con Rose c'era qualcosa in più, non era un caso se voleva tenersela tutta per sé e, riflettendoci, voleva essere lui a farle scoprire il piacere del sesso.
    Dopo un breve tour del monolocale gli chiese cosa volesse. Non andava pazzo per i dolci però voleva vedere come se la cavava ai fornelli il tasso. «Vada per i pancakes e un caffé. Sorpendimi.» Si sedette su una sedia e aspettò. Il rumore di un'ambulanza di passaggio gli fece fischiare le orecchie, sbatté un pugno sul tavolo, imprecando a più non posso. «Che cazzo, crepano tutti qui? Merda!» Si massaggiò le tempie, era più volubile del solito e, ad essere onesti, ne aveva le palle piene di avere quei sensi sviluppati. Non si sarebbe trasformato, quindi che cavolo li aveva fare!? La loro unica utilità era di ricordargli che la sua la sua stessa convinzione lo aveva fottuto, per un anno intero aveva creduto a un'illusione. "Non sei un Dio, sei un povero stronzo!" Quando suo fratello gli aveva detto quelle cose, in estate, per poco non lo aveva ammazzato ma adesso, a distanza di tempo, il dubbio che potesse avere ragione gli era venuto. No, è lui il povero stronzo. David Harris non sbagliava mai. «Non farci caso coniglio.» Non voleva che gli venissero fatte domande perché non avrebbe dato spiegazioni. A nessuno. Così, per cambiare discorso, iniziò a mangiare i panckes che gli aveva servito mettendoci sopra dello sciroppo d'acero, il miele era troppo dolce. Masticò lentamente, mostrandosi pensieroso per farla stare su le spine. «Mmm..beh...» Deglutì e la guardò. «Non male.» E poi finì tutto il piatto senza lasciare nulla. «Spero sia tranquillo.» Un'altra sirena e sarebbe scoppiato, al diavolo il controllo della rabbia. Passeggiarono parlando del più e del meno, era strano per David farlo senza litigare o aggredire qualcuno, ma con Rose, stranamente, era possibile. Ogni tanto si innervosiva e imprecava a causa di suoni e odori troppo forti, niente di grave però, erano sopportabili. Finalmente arrivano al lago. Era strano come, ogni volta che era insieme a quella ragazza, fosse vicino all'acqua. L'aveva sognata ieri notte e, se ricordava bene, suo nonno gli aveva detto di stare attento perché era presagio di morte. O di rinascita. David non ci aveva mai creduto, infondo erano solo i deliri di un vecchio pazzo. «Perché dovrebbe essere un problema? Non fai niente di...» Non riuscì a terminare la frase, sentiva dolore ovunque. Cosa cazzo stava succedendo? Si piegò in due, qualcosa dentro di lui stava lottando per uscire. «MALEDIZIONE!» Urlò di dolore per la prima volta in tutta la sua vita. Con uno sforzo immane, alzò la testa e guardò davanti a lui: in cielo c'era la luna piena. No, non è possibile. Non poteva essere quello, sarebbe dovuto succedere mesi fa, non ora! La testa gli girava, chiuse gli occhi di scatto, cercando di controllarsi ma era tutto inutile, non capiva un cazzo, sentiva solo qualcosa spingere. «ROSE, PORTAMI VIA DI QUI!» Non voleva farle del male, non era lei la sua preda.

     
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    Era strano David ma la colazione sembrò piacergli e non solo. Tutta la giornata in fondo non andò malissimo, anzi a parte qualche strano atteggiamento mi accontentò in tutte le mie richieste. Mi sembrava così strano ricevere tanta attenzione ma a lui sembrava uscire naturale. Mi stuzzicava spesso e così facendo riusciva a far uscire un bel caratterino anche a me. Come sul fatto dell'abusare di lui «Io non ho abusato di te... ma se i miei baci sono un abuso della tua persona, non ne riceverai più.» gli diedi le spalle e mi misi a sorridere pensando alla sua faccia, era chiaro che stavo giocando anche io al suo stesso gioco. La sera vicino allo specchio d’acqua sembrava che tutto andasse per il verso giusto. Anche la notizia del mio lavoro sembrava non averlo scioccato molto anzi era davvero tranquillo e questo mi sorprese. David sembrava diverso. Poi mentre mi stava parlando qualcosa accadde. Lo vidi piegarsi in due e l’urlo che gli uscì fu qualcosa di spaventoso. Mi avvicinai preoccupata con gli occhi di un nero intenso e i capelli che si scurirono di colpo, non riuscivo a controllarmi con gli sbalzi forti di emozioni. «DAVID! David... cos’hai?» cercavo di comprendere cosa stesse accadendo e dove gli poteva far male ma non riuscivo a comprendere, sembrava che gli facesse male in più punti. «David! Ti prego che succede... devo chiamare un dot...» Non finii la frase che mi urlò di portarlo via da li. Lo guardai un attimo spaventata e molto preoccupata. I miei occhi si inumidirono ma non era il momento... Portarlo via? E dove? Nella casa non mi sembrava il luogo adatto, sotto vi era il ristorante e con quelle urla avrebbe raccolto tutto il paesino, no il monolocale era da escludere... «Io-io... »ansimavo e mi sentivo così impotente. La testa era in confusione e le sue urla potevano attirare la gente. Solo un posto mi venne in mente, non avevo altro e nessuno nel vero senso della parola, ero sola su quell'isola. «Ok... stringi i denti... andrà tutto bene...ci smaterializziamo.» gli dissi prendendo un pochino di fiato. Lo afferrai per un braccio con la mano e la sensazione fu stranissima, lo sentivo come contorcersi ma non ci pensai o meglio mi feci forza. Mi concentrai e un attimo dopo un crack sonoro e di noi due sulla riva non vi era più traccia e il silenzio tornò il sovrano della costa. Un altro crack ed eccoci sull’isolotto. Ciò che poteva vedere David era il nulla, cioè solo alberi, prato e nient’altro, io invece sapevo che li vi era Sky e la sua casa. David sembrava peggiorare e io ero nel panico «Andrà tutto bene... adesso andrà bene...» gli ripetevo con il cuore a mille. Lasciai per un secondo David e feci qualche passo in avanti ma non volevo allontanarmi da lui, così mi rimase solo una cosa da fare... Urlare.
    «SKYYYYY! AIUTAMIIII! SKYYY!» Urlavo più che potevo con tutta la voce che avevo nel mio corpo, mentre continuavo a tenere d’occhio il ragazzo, speravo che Sky fosse a casa e che mi avrebbe sentito. «ti prego... fai che mi senta! SKYYYYYYYYYYYYYYY!» Nemmeno io avrei mai creduto di avere tanta potenza nella voce. «David... come va? Resisti... adesso arriva... ti prego resisti!» gli dissi guardandolo mentre stava male e mentre le mie guance si rigavano di lacrime. I pensieri che mi balenarono in testa erano dei peggiori. Dopo quello che avevo fatto ad Amelia la mia mente non riusciva a creare mezze misure, o era tutto bello e in salute oppure arrivava la depressione, la negatività e la paura di perdere le persone a cui volevo bene. «Non è possibile...» dissi quasi singhiozzando. Forse ero io che portavo guai, ero io che facevo stare male le persone. Cosa stava accadendo a David... «Arriva... non ho nulla con me... cosa posso fare?» adesso il libro per le ferite o il dittamo o non so cos’altro forse potevano servire, oppure no, ma non le avevo con me, a casa di Sky poteva esserci qualcosa. Tremavo come una foglia e le lacrime sembravano aver preso il loro posto sulle mie guance «Sky, dove sei... SKYYYYY!» Portai una mano sulla guancia «David... ti prego, che cosa succede..?» domande che in realtà non erano delle vere domande, volevo solo sentire la sua voce per comprendere la gravità o per capire che non stava peggiorando, ma da quello che vedevo non era così anzi la situazione non era buona. Adesso ero persa come non mai. Vederlo stare così male mi stava distruggendo e ancora peggio era che non riuscivo a comprendere la situazione e non potevo fare nulla.


     
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    Le vacanze sembravano procedere bene, come per ogni convivenza c'erano alti e bassi, ma tutto sommato c'è la stavamo cavando bene. Axel si divideva fra l'Alaska, la Bulgaria e Londra, dove di tanto in tanto mi recavo pure io per sbrigare lavoretti di poco conto per Ethan. Era ormai da svariati mesi che sembrava essere più sospettoso del solito e quando poteva cercava sempre di dividerci in missione, lasciando l'azione sul campo ad Axel e i compiti da "laboratorio" a me, che spesso consistevano nell'etichettargli pozioni o catalogargli ingredienti di dubbia provenienza. Una volta per le mani mi era capitato addirittura uno zoccolo di unicorno e mi ero sentita così dannatamente sporca e sbagliata a maneggiarlo che mi ci erano voluti un paio di giorni prima di riprendermi. Quelle sarebbero dovute essere creature inviolabili, intoccabili e invece un pezzo del loro corpo privo di vita era passato proprio fra le mie mani. Mi ero domandata se fosse stato Axel a compiere una simile barbarie, ma avevo poi finito per convincermi che l'artefice di tale crudeltà non potesse che essere Ethan, o almeno così speravo. Mi ripetevo che tutto ciò che facevo lo facevo per raggiungere ciò che mi ero ripromessa di fare per vendicare mio padre, ma più passava il tempo e più mi domandavo quale fosse in realtà il mio piano e cosa realmente volessi, era ancora la vendetta quella che muoveva le mie decisioni o c'era altro dietro? Non lo sapevo e questo tarlo mi aveva accompagnata per tutta l'estate mentre con grande impegno cercavo di far funzionare la relazione fra me e il Bulgaro. Non era facile, non ero abituata a sentirmi così intima e vicina a qualcuno, ma era in un qualche modo appagante riuscirci. Essere totalmente sincera per la prima volta faceva paura, era destabilizzante, ma era pure eccitante, soddisfacente e dannatamente bello. Mi sentivo libera di essere me stessa e sapevo che dall'altra parte non mi sarei sentita giudicata. Persino Rose sembrava starsi trovando bene, era ancora piuttosto triste e provata per quanto accaduto nei mesi precedenti, ma stava pian piano migliorando e ora finalmente riuscivo a intravvedere più spesso un tenue sorriso sulle sue labbra. Avrei voluto che sorridesse più spesso, che riuscisse finalmente a divertirsi per la prima volta, ma capivo anche che ciò che aveva fatto non era stato per nulla semplice e che non poteva essere tutto perfetto e stupendo fin da subito. Quelle erano state soltanto le basi da gettare per poter ambire a una vita libera dal controllo di suo padre e pure se ci fosse voluto tanto tempo ero certa che ne sarebbe valsa la pena. Quel giorno, quell'undici di agosto ero troppo eccitata. La mattina un gufo aveva bussato alla finestra e mi aveva consegnato una busta contenente una scintillante spilla da caposcuola. Avevo urlato di felicità ed avevo cominciato a saltellare di gioia per tutta casa. Pure Rose aveva ricevuto una busta indirizzata a lei ma non trovandosi a casa quel giorno, per via del suo lavoretto in paese che non vedevo per nulla di buon occhio, decisi di riporla in camera sua, cosicché il giorno seguente, quando sarebbe rincasata, l'avrebbe trovata facilmente sul suo comodino. Avrei voluto informare subito Axel della notizia per condividere con lui l'entusiasmo che provavo per aver ottenuto un ruolo tanto ambito fra le mura di Hogwarts, ma non mi era possibile, lui quel giorno si trovava in Bulgaria e non sarebbe tornato per diversi giorni, mi limitai quindi a spedirgli un gufo entusiasta, nella speranza che la mia felicità avrebbe potuto in un qualche modo alleviare la sofferenza di quanto quella sera, come tutte le sere di luna piena, gli sarebbe accaduto. Sembrava essere tutto troppo bello, finalmente dopo mesi e mesi mi potevo dire felice e appagata, ero quasi riuscita a farmi una ragione persino dell'allontanamento di Vanja e di Ellie, per quanto quella fosse ancora una ferita non aperta, di più, ma pian piano avevo cominciato a fare pace con i miei pensieri e con i miei pensieri contrastanti, come a cercare di allontanarli per raggiungere una pace interiore. Tutto andava bene, troppo bene, non ci ero abituata e quasi mi spaventava, pareva essere quella famosa quiete prima della tempesta, o una di quelle scalinate in salita che nascondeva dietro il suo apice una gigantesca scala in discesa, una scala che non volevo percorrere, una tempesta che non volevo osservare. Tentai di allontanare quei pensieri per tutto il giorno ma non funzionò molto, lo studio non era abbastanza immersivo per farmi staccare totalmente la spina dei miei pensieri e pertanto decisi che forse un po' di musica avrebbe potuto fare al caso mio. In quei mesi mi ero sentita particolarmente ispirata e non era raro che prendessi in mano il mio violino o un altro strumento per strimpellare serenamente. Avevo però sempre cercato di farlo senza disturbare né Axel né Rose, insonorizzando così la stanza degli strumenti, ma quel giorno non ci sarebbe stato nessuno a casa e ciò significava che avrei potuto far vibrare le corde del mio violino elettrico senza preoccupazioni. Le note uscirono senza alcuna fatica e una melodia incalzante e rumorosa riempii la stanza attorno a me, fu solo dopo una mezz'oretta buona che mi sembrò di sentire un rumore al piano di sotto. Interruppi solo per pochi secondi la mia melodia, giusto il tempo di capire se per caso fosse arrivata Rose, ma non sentii altri rumori e così ripresi a suonare, fu solamente dopo svariati minuti che sentii aprire con vemeza la porta alle mie spalle. «Rose. Per mille civette, mi hai fatto venire un colpo, che cosa ci fai qui? Non dovresti essere a quello sciocco e rischioso lavoretto che ti sei trovata?» Domandai trasalendo con in volto il disappunto per quel lavoro che se gestito male avrebbe potuto metterla in pericolo rendendola visibile alle persone sbagliate.«Rose che succede?» Domandai senza capire cosa stesse succedendo o perché sembrasse così visibilmente provata. Aveva il panico in volto e sembrava essere tremendamente preoccupata per qualcosa, ma non capivo cosa. «Che significa che hai portato qui David?» Esplosi rabbiosa alla confessione della Tassorosso. Non mi interessava che si stesse sentendo male, per quanto mi riguardava avrebbe potuto tranquillamente scomparire dalla faccia del pianeta che non avrei minimamente sentito la suaancanza, avrebbe soltanto ceduto un po' di ossigeno che qualcuno di più meritevole avrebbe potuto usare. «Ti avevo detto che nessuno doveva sapere dove si trova questa casa, è un posto sicuro priprio perché in pochissimi sanno dove si trova, ti pare andarlo a rivelare proprio a David?» Sbuffai infastidita e leggermente delusa dalla poca fiducia che la Tassorosso sembrava riporre in me. Le dicevo che non era prudente passare così tanto tempo in paese e lei ci andava almeno un paio di volte alla settimana, le dicevo che nessuno avrebbe dovuto conoscere la posizione di quella casa e lei ci portava David, forse una delle poche persone che non ritenevo nemmeno meritevole del mio odio, troppa energia sprecata per uno come lui, ma orami lui era lì, stava male e aveva bisogno di immediato aiuto. «Che palle. Lo faccio solo per te, sappilo!» Sbuffai nuovamente guardando il volto preoccupato della mia amica per convincermi a non fregarmene totalmente della situazione e dirle di rispedirlo da dove era venuto per arrangiarsi. Scesi svogliata le scale, cosciente del fatto che per lo meno il ragazzo non potesse essere in grado di vedere quella che consideravo la mia tana, il mio luogo sicuro, perché senza il mio benvenuto tutto ciò che avrebbe visto sarebbe stata una distesa di alberi e acqua. «Dove minchia è?» Le domandai spazientita guardandomi attorno. Del serpeverde non vi era traccia e cominciavo ormai a sentirmi presa per i fondelli. Dove poteva essere andato? Il giardino al di fuori dell'abitazione era piuttosto ampio ma un deficiente come lui si sarebbe dovuto facilmente notare e invece nulla. «È forse uno scherzo di cattivo gusto?» Chiesi fissando lo sguardo negli occhi ormai neri della Tassorosso. Lei sembrava essere preoccupata sul serio, ma di David non vi era l'ombra e questo non aveva minimamente senso. Dove diamine era?
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    Accordato con la player i movimenti della pg.
     
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    Per molti la lincatropia è una maledizione. In molte culture si crede che sia stato il Diavolo in persona a crearli, bestie assetate di sangue che, ad ogni plenilunio, uccidono senza distinzione di sorta perché, ciò che conta per loro, è nutrisi della carne delle loro vittime. L' uomo che si trasforma in lupo è un demone, un abominio, qualcosa che non sarebbe mai dovuto esistere. Erano fortunati i babbani, il licantropo per loro non era altri che una leggenda metropolitana, un mito usato per spaventare i bambini cattivi, ma per i maghi non era così. Molti erano morti per mano loro mentre altri, i più sfortunati, venivano privati della loro umanità. C'era chi li temeva e chi, invece, bramava quel potere. David Harris era uno di quelli. La maledizione era dentro di lui, ce l'aveva da quando era nato e non passava giorno in cui suo nonno e i suoi precettori non gli ricordassero quanto potente sarebbe stato una volta trasformato, tutti lo avrebbero venerato e temuto come un Dio sceso in Terra. Per lui era un dato di fatto, suo padre veniva trattato in quel modo ed era lui a scegliere se qualcuno meritasse di vivere o morire, aveva il controllo della vita altrui. Inoltre, solo chi avesse ereditato il gene tra i due figli maschi sarebbe diventato il capofamiglia e, ovviamente, quel ruolo spettava lui. Lo sapeva. Così, quando aveva iniziato a sentire le cose in modo amplificato e ad avere più forza del normale, aveva capito che era solo questione di tempo prima che si trasformasse, aveva anche iniziato a prendere l'Antilupo offerto dalla scuola e a recarsi alla Stanberga ogni mese, aspettando invano. Ma quando nemmeno in estate aveva subito la mutazione aveva mandato tutto a fanculo, smettendo di prendere quella inutile pozione e cominciando un processo di autodistruzione fatto di sesso, droga, alcol, pugni e morte. Tutte le sue certezze erano crollate. Almeno fino ad ora.
    Urlò David, urlò come non aveva mai fatto in vita sua perché il dolore che stava sentendo era insopportabile, aveva il corpo in fiamme e gli mancava il respiro. Si accasciò a terra, la schiena era colta da spasmi ed era come se qualcosa stesse uscendo dalle sua interiora. «AAAAH!» Un grido disperato. Chiuse gli occhi, strinse i pugni e serrò la mascella. Cercò in tutti i modi di resistere, era stato addestrato per quello, era stato torturato e allora perché continuava a gridare? Perché? Sentiva in lontananza la voce di Rose, ma non capiva cosa stesse dicendo. Si accorse solo che la ragazza l'aveva portato via di lì come aveva chiesto. Brava piccola. Con uno sforzo disumano, alzò il viso per guardarla. I suoi occhi non avevano nulla di umano, erano gialli come quelli di una bestia. Quello che stava per diventare. «VA VIA!» Prima che ti uccida. Le ossa iniziarono a rompersi, i collegamenti cartilagini cedevano per permettere al suo corpo di assumere una nuova forma, e lui non poteva fare altro che arrendersi di fronte a quel mostro che stava per emergere. Dalle mani spuntarono artigli affilati, il viso si deformò e il suo corpo venne ricoperto da un manto nero come la notte. David Harris era morto in quell' istante e, al suo posto, si ergeva in tutta la sua magnificenza un lupo dagli occhi color ebano, alto e robusto. Ululò alla luna, la madre che gli aveva permesso di nascere. Iniziò a correre, con il suo olfatto sviluppato aveva sentito l'odore del sangue e, infatti, poco dopo trovò un coniglio ferito. Non perse tempo, si scaraventò su di lui e lo uccise affondando i canini nella giugulare. Iniziò a mangiare freneticamente, masticando appena e ingoiando velocemente, aveva fame e quella misera porzione di cibo non avrebbe soddisfatto il suo appetito. Un rumore particolarmente assordante lo spinse a tornare indietro, era veloce e non ci mise molto ad arrivare grazie alle potenti zampe. Con un balzo rese nota la sua presenza, guardando con aria minacciosa le sue nuove prede. Aveva il muso sporco di sangue, ansimava e non vedeva l'ora di nutrirsi ancora. Ringhiò, si avvicinò di qualche passo e poi attaccò con il chiaro intento di uccidere entrambe e chiunque si fosse messo sulla sua strada.

     
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    Entrai a casa di Sky correndo come una furia e senza pensare minimamente al rumore che stavo facendo. Al piano di sotto non c'era così salii le scale in velocità, inciampando in un gradino e finendo a gattoni. Non era il tempo di fermarsi dovevo correre. Piangevo ed urlavo il nome della mia amica mentre la cercavo per poter chiedere aiuto. Quando si palesò davanti a me Sky rimase sorpresa. La sua reazione nel momento che mi vide mi lasciò senza parole per un attimo e l'unico rumore che si poteva avvertire era il mio fiatone. Posai una mano sul fianco proprio in direzione della milza che doleva come non mai, mentre la bocca era di un secco atroce, come se non vedesse acqua da tre giorni interi. Le dissi che avevo portato qui David che stava male ma le uniche parole che sembrò sentire Sky furono solo che David era qui. Si infuriò come mai e i miei occhi si spalancarono, mi misi ritta e la mano che si era andata ad agganciare al suo polso per trascinarla fuori lasciò la presa. Le lacrime scendevano e lei pensava che io avessi portato li David perché ero venuta meno alla “Promessa” del luogo. Il mio viso si contorse e mossi la testa «Sky! Ma cosa diamine stai dicendo!? Se sono qui con David non credi che sia per qualcosa di grave?» Le dissi ansimando e disperata «Sta male, non so cosa fare! Si contorce dal dolore ed urla come mai ho sentito urlare in vita mia!» Gli dissi mentre piangevo. Non era il momento di fermarsi a cose simili, le afferrai il polso ancora ma questa volta la presa era salda ed iniziai a tirarla più che potevo. Sembrava che non avesse nessuna voglia ma io continuai ad insistere correndo per le scale. Uscimmo fuori dalla casa che David non poteva vedere, ma di lui nessuna traccia. Sembrava fosse sparito. Mi bloccai un secondo e rimasi pietrificata. La voce di Sky mi riportò alla realtà quando mi domandò con insistenza e spazientita. Il mio sguardo si posò su di lei e poi intorno al luogo. Feci dei passi in avanti e la mano destra si all’ungò verso un punto mentre la mia voce flebile diede una risposta «Era qui...»Mi voltai ancora verso Sky e il suo sguardo mi pietrificò, la sua domanda mi rese così volubile, tanto che il mio stato cambiò in un secondo. «SKY CAZZO! Ti sembro una che fa scherzi del genere?»dissi incavolata nera. Mai mi ero rivolta verso di lei così e mai avrei pensato di farlo. «Ho mai tradito la tua fiducia? Sembra che tu non mi conosca minimamente...» Mi spostai leggermente proprio nel punto dive prima era David «Era qui! L’ho smaterializzato io stessa dalla riva del paesino. Urlava di dolore e si contorceva. Non sembrava in lui...L'unica cosa che è riuscito a dirmi è "Portami via da qui" e poi una volta arrivati qui mi ha urlato di andare via!» Mi sentivo a pezzi ed i capelli si accesero di un rosso fuoco intenso mentre gli occhi erano di un nero così intenso da sembrare senza fondo. Come poteva non credermi? Come poteva minimamente pensare che le stessi facendo uno scherzo simile. «Per la barba di Merlino... dove si è cacciato... DAVID!» urlai posizionando le mani nelle vicinanze delle labbra per amplificare il suono. Le lacrime ripresero a scendere «Stava male...credimi...» Il pensiero che fosse li da qualche parte ferito e senza nessuno mi stava distruggendo. Ero preoccupata, spaventata e la mia mente elaborava solo brutti pensieri. Sottovoce dissi in una frase fra me e me «No... non anche lui! Non è possibile...» Non volevo perderlo non adesso che il mondo già mi stava crollando addosso, pezzo per pezzo. Cosa potevamo fare? «Forse dovremmo cercarlo...» stavo per terminare la frase quando qualcosa tra i cespugli lontano dalla visuale di Sky mi fece bloccare. Sembravano due occhi nascosti che mi stavano fissando. Il respiro si fermo e feci un passo indietro leggermente tremando. Cos’era? «Sk...» stavo per chiamare la mia amica che era girata di spalle e cercava il serpeverde, quando qualcosa di grosso, scuro e peloso con un saltò balzò si palesò davanti a me. Se non fossi in una situazione di pericolo avrei detto che quel lupo era meraviglioso. Lupi? Qui da Sky? Non me ne aveva parlato, ero certa che me ne avrebbe accennato nel caso. I suoi occhi penetravano i miei ed era come se sentivo il suo fiato intenso su di me anche a distanza, come se riuscisse a bloccarmi da li dov'era. La sua bocca gocciolava di saliva, anzi no era rosso il liquido che stava seminando a terra. Era sangue! Le sue enormi zampe e il suo corpo ricoperto di un manto nero come la notte. Il pensiero volò a David. Se quel sangue fosse stato suo? Forse era stato ferito e adesso stava malissimo... o forse.. Ad un tratto vidi che il bestione si stava muovendo verso di me. Tirai fuori un urlo atroce mentre vidi il lupo che stava per balzare sopra di me e farmi diventare la sua bella e saporita cena della nottata. «AAAAAAHHHHHH!» l’istinto mi fece portare un braccio verso il viso come a proteggermi.




     
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    «Tu sai che non sono una guaritrice e che questo non è un ospedale vero?» Domandai sbigottita alle affannate giustificazioni della ragazza. «Potevi portarlo in posti molto più utili di questo se stava male come dici» Continuai agrottando le sopracciglia arrabbiata mentre l'esile Tassorosso mi afferrava per un polso e mi trascinava fino ai piani inferiori della casa. «C'è un piccolo ospedale in paese, sicuramente sono più preparati di me per aiutarlo!» Protestai invana durante la corsa contro il tempo che Rose si era decisa a farmi fare. Che poi io a David nemmeno lo avrei aiutato molto volentieri se ne fossi stata capace, figuriamoci poi se nemmeno avevo gli strumenti o le capacità per farlo. Il massimo che gli avrei potuto rifilare erano gli antidolorifici a base di erbe magiche che avevano prescritto a Vanja, ma cosa aveva mai fatto il Serpeverde per meritarseli? Gli occhi dolci alla mia ingenua amica per sperare di portarsela a letto? Caspita, lui sì che aveva solide argomentazioni per poter contrattare un qualche tipo di aiuto. «No, no, no Rose. Tu non alzi la voce con me!» Esclamai animandomi a mia volta nei confronti della ragazza. «Io credo a ciò che vedo e qui non vedo nessun malato così sofferente da non poter essere portato altrove» Non reputavo la Tassorosso una bugiarda, ma il fatto che il mio rifugio segreto fosse stato reso noto a una delle persone che più detestavo a Hogwarts mi faceva salire il sangue al cervello. Non lo volevo lì. Non lo volevo a calpestare il terreno di casa mia. «Sai che è successo l'ultima volta che questo posto è stato raggiunto da persone non invitate? Mio padre è stato ucciso. Ok?» Forse non comprendeva la gravità di ciò che aveva fatto e nemmeno gliene facevo una colpa per quello. Una persona normale non avrebbe mai dovuto temere in un simile modo la presenza di un estraneo a casa propria. «Tuo padre potrebbe averlo persuaso a cercarti o potrebbe averlo seguito sapendo che fra voi due c'è una sorta di...» arricciai il naso visibilmente contraria a ciò che c'era fra i due. «Qualcosa... Diamine Rose, devi stare attenta!» Come poteva avere una visione così idilliaca del mondo? Come avrebbe giustificato la sua fuga improvvisa al padre o il perché avesse sentito il bisogno di far scomparire dalle loro vite la governante di casa White. «Non puoi sempre fidarti ciecamente delle persone...» Affermai lievemente frustrata mentre la osservavo disperarsi per la scomparsa di quell'essere ignobile che tanto l'aveva rapita. Lei lo conosceva da così poco, sapeva così poco su di lui che mi scioccava quanto potesse esserne affezionata. Cos'aveva mai fatto per lei oltre che farla soffrire in più occasioni rivelandosi il viscido che era? Mi ricordava molto quando in quella situazione mi ci ero ritrovata io con Christian e non potevo fare a meno di tentare di proteggerla da ciò che temevo sarebbe successo, non potevo semplicemente far finta di nulla. «E dove vorresti andarlo a cercare Rose? È grande questo isolotto, non possiamo seguirlo col lanternino, se davvero stava così male dovrà pur tornare, no?» Constatai seccata dalla situazione che si era andata a creare. Non aveva il minimo senso che un qualcuno che fino a pochi minuti prima si contorceva dal dolore -come sostenuto da Rose-, ora si stesse facendo un'allegra passeggiata in giro per la tenuta. Non aveva senso quella situazione. «Ti ha detto nient'altro prima di sparire?» Domandai questa volta più dubbiosa guardandomi attorno per cercare di capire dove potesse essersi cacciato. «Cazzo» Imprecai fra me e me voltandomi in direzione della voce alle mie spalle. «Rose, smaterializzati in paese...» Ordinai alla Tassorosso con tono calmo e pacato mentre cercavo di avvicinarmi a lei con millimetrici movimenti. Un passo falso e la bestia grondante di sangue non avrebbe perso tempo prima di saltarci addosso. «Rose fa come ti ho detto...» Ripetei invano vedendo la ragazza sotto una specie di apparente stato di trance. Restava immobile ad osservare il lupo davanti a lei come se il suo corpo avesse smesso di rispondere ai suoi comandi e se forse lei poteva essere ignara del pericolo che stava correndo, a me fu chiaro abbastanza in fretta l'entità del rischio che si parava dinnanzi a noi. C'era la luna piena in cielo e lungo tutto il perimetro dell'isolotto non vi erano specie pericolose di animali. Quello davanti a noi era un lupo mannaro e a giudicare da quanto precedentemente raccontato dalla Tassorosso non poteva che essere David. Non mi sarei smaterializzata da sola in paese finché non avrei visto scomparire pure Rose e se l'unico modo per allontanarla da quel posto era trascinarla con me lo avrei fatto. Dovevo solo riuscire a raggiungerla senza compiere movimenti bruschi che avrebbero potuto far scattare il lupo, ma ahimè i movimenti non furono necessari e la bestia balzò a gran velocità verso la Tassorosso. «Rose spostati da lì!» Gridai a gran voce eliminando gli ultimi centimetri che ci dividevano per spingerla con forza verso gli scalini di casa per farla fuggire prima che la bestia ci raggiungesse. Ci saremmo potute nascondere nel laboratorio al piano interrato dove una volta chiusa la porta solo il sangue del mio sangue avrebbe potuto aprirla o buttarla giù. Quella era una precauzione che mio padre aveva preso nella speranza che i Mètis non si fossero mai disturbati a venire di persona a cercarci, ma così non era stato e come allora mio padre era stato troppo ottimista sull'avvenire, io stessa fui troppo fiduciosa sulla possibilità di salvarci senza subire alcun danno. Sentii una fortissima pressione lacerare la carne del mio fianco sinistro e dalla mia bocca sfiggì un urlo agghiacciante.
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    Come mossa da una forza che scindeva dalla mia volontà allungai una mano davanti a me per fermare ciò che ormai non poteva essere fermato, ma prima che le zanne della belva potessero penetrare fino in profondità lenmie carni un fascio di luce la scaraventò a svariati metri di distanza. Uno spesso strato di spuncioni ghiacciati tramortì il lupo ferendolo come poco prima aveva fatto lui con me e ci diede il tempo di raggiungere la stanza che in precedenza avevo puntato senza ulteriori rischi. Mi trascinai al suo interno stringendomi un fianco e aggrappandomi all'esile figura della Tassorosso. Mi sentivo privata di tutte le mie forze e la vista mi sembrò divenire lievemente sfocata. «Rose, la cassetta appesa al muro, apri la cassetta appesa al muro» Esclamai con voce spezzata e affaticata indicando il muro davanti a noi mentre mi accasciavo contro la massiccia gamba del tavolone al centro della stanza. Dentro a quella cassetta avrebbe trovato svariate boccette tutte contenenti lo stesso liquido. Mesi prima Vanja, spaventata da quanto avrebbe potuto rischiare di farci controllata dagli istinti della bestia, ci aveva fatto richiedere a suo padre svariate boccette contenenti un miscuglio di dittamo e argento. Quello era l'unico metodo che impediva a una vittima ferita dal morso di un lupo di morire dissanguata e ironia della sorte quella sera mi avrebbero realmente salvato la vita. Perché senza di loro e senza il cruccio che Vanja si era fatta nei nostri confronti sarei stata senza ombra di dubbio spacciata.
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    Attimi! Attimi che non avrei mai scordato. In un secondo il mondo sembrò cambiare direzione e l’unica a stare ferma in mezzo a quel roteare ero io. La voce di Sky arrivava come un suono lontano, sembrava che i miei sensi si fossero letteralmente annullati. Poi in un attimo la bestia si lanciò verso di me e il mio sguardo terrorizzato seguiva il suo movimento, fino a un colpo secco sul fianco che mi spostò di peso. Mi ritrovai a terra vicino ai gradini di casa con una botta al bacino. In quel momento i suoni, gli odori e tutto quello che avveniva intorno a me sembrava riaffiorare potentemente. L’urlo di Sky mi gelò il sangue e mi girai verso la corvonero per vederla ferita. «Noooo!» urlai alzandomi da terra ed avvicinandomi a lei mentre Sky feriva il lupo facendoci recuperare secondi preziosi. Mi avvicinai aiutandola ad alzarsi ed entrando nella stanza che Sky aveva aperto. La porta si chiuse e i rumori esterni sembrarono un lontano ricordo, mentre all’interno si consumava un incubo. «Mio dio! Sky...» Le lacrime scendevano senza nemmeno avvertirle. La sua voce mi indicò una cassetta appesa al muro mentre le mie mani e gli abiti erano pieni del suo sangue. La lascia tremando e mi guardai intorno individuando la cassetta appesa alla parete. L’aprii e ci trovai diverse boccette. Ne afferrai due al volo e corsi dalla mia amica mentre non avevo la minima idea di cosa fare. «Appoggiati a me, per favore...» dissi con tono basso e tremante. Cercai di farla “stendere” e tra un urlo e un grugnito di dolore della mia amica, provai a spostarle la mano. Il sangue era su noi due come non mai, non ne avevo visto mai tanto sangue ero sconvolta. Tolsi con delicatezza i lembi strappati del tessuto che era rimasto attaccato e presi l’intruglio per curarla. «Ok... vado, stringi il mio braccio quanto vuoi!» stava provando un dolore atroce e passarle quell’intruglio poteva farle ancora più male, un mio braccio rotto, nel caso, non sarebbe stato nulla in confronto. Con velocità ma allo stesso tempo con una delicatezza assurda iniziai a passare l’antidoto sulla ferita. I miei capelli erano di un bianco platino e i miei occhi grigi. Ricoprii tutta la ferita e sembrava che quel magico intruglio avesse già fermato l’enorme emorragia. Quando terminai presi la bacchetta dalla tasca e facendo alzare delicatamente la schiena di Sky fasciai il tutto con perfezione. Appena ebbi terminato la bacchetta mi cadde dalle mani con un rumore sordo che echeggiò nella stanza. Alzai le mani ricoperte di sangue come in segno di arresa mentre guardavo il volto di Sky. «C-come...» non finì la frase che una fitta percosse la mia testa spaccandola a metà.
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    Diedi le spalle a Sky e premendo le tempie forte con le mani mi allontanai da lei, trattenni in respiro accovacciandomi in un angolo e cercando di calmarmi. Cosa avevo fatto? E quel lupo... da dove usciva? Sky non aveva mai parlato di lupi e non ne avevo mai nemmeno sentiti rimanendo li l’estate... L’unica cosa era... ma non era possibile...I pensieri si accavallavano ma servirono a farmi calmare le fitte momentaneamente. Mi rialzai e andai verso la mia amica, se ancora potevo esserlo. «Quel lupo...» mi fermai un secondo e con aria spaventata continuai «quel... lupo...» non riuscivo a dire il nome di David associandolo al lupo. Come poteva essere? Mi soffermai sul viso di Sky e poi il mio sguardo scese verso la ferita
    «Sky... devo chiamare Axel ed avvertirlo...» gli dissi sempre con voce bassa, riprendendo la bacchetta da terra per inviargli un messaggio. Non potevamo tenerlo all’oscuro di tutto, doveva sapere. Non mi ero ancora seduta, nemmeno un secondo, ero lì in piedi che gironzolavo per la stanza. Presi un bicchiere e lo riempii di acqua fresca, mi avvicinai a Sky e con gentilezza glie lo avvicinai «Bevi un pochino...» la mia voce amorevole ma bassa come un sussurro. Ero spaventata, preoccupata e mi incolpavo. Era colpa mia di tutto, avevo sbagliato tutto ed adesso la persona a cui volevo bene stava male e l’altra non sapevo che fine avesse fatto se l’incanto di Sky l’avesse ferito, se stava provando dolore, se davvero fosse lui e nel caso non lo fosse dov'era finito. «Prova a riposare, ne hai bisogno... io starò sveglia tranquilla.» E chi avrebbe dormito, non potevo farlo e in più dovevo mantenere il controllo sulla mia testa e sul mio potere, anche se non stava proprio funzionando.
    Nel mentre afferrai uno straccio che era in un angolo e grazie alla mia bacchetta lo inumidii e iniziai a pulire il sangue di Sky che era per terra. Dovevo tenermi impegnata o sarei sprofondata in un abisso da cui non sarebbe stato facile uscire.



     
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    Sentiva il cuore delle sue prede battere velocemente, avevano paura e questo non fece altro che aizzare ancor di più il predatore, vedere il terrore negli occhi di stava per uccidere era inebriante per la bestia. Avanzò lentamente, lasciando dietro di sé una scia di sangue fresco, apparteneva al coniglio che aveva ucciso poco fa, ma presto avrebbe mangiato qualcosa di più sostanzioso. Senza perdere tempo balzò, scaraventandosi addosso alle due ragazze in un istante. Ferì una delle due sul fianco sinistro, era pronto a lacerarle la carne e a nutrirsi quando venne scaraventato a qualche metro di distanza da un fascio di luce. Si rimise in piedi quasi subito, ringhiando rabbioso e pronto ad ammazzarle sul serio questa volta, era affamato e il suo stomaco non faceva altro che brontolare. Quando tornò indietro, però, si accorse che di loro non c'era traccia, erano sparite. Si guardò attorno, dov'erano finite? Il loro odore era ancora lì, non potevano essere andate lontano. Perlustrò la zona in lungo e in largo, uccidendo qualche altro animale per strada, giusto per non morire di fame. Le potenti zampe gli permisero di passare da una parte all'altra dell' isolotto senza troppa fatica, la luna splendeva alta nel cielo e il suo nuovo figlio ululava per renderle onore, era grazie a lei se era nato e aveva intenzione di sfruttare al massimo la vita che gli era stata donata. Erano ormai passate delle ore da quando si era messo a cercare le sue prede, si era scocciato, avrebbe mangiato altro. Così si diresse verso la foresta, drizzando le orecchie e aguzzando la vista, si muoveva lento, cercando di fare meno rumore possibile per non spaventare le sue prede. Quando vide un cervo a pochi passi da lui, gli si lanciò contro usando la sua stazza e il suo peso per farlo cadere e poi lo uccise rompendogli le ossa del collo con la sua potente mascella. E, di nuovo, si nutrì delle carni di un povero animale e continuò fin quando non fu sazio e, solo allora, si fermò.
    David giaceva inerme nel bel mezzo del nulla, era a pezzi e l' unica cosa che ricordava era il dolore lancinante di tutte le centosei ossa del suo corpo che si erano spezzate per assumere una nuova forma: quella di un lupo. La maledizione si era manifestata, aveva ottenuto ciò che voleva, eppure non sapeva dire con esattezza se fosse felice o meno, qualcosa di brutto era successo, il suo istinto non sbagliava mai. Con uno sforzo non indifferente, sollevò una mano per massaggiarsi le tempie, aveva un mal di testa atroce. Provò ad aprire gli occhi, ma la luce del sole era troppo forte, così li richiuse all' istante, ci avrebbe riprovato più tardi per ora era meglio far affidamento su altri sensi. Anche respirare faceva male, che cazzo! Suo padre l'aveva avvertito, gli aveva detto che la mutazione era dolorosa e David, come suo solito, aveva sottovalutato il tutto perché se era stato in grado di resistere alle torture dei suoi genitori e ai pugni dei suoi avversari beh, non avrebbe avuto problemi con la transizione. E invece si era sbagliato, era stato arrogante e ne aveva pagato il prezzo, urlando come una femminuccia davanti a Rose. A proposito, dov'era? Sperò fosse fuggita il più lontano possibile, non voleva farle del male. Aiutandosi con entrambe le braccia riuscì, in qualche modo, a sedersi e ad aprire gli occhi. Era ricoperto di graffi, lividi, terreno ed era nudo. Perfetto. Aveva la bocca secca, doveva bere e il sapore metallico del sangue non aiutava anzi, gli faceva letteralmente schifo. Che cazzo aveva mangiato? Rose? No, lei no. Il solo pensiero lo face arrabbiare, non poteva aver ucciso il coniglio, non era quello che voleva, maledizione! Avrebbe dovuto prendere l' antilupo e lo aveva fatto fino a qualche mese fa, ma non si era trasformato e aveva dato per scontato che non sarebbe più accaduto e invece eccolo lì, un mannaro a tutti gli effetti. «ROSE? DOVE CAZZO SEI?» Almeno non aveva perso la voce, ci mancava solo quello. Continuò a chiamarla, ma non ottenne risposta. Inizio a preoccuparsi seriamente, e se davvero l'avesse uccisa? Provò a rimettersi in piedi ma non ci riuscì, era troppo debole. . «Maledizione!» Strinse i pugni, dove cazzo era andata a finire?

     
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    È strano come a volte si diano per scontato certe cose. Un attimo prima sei vivo, respiri, cammini e un attimo dopo ti ritrovi in una pozza di sangue a lottare fra la vita e la morte. Non mi sarei mai voluta ritrovare in una simile situazione, io odiavo la vista del sangue, non ne avevo paura, non mi disgustava, ma lo odiavo. Lo odiavo perché vederlo significava che qualcuno stava soffrendo e in quella situazione quel qualcuno ero io. Negli ultimi tempi mi era capitato fin troppo spesso di vederlo, gli incubi causati dalla morte di Eniarr ancora mi perseguitavano, rivedevo ogni volta le mie mani grondanti di sangue e i suoi vitrei occhi privi di vita fissarmi con rancore, ma ritrovarsi le mani sporche del proprio sangue era un qualcosa che mai prima di quel momento mi era capitato e forse quello era persino peggio di avere sangue altrui sulla propria coscienza. Quello significava morte. Nemmeno mi ricordavo com'ero arrivata al piano interrato della mia casa, non sapevo con quali forze ero riuscita a scendere scalino dopo scalino, né come riuscivo ancora a parlare nonostante l'insopportabile dolore al fianco sinistro, ma lo facevo. Parlavo, respiravo ed ero viva. Io volevo rimanere viva, non potevo permettermi di arrendermi e fu proprio con le ultime forze rimaste in corpo che mi assicurai di indirizzare Rose verso la cassetta che mi avrebbe salvato la vita. Io volevo lottare. Strinsi i denti e senza udire davvero nessuna delle parole che la Tassorosso mi rivolgeva circondai con le dita insanguinate la gamba del bancone al mio fianco nel tentativo di sopportare almeno in parte quella tortura. Sentivo dolore, diamine se lo sentivo, ma mentre percepivo le tremolanti mani di Rose spalmare il preparato sul mio corpo tutto ciò a cui riuscivo a pensare era a come solo pochi minuti prima, in una buia cella fredda, Axel avesse provato un dolore molto simile a quello che ora provavo io e nella mia testa c'era spazio solo per la consapevolezza che dopo quando accaduto io stessa avrei riprovato quel dolore ancora e ancora ad ogni sorgere di luna piena. La mia pelle si sarebbe strappata ancora una volta assieme ai brandelli della mia anima umana per fare spazio alla coscienza della bestia che viveva in me e tutto questo solo per colpa di un dannatissimo incidente. Uno stupido e imprevedibile incidente. Era ironica la vita, Un po' stronza alle volte, ma pur sempre ironica. Ti preoccupavi di aiutare una persona a superare il rifiuto verso se stesso cercando di farlo sentire apprezzato e solo per poi trasformarti esattamente nel suo incubo peggiore per ricordargli giorno dopo giorno cos'era e cosa presto sarei diventata pure io. Molto ironico. «N-non ora, non finché c'è la luna piena in cielo, aspetta la mattina» Sibilai dolorante con un filo di voce che bastava a colmare solamente i pochi centimetri di distanza fra il mio viso e quello di Rose. «Non finché è trasformato...» Continuai confusa guardando verso l'alto nel tentativo di evitare che la Tassorosso mandasse un messaggio ad Axel mentre non sarebbe stato in grado di coglierlo e capirlo. «M-mandagli un patronus, m-ma solo quando sorge il sole. Non prima» La implorai rigirando gli occhi al cielo per il dolore che continuava a farmi stringere forte i pungni fin quasi a bucarmi la pelle con le mie stesse unghie. Lei non avrebbe potuto capire il reale motivo della mia insistenza, avrebbe solo creduto che la mia richiesta tenesse conto della belva affamata e fuori controllo del piano superiore che di fatto era un problema che non si sarebbe potuto sviare se non con drastici metodi che nessuno quella sera avrebbe utilizzato, ma la mia preoccupazione primaria non andava a ciò, bensì a far arrivare il messaggio ad Axel solo una volta tornato umano, perché non avrei potuto affrontare tutto quello senza di lui. «Non n-n-non ho sete, voglio solo che tu avverta Axel» Lo volevo vicino, lo volevo accanto a me a stringermi la mano mentre cercavo di mantenere fede alla richiesta che per prima avevo fatto a lui. Resta vivo. «Gli dovrai far capire che deve venire per forza qua, p-promettimelo» Implorai ancora una volta la ragazza intenta a ripulire istericamente il pavimento sporco di sangue mentre una lacrima mi rigava la guancia. Ero triste. Triste e addolorata. Avevo combinato un casino, resta fuori dai guai, questo mi aveva chiesto il Bulgaro. Una sola cosa e io l'avevo mandata all'aria, l'avevo sbriciolata irrimediabilmente.
    Resta viva, mi ripetei mentalmente ancora un ultima volta prima di cedere alla stanchezza causata dalla consistente perdita di sangue. Resta viva e tutto andrà bene, non devi fare altro che restare viva.
    ★ ★ ★
    Prefetta Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio
     
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    Non era vero. Non potevo credere a quello che era successo. Sky ferita gravemente da un lupo che si supponeva fosse David anzi ne ero sicura e non sapevo dove fosse, se fosse ferito anche lui, se stava male se sapeva quello che aveva fatto. Le mani sporche di sangue come gli abiti, mentre non smettevo di piangere. Ascoltai Sky che cercava di darmi indicazioni e risposi solo con un cenno della testa. Le uniche parole che mi uscirono dopo un periodo lungo furono «Riposati adesso.» La vidi li stesa pallida e piccola allo stesso tempo. Rimasi sveglia l’intera notte, controllandola asciugandole la fronte con un pezzo di maglietta che avevo strappato dalla mia ed inumidito con l’acqua che feci fuoriuscire dalla bacchetta. Sembrava che quell’intruglio stesse davvero funzionando ma non ne ero certa non lo conoscevo. La notte sembrò infinita e i miei pensieri vagavano mentre non smettevo di pensare che gli avrei persi tutti. Che stupida che ero stata e non me lo sarei perdonato facilmente. Le persone a cui volevo bene andavano sempre via o gli facevo del male. Un elenco si insinuò nella mia testa “La mamma, Il bambino dei vicini, Sophie, Kynthia, Chris... e adesso Amelia, Sky e forse anche David”. Un fruscio mi fece voltare la testa e smettere di pensare ma non vi era nulla di strano, forse Sky si era mossa. Ero ancora li, vicino a lei che cercavo di controllare ogni suo movimento, ogni suo respiro diverso o troppo lento. Dovevo attendere la mattina per poter avvertire Axel con un patronus e li i dubbi si insinuarono, ci sarei riuscita? Dovevo riuscirci. Il tempo sembrava non passare mai e le mie ginocchia dolevano a furia di stare a contatto con il pavimento ma non solo loro facevano male, la testa sembrava non smettere di pensare e avevo un continuo ronzio, non solo, il cuore era spezzato ancora una volta. Sarebbe arrivato il giorno che di quel mio cuore sarebbero rimasti dei minuscoli pezzi impossibile da ricostruire. Eppure l’alba arrivò e staccai la schiena dal punto in cui ero appoggiata. Cercai di non svegliare Sky e mi alzai da terra. Presi un bel respiro e afferrai con forza il mio catalizzatore, stringendolo nel pugno destro mentre tremavo leggermente. Provai a castare il mio Patronus concentrandomi sui ricordi belli ma uscì solo qualche ciuffetto, allora chiusi gli occhi estraniandomi per qualche attimo da quella situazione e poi castai il patronus. Eccoli lì il mio panda rosso che fuoriuscì dalla punta della bacchetta in un fascio di luce argenteo saltellando. Gli diedi il piccolo messaggio e da come aveva detto Sky serviva qualcosa di serio per far muovere Axel e così feci. Il messaggio del patronus recitava “ Axel, torna in Alaska! Sky è ferita gravemente!” Inviai il piccolo amico sperando arrivasse a destinazione. Quando la luce fuoriuscì dalla stanza mi voltai per ritornare da Sky e la vidi sveglia. Rimasi per qualche attimo a fissarla e poi mi precipitai da lei senza dire nulla. I miei occhi si riempirono di lacrime e non riuscii proprio a trattenermi tanto che scoppiai in un singhiozzo come non mai. Era li sveglia e vigile, la ferita sembrava non sanguinare più e io ero completamente sommersa dalle varie sensazioni. L’unica cosa che riuscii a dire tra un singhiozzo e l’altro mentre le mie mani non del tutto pulite dal sangue andarono a nascondere il mio viso fu il suo nome «Sky...» Mi maledivo per quello che avevo fatto senza saperlo. In più il mio cuore era separato in due perché se da un lato avevo Sky li davanti a me dall’altro non avevo David. Cercai di riprendere fiato ed alzai il viso mentre i miei capelli, di colpo divennero di un giallo spento «Co-come ti senti?» dissi con voce bassissima avvicinandomi ancora di più a lei e poggiandole una mano fredda e tremante sulla gamba. Un rumore sordo tipo colpo secco venne da fuori e con le lacrime agli occhi mi alzai di scatto puntando la bacchetta verso l’entrata e con l’altro braccio aperto come a proteggere la corvonero. Poco dopo si sentì come un fruscio e un suono che non riuscivo a distinguere«David?» domandai in un sussurro udibile. Nessuna risposta venne da fuori l’unica cosa che si udiva era il mio respiro affannoso. Feci dei passi in avanti e avrei tanto voluto varcare quella soglia per cercarlo ma avrei atteso Axel e solo in quel momento sarei uscita per andare da David, solo nel momento in cui avrei constato che Sky fosse rimasta con qualcuno. «Sembra che quell’intruglio funzioni bene...» aggiunsi con un viso bianco cadaverico, girandomi verso di lei ed abbassando la bacchetta.



     
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