Gita di famiglia

Finlandia - Ax e Sky [Agosto 2021]

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    Ethan
    Agosto 2021.

    Gita di famiglia, l'asilo Kontos apre oggi. O forse dovrei dire Métis, viste le recenti scoperte. Mentre mi preparo per ciò che andremo a fare, penso a come occuparmi di questa faccenda: non mi serve il permesso della ragazza per mettere in atto una piccolissima vendetta personale nei confronti della famiglia che mi ha abbandonato in un sudicio orfanotrofio babbano. Lo farei per togliermi lo sfizio, lo farei per vedere le loro espressioni sbigottite di fronte alla mia faccia. "Saresti dovuto morire anni fa, cosa vuoi ora" bla bla bla, inserire frasi clichè da dire in questi casi. E io che li zittisco con una avadakedavra e concludo con un "e invece sono vivo, stronzi".
    Un bello scenario, davvero un bello scenario «ho sopravvalutato la sua intelligenza?» chiedendomi se la biondina si farà viva, ghigno divertito percorrendo le strade ormai molto buie di Nocturne Alley accendendomi una bella sigaretta pre-lavoro. Tra smaterializzazioni e passeporte si rischia di dimenticare quanto possa essere rigenerante una bella camminata solitaria. Sarebbe più rilassante se non venisse interrotta ogni tre per due dagli squittii acuti dei topi che corrono lungo le pareti umidicce di questo quartiere malfamato. E anche malsano. Con ampie falcate raggiungo la vetrina del negozio davanti a cui sono stato scoperto: l'interno del negozio è ovviamente terribilmente buio, illuminato flebilmente e ad intermittenza da qualche luce mezza scassata che si trova per strada. Fisso il mio riflesso sul vetro e ricordo la foto di quella persona identica a me. Il pollice della stessa mano che stringe la sigaretta, sfiora la cicatrice sul mio volto «se non fosse per questa...» saremmo due gocce d'acqua. Non mi bastava una sola famiglia a cui non so che fine far fare, ma ora sono ben due. E comunque non faccio parte di nessuna delle due. Piego la testa da un lato «sei un bastardo, non hai bisogno di una famiglia» sorrido al mio stesso riflesso, allargo le braccia ed aspiro dalla sigaretta prima che qualche rumore di passi mi interrompa «brava, hai risolto l'indovinello, mi hai trovato!» se avessi una caramella gliela lancerei «non era difficile dai. Come va la scuola?» mi avvicino alla biondina, puntuale -caratteristica che apprezzo- e le posiziono un braccio intorno al collo. Ovviamente non mi interessa davvero come va a scuola «andiamo, sono tuo zio! Non c'è nulla che mi vuoi raccontare?» o quantomeno, non per adesso «stasera inizia lo svezzamento. Te lo dico subito: se stai già pensando di uscirtene con qualche colpo di coda, considerati morta» dopo qualche passo, mi fermo a guardarla abbassandomi lievemente sulle ginocchia per poterla fissare meglio «non ti conviene rovinarmi il lavoro» le poggio una mano sulla spalla e via, smaterializzati verso il mio laboratorio. O meglio, verso una vecchia locanda dall'insegna scolorita. Il solito arrugginito lampione si erge davanti alla porta di ingresso che mi appresto ad aprire con delle banalissime chiavi da quattro spiccioli.«Nessuno guarda mai nei posti più ovvi, no? O qualche stronzata simile» varchiamo l'ingresso di quella che continua ad essere una cazzo di locanda impolverata che mi provoca un rumoroso starnuto. Tenendo una mano sulla spalla della capretta bionda, la costringo a dare le spalle alla stanza perchè solo adesso, quando ho richiuso la porta a chiave, avviene la vera magia: tutto adesso è completamente cambiato, ci troviamo davanti al mio piccolo orgoglio, il mio laboratorio. A metà fra un un banale laboratorio di analisi e la stanza di un pozionista, con un alternarsi di attrezzatura moderna e vecchi tomi perfettamente ordinati sugli scaffali delle pareti o ai lati dei banconi. Lì in fondo, come uno splendido raggio di sole, si trova la mia serra incantata personale in cui tengo la maggior parte delle piante velenose conosciute tutte miniaturizzate. Ovvio, non è che potevo averci le margherite là dentro, anche se potenzialmente ci posso ficcare dentro l'intera foresta tropicale. Avanzo per il piccolo corridoio in penombra e giungo poi alla stanza dei giochi vera e propria e adesso sulla parete di destra, possono scorgersi delle vetrine colme di materiali e provette etichettate «se sei sul divano a farti qualche sega dillo subito» lancio questo avvertimento a voce sostenuta in modo che quel coglione di Axel possa sentirmi, prima che decida di allargare la tenda che separa questo spazio sacro da quello contaminato che spesso occupa quel sacco di pulci di cui mi sono fatto carico durante questi lunghi anni.




    Edited by Dragonov - 18/7/2022, 06:57
     
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    Nel periodo che precedeva le vacanze estive erano cambiate molte cose, la mia pseudo relazione con Christian prima di tutte. Non ci eravamo lasciati in malo modo, non troppo almeno, ma nonostante ciò i rapporti con lui erano diventati molto strani, non eravamo più in sintonia come prima e ora fra noi aleggiava un disagio visibile pure agli occhi più ciechi. Pochi giorni dopo la fine della scuola mi ero recata in Alaska, da sola, che novità... Le mie sorelle avevano già preso impegni non rimandabili, Ellie presto avrebbe iniziato una sorta di tirocinio in ospedale e Vanja invece, sconsiderata com'era, aveva deciso di prendere la patente proprio ora che la gravidanza era in fase avanzata. Rimanevo solo io, la solita sciocca che aveva sperato di passare finalmente un estate all'insegna del divertimento in compagnia di amici e magari di quella testa di cazzo di Christian, ma nulla di ciò che speravo si era realizzato e ora l'avvenimento più elettrizzante di tutta l'estate era diventata la lettera inviata da Ethan in mattinata, che prima di autodistruggersi sotto i miei occhi mi aveva comunicato un posto e un ora in cui farmi trovare la sera stessa. Non troppo anticipo, mi raccomando... Ne ero rimasta sorpresa inizialmente, poi però mi ero ricordata delle sue parole di pochi mesi prima. «Voglio qualcosa in cambio» Evidentemente era giunto il momento del dare prima di ricevere e se c'era una cosa che non facevo mai era proprio rimangiarmi la parola data, per cui senza esitare minimamente mi feci trovare nel luogo indicato allo scoccare delle ventitré. «Da quanto tempo... credevo ti fossi già dimenticato della tua cara nipotina» Lo incalzai con un mezzo sorrisetto sulle labbra. Come se gli interessasse qualcosa della mia esistenza, era chiaro che fra noi esistesse un rapporto unicamente incentrato sull'usare l'altro per i propri comodi e a me andava bene così, dopotutto non era una famiglia ciò che desideravo. Era vendetta per quella che mi era stata strappata in tenera età. «Lasciamo perdere questi inutili convenevoli, non interessano a nessuno dei due tanto» Feci spallucce guardandolo con franchezza. Contraddicimi se vuoi, tanto è ovvio che sia così, la sua facciata cordiale e rilassata non mi inganna, ricordo bene come al nostro primo incontro non si era fatto il minimo scrupolo a usare una delle maledizioni senza perdono su di me. «Però... sei bravo a rassicurare le persone. Tranquillo, non sono qui per rovinarti il lavoro, in realtà non so affatto perché sono qui, ma immagino che lo scoprirò presto, no?» Feci appena in tempo a terminare la frase che Ethan mi afferrò per una spalla e si smaterializzò in un vicolo chissà dove portandomi con sé. Quella davanti a noi sembrava essere una vecchia locanda impolverata, ma se c'era una cosa che sapevo bene era quanto i maghi fossero bravi a far apparire le cose in maniera distorta per poterne celare altre in sicurezza e difatti non mi sbagliavo, una volta entrati non ci volle molto per scorgere ciò che la magia celava agli occhi dei babbani. Davanti a me si ergeva un laboratorio scintillante con tutto il necessario per realizzare pozioni e probabilmente veleni, di ogni genere. I miei occhi brillavano alla vista di tanta precisione e meticolosità nel catalogare e posizionare ogni singolo oggetto con tanta cura. Se prima potevo avere dubbi in merito ora ne ero certa, questo psicopatico faceva sicuramente parte della mia famiglia e l'ordine compulsivo doveva essere tutt'uno col nostro patrimonio genetico. «Fantastico» I miei occhi curiosi continuavano a muoversi frenetici lungo i diversi scaffali. Mi chiedevo se prima o poi sarebbe stato tanto gentile da farmi leggere le file interminabili di tomi presenti nel suo laboratorio, ma dubitavo fosse il tipo da lasciar ficcare il naso tra le proprie cose a chiunque. Io non lo avrei permesso ad esempio. «Chi altro c'è?» Chiesi tornando alla realtà in seguito alla battuta di Ethan. Quindi non eravamo soli?
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    Axel
    Quella settimana ad Axel parve Natale, non aveva mai ricevuto così tanti messaggi tutti insieme e lui non riceveva gufi a Natale, tantomeno pacchi. Il primo che si vide recapitare fu un fagotto rivestito di anonima carta marrone, vi posò la bacchetta invocando un incantesimo di rivelazione e quando questi non diede segno di pericoli scartò velocemente il pacco trovandovi al suo interno i suoi vestiti ben ripiegati e soprattutto profumati. Li guardò aggrottando le sopracciglia e li aprì cercandovi qualcosa, un qualsiasi cosa, che gli rispondesse al motivo di quell’invio. Qualcuno era entrato nella sua stanza? Corse immediatamente al baule a cui poggiò la punta della bacchetta – era incantato unicamente per aprirsi al suo comando – e rovistò alla rinfusa creando più confusione di quanta già ce ne fosse fino a che non trovò la scatolina di legno con le sue preziose fiale di antilupo. Si accasciò sul pavimento, sospirando di sollievo per poi richiudere e buttare nuovamente nel baule il suo prezioso tesoro. Quindi, chi cazzo era entrato lì? Si alzò di slancio prendendo nuovamente in mano i vestiti e li annusò, odoravano di pulito… di fiori! Osservò allora attentamente la sua stanza ma nulla era stato toccato se non quei vestiti, tutto era relativamente in ordine – per quanto potesse essere in ordine la camera di due ragazzi appena ventenni – e tutti i loro averi sembravano essere lì. Si quietò di un poco, forse li aveva semplicemente presi Mors e poi se li era fatti lavare dalla scopamica di turno o aveva minacciato gli elfi perché lo facessero al posto suo, comunque nulla mancava e soprattutto la sua preziosa pozione era al sicuro.
    Qualche giorno dopo fu un altro gufo a bussare alla sua porta, per un attimo impallidì quando vide stretto nel becco un sacchettino di juta ed un bigliettino scritto con una penna rosa. Per un attimo pensò che la sua ammiratrice, Julie, fosse tornata nuovamente alla carica o magari che quella a scrivergli fosse stata Daisy… Daisy che si era data alla macchia dalla giornata al mare. Invece il bigliettino portava la firma della ragazzina di Grifondoro che, non si sa come, aveva saputo della sua decisione di trasferimento. Le notizie in quel castello volavano più veloci di una Firebolt. Aprì immediatamente il sacchettino ed al suo interno vi trovò alcuni inconfondibili rametti di liquirizia, se ne passò uno sotto il naso assaporandone il profumo per poi portarselo alla bocca masticandolo con gusto e succhiando avidamente l’estratto amarognolo che ne fuoriusciva. All’interno di quel sacchettino ve ne era un secondo, piccolo e nero, ed il mannaro ne rovesciò il contenuto: un piccolo orecchino argentato pieno di intarsi a rilievo, perfettamente nel suo stile.
    «Ma porca puttana!» imprecò sonoramente lasciando andare il piccolo gioiellino. Si osservò le dita e due piccole bruciature coloravano di rosso i polpastrelli. Eccheccazzo era in argento. Facendo attenzione lo infilò nuovamente nel sacchettino e senza guardare lo lanciò con un canestro perfetto nel cestino.
    L’ultimo messaggio arrivò al venerdì. Era per cazzi suoi disteso sulla riva del Lago Nero, il sole che gli pizzicava le guance mentre pigramente sbuffava fuori da un angolo della bocca una nuvola di fumo. In quello stato il corvo lo trovò per consegnargli l’ordine. Axel se ne stupiva sempre quando Ethan gli recapitava a quel modo i suoi messaggi, quel figlio di puttana possedeva ricordi felici. Incredibile. A differenza sua Axel non ne era propriamente capace. A Durmstrang non insegnavano quel tipo di magia così aveva dovuto impararla da autodidatta ed i risultati non erano stati soddisfacenti. Il massimo che riusciva a produrre era una lingua di fumo argenteo completamente inutile e stanco aveva smesso di provarci. Per evocare un patronus servivano ricordi felici ed Axel non possedeva ricordi che potesse definire tali, o meglio, li possedeva, ma erano legati al padre ed al fratello morti, ricordarli era solo causa di sofferenza, senso di colpa e voglia di vendetta. Tutte emozioni ben lungi dal dar vita a quello scudo difensivo. Arraffò alcuni vestiti buttandoli in una logora borsa e si preparò a partire.
    axel
    Era quindi svaccato scompostamente sul divano a fumare quando Ethan giunse al covo. Quell’angolo di laboratorio era un po’ casa sua ed il mago spesso gli permetteva di dormire lì accampato alla bell’e meglio. Non che lui si aspettasse la reggia di Versailles… aveva dormito in posti peggiori e Durmstrang non era sfarzosa come al confronto poteva essere Hogwarts. Hogwarts era tutto comfort ma troppe, troppe stramaledette regole. Poteva capire per i minorenni incapaci di stare al mondo ma diamine lui aveva vent’anni – quasi ventuno – aveva visto più di chiunque li dentro per ”essere a letto entro le ventuno”, pensò scimmiottando mentalmente la preside quando aveva spiegato le regole di condotta. Così, onde evitare che la donna gli rompesse le palle più del dovuto aveva fatto armi e bagagli e aveva dormito lì. Forse doveva ricordare al padrino che quella stupida scuola aveva il coprifuoco, non che ad Ethan sarebbe importato minimamente… «Aspettavo la tua mano esperta, Papino» esclamò a tono quando quest’ultimo si palesò, «sei in ritardo» lo rimbeccò guardando l’orologio sulla parete: le ventitré e zero cinque. Ethan non era mai in ritardo. Si alzò scostando la tenda che divideva quell’angolo di casa dall’asettico luogo di lavoro trovandosi il padrino e «che cazzo ci fa lei qui?!» sfiatò senza degnare di uno sguardo la fastidiosa biondina di Corvonero.
    Era forse impazzito?
     
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    Ethan
    «Eccola, miss dico il cazzo che mi pare...» Dio. Mio. Che. Palle. Sto facendo uno sforzo per ricordarmi perchè non l'ho ammazzata subito. Come non detto, la ragazzina non mi serve più, addio. Nah, scherzo.
    Non spreco altro tempo a risponderle, passiamo al dunque.
    Casa dolce casa. Respiro ed espiro dai polmoni inalando probabilmente un sacco di roba chimica che aleggia nell'aria e che neanche mi rendo conto che c'è. Ma me ne sbatto, questa roba mi allunga la vita. Oh ma... riconosco quello sguardo, quello di un bambino davanti ad una vetrina di giocattoli o di dolci, quello di un assassino davanti ad una potenziale vittima oppure, per usare una metafora inerente al contesto, quello di una giovane strega appassionata alle pozioni «lo so» la guardo fiero, di me stesso naturalmente «è il mio gioiello, non un parco giochi» freno sul nascere le sue fantasie per poi darle un frammento di speranza «ma magari un giorno vincerai un biglietto gratis per queste giostre... dipende da te» dico con tono propositivo mentre dentro di me penso che si tratta di giostre che potrebbero causarti traumi e strapparti via ogni frammento di ingenuità. Dai, chi non morirebbe dalla voglia? Almeno non ti annoi «Un tuo collega più grande» rispondo prima di sentire la voce del cane provenire da dietro la tenda «ho sempre saputo che eri un finocchio, Axel» purchè non attenti al mio culo, può fare quel gran cazzo che gli pare «non sono in ritardo» guardo l'orologio da parete «l'orario era per te. E poi, ho recuperato un pacco» mi scosto di lato mostrando il suddetto pacco dotato di due gambe, due braccia ed un apparato riproduttore femminile. E poi rido, in faccia ad Axel-cane-con-la-rabbia «aspetta aspetta aspetta» mettiamo pausa un momento, i miei adepti si conoscono? Guardo l'una, poi l'altro e poi chiedo «avete scopato per caso?» potrei essere fiero di Axel «meglio così, almeno saltiamo le presentazioni. Ma se è così che vi siete conosciuti sappiate che qua siete solo due amiconi che vanno d'amore e d'accordo, non voglio vedere flirt o litigi amorosi, risparmiatemelo» scuoto la testa in chiaro segno di dissenso mentre dal bancone prendo una fialetta dal contenuto violaceo, uno strumento che forse potrebbe tornarci utile più tardi «anzi per essere precisi» mi rivolto a guardarli «Sky, in mia assenza Axel è il tuo capo. Axel lei è la mia nipotina sperduta» allargo le braccia, sorriso smagliante «soooorpresaaa!» mi sento più a mio agio chiarendo subito i ruoli, quindi la faccio breve e taglio ogni domanda sul nascere «bene» faccio scontrare le mani fra loro e produco un bello schiaffone, bello quasi quanto quelli che davo sul cul... vabbè insomma «smettiamola di cazzeggiare. Ascoltatemi» gli faccio cenno di avvicinarsi a me «non è un lavoro complicato. Due unicorni. Guardiamo la merce, ci assicuriamo che sia buona, paghiamo e filiamo via. Possibilmente cercando di avere un bello sconticino» guarda Axel in modo inequivocabile, in tutti 'sti anni ha imparato cosa significa «Sky è qui per imparare. La responsabilità è tua. Chiaro?» lui non capirà i miei motivi, sicuramente, o forse li immagina soltanto, forse può solo supporre perchè la ragazza sia qui. Gli stringo una mano dietro al collo, lo guardo bene negli occhi: deve essere capace di reggersi pure senza di me, perchè non posso sempre pulirgli il culo. Ah sì, uno sguardo lo rivolgo anche alla biondina perchè non sia mai che si senta abbandonata «e tu, questo è un giorno di prova. Andiamo» poco, pochissimo preavviso, prima che una seconda smaterealizzazione ci conduca in un fitto e buio bosco della Finlandia a circa dieci minuti di distanza dal punto di incontro accordato. Il posto lo conosco bene, non è la prima volta che sbrigo qualche trattativa da queste parti «è gente nuova. Può essere un bene come può essere un male. Intanto camminate e non spaccatevi nulla sennò vi lascio morire» illumino la punta della mia bacchetta, spero davvero che guardino dove mettono i piedi perchè questo non è esattamente un giardino fiorito.


     
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    Rimango stranita quando Ethan mi informa che dell'altra parte della tenda si trova "il mio collega più grande". A quanto pare questo psicopatico non lavora da solo, penso avvicinandomi curiosa alla tenda per scoprire che losca faccia abbia i suo, nostro, collega. «Tu?» Nella mia voce si percepisce una nota di disagio. L'ultima cosa che volevo era che un mio compagno di scuola mi sorprendesse a fare loschi e probabilmente illegali lavoretti malavitosi, ma tutto sommato poteva andarmi peggio. Lui era uno studente, antipatico e burbero, in Erasmus da Durmstrang, il che significava che con l'anno nuovo non avrei più dovuto vedere la sua odiosa faccia, perché se ne sarebbe tornato finalmente tra le fredde mura della sua scuola del nord. «Eww no» Rispondo disgustata alle parole di Ethan. «Ho dei gusti più... sofisticati» Esclamo squadrando il ragazzo dalla testa ai piedi, il suo aspetto mi ricorda quello di un vagabondo bohemien e non sembra per nulla il mio tipo. Mi domando come possa aver anche solo pensato una cosa del genere, non potrei mai finire a letto con uno così. «Abbiamo solo frequentato lo stesso istituto durante quest'anno scolastico» Taglio corto per eliminare ogni minimo dubbio. «Sorpresaa» Faccio eco a Ethan senza troppo entusiamo. L'ipotesi che in sua assenza possa essere lui a darmi ordini mi infastidisce, già l'idea di dover lavorare per il mio ritrovato zietto non mi entusiasmava e ora mi chiedo perché il fato voglia rendere quest'esperienza più orribile di quanto già non sia? «Cosa ci devi fare con due unicorni?» Domando già consapevole che a quelle creature non succederà nulla di buono. Mi fa male dover assistere e rendermi partecipe di un gesto del genere, ma lo faccio per mio padre e per la mia vendetta. Devo ripetermelo mentalmente più volte prima di fare un bel respiro profondo e accettare, seppur non a cuor leggero ciò che andremmo a fare. Ci smaterializziamo e al nostro arrivo ciò che ci circonda sono solo fitti tronchi lunghi e affusolati incorniciati da svariate tipologie di foglie. Il paesaggio mi ricorda quasi i boschi di casa mia, ma non credo sia lì che ci troviamo. Accendo a mia volta la punta della bacchetta e mi illumino silenziosamente i piedi per vedere dove cammino. La strada sembra essere piuttosto lunga e nel mentre non posso fare a meno che immaginare ciò che succederà a quelle povere creature e domandarmi se valga veramente la pena spingermi a tanto pur di trovare vendetta, ma ormai sono in ballo e come dice il detto dei babbani, ora mi tocca ballare. «Hey, sta attento, quello era il mio piede» Sussurro stizzita verso Axel che quasi sicuramente mi ha calpestato un piede di proposito. Sto stronzo.
    ★ ★ ★
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    Axel
    «Io quella non me la scopo nemmeno col cazzo di un altro» chiarì con una smorfia sul viso. Non avesse avuto modo di interagire con la Métis a lezione l’avrebbe anche classificata tra quelle “fighe e scopabili” della sua personalissima lista ma, purtroppo per entrambi, ci aveva interagito e la bionda non aveva passato il suo esame anzi, era riuscita in tutto e per tutto a farlo spazientire a lezione portandolo talmente all’estremo da costringerlo a togliersi quella maschera di buone maniere che solitamente riservava al mondo esterno per rimetterla al suo posto. Rimase a fissarla in cagnesco mentre Ethan, come nulla fosse, faceva una sorta di presentazione e con suo sommo piacere – soprattutto considerando l’espressione di fastidio che le piegò i lineamenti – gli affidava il comando rimettendola ai suoi ordini. Finalmente sarebbe rimasta zitta, ferma e in un angolo a non rompere le palle con quei suoi modi di fare da altezzosa figa di legno poiché Axel non era assolutamente intenzionato a farle da balia e tantomeno ad insegnarle i “trucchi del mestiere”. Spostò lo sguardo dal padrino alla bionda sollevando con impertinenza un sopracciglio, la sua faccia parlava chiaro: non intendeva prendere ordini da nessuno ma in quello specifico caso non aveva altra scelta che le piacesse o meno. Lì erano nel suo territorio e soprattutto erano fuori da scuola. Un passo falso e non ci avrebbe pensato due volte prima di cruciarla. «Dobbiamo proprio portarcela appresso? Non farà altro che rallentarci…» protestò con scarsa enfasi, sapeva già che se Ethan si metteva in testa una cosa, quella sarebbe stata a prescindere da quanto sia l’uno che l’altra non si potessero sopportare. Intrecciò le braccia al petto cercando di contenere il fastidio che provava per quella presenza inaspettata e si mise all’ascolto di quello che sarebbe stato il loro compito. Unicorni, bene fantastico, era giunto lo stramaledetto momento di portare al cliente delle aste quegli stramaledetti animali. «Fatti i cazzi tuoi, Bionda» la apostrofò immediatamente. Partiva con il piede sbagliato se doveva chiedere il perché di ogni cosa facessero… Un grande gigantesco errore quello di Ethan portarla, quella avrebbe mandato a monte tutto. «Io non le faccio da balia» ringhiò innervosito contro lo stesso padrino quando quest’ultimo gli sottolineò ancora una volta come Skylee fosse sotto la sua completa responsabilità. Che due coglioni! Il teatrino non ebbe modo di continuare ulteriormente che l’uomo prese in mano la situazione poggiando una mano sulla spalla di entrambi i suoi sottoposti smateralizzandoli molto lontano rispetto a quella locanda abbandonata che in realtà faceva da nascondiglio perfetto al laboratorio. Apparirono nel mezzo della vegetazione di quello che aveva tutta l’aria di essere un bosco. Axel sollevò lo sguardo cercando di guardarsi attorno in quel buio fitto. «Sta piuttosto attenta a dove vai» quella missione sarebbe presto andata a puttane con quell’idiota che non mancava un’occasione per cercare di fare la splendida. Fece scivolare nel palmo la bacchetta e castò sottovoce un Lumos seguendo Ethan in quel groviglio di radici e rami spezzati. Axel allungò la bacchetta ma davanti a lui sembrava esserci il nulla. Solo spessi tronchi altissimi che svettavano ben oltre le loro teste coprendo il cielo ed impedendogli di fare una stima sull'ora. Era abituato a guardare spesso il cielo, era un richiamo più forte di lui quel satellite che ruotava febbrilmente attorno alla terra che ne condizionava lo stato mentale e fisico, ma sapeva che ovunque si trovassero quel disco luminoso era illuminato a metà, forse un poco oltre segnando l’inizio delle sue agitazioni, l’inizio di quella familiare irrequietezza che anticipava i giorni di plenilunio. «Voglio un aumento» esordì affiancando Ethan «se devo fare da balia a tua nipote voglio più di un terzo dei profitti. Non è più solo il mio culo ma anche il suo e quella non si sta zitta manco a tagliarle le corde vocali» continuò ad esporre incurante che Skylee fosse lì e li potesse sentire. «Cinquanta e cinquanta» sapeva di stare tirando la corda e che Ethan mai e poi mai gli avrebbe dato quanto chiedeva ma per riuscire ad ottenere qualcosa in una contrattazione bisognava partire alti, poi veniva da sé che il prezzo si sarebbe abbassato ma comunque avrebbe ottenuto ben più di quello che prendeva adesso e, ovviamente non avrebbe diviso nemmeno un centesimo con l’altra.
    La boscaglia sembrò diradarsi e ruotando lievemente il polso impose alla bacchetta di diminuire l’intensità dell’incantesimo che altrimenti li avrebbe resi fin troppo visibili ai loro obiettivi. «In che termini sei con i venditori? Che tipi sono?» si guardò attorno nonostante il buio limitasse il raggio di visuale ma la luna – proprio lei, la sua nemica – veniva loro in aiuto illuminando flebilmente i contorni del paesaggio. Sembrava una sorta di fattoria spettrale resa viva in quel silenzio unicamente dai versi degli animali che vi abitavano. Un nitrito, seguito da uno sbuffo ruppe il silenzio.
     
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    Ethan
    Chiarito che è più probabile che trovi uno ad ammazzare l'altro piuttosto che li becchi a scopare, si passa a chiarimenti sulla loro conoscenza di cui non me ne frega un cazzo. L'importante per me è che non mi inzozzino il laboratorio di liquidi corporei.
    «Una slitta, Babbo Natale è andato in pensione» mi stampo in faccia un sorriso di quelli da ebeti che lascia subito dopo spazio ad un'espressione che mi appartiene molto di più, decisamente più giudicante. E comunque non c'è niente di peggio che stare in una stanza con due ragazzini in piena pubertà. Il cagnaccio sente il bisogno di dimostrare quanto gli sta crescendo il pisellino, risponde alla ricciolina con un ringhio da chihuahua che quasi mi rende fiero, mi piace il tono convinto con cui parla. Però... «finiscila Axel. Lei mi serve. Quando non ne avrò più bisogno, ti darò l'onore di accompagnarla alla porta ma fino ad allora le cose stanno così» punto e basta. Axel più di tutti sa che se io decido qualcosa, è quella che deve essere. Adesso, se nessuno ha più da rompere le palle con inutili considerazioni e lamentele, possiamo finalmente passare alla ciccia.
    Questo bosco mi piace. E anche no. Mi piace a metà: la parte che mi piace è quella degli odori, quasi balsamici, che sanno di terra e ti riempiono i polmoni. Quella che non mi piace, è la parte di quel qualcosa di viscido che sembra strisciarti sulle scarpine nuove «cos'è che vuoi?» cos'è che vuole? Volto la testa verso di lui con un'espressione quasi disgustata, me lo squadro dalla testa ai piedi «oddio... non stai scherzando» non sta scherzando per niente! Brutto bastardo. Ti raccolgo per strada, ti cresco, ti do un posto per dormire e cerco pure di ficcarti nella testa qualche nozione utile. E tu per ripagarmi vuoi un aumento. Ma dove andremo a finire... ecco cosa succede a fare i favori agli amici. L'unica cosa da fare adesso è ridere, sia per la richiesta ch emi avanza che per la descrizione dannatamente accurata che fa della biondina «cazzo, hai notato? Non sta zitta con niente! Giuro! E' un'oca!» che mi senta pure, deve pur diventare consapevole dei suoi difetti. Potrei darle un numero limite di parole da usare al giorno... se sfora, un bel crucio in mezzo agli occhi. Ci penso. Non ci credo che davvero qualcuno riesce a sopportarla senza imperiarla o farle qualche altra roba «oooh, Axel... » scuoto la testa con un sorrisino stampato sull volto e la lingua che mi schiocca ad intermittenza, segno che ne l'ha appena sparata grossa «salgo a trentacinque e sessantacinque» mi piacciono come numeri «più dei succhi di frutta in regalo» ma guarda un po', che bella luna crescente «c'è un cielo piuttosto terso, non trovate?» mi rivolgo ad entrambi ma il mio bambino sa esattamente a cosa mi riferisco.
    Ed eccoci, riesco a vedere delinearsi all'orizzonte i confini di quello che mi sembra il nostro porto di mare. Scuoto la mano segnalando ai due di iniziare a spegnere le bacchette, da qui proseguiamo al buio «rozzi. Sono rozzi. Ma bravi nella caccia, hanno occhio per la merce. Ecco perchè li ho contattati» non mi piacciono le persone rozze, sempliciotte, non sono divertenti. Un delizioso suono di nitriti ci arriva alle orecchie, quindi la mia merce è qui. Anche se non la vedo. E questo mi fa rivoltare il cazzo come un calzino. Squadro i due ragazzi che adesso devono tenere gli occhi su di me e la testa concentrata sull'affare«buonasera» faccio con un mezzo sorriso all'omaccione con la camicia da boscaiolo «Signor Kontos, molto puntuale» «sempre, magari lo scoprirà col tempo» il tizio ha un accento strano, mezzo tedesco. Con un cenno del capo, suggerisco (non è un suggerimento manco per il cazzo in realtà) ad Axel di farsi un po' più vicino ed affiancarsi al nostro taglia-alberi «dove sono?» l'orso bruno mi ghigna contro mostrando i suoi denti che non vedono dentista da un po' «da questa parte» e io dovrei seguirlo così, fidandomi ciecamente... certo. Prima di proseguire squadra Skylee dalla testa ai piedi e sono mezzo convinto che abbia sentito odore di carne inesperta, un odore inconfondibile. Mentre io invece ne sento un altro di odore, quello della fregatura
    «cammina dove posso vederti» sussurro alla biondina prima di procedere verso 'sto capanno mal messo, sia mai che sparisce dalla mia visuale prima che possa accorgermene. I nitriti si fanno sempre più vicini e se ora mi ritrovo davanti due cavalli normali, qua ci scappa il morto. Però no. Non sono due pony. La prima cosa a risaltare è quello splendido corno perlaceo che si ritrovano incastrato in fronte«capirai vero, se li esaminiamo bene» gli faccio pure una colonscopia se lo ritengo necessario. Non attendo la sua risposta, inizio già a guardare l'esemplare «fai pure. Vedrai che sono due esemplari magnifici... il loro valore è superiore rispetto alla media» eccola, la prima stronzata. Non mi piace che mi vengano rimescolate le carte in tavola. Alzo lo sguardo, inarco un sopracciglio. Qua qualcuno sta pericolosamente giocando con la mia scarsa pazienza.



     
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    Continuiamo a proseguire a passo felpato verso una radura poco distante, davanti a me, a pochi passi di distanza, i due primati decerebrati continuano a parlarmi male alle spalle e sembrano piuttosto disinteressati dal fatto che io stia sentendo tutto, perfettamente, compreso il discorso sull'aumento che quello sbruffone bohémien propone a Ethan per dovermi fare da balia. Io non ho bisogno di una balia, sia chiaro, l'unica cosa di cui avrei bisogno è un masso gigantesco da fargli cadere in testa, così da zittirlo una volta per tutte. Mi da fastidio tutto di lui, persino il suo timbro vocale, che sembra sempre macchiato da una nota di superbia, come se lui fosse il più intelligente, il più furbo e il più scaltro di tutti. Pietoso. Ecco cos'è in realtà. Ethan ci fa segno di soffocare la luce che fuoriesce dalle nostre bacchette. Da lì si prosegue al buio, questo è ciò che si evince dal suo gesto, ma non ne comprendo il bisogno. I venditori / trafficanti / farabutti che si trovano dall'altra parte della radura ci stanno aspettando, sanno del nostro arrivo, perché avvalersi del fattore "sorpresa" allora? Non lo capisco. Ciò che vedono i miei occhi bicolore non promette nulla di buono, davanti a noi si ergono due losche sagome, se quello è l'aspetto abituale delle persone con le quali hanno a che fare quei due non mi sorprende che siano sempre così scontrosi nei confronti di chiunque, anche io lo sarei se la persona più piacevole incontrata sul posto di lavoro fosse il cadavere che con ogni probabilità hanno dovuto nascondere almeno una volta in vita loro dentro a un sacco. Perdiamo qualche minuto per i convenevoli e prima che la pazienza di Ethan si esaurisca, chiediamo di farci accompagnare alle stalle dove tengono nascosti gli unicorni che ci servono. Parlo al plurale, ma finora non ho avuto ancora la possibilità di fare nulla e il massimo che ho ottenuto è stata un'occhiataccia da uno dei due loschi figuri. Che cazzo hai da guardare? Glielo direi pure, ma sono piuttosto certa che ad aspettarmi al termine della frase ci sarebbe un crucio da parte del mio caro zietto. È la sua minaccia preferita e sono sicura che non esiterebbe un solo attimo a farlo sul serio, neppure davanti ad altre persone e anzi, probabilmente ciò recherebbe solo piacere alla sua deviata psiche megalomane ed esibizionista. Ci avviciniamo alle due creature, i nitriti prodotti da esse sono piuttosto acuti e stridenti, sembra quasi che le loro siano grida d'aiuto, e raccapricciante ma so che per nulla al mondo posso tirarmi indietro giunta a questo punto e allora faccio l'unica cosa che mi è concessa di fare, aiutare i due a valutare le condizioni degli unicorni. I venditori dicono che sono esemplari eccezionali, che valgono pure più della media. Quanto costano in media degli unicorni? Non ne ho la più pallida idea. Nemmeno credevo si potessero vendere, ma effettivamente a questa gente poco importa che un affare del genere sia legale o meno. Accarezzo la chioma di una delle due creature e al mio tatto risaltano subito i nodi che vi trovo in mezzo. Non è normale. Non sono un'esperta di creature, ma un'appassionata sì. Ho letto dozzine di libri a riguardo, dalle creature più semplici come gli snasi a quelle più complicate e avvolte ancora da un alone di mistero come le maridi e so per certo che le chiome degli unicorni non presentano mai nodi. Sono esseri quasi celestiali, sono ciò che più si avvicina alla perfezione e la purezza che i loro corpi emanano è tale da consentire loro di mantenere sempre un'aspetto impeccabile. Ciò che li distingue da tutte le altre creature è proprio questo, la loro impeccabilità e quando questa viene meno significa che tale esemplare non è nel pieno delle suo forze o nel peggiore dei casi prossimo alla morte. «Sono perfetti, non trovi?» Faccio cenno a Ethan di avvicinarsi per confermare lui stesso quando detto da me e quando mi è abbastanza vicino gli sussurro in modo impercettibile ciò che ho notato. «Non so l'altro, ma questo unicorno sembra malato» Gli prendo la mano e gliela guido verso il crine dell'unicorno in questione. Sono sicura che pure lui sia a conoscenza di tale particolarità sugli unicorni e i nodi che l'esemplare presenta non ci metteranno molto a mettere in allerta quest'ultimo. «Non è incredibile? Il suo manto è davvero setoso, non ne avevo mai visto uno così da vicino» Bleffo atteggiandomi come una bambina in un negozio di caramelle. Non voglio che i venditori si accorgano di nulla, preferisco convincerli che io sia una ragazzina immatura e troppo inesperta per un compito del genere, piuttosto che puntare loro il dito contro e gridare alla truffa. Ho paura che la situazione possa mettersi male, ma non ho la più pallida idea di come evitare uno sviluppo del genere e l'unica cosa che posso fare e continuare a fingere che vada tutto bene, per dare modo a Ethan di pensare lucidamente al da farsi, anche se temo che la sua decisione non ricadrà su una reazione pacifica e ragionevole.
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    Axel
    «Cos’è che vuoi?» Ethan si fermò nel mezzo della boscaglia per lanciare un’occhiata in tralice al mannaro. «Un aumento» ribatté Axel senza battere ciglio, perfettamente convinto della sua richiesta. Non si trattava più solo del suo culo, ma era diventato tutto un “per due” e quella – sua nipote – non aveva l’aria di una che se ne stesse buona buona ad eseguire gli ordini, anzi, se poteva metterci becco con la sua insignificante opinione lo faceva, tipo in quel momento con quell’espressione al limite dell’esplosione in quanto i due persistevano a parlare di lei senza badare minimamente alla sua presenza. «Appunto» sottolineò, non si stava zitta manco a tagliarle le corde vocali, probabilmente era immune anche ad un incantesimo di silenziamento, doveva provare… «Quaranta sessanta, succhi inclusi» alzò l’indice in sua direzione, non avrebbe mollato così facilmente alla prima proposta ed era stato proprio lui ad insegnargli l’arte della persistenza nella trattativa. Fu allora che l’uomo, di giocò la carta della luna piena facendo un cenno del mento rivolto al cielo. In questo momento, il piccolo satellite bastardo era in fase crescente, pochi giorni ed il mannaro avrebbe avuto bisogno di quei “succhi” di cui parlava, ed Ethan, appunto, lo sapeva fin troppo bene calcando la mano in quel punto debole del ragazzo. Sapeva benissimo che l’antilupo era l’unica pozione in grado di quietarlo rendendolo quasi innocuo – un cagnolone di grossa taglia irritato unicamente dalle catene con cui Axel persisteva ad ingabbiarsi, ma perlomeno incapace di uccidere se non persistentemente istigato – ed Ethan sfruttava quell’informazione contro il ragazzo per fargli pelo e contropelo alla minima rimostranza.
    I venditori erano gente rozza, bene non si sarebbero persi in inutili convenevoli o perbenismi o infiocchettamenti vari. Sarebbero andati diretti alla merce e se la fortuna era dalla loro parte nel giro di un’ora sarebbero stati sulla via del ritorno con i due cavalli monocorno al seguito. Spense la bacchetta ancora prima del segnale di Ethan e lo seguì al limitare della vegetazione dove diede loro alcune indicazioni. Il nitrito di alcuni cavalli ruppe il silenzio intorno a loro ed Axel ne fu soddisfatto. Se la merce era già sul posto non avrebbero dovuto spostarsi altrove, magari con la smaterializzazione, cosa che lui valutava come una possibile trappola e quella sarebbe stata una bella rottura di coglioni da gestire, soprattutto con “Barbie simpatia” al seguito. Ripose la bacchetta nella cintola al fianco, bene in mostra e si avviò un passo indietro al fianco di Ethan permettendogli di gestire i convenevoli salvo poi passare ad affiancare uno dei due cacciatori. Se i due stronzi avessero deciso di passare all’attacco il mannaro lo avrebbe preso immediatamente alla gola tagliandola con un diffindo netto e privo di qualsiasi remora.
    I cacciatori gli confermarono d’avere la merce all’esterno così li seguirono al di fuori della casa passando al retro dell’edificio dove si ergeva una stalla di fortuna, i due animali nitrivano e occasionalmente le zampe scalciavano convulse. Axel aggrottò le sopracciglia, per quello che ne sapeva di creature non era un comportamento regolare ma aveva il dubbio che i due animali percepissero la sua natura e ne fossero spaventati, spostò quindi lo sguardo sul viso di Ethan in cerca di risposte e lo trovò nero, concentrato e l’esperienza gli diceva che l’uomo non fosse contento di tutta quella situazione, lo diceva chiaramente la mandibola irrigidita che ne sottolineava il profilo rendendo più visibile la cicatrice che gli solcava la guancia. La biondina si lanciò immediatamente all’esame degli animali e dal modo in cui le sue dita passavano nella criniera dei due animali Axel intuì che le bestie non fossero in perfetta forma come i due uomini decantavano. Il crine sembrava secco ed ispido e particolarmente aggrovigliato dal modo in cui le dita di Skylee faticavano a scorrere ed in un momento chiamò lo zio ad esaminare la bestia continuando la sua farsa, era chiaramente una farsa dal modo tirato con cui pronunciava le frasi. Axel sospirò, doveva insegnarle a mentire con più disinvoltura. «Valore superiore rispetto alla media?» Esordì rimanendo al fianco di quello grosso, guardandolo con aperto astio. «Questi due ronzini sono malati, è evidente. Bionda controllagli denti e zoccoli» ordinò a Skylee. Non intendeva allontanarsi dall’uomo ed anzi, poggiò il palmo intorno alla sua bacchetta pronto ad estrarla, la situazione di lì a poco si sarebbe scaldata parecchio e non avevano tempo per quelle stronzate. «Facciamo così, noi ci prendiamo ronzini così come sono… facciamo finta di niente delle loro condizioni» due pozioni ed Ethan li avrebbe rimessi a nuovo «e voi… sarete così gentili da farci uno sconto come si deve sulla merce… tipo del sessanta percento rispetto a quanto pattuito» scandì ora impugnando la bacchetta al fianco. Il cacciatore che teneva puntato rise mentre l'altro, quello con i denti marci, prese parola. «Il ragazzino vuole forse scherzare, mh Kontos? I due esemplari sono perfetti» «Perfetti un cazzo» replicò in un ringhio il mannaro. «Sconto al settanta, giusto il lavoro di recupero» «Kontos pagaci quanto stabilito!» Adesso entrambi i cacciatori avevano sguainato le proprie bacchette.
     
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    Ethan
    Piccola pelosa testa di cazzo che puzza di cane bagnato. Non sapevo che si stesse dando all'imprenditoria, se mi avesse avvertito prima mi sarei portato una bella calcolatrice per fare tutto in modo preciso. In qualche modo apprezzo il tentativo del ragazzo. Ma non ci posso fare niente, sono nato stronzo e morirò stronzo «lo sai che se tiri la corda, prima o poi si spezza» che cazzo è quell'indirizzo alzato, poi? Non vedo qualcuno farlo da quando avevo dieci anni e la mia amorevole mammina greca mi rimproverava perché ero un "bimbo troppo vivace", diceva. E allora gli restituisco la provocazione, con la punta del mio indice tocco quella del suo «ti farò sapere» dico poi con voce stridula da ragazzina scema, che unita a questa cosa del dito ci fa apparire come se facessimo parte di qualche duo comico. Ma io non contemplo gente con cui condividere il palco, egocentrico di merda.
    "Andiam, andiam, andiamo a contrattar" canticchio nella mia mente sulla base di una nota canzone per bimbi che puzzano puzzano latte. Mi mette sempre di buon umore trovarmi sul lavoro. Sempre fino a quando non mi si prende per cretino.
    Non ci vuole un cazzo di magizoologo per constatare lo stato di salute di queste bestie: chiunque si accorgerebbe che sono sporche e malsane, infatti anche la ricciolina stridula ci ha fatti caso. La sua chioma bionda, le è d'aiuto nel recitare la parte della svampitella rendendola piuttosto credibile. Appena la mia mano sfiora la criniera del cavallo cornuto, ci manca poco che non prenda la scossa per quanto la sua consistenza sia simile alla paglia, alle spugnette metalliche... o a dei peli pubici, di quelli che ti grattano i polpastrelli se li tocchi. Purtroppo gli ospedali ti insegnano anche questo.
    Comunque sia, scacciamoci questa immagine dalla testa «mh mh, noto...» dico non nascondendo il sarcasmo nella mia voce e anche lo sguardo annoiato di chi sa che dovrà provvedere da sè per risolvere la situazione.
    Non è che sembra, questi unicorni SONO malati.
    Axel invece è di tutt'altra strategia, lui sputa la verità direttamente in faccia ai due bracconieri: i vostri cavalli fanno schifo al cazzo. Fine. Me la ghigno ricacciandomi le mani in tasca che a forza di toccare questo pelo malconcio mi stanno venendo i calli «vedi mia cara, mi dispiace i tuoi primi unicorni facciano così cagare» pat pat sulla testolina della mia nipotina, ormai è inutile stare al suo gioco una volta che abbiamo deciso di parlarci chiaro. Dai su diciamocelo pure, questa situazione è da clichè, nessuna ha davvero creduto che sarebbe filato tutto liscio. «Sei stato gentile, Axel» dico cacciandomi una mano in tasca ed un'altra appena appena dietro la schiena, alla ricerca della mia amica bacchetta che provvederà ad infilargli su per il culo a questi qua se non iniziano a fare i seri «considerando uello che mi ci vorrà per rimetterli in piedi, 'sti cavallini dovrebbero essere offerti dalla casa» ecco quanto intendo pagare. Un pugno di mosche. E in omaggio, un bellissimo crucio in bocca. La faccia dei due venditori si contorce in una smorfia contrariata. Mi chiedo chi cazzo pensavano di prendere per il culo.
    Con uno scatto in avanti, uno dei due lo raggiungo ancora prima che finisca di dire "pagaci": gli premo la bacchetta contro la gola giusto per fargli sentire la presenta «non un passo oltre» una deliziosa riga di sangue inizia scorrere verso il basso, proprio da lì, da dove ho scagliato il mio silenzioso diffindo «sennò giuro sul mio lavoro che ti diffindo la gola a trattini fino a quando la testa non ti si stacca» un rantolo. Che ha detto? «mh? Obiezioni?» deglutisce. E io sorrido soddisfatto. Chi tace acconsente. «Lascialo Kontos, o la taglio a metà. E dì al ragazzo di non muovere un passo»peccato che questa chiacchierata privata, alla fine mi abbia pure distratto. L'altro tipo ora si trova alle spalle di quella radio di mia nipote. Sarei tentato quasi di dirgli "fa pure, assicurati di partire dalle corde vocali" ma la ragazza mi serve viva, per ora. E peccato anche che io detesti ricevere ordini, specie da chi odora di feci di capra. Mi giro, contrariato, perchè sono stato interrotto. Ovviamente di peso mi porto anche il mio ostaggio, che dovrebbe mangiare meno wurstel e più insalata. Lo tengo stretto e anzi, lo tengo ancora più stretto adesso che questo maledetto figlio di puttana ha cacciato fuori dalla tasca della polvere buiopesto. La polvere "faccio diventare tutto nero come il buco di culo di tua nonna". Bastardo.
     
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    A saperlo che il signor so tutto io avrebbe rovinato la mia scenetta, nemmeno mi sarei impegnata a farla. Troppo figo per chiudere la bocca ed evitare che la situazione degenerasse come di lì a poco avrebbe fatto. Non appena Axel scoprì le carte in tavola Ethan decise di intraprendere la stessa strategia, tanto ormai bluffare non avrebbe avuto più senso e io mi limitai a sospirare silenziosamente. Che ci stavo a fare lì in mezzo? Non servivo veramente a nulla e mentre i maschi alpha di turno iniziavano a fare a gara a chi lo aveva più grosso, non potevo fare altro che rimanere in disparte a tenere sott'occhio gli unicorni per evitare che li portassero via. Non volevo mettere loro i bastoni fra le ruote, ma era evidente che l'anello debole ero io e pure uno dei due loschi tipi se ne accorse in fretta. Mentre Axel e Ethan contrattavano nei loro modi del tutto non cordiali e pacifici, l'omone rimasto in disparte come me iniziò ad avvicinarsi minacciosamente nella la mia direzione. Rimasi immobile come fanno gli animali quando si sentono minacciati, se non mi muovevo forse si sarebbe dimenticato della mia presenza, come dopotutto sembravano aver fatto quei due coglioni che mi avevano trascinato con loro. Quando però la distanza fra me e il tizio dai denti storti fu tale da farmi capire che nessuna buona intenzione passava nella sua testa, tirai fuori la bacchetta e gliela puntai contro, ma fu inutile, con un silenzioso balzo mi fu addosso e mi cinse il collo con le sue sudice mani, puntandomi minacciosamente la bacchetta alla gola. Io ci avevo provato a non mettere in difficoltà nessuno, ma loro si erano dimenticati della mia esistenza e inesperienza sul campo veramente troppo velocemente, tanto da far rimanere Ethan quasi sorpreso quando ci vide comparire nella sua visuale. Quella era una tipica situazione di stallo, una di quelle che capitavano spesso nei libri d'azione, dove tutti puntavano le armi contro qualcuno e nessuno si sarebbe visto salvo in caso di attacco. Ethan minacciava denti storti con il suo socio e denti storti minacciava Ethan con me, e in tutto ciò Axel risultava utile quanto un topo con una mitragliatrice in mano, ma ahimé dovevo dargli atto che anche volendo, e non ero certa che volesse, non avrebbe potuto fare nulla per salvarmi, almeno non abbastanza velocemente da evitare che la testa mi schizzasse via per magia. Il grassone dai denti storti spostò una delle mani verso le tasche e ne estrasse della polvere buio pesto, che ben presto iniziò ad oscurare la visuale di tutti. Improvvisamente capii che l'unico modo di smuovere le carte in tavola era farlo con astuzia e l'unica cosa che mi venne in mente fu una cosa piuttosto rischiosa, ma già testata con successo in passato. Cercai di puntare con lo sguardo un punto ben preciso della stalla, prima che il buio potesse impedirmi di vederlo con chiarezza nella mia mente e... POOF in un istante mi ritrovai poco distante da Axel in compagnia del grassone, del quale però, avevo intenzionalmente dimenticato di visualizzare nella mia mente la mano in cui teneva la bacchetta puntata contro al mio collo. «Brutta puttana» Un grido rabbioso e un sordo tonfo sul terreno indicarono che ero riuscita a fare ciò che avevo in mente. Le punta delle sue dita erano rimaste nel punto di partenza e la presa che aveva sulla bacchetta divenne inesistente, facendola rotolare per terra a svariati metri da noi. «Ops» Esclamai fintamente preoccupata e decisamente soddisfatta del mio operato. Se non fosse che presa com'ero dal concentrarmi sul disarmarlo, mi ero totalmente dimenticata che fosse il doppio di me e che l'altra mano gli funzionava ancora benissimo. Un urlo strozzato mi sfuggì dalle labbra, quando con forza simile a quella di una bestia feroce mi cinse nuovamente il collo, ma questa volta nell'incavo del suo braccio forte e robusto. Mi sentii sollevare da terra e il fiato iniziò ad abbandonare velocemente i miei polmoni mentre tentavo inutilmente di dimenarmi per scappare alla sua spaventosa morsa. Avevo dato un piccolo vantaggio ad Axel, ma se solo avesse aspettato ancora qualche secondo mi sarei ritrovata strangolata e morente fra le braccia del ciccione e tutto ciò che avevo fatto sarebbe risultato totalmente inutile.[
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    Axel
    La situazione degenerò in un battito di ciglia e a far pendere l’ago della bilancia ancora una volta verso la violenza fu proprio l’intervento di Ethan. C’era poco da fare, le missioni con lui finivano sempre a quel modo ed ormai Axel ci aveva fatto il callo. Con un sospiro quasi annoiato fece scivolare la bacchetta dalla manica al palmo puntando la stessa contro il cacciatore dai denti storti che teneva sotto scacco la biondina. “Un peso morto, come volevasi dimostrare”, pensò mentre espirava in uno sbuffo. Non se la fossero portati dietro a quest’ora sarebbero già stati di ritorno con quei due ronzini più morti che vivi al seguito; invece, no l’impiastra era riuscita a mettersi nei guai. Così prevedibile. Meno prevedibile fu la manciata di polvere buiopesto che lo stronzo tenuto da Ethan si azzardò a lanciare lasciandoli tutti a brancolare nel buio, alla cieca. «Ma porca puttana» inveì tenendo alta di fronte a sé la bacchetta cercando di tendere l’orecchio contro eventuali movimenti e fu proprio quando avvertì il caratteristico suono di qualcuno che si smaterializzava che castò il primo incanto: «Ventus» un mulinello di vento fuoriuscì dalla sua bacchetta spazzando via il grosso della polvere permettendo nuovamente la visibilità almeno parzialmente. Lo sguardo del mannaro saettò immediatamente alla ricerca della biondina – il suo padrino era perfettamente in grado di cavarsela e piuttosto gli avrebbe cavato un occhio se avessero perso l’impiastra – trovandola una cinquantina di metri distante mentre si stava facendo strozzare. Una mossa astuta aveva fatto ed era riuscita a farsi mettere nuovamente in scacco. “Proprio inutile”, Axel scattò in avanti raggiungendo i due mentre il tipo se la rideva con Skylee stretta nella sua presa, rantolante. «Brutta puttana, ora te lo levo per sempre quel sorriso» ringhiò stringendo ulteriormente con la mano rimasta il collo della ragazza, di lì a poco sarebbe riuscito a spezzarglielo. Il bulgaro si arrestò alzò la bacchetta puntando il braccio perfettamente teso di fronte a sé: «Avada Kedavra», nessuna esitazione, nessun tentennamento. Il fulmine verde oltrepassò Skylee passando a pochi centimetri dal suo orecchio percorse tutto il braccio del cacciatore e andò a scontrarsi contro la sua fronte. L’esito fu immediato: il corpo s’irrigidì e la stretta sul collo della bionda perse immediatamente di presa mentre l’uomo cadeva all’indietro portandosi con sé la ragazza. «Prego», senza battere ciglio e senza prodigarsi per constatare le condizioni della biondina si voltò verso l’altro cacciatore tenuto sotto scacco da Ethan. «Dicevi amico Gli puntò nuovamente contro la bacchetta ora erano due contro uno e avanzò in direzione dei due unicorni lasciati privi di controllo. Le bestie nitrivano sollevandosi sulle zampe posteriori per scalciare furiosamente sulle anteriori. Di lì a breve Ethan si sarebbe sbarazzato anche dell’ultimo cacciatore rimasto l’unica incertezza era la via che avrebbe preso per farlo: si sarebbe preso la sua vita dopo un’estenuante tortura alla fine del quale lo stesso avrebbe invocato la morte? Oppure, dato che c’era la sua ritrovata nipotina le avrebbe risparmiato – almeno per la prima volta – i giochetti da psicopatico?
    «Wooo hooo», alzò i palmi verso le bestie imbizzarrite cercando di portarle alla calma per poi scagliare loro contro un Obscuro che le avrebbe accecate. Incapaci di vedere i cavalli si quietarono ed Axel si avvicinò imbrigliandoli con un Incarceramus plasmato ad hoc. «Intendi stare a grattarti o fai qualcosa?» si voltò verso una Skylee ancora visibilmente scioccata e senza troppi convenevoli le allungò una briglia. Welcome to the party, baby.
     
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    Ethan
    E allora lo vedi che ho fatto bene a portarmi la mia fedele boccettina? Tocca sempre portarsi qualcosa dietro, non si sa mai che stronzo potresti incontrare. Qua ne abbiamo beccati due che a fare gli stronzi, ci hanno voluto provare. Diciamocelo: non sono due cime di furbizia. Anzi, sono proprio rincoglionita.
    Ecco, posso giusto consentirgli che la trovata della buiopesto è quanto basta per farti scattare i nervi. Non vedere rientra nella lunga lista delle cose che non sopporto. Ma per fortuna, ci sento benissimo: mi arriva un suono di smaterializzazione, giro la testa in sua direzione abbracciando affettuosamente lo stronzo che tengo sotto mira. Perchè col cazzo che con sto trucchetto da mago delle feste per bambini ti permetto di scappare. Ne va del mio orgoglio «stai qua, ho appena cominciato con te, stronzo» si dimena. Inizio già a sentire la puzza della merda che ha sganciato nei pantaloni. Gli dò un colpo secco sul polso e la sua mano cade pesantemente a terra, stringe ancora la bacchetta. Era meglio recidere il problema alla radice... capita la battuta? Era piuttosto facile. Ovviamente il suo urlo acuto rischi di togliermi pure l'udito, minchia, un ultrasuono, non mi sorprenderei se tutti i cani del circondario si presentassero a questa porta. Lo senti vero, piccolo uomo inutile? Senti il calore del mio fiato dentro le tue orecchie? Saranno le ultime sensazioni che proverai. Tutti vorrebbero andarsene con il morbido tocco di una bella ragazza ma« tu, amico mio, sei stato davvero sfortunato» . Ci penso io ad assicurarmi che la tua morte non vada sprecata, tranquillo.
    Quel fottuto nero finalmente si dissipa e davanti a me, ritrovo ora il corpo freddato del ciccione. Eccolo là, un baccalà. C'ha pure ancora gli occhi aperti. Un ghigno soddisfatto si alza in direzione di Axel, il ragazzo alla fine ha davvero preso qualcosa da me. Meno male, sennò sarebbe stato perso.
    «MA PORCA PUTTANA» mi girano le palle come una fottuta giostra. Fanno su e giù, su e giù. Che giornata di merda. «MI HAI MACCHIATO IL CAPPOTTO CON IL TUO SANGUE DI MERDA» gli assesto una ginocchiata sulla schiena che lo fra crollare sulle sue ginocchia di pan di zenzero. Poi sento un mngh. Un verso. Si sta lamentando «non ti sento altro calcio e giù, disteso faccia a terra, dove merita di stare «...ho.... una famiglia...» «e io no» rispondo. È arrivato il momento patetico in cui ci raccontiamo i fatti personali? Non capisco «ehi nipote, fascia le caviglie a quegli unicorni, portiamoci avanti con il lavoro» mi infilo la mano in tasca. Eccola, la mia creatura violacea pronta per essere sperimentata «ti piace la chimica?» chiedo, ma quello inizia a piangere. Che due coglioni, no, i pianti no «è stata.... una sua... idea» guardo Axel. Sono annoiato. Mi premo pollice d indice contro la tempia. Il piede fa pressione sulla schiena dell'omuncolo come se fosse un mozzicone di sigaretta. Codardo del cazzo, fai scaricabarile su un morto. Ripeto, poco furbo«ti ho fatto una domanda» ok abbiamo appurato che questo tipo è ritardato. Apro la boccetta e verso il liquido, denso, viscoso. Si scontra con la sua schiena facendo un bel PLOFF! Ma ora avviene la vera magia: rotola giù, inizia a muoversi. E cerca. Cerca il viso del mal capitato. Cerca le sue cavità, ogni pertugio da cui respira solo per trovarle ed intasarle. E io resto lì, ad ammirare i movimenti goffi di quel blob che però, guardalo quanto è bravo a localizzare le zone di interesse! Naso, bocca... e perché no, anche orecchie. Il classico rumore da persona che soffoca, i classici spasmi che mi costringono a tenere fermo il mio nuovo amichetto con il piede. Mi chino a guardare la sua espressione, mi incazzo ancora di più quando rivedo la macchia sul cappotto. Merda, tutti quei tutorial su youtube su come rimuovere le macchie, non sono miracolosi come promettono. Un altro mngh soffocato e della bava di omuncolo sgorga sul terreno dai lati della sua bocca. Magnifico. Qualche secondo di spasmi e tremori seguiti da un colorito grigio e vene balaustre. Prendo appunti. Diciamo che i secondi sono circa sei. Perfetto. «Grazie per aver devoluto il tuo corpo alla scienza... oh cazzo ho scordato di chiederti come ti chiami!» ho avuto troppa fretta di provare il blob, mannaggia. Mani sui fianchi, segno di dissenso per me stesso. E vabbè. La mia invenzione nera con riflessi violacei si sgonfia, torna a sembrare più una pozza di fango. Devo ricordarmi di aggiungere qualcosina, la consistenza non mi convince del tutto. E non smette di muoversi, iperattiva come il suo papino «Skylee, recuperalo» scosto il piede dell'ormai cadavere, la sua mano giace qualche metro più in là mi fa molto ridere questa cosa. Guardo la ragazza, la squadro gli passo la boccetta vuota «sei stata bravina a mentire...» che sia un suo talento? Bene. Ma se solo prova ad usarlo contro di me, male. Molto male «attenta a non toccarlo se non vuoi che uccida anche te. Axel vediamo si sistemare queste bestie prima di cena, ho un appuntamento. Pulirai la loro merda, sennò l'aumento col cazzo che te lo do».
     
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