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    Sofija Anastasya Bennet Vanja E. Rosencrantz| Corvonero, IV anno


    La studentessa Corvonero dai capelli ramati e lo sguardo che avrebbe incenerito anche il più dolce e comprensivo fra gli esseri viventi, aveva lasciato l'aula nei sotterranei, colpendo il muro con un pugno stretto. Si sarebbe fatta evidentemente molto male se le sue condizioni non fossero state influenzate dalla situazione che le stava effettivamente uscendo di mano. Non prendeva l'antilupo con regolarità ma letteralmente a casaccio poiché la sua testa bacata le suggeriva che non era una soluzione. Era un palliativo alla sua maledizione. Il fatto che Bennet l'avesse obbligata a seguire le sue cure, era un motivo per cui detestavo abbandonarsi alla terapia. Non aveva superato il lutto, era ciò che lei invece cercava di dare a vedere.
    Percorreva il corridoio superiore al sotterraneo con i nervi tesi, così tanto da non proferire alcuna parola fino al dormitorio. Estrasse il bagaglio da sotto al letto, in verità ci era rimasto poco, giusto qualche mese. Non aveva perciò bisongo di un incantesimo auto pulente, bastò uno strattone dal manico per scrollare due palle di polvere ancorate alla superficie.
    Rimpicciolí cioè che stava nell'armadio, ogni cosa di infilò di fretta entro il baule. Daf! Urlò quando non riuscì a vederla. Fu così che il cassetto del comodino si aprí verso di lei emanano uno squittío indispettito. La piccola creatura sfrecciò sul letto e Anastasya allungò il palmo. Non farti pregare, andiamo! Così facendo si preoccupò di portare con sé Dafne, che insieme alle pillole rimaste in quel cassetto.
    Si guardò attorno, chiaramente la stanza sarebbe rimasta vuota della sua roba personale, le sorelle avrebbero preso saputo e avrebbero forse avuto un momento prossimo per parlare. Erano le undici e mezzo passate del mattino, le lezioni si sarebbero protratte per un'altra ora buona.
    Così volò giù dai piani mobili, sorpassano l'arco in pietra dell'ingresso e proseguì sempre avanti fino a dove avrebbe avuto il tempo di rimpicciolire il bagaglio, infilarlo nella borsa a tracolla e poi smaterializzarsi.
    Ma figura di Rosier me balena a in testa, le dita continuavano a diventare rigide senza controllo e non aveva nessuna voglia di incontrarlo perché era chiaro ciò che sarebbe successo: non avrebbe trattenuto nessuna parola per il Serpeverde, lo avrebbe aggredito non solo verbalmente.
    Mentre proseguiva verso la zona libera sentí il gerbillo correre intorno al collo, si nascose sulla spalla sotto alla maglietta di cotone che portava. I capelli ora erano asciutti e vaporosi. Non si sarebbe diretta in Alaska aveva voglia di sfogarsi nel posto dove da sola si rifugiava nei giorni in cui diventava pericolosa.
    Davanti a sé riconobbe la figura di un ragazzo, i capelli ricci e scuri erano inconfondibili e il ciuffo bianco non poteva essere di nessun altro se non del Serpeverde.
    TU! tuonò alle sue spalle, lo anticipò in ogni sua mossa, le mani tese verso di lui la bacchetta della destra. Strinse un lembo del suo braccio scoperto, con forza e rabbia in modo che non potesse sottrarsi.
    Un plop! Sancí che i loro corpi erano spariti. La smaterializzazione congiunta andò a buon fine e si ritrovarono entro un bosco londinese. Lei lo conosceva bene ma uno che a primo impatto si guardava intorno sembravano dispersi nel nulla. Il silenzio mi circondava e lo sguardo di Ana puntava il ragazzo con cui era venuta. La bacchetta si mosse, ma punta di accede e il suo passo bruciò la distanza che li sperava.
    C'era una cosa che Vanja Rosencrantz non sopportava, quelli che aggravano la loro condizione. E lui aveva totalizzato due punti in un solo giorno.
    Si mise proprio di fronte a lui, incenerendolo con gli occhi di ghiaccio. Gli stessi che le aveva donato suo padre, il medimago di gran nome.
    SEI UN IDIOTA! Le sue mani lo spinsero in pieno petto.
     
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  2. Aiden Rosier
     
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    Aiden Rosier | III anno | Slytherin


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    Le risposte da riservare al VicePreside e a quella scarsa, poco credibile e mancata attrice continuavano a balenargli nella mente come grandine che cadeva su una vetrata. Ogni chicco di grandine era una frase arguta e saccente che avrebbe messo al proprio posto tutti, Professore compreso -almeno nella sua mente. Ma fu là, per una volta tanto, che le lasciò. Dopo essere uscito dall'ufficio del Professore di Difesa Contro le Arti Oscure, Aiden si recò infatti a passo spedito nel dormitorio, deciso a non sbollire la sua rabbia in un luogo dove altre cariche sarebbero potute capitargli a tiro; e questa volta non si sarebbe di certo trattenuto, dato con la carica al momento più alta al castello si era già intrattenuto. Ovviamente, questo non avrebbe fatto altro però che peggiorare la sua situazione, motivo per cui, dopo aver recuperato le sue cose, continuò per la sua strada senza fermarsi a parlare con nessuno, fino a quando non si ritrovò fuori dalle mura del castello. Le iridi azzurre si preso un attimo per osservare la struttura; il riverbero del sole che nel mentre le fecero scintillare: dannata Vanja.
    Pensiero ricorrente, ormai.
    < Tsk. >
    Sbuffò quindi sonoramente, prima di rimettersi in marcia e superare i limiti dei territori di Hogwarts pronto per allontanarsi per quei maledetti tre giorni. Ma proprio mentre il polso -bacchetta alla mano- indicava al suo baule di adagiarsi al terreno, il rumore di alcuni passi lo costrinse a voltarsi. Sfortunatamente, non abbastanza velocemente.
    <...>
    Sentì infatti una mano avvinghiarsi al suo braccio e, nel giro di poco, percepì il suo corpo smaterializzarsi e riapparire... Dove? Ma soprattutto: con chi?
    Rapido andò quindi a girarsi di scatto, la bacchetta ancora impugnata mentre si rendeva conto che altri non era stata che quella stupida! Il sangue ci mise poco dunque ad arrivargli al cervello, mentre la sospensione impartita da White gli si palesava davanti agli occhi. L'espressione palesemente irritata dal fatto di essere stato anche colto alla sprovvista: ma come diavolo si era permessa? Le mani di lei contro il suo petto furono la goccia che fece traboccare il vaso.
    < Levicorpus! >
    Esclamò senza remora alcuna, la bacchetta puntata contro la figura della rossa che, dopo il suo incanto, avrebbe dovuto ritrovarsi appesa in aria. A testa in giù.
    < Idiota IO?> Riprese, dopo averla appesa per quelle gambe sode.
    < E' stata la tua ridicola performance a farci sospendere, cogliona! Credevi davvero se la sarebbe bevuta? Dopo tutti gli altri reati per cui ti sei fatta sgamare? >
    La guardò con rabbia, ricordando l'occhiataccia che lei stessa le aveva riservato per la scusa del caffè, mentre le toglieva la bacchetta dalla mano e la faceva sua. < Expelliarmus!>
    La mano sinistra che rapida l'avrebbe accolta e riposta nella tasca del pantalone.
    < Sei più stupida di quanto pensassi. O forse ti piace solo essere punita. O... >
    La mano liberà andò a serrarsi sulla bocca di lei, stringendone il mento mentre lo scuoteva, per poi lasciarla dondolare all'indietro nel vuoto. < Magari l'amore per me ti ha dato alla testa fino a questo punto...>
    Si concesse un effimero ghigno compiaciuto, che tuttavia non resistette a lungo, a causa della rabbia che non accennava a diminuire.
    Le iridi pregne di uno scintillio malvagio.
    < E dove cazzo stiamo?>
    Concluse sbottando, preoccupandosi solo adesso della cosa.

     
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    Sofija Anastasya Bennet Vanja E. Rosencrantz| Corvonero, IV anno


    Il ragazzo vacillò di fronte ai suoi occhi intrisi di collera. Per lei il tutto aveva avuto origine dall'offesa plurima della serpe, lei si era accanita di conseguenza e poi ne era scaturito il resto; conscia dei suoi errori e di essersi fatta abbindolare dal moro che adesso aveva trasportato con sè aveva tutto il tempo di fargliela pagare.
    Distante dalle mura del castello e da occhi indiscreti. Lì, qualora la bestia l'avesse sopraffatta lui non avrebbe avuto scampo e allora si sarebbe vendicata. C'era una cosa che V non sapeva fare da arrabbiata o appunto fuori dall'effetto dell'antilupo in prossimità del plenilunio: separare le cose quando era arrabbiata. Non ci vedeva più e in quei momenti poteva trasformarsi in una persona che normalmente non sarebbe stata. Non sapeva come domare quello che era, il fatto di travisare l'assunzione dell'antilupo aggravava le cose e aumentava la possibilità accadesse. Dei lievi segnali erano iniziati ancora nella stanza dei sotterranei durante i quesiti di White ma Ana credeva che non fossero così importanti. Eppure era successo più volte, lei sapeva cosa accedeva ma la sua "paura" era grande. Odiava il sua sangue macchiato e ciononostante invece di servirsi della soluzione per mettere a tacere la cosa, faceva esattamente il contrario. Una ribellione per i suoi genitori, un pezzetto a ciascuno: Zoya che le aveva dato la maledizione e Bennet per averle prescritto una terapia del cazzo che la mandava fuori di testa alle volte, invece di calmarla. C'era da dire che nutriva gran poca fiducia nei medici e negli ospedali in generale. Era lì che era morta Abigail, loro dovevano salvarla!
    La bacchetta di Aiden si mosse di scatto, presa alla sprovvista e accecata dalla rabbia la Corvonero roteò a gambe all'aria, i boccoli ramati sfiorarono il terreno prima di staccarsi da esso. Si ingarbugliarono di fogliame secco e di terriccio, mentre il suo viso stupito e arrabbiato si accentuava sempre di più. RIMETTIMI GIù! Urlò tagliando l'aria silenziosa del boschetto dove erano finiti. Lo sguardo della serpe la puntò e si avvicinò con chiaro intento di fronteggiarla. Se solo si fosse avvicinato di più gli avrebbe sputato in un occhio.
    NON SAI UN CAZZO DI ME, ROSIER! HAI UDITO DUE PAROLE E CREDI DI CONOSCERMI ABBASTANZA PER GIUDICARMI. PERCHè NON COMINCI COL CHIUDERTI LA BOCCA? EH? le braccia della ragazza tagliarono l'aria più volte con movimenti bruschi della schiena e delle gambe che erano la parte più impossibile da muovere. Certo! La mia performance! Razza di uno stupido, potevi metterci del tuo per rendere la cosa più veritiera possibile! rispose con arroganza tirando un pugno all'aria. Lo guardò al contrario, con gli occhi stretti in una fessura e le labbra che le dolevano per i denti che piantava con rabbia mentre lui ancora si avvicinava. METTIMI GIù, COSA C'è NON HAI LE PALLE DI FRONTEGGIARMI ALLO STESSO PIANO, AIDEN? Hai paura di me? Lo avrebbe aizzato con tutto il fiato che teneva in corpo, con tutto il nervoso che aveva accumulato secondo dopo secondo in quella stanza fredda dei sotterranei.
    La bacchetta del ragazzo la disarmò, la sua di ciliegio finì nelle sue mani che la intascarono.
    Come poteva solo pensare il Rosier di metterle le mani in viso come aveva appena fatto? Tentò di morderlo poi si divincolò talmente in fretta che sentì le dita sfiorargli il tessuto della maglia che indossava. Si sentì avvampare di collera quando le diede della stupida, da che pulpito venivano quelle parole? Esattamente da quello che aveva scelto la stanza dei trofei come luogo per farsi una scopata di puro divertimento.
    Sta zitto! Sta zitto! ringhiò lei quando le ricordò che lei aveva inventato quel sentimento nei confronti del ragazzo, pur non provando qualcosa di lontanamente simile. RIMETTIMI GIù! le ordinò lei alzando la voce a più non posso, i muscoli si irrigidirono, si scoprì avere più forza di prima e con un movimento di gambe finì a terra. Incassò il colpo che le soffocò il respiro per un attimo, per mettersi in piedi concentrando il peso sul ginocchio sinistro. Scattò verso di lui mentre ancora si guardava intorno chiedendo dove erano finiti. CODARDO, CHI TI HA INSEGNATO A FRONTEGGIARE UN AVVERSARIO IN QUESTO MODO? Si toccò il petto, proprio vicino al seno, si battè forte incenerendolo con lo sguardo. SEI SENZA PALLE, ROSIER! GUARDA SONO QUI! PERCHè NON MI METTI LE MANI ADDOSSO? COSA C'è NON LO FAI PERCHè SONO UNA DONNA? Gli andò di fronte, sicura di se, guardandolo in faccia. Dammi la bacchetta! ADESSO! gli ordinò e poichè non lo avrebbe mai fatto Anastasya lo colpì con un pugno che sapeva di tutto tranne che di forza femminile. C'era qualcosa che ribolliva in lei, se lo aveva preso bene probabilmente gli aveva rotto il naso o una parte di viso gli avrebbe provocato molto dolore. Allora, se si sarebbe piegato per tastarsi lo avrebbe spinto a terra, avrebbe recuperato in un lampo la bacchetta dalla sua tasca e avrebbe castato sul suo corpo un Petrificus Totalus ben mirato. Solo quando il corpo del Serpeverde sarebbe stato innocuo si sarebbe avvicinata, prendendo il suo volto rigido fra le dita della sinistra, stringendolo più di quanto una donna poteva fare e lo avrebbe insultato con tutta l'insolenza che serbava. Per fargli vedere che non aveva minimamente timore di lui, che assolutamente non era di meno, anzi, se così continuava lo avrebbe ridotto a brandelli. Lui non sapeva e lei non riusciva ad anticipare quanto nè ad averne il comando. Ma era probabile sarebbe successo.
     
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2 replies since 1/6/2022, 11:31   79 views
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