Laufas

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    La base di Laufas dista circa 250 miglia da Stadarfell, il luogo in cui sono nata. Una distanza ragionevole se percorsa in una pianura assolata ma abbastanza importante se si considera che siamo in Islanda. I mezzi magici messi a disposizione dal Ministero hanno permesso alla nostra spedizione di raggiungere il luogo predisposto per la missione che ci è stata assegnata.
    è Il campo è pronto. Tende termiche proteggono dal gelo e dai pericoli dell’esterno. Gli orsi sono affamati e non fanno distinzioni: nel loro menù maghi e babbani possono rappresentare entrambi un piatto succulento.
    Ero bambina quando ho visto il primo umano sbranato dai plantigradi. Non è stato un bello spettacolo. Evito di raccontare l’episodio ai miei colleghi. Siamo tutti adulti ed abbiamo mezzi e capacità per proteggerci ma non posso fare a meno di rammentare il suo bramire tanto raro quanto spaventoso.

    Il piccolo ospedale da campo che fa parte dell’accampamento costituito da container è ben riscaldato e ad un primo esame pare ben fornito ed efficiente. Potenti incanti di protezione celano la vista delle tende agli occhi dei pochi babbani che potrebbero passare da queste parti. Cacciatori ed esploratori hanno il brutto vizio di spingersi oltre il centro abitato per loro escursioni.
    Al nostro arrivo troviamo tredici pazienti ricoverati. Il personale del luogo ci informa in maniera sommaria circa le loro condizioni. Sono donne e uomini, streghe e Maghi di età diverse. Tanti. Fin troppi per un luogo scarsamente popolato come l’Islanda.
    Il loro aspetto pare non abbia nulla di rilevante. Non si notano pustole sulla loro pelle, non ci sono segni di avvelenamento, non ci sono ferite che possano far pensare ad incidenti. Accusano astenia, sono privi di forze, confusi. Il loro flusso magico si è indebolito senza una causa apparente. Ci è stato riferito che altri potrebbero trovarsi ben presto nelle loro condizioni.
    Il viaggio è stato lungo. La differenza di clima ha messo in difficoltà i nostri fisici abituati a temperature molto più temperate. Abbiamo tutti bisogno di riposto e di rifocillarci prima di prendere in esame la questione. Stanchi ed affamati non riusciremmo a combinare nulla di buono.
    In accordo con Bennet, con Maria e con Oliver Preston decidiamo di sederci alla sala mensa per mangiare qualcosa di caldo e fare il punto della situazione.
    Davanti ad un piatto di montone in umido fumante, ancora avvolti dagli indumenti termici che ci hanno protetto durante l’ultima ‘passeggiata’ a bordo di una slitta trainata dai cani, cominciamo a scioglierci e fare conversazione. Siamo fra colleghi. Conosco Bennet meglio degli altri ma apprezzo sia Maria che Oliver. Fino a prova contraria sono professionisti. Spero reggano al clima e al cibo Islandese. La dieta dei miei conterranei non è sempre ben vista dai non nativi e siamo stato fortunati ad avere, per pranzo, uno dei piatti meno tipici della mia Isola. Forse qualcuno di loro inorridirebbe se sapesse che la mia gente si ciba di ogni singolo pezzo dei preziosi animali che allevano con fatica. Forse schiferebbero le frattaglie, la carne di squalo cruda che per noi è prelibatezza, forse giudicherebbero chi mangia carne di balena ma per chi abita da queste parti il cibo è prezioso e difficile da procurare. Non si butta via niente e diventa tutto ottimo se annaffiato da un bicchiere o due di Brenniv. Il superalcolico che fa scaldare le orecchie e non solo anche ai pescatori costretti a stare all’addiaccio per ore ed ore.
    Mentre mi lascio cadere sulla panca della mensa al tavolo a noi riservato ho un bel sorriso stampato in volto. Sono a casa e mi sento in dovere di fare gli onori di casa.
    Benvenuti in Islanda. Non siamo in vacanza ma credo e spero che al ritorno, oltre all’auspicato successo della nostra missione, porterete con vo bei ricordi di questa Isola.
    Non era scontato ma non era affatto escluso che potessimo vedere, oltre a pazienti, provette, laboratori e alambicchi anche scenari meravigliosi e curiosità che solo l’Islanda sa offrire.
    Per Merlino incontinente cos’è questa roba? Puzza di caprone.
    Come non detto. Maria è la prima a non gradire la dieta.
    Jon Bennet, seduto accanto a me e di fronte a Maria spero mi regga il gioco.
    E’ il piatto preferito dal nostro capo Maria. Assaggialo.
    Dando di gomito e strizzando l’occhio a Jon inforco il cucchiaio facendo da cavia e da esempio. Dopo i primi bocconi la bocca brucicchia un po’ per le spezie aggiunte ma il sapore, per il mio palato abituato a quel genere di pasto, è migliore dell’aspetto.
    E’ inevitabile non parlare di lavoro in una missione lavorativa, siamo appena arrivati e presumo che anche i colleghi desiderino rendersi conto del motivo per cui ci hanno spedito a queste latitudini.
    Oliver è il primo ad affrontare l’argomento. Un po’borioso, come nel suo stile, si adatta o finge di adattarsi. Dopo il primo sorso di Brennivin prende la parola.
    Dovremo proteggerci se non vogliamo tornare a casa a piedi.
    Come prima diagnosi non c’è male. Viva l’ottimismo.
    Scuotendo il capo con la coda dell’occhio cerco di osservare il viso di Jon. Difficile immaginare cosa sta pensando ma se sono qui è per risolvere questo grave problema e anche per lui. Preferisco tenerlo sul pezzo piuttosto che immaginarlo assorto sui suoi problemi personali. Mi fa rabbia e mi dispiace pensare che sia triste. Mi spiace pensare si senta imbrigliato in una situazione assurda, costretto e condannato a far scelte che non avrebbe dovuto fare.
    Tu Jon che dici? Torneremo a casa a piedi?
    Il mio mezzo sorriso affiora e nel mio sguardo c’è aspettativa. Non accetterò un si come risposta. Se non ci crediamo noi sarà tutto inutile.







    Parlato


    Edited by Nora/ - 25/2/2022, 18:51
     
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    La spedizione è partita nel migliore dei modi: la squadra specializzata formata da me, Nora e gli altri due colleghi si completa a vicenda e per un attimo sono stato preso di mira da quel fastidioso guatirore che ha insistito per venire, non penso neanche al suo nome e non ne voglio proprio sapere, mi ha dato un sacco di problemi perchè voleva venire a tutti i costi, ed io non potevo permettere che un solo uomo mandasse all'aria un sacco di giorni di lavoro. Ma soprattutto dobbiamo fare in fretta, troppi maghi e streghe si stanno ammalando, dobbiamo studiare bene il virus e agire di conseguenza cercando di scoprire una possibile cura. E' una scelta ardua ma io ci sono abituato, mi piace il mio lavoro, anche se sicuramente mi porta lontano dai miei affetti. Ho lasciato Zoya e Sejal a metà febbraio per imbarcarmi in questa folle missione in Islanda, credevo di aver sentito già abbastanza freddo in Russia, invece ho scoperto un territorio ancora più freddo. Ci stiamo riposando dopo un'estenuante viaggio e sopralluogo della zona, qui intorno a noi c'è un deserto immenso di neve e lavorare in mezzo al nulla fa proprio un effetto strano, per fortuna i riscaldamenti sono ben progettati e io, come faccio sempre quando entro in modalità lavoro, sento caldo, nonostante quei bassissimi gradi fuori io sono l'unico che toglie via la giacca termica.
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    Un pazzo dire, ma per me va bene così. E poi sono così concentrato a guardare fuori dal finestrone che neanche mi accorgo di quello che gli altri dicono intorno a me. Mangio, come forse dovrebbero fare tutti gli altri. ce la puoi fare, dovresti spianare la neve prima di tirarla penso tra me e me mentre un camioncino fuori cerca di tirare una jeep che è sprofondata sulla neve, l'impresa è ardua. I miei colleghi parlano. Nora ci ha appena dato il benvenuto. Potremmo visitare la tua città. dico a Nora continuando a guardare fuori dalla finestra, mangio ancora ma che sto mangiando? ho così tanta fame che quasi neanche me lo chiedo. Cos... mi sveglio e guardo Nora che dice che quello è il mio piatto preferito. Si, direi di si.. ho così tanta fame che .. aspetta, che cosa sto mangiando esattamente? mi fermo all'improvviso guardando tutti stranito, spero di non aver mangiato una balena.Torneremo a casa in groppa agli orsi secondo me. un silenzio generale si fa largo, poi scoppiamo a ridere. Andrà tutto bene ragazzi, siamo qui perchè in fondo siamo i migliori.. confido tantissimo nelle vostre capacità e penso che sarà una bella sfida. passo uno sguardo su tutti. Avete per caso dubbi, perplessità? paure? perchè questo è il momento giusto per sputarle fuori.
     
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    Mentre Maria ed Oliver osservano attentamente ciò che hanno nei piatti annusando e assaggiando il cibo Jon appare distratto.
    Non mi sorprenderei che stesse pensando a casa. Durante il nostro ultimo incontro e in quelli che hanno seguito la fine del nostro rapporto abbiamo parlato di noi in maniera sommaria riferendoci soprattutto al lavoro e alla nostra disponibilità nel collaborare. Abbiamo avuto modo di parlare un po’ di noi in seguito alla perdita della bambina di Vanja ma oltre a quello io non so più nulla di Jon. Non so dove vive, non so cosa fa quando non è al lavoro e non so come si stia inserendo in quel contesto complicato che è diventata la sua vita.
    E’ cambiato. Chi non sarebbe cambiato dopo essere stato travolto dall’uragano che l’ha investito. Sono convinta che, dal suo punto di vista, abbia cercato e cerchi di fare la cosa migliore. Il mio punto di vista è diverso. Ho la sensazione che si sia perso nel mare di guai in cui è costretto a nuotare e che la sua obiettività ne risenta. Fra vuoti di memoria e cattivi incontri penso abbia perso un po’ del suo polso e della sua sana lucidità.
    Il Jon che conoscevo a mio parere avrebbe reagito in maniera diversa se non fosse stato travolto dai sensi di colpa e dai ricordi confusi.
    Non dovrebbero essere fatti miei. Non più. E’ un uomo adulto, una persona seria, sensibile e concreta. Dovrei fidarmi del suo giudizio e lo farei se lo sentissi pienamente convinto del suo operato. Non è così. Vorrei chiedergli il perché di quelle scelte, vorrei capire fino a che punto sono dipese da lui e se ha avuto libertà di scegliere.
    Non posso farlo a tavola, con Maria ed Oliver che discutono sul contenuto dei loro piatti. Non posso farlo se non quando capiterà l’occasione giusta. Abbiamo davanti giorni di inteso lavoro gomito a gomito. Spero che la ‘convivenza’ riaccenda anche la confidenza che c’era prima e mentre stavamo insieme.
    E’ proprio la voce di Bennet a farmi tornare presente a me stessa distogliendomi dal mio pensare.
    Tossicchiando sorrido mentre spazzolo letteralmente il mio piatto. I sapori gustati durante l’infanzia lasciano una traccia nella memoria che difficilmente si dimentica.
    E’ montone. Spezzatino di interiora di montone allevato senza aggiunta di nulla che non sia naturale. Il sapore è forte e può sembrare strano ma è autentico e selvaggio come questa terra.
    Sorrido al pensiero di poter cavalcare un orso. Con i suoi tre metri di lunghezza e gli oltre seicento chili di peso è impressionante oltre che splendido. Mi appunto l’esperienza. E’ una delle tante cose che non ho mai fatto ma chissà. Potrebbe essere meno rischioso di debellare un virus sconosciuto che indebolisce la magia.
    Non ti assicuro che troveremo orsi anche se non lo escludo ma una gita in slitta è d’obbligo da queste parti.
    E’ il mezzo più comune ed antico dell’Islanda. Trainate da cani o da renne le slitte sono il mezzo preferito dai turisti ma anche dai noi nativi che amiamo immergersi nella natura selvaggia dell’Islanda senza comprometterne l’equilibrio.
    Mentre parlo già penso a cosa fare. Sono una guaritrice e il mio compito è quello di guarire, di provarci. Farò il possibile per individuare la causa che sta indebolendo i poteri dei colpiti dal virus sconosciuto. I pazienti avranno tutta la collaborazione e le competenze dello staff a disposizione ma mentre per quel che i riguarda i contagiati seguirò l’iter per quello che riguarda Jon no. Il suo corpo pare non soffra di alcuna patologia ma il suo spirito, il suo morale, la sua lucidità potrebbero avere bisogno di me in un ruolo che esula da quello che è la mia professione.
    Con quel preciso proposito bene impresso nella mente quelli che esprimo non sono dubbi ma certezze e proposte. Dopo aver attinto ad una discreta dose di una delle mie bevande preferite prendo la parola mostrando principalmente il lato professionale di me stessa.
    Io direi che Mary ed Oliver dovrebbero occuparsi del laboratorio. Controllare che ci sia tutto il materiale e la strumentazione dei quali hanno bisogno. Quel che manca lo reperiremo. Jon ed io potremmo occuparci dei pazienti. Abbiamo bisogno di trovare un punto in comune fra loro.
    Dovevamo capire con chi o con cosa erano venuti a contatto oltre a controllare il decorso della malattia ed assistere ai relativi sviluppi. Stando fianco a fianco avrei potuto trovare o creare l’occasione per dargli modo di aprirsi e per dare a me la possibilità di esprimere la mia opinione.
    Durante un colloquio avuto con un comune amico Ian mi disse che Jon aveva fatto degli errori. Io ribadisco che Jon ha subito le conseguenze di errori di altri e per quel che conta e per quel che vale vorrei poter ribadire con lui il concetto.
    Dando di gomito a Bennet ridacchio.
    Sei pronto ad affrontare il gelo? Dovremo uscire dalla base per trovare indizi. Prepara la bussola. Potremmo perderci.
    La speranza era di ritrovarlo e di fargli ritrovare il sorriso e se per raggiungere lo scopo dovevamo perderci...


    Parlato


    Edited by Nora/ - 17/2/2022, 22:13
     
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    Quando mi spiega che cosa sto mangiando poi continuo a mangiare in pace, credevo venisse fuori qualcosa di strano a ma a me il sapore non dispiace, è molto particolare e gustoso, accompagnato dalla bevanda poi si migliora. Quindi inforco un altro pezzo di montone e lo mangio, sotto lo sguardo schifato della mia collega che mi guarda fisso. Che c'è? dico stoppandomi un attimo nella masticazione Non hai fame Maria? lei scuote la testa in modo molto deciso No no. Ti dispiace se lo prendo io? la mia collega allunga il piatto senza fare la minima storia, io sono così affamato che rischierei di mangiare tutti e tre i miei colleghi. Ma quanto cavolo stai mangiando Jonathan? faccio spallucce e continuo a mangiare, in realtà quando sono in missione e il mio cervello è sotto stress mangio il doppio, mi serviranno certamente delle energie per affrontare l'ignoto, ma allo stesso tempo sono molto entusiasta di essere in un posto per me nuovo, non avevo mai visto l'Islanda, ed avere Nora con noi è proprio una garanzia indiscutibile oltre che una grossa mano in più per le ricerche e per la cura. Avrò bisogno di molte energie se ne vogliamo uscire con successo da questa missione, su forza mangiate che dopo ci aspetta già del lavoro da fare! li invito a mangiare bevendo dal mio bicchiere prima di immaginarmi su di un orso a galoppo. Assurdo direi, finirei di certo sbranato anche se non sono per niente grasso, la prima cosa che si mangerebbero sarebbe la mia materia grigia.
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    Rimango in silenzio ascoltando il parere di Nora, dice che i nostri colleghi sistemano il laboratorio mentre noi ci avventureremo in terre mai esplorate per cercare degli indizi. Mi sembra un ottimo punto di partenza, questi pazienti vengono quasi tutti dalla stessa cittadina.. dobbiamo capire dov'è avvenuto il contagio e capire qual'è la fonte principale del virus, se ci sono focolai o altro. aggiungo poi a quello che dice Nora, mi volto a guardarla quando mi da un colpo di gomito. Avete bisogno delle protezioni, non sappiamo come avviene la trasmissione di questo virus magico. Ho già provveduto. dalla tasca tiro fuori due piccole bustine arancioni, è un artefatto magico e in caso di necessità spiegherò a Nora come si usa. Mi alzo in piedi all'improvviso, sto ancora mangiando l'ultimo boccone quando comincio a mettermi la giacca termica. Okay ragazzi, ci vediamo stasera .. io e Nora facciamo un giro là fuori. mi volto verso di lei Pronta?
    Passano pochi minuti e aprendo la porta pesante del container mi rendo conto che ci vuole davvero un certo spessore per contenere il freddo che c'è fuori, i gradi sono pochissimi, probabilmente sottozero. Affondo i piedi ricoperti da solidi stivali dentro la neve. Che cosa dici di fare adesso? ce la facciamo ad arrivare in città e indagare? dentro la grande tasca della mia giacca termica ho i documenti dei nostri pazienti, entreremo domani a visitarli, prima dobbiamo guardarci intorno.
    Guardo l'orologio e attendo una sua risposta, lei è più esperta di me sulla zona, sarà lei a consigliarmi se ne vale la pena andare adesso oppure rimandare la cosa.

     
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    Una volta assegnati i compiti ognuno di noi sapeva cosa gli spettava.
    Rifocillati e riscaldati non rimane che iniziare la nostra missione, entrare nel vivo del problema e cercare di risolverlo.
    Sono preoccupata e anche se cerco di non darlo a vedere temo per le nostre sorti. Se rimanessimo noi stessi vittime del virus vedremmo le nostre doti indebolirsi e questo mi rende estremamente combattiva. Non posso pensare di perdere l’uso della magia, sarebbe come annullarmi, vanificare anni e anni di sacrifici spesi nel perfezionarmi. Voglio essere d’aiuto alla mia gente e fermare la mano oscura che opera nell’ombra per prendere il controllo del nostro mondo perché mi pare evidente che questo possa essere lo scopo di questa epidemia.
    Per ora pare circoscritta alla mia Isola. Forse l’Islanda viene usata come test per poi far circolare il virus oltre i confini e se questo avvenisse sarebbe una tragedia.
    Alzandomi dalla sedia rispondo prontamente alla sollecitazione di Jon. Raddrizzo le spalle e sorrido mentre i miei pensieri sono tutt’altro che allegri. Anche se non c’è nulla di cui rallegrarsi tenere alto il morale è necessario.
    Prontissima.
    Indossando il giubbotto termico tendo la mano per accettare la busta arancione che Jon mi porge. Ha pensato a tutto ed è stato previdente. Non sappiamo con cosa abbiamo a che fare e immagino che si sia premunito per tenerci al sicuro dal contagio. Conoscendolo so che posso fidarmi e questo mi da conforto.
    Salutando i colleghi che, a mio avviso, sono ben felici di rimanere al campo base, mi avvio verso l’uscita.
    Maria e Oliver di avviano verso il laboratorio e noi ci dirigiamo dalla parte opposta. Non appena avremo varcato il confine protetto dagli incantesimi di protezione saremo visibili e vulnerabili. L’idea che il virus non sia il solo nemico da sconfiggere mi fa venire un brivido lungo la schiena ma è necessario affrontare ciò che ci aspetta.
    Prima iniziamo e prima riusciremo a capirci qualcosa. Non sarà facile trovare indizi. Hai per caso un cero da accendere davanti all’immagine di Merlino?
    Metterla sul drammatico non avrebbe aiutato. Sappiamo entrambi che la situazione è seria. Non c’è bisogno di rimarcarne la gravità.
    Dovremo limitare l’uso della magia allo stretto necessario. Fingeremo di essere una coppia di turisti babbani fai da te.

    Dallo zaino che porto sulle spalle estraggo una potente macchina fotografica con tanto di obiettivo già montato. E’ un oggetto incanto che ha diverse opzioni al suo attivo. Un para orecchi altrettanto particolare è l’altro oggetto che porgo Jon. Ne indosso uno quasi identico tranne per il colore. Rosa per me e...rosa pure per lui. Non c'erano altri colori a disposizione ma il commesso che me li aveva venduti mi aveva assicurato che i babbani impazzivano per quei cosi. Jon. So che non gradirà ma sarà divertente vedergli indossare i due buffi fiocchi che gli permetteranno di udire suoni non altrimenti percepibili. Non sono gli orsi che temo. Ci sono persone ben più pericolose in giro ed avere la possibilità di sentire voci senza doverci avvicinare troppo mi è parso utile.
    Il centro di Laufas dista circa dieci chilometri. Se la percorriamo a piedi arriveremo col buio quindi… dovrai fidarti di me.
    Proprio a fianco dell’uscita un gatto delle nevi era pronto per la nostra prima escursione. Non posso dire di essere esperta del mezzo ma come ‘padrona di casa’ e impavida ‘turista fai da te’ mi pare il mezzo più consono. Possiamo sempre dire di averlo affittato in caso dovessimo renderne conto.
    Salta su e tienti stretto.
    Non può essere molto diverso da un’auto. E non credo troveremo il traffico delle vie di Londra. Non avremo nemmeno problemi di parcheggio, forse.
    Varcata l’invisibile linea che delimita la base il capo dietro di noi scompare e davanti noi, dietro e di fianco sono neve.
    Il rombo del motore è l’unico suono percepibile e il mio piede preme sull’acceleratore facendo impennare il mezzo. Ridacchio mentre raddrizzo il mezzo che prende a sfrecciare veloce sulla bianca e ghiacciata distesa. Il vento gelido fa lacrimare gli occhi ma nel contempo è utile. Ci fa rimanere vigili e svegli. L’aria fredda sollecita i polmoni dando carica. Sono a casa ed è una bella sensazione.
    Mentre prendo confidenza col mezzo sperimento curve e rettilinei affrontandoli senza troppa prudenza. E’ come andare in giostra, è divertente e non lo nascondo mentre rido.
    E’ tutto sotto controllo. Il micetto fa le fusa e ora lo facciamo arrabbiare un po’.
    Avrei potuto dire che avevo fretta di arrivare e non sarebbe stata una menzogna ma la verità è che mi diverto tantissimo a sgattaiolare con quel coso rumoroso che va molto più veloce di quel che pensavo.
    Fra scivolate e scossoni arriviamo ad una svolta oltre la quale si intravvedono le prime abitazioni della periferia della città.
    Indicandole col braccio comincio a rallentare e quasi quasi mi spiace che il viaggio sia stato relativamente breve. Il sole che inizia a scendere rimanda colori incredibili che illuminano il mio sguardo mentre gli assorbo.
    Mentre percorriamo una delle vie che portano verso il centro noto l’effige di un pub. Il cervo incantato.
    Tirando il freno a mano do conferma, in caso fosse necessario, della mia scarsa abilità nell'effettuare parcheggi. Nonostante il largo e quasi deserto piazzale dove mi sono fermata riesco a mettere il mezzo assolutamente storto.
    Rimettendo il ordine il paraorecchie che durante il viaggio si è scomposto indico a Jon la locanda mentre scendo e mi sgranchisco le gambe.
    Un luogo di ritrovo attira gente, la gente parla e se il cero a Merlino funziona potremmo essere fortunati ed ascoltare qualche discorso che possa far un po' di luce in questo mistero.
    Questo è il piano A. In caso Jon abbia piani con altre lettere sarò ben felice di ascoltarlo a patto che faccia in fretta. I piedi, seppur ben custoditi in soliti scarponi, stanno cominciando a raffreddarsi e mi rocca saltellare per far circolare correttamente il sangue.


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    La battuta di Nora mi fa spuntare un sorriso, per cui non dico niente in particolare ma semplicemente sorrido spostando lo sguardo su di lei. Accendere un cero a merlino, io questa non l'avevo mai sentita. < Dobbiamo muoverci, esattamente. > siamo entrambi d'accordo che dobbiamo essere veloci perché il virus corre e il sole tramonta. < Noi sappiamo fingere benissimo, ne so qualcosa. > rispondo ancora con tono ironico, mentre ricordo quella volta in cui mi sono cimentato sul palco a cantare come un cretino, e lei che praticamente è stata la presentatrice improvvisata migliore che avevo mai visto. Ci eravamo divertiti parecchio e non è difficile pensare che riusciremo a fingere di essere quello che vogliamo, alla fine è una cosa divertente.. Anche se quei paraorecchi.. Sono davvero orribili. < Oh merlino, ma a cosa ci serviranno? > li afferro e li osservo stranito, molto stranito per poi provarle un attimo e mi accorgo subito di sentirci almeno il triplo del normale. < Nessuno ci noterà con queste cose in testa. Fidati. > continuo ridendo, e per adesso tolgo i paraorecchi infilandole dentro al tascone della mia giacca. Nora sembra sapere benissimo cosa fare, adocchia un gatto delle nevi e ci sale sopra, io all'inizio sono un po' titubante. < Ma è la prima volta che lo guidi? > mentre in realtà con l'altro piede ci salgo già sopra, perché diciamocelo: sembra davvero figo e credo sia l'unico mezzo appropriato per muoversi sulla neve in questo posto che sembra un deserto bianco. Fuori dall'incantesimo di disillusione sembra davvero un deserto vastissimo, il freddo ci fa diventare i nasi rossi e quasi non mi sento più le orecchie, decido di mettermi quel paraorecchi assurdo e menomale che da quelle parti non mi conosce nessuno, o almeno lo spero: sai che bell'articolo ne uscirebbe? Il dottor Jonathan Bennet avvistato in Islanda a bordo di un gatto delle nevi con un paraorecchi rosa, che cosa stava facendo? Sarebbe la fine della mia dignità, ma cosa non farei per abbattere un virus così pericoloso? La leggerezza di Nora mi conquista, alleggerisce il momento e capisco che si sta divertendo a guidare quel mezzo, a tratti accompagno la sua risata alla sua, qualcuno non direbbe proprio che stiamo a lavoro. In poco tempo giungiamo in città, prima di mettere i piedi a terra fermo Nora trattenendola dal braccio. < Mangia la caramella dentro la bustina, ci proteggerà per circa tre ore dal contagio. > praticamente è come indossare una tuta antivirale. Ci incamminiamo verso un punto ben preciso dopo il parcheggio stranissimo di Nora, non dico nulla ma dalla mia faccia si vede che gliene vorrei dire tante ma evito perché se no riderò per tutto il tempo, e qui bisogna essere seri. Più la guardo con quel paraorecchi e poi sorrido pensando alla mia faccia con quel coso nelle orecchie e sui capelli, esattamente come il suo. < Okay, allora entriamo.. > non ce la posso fare < Spero di non ridere perché te lo dico prima, la gente ci guarderà tantissimo con queste cose. > faccio un sospiro per mantenere il controllo e divento serio improvvisamente, spingo la porta e la lascio passare così entra per prima. La locanda è molto accogliente, tutta in legno e la gente beve, e fa anche abbastanza caldo. < Ci tocca bere qualcosa. > sussurro in sua direzione < Prendiamo posto. > ci sediamo di fronte al bancone sugli sgabelli, il banconista ci accoglie e ci chiede che cosa vogliamo bere. < Una birra per me, grazie. > quello ci guarda ovviamente, e quasi mi ride in faccia. < Fa freddo qui eh? > chiedo all'uomo che si trattiene dal ridermi in faccia. < Riesci a sentire qualcosa di anomalo? > sussurro a lei appena il banconista si allontana. < Troppe voci.. Ho un po' di confusione, come si usa sto coso? >
     
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    Dove sta scritto che non ci può divertire lavorando? Amo la mia professione, non la vivo come una noiosa routine quotidiana che serve solo per portare a casa lo stipendio. Non mi interessa nemmeno la gloria. Prendo molto sul serio il mio lavoro e so quanto questa missione sia importante non solo per i pazienti già contagiati ma per tutti quelli che potrebbero esserlo. So di avere un collega/complice che sa reggere il gioco. E’ già stato testato su quel fronte e ammicco quando mi dice che siamo bravi a fingere. Lo siamo anche ad improvvisare e mi ricordo molto bene la sua eccezionale performance sul palco dell’hotel di Honolulu.
    Non brontolare. Ti donano. Nessuno potrà pensare nemmeno per un momento che sei un Genio. Non dovrai cantare stavolta anche se…non è ancora finita per cui dobbiamo essere pronti a tutto.
    Inciampando nella neve soffice ammicco ridacchiando. Non si può star seri. Bennet in versione unicorno rosa turberà i miei sogni per notti a venire. Per non perdermi nulla lo immortalo con la macchina fotografica pensando che potrà essermi utile in caso dovessi ricattarlo e ridendo di me stessa lo guardo con aria di sfida facendogli percepire il mio pensiero ben sapendo che si tratta di una minaccia che non metterò in atto.
    Alla fine del viaggio che ci porta al Cerco Incantato siamo infreddoliti e un po’ ammaccati sia per il mezzo poco comodo che per la mia guida tutt’altro che prudente. Non ho dato risposta alla domanda di Jon circa la pratica del mezzo a penso si sia accorto da solo che non ne ho mai guidato uno in vita mia.
    Mentre ci scrolliamo di dosso la neve che abbiamo raccolto durante il percorso accetto la caramella che Jon mi assicura sia una valida protezione dal contagio. Tre ore di immunità. Tre ore durante le quale dovremo ottimizzare al massimo ricerche e collaborazione.
    La pastiglia ha esattamente il sapore della vendetta. Non ho dubbi che sia un ottimo mezzo per proteggere dal virus ma…porco Merlino….un po’ più buona no????
    Storcendo la bocca piego il busto in avanti tappandomi le labbra con entrambe le mani.
    Mi chiedo come hai fatto a superare l’esame di Pozioni. Hai sicuramente corrotto il Prof. Fa schifo!
    Sa di vomito e di caccole. Un mix quasi più letale del virus ma di buono ha che il sapore si dissolve immediatamente.
    Dopo aver respirato lunghe sorsate d’aria gelida lo stomaco si sistema e sono perfino in grado di ridacchiare guardandolo. Un genio così improbabile è da Guinnes e non mi riferisco alla birra.
    Sei nato babbano. Dovresti amare queste amenità e in ogni caso devi fingere di essere babbano e comportarti come se le adorassi.
    Aperta la porta del locale Jon avrà conferma di ciò che dico. Oltre al tepore e all’ambiente gradevole che ci accoglie si sentirà meno solo osservando che altri stanno come lui se non peggio.
    Una ragazza ha in capo un berretta sulla quale è appollaiato un barbagianni, un’altra ha una sciarpa ricoperta di pon pon gialli col becco che sembrano pulcini. Un uomo trattiene i lunghi capelli con un cerchietto sulla cui sommità svettano le corna di un’alce e il suo compagno di bevute, per non essere da meno, indossa un cappello a tesa larga ricoperto di soffici e pelosi ragni.
    Ti senti a tuo agio ora? Sei perfino discreto.
    Non è vero ma devo fargli coraggio e con molta disinvoltura mi pavoneggio del mio paraorecchie cornuto avanzando spedita verso il bancone seguendo il mio altrettanto cornuto compagno.
    Spengo con una occhiataccia il sorriso impertinente del barista che sta mettendo alla prova l’autostima di Bennet e raddoppio l’ordinazione chiedendo una birra anche per me.
    Certo Signori. Subito. Due birre e …niente. Due birre e basta.
    Compiacendomi di essere stata convincente comincio a sbuffare. Il mio apparecchio acustico funziona benissimo mentre quello di Jon pare abbia problemi.
    Scivolando giù dallo sgabello mi avvicino a Bennet controllando quale possa essere il problema. Le corna sono antenne, una si è storta e impedisce la corretta ricezione.
    La raddrizzo proprio nell’esatto istante il cui il barista finisce di mescere le birre e le appoggia sul tavolo. Da consumata attrice sorrido amabilmente all’uomo che ci guarda con curiosità.
    Ecco. Così dovrebbe andar bene. Si era storto un corno.
    Amabile ammicco a Jon sperando di aver risolto il problema. L’incanto dovrebbe agire indirizzando l’attenzione sugli argomenti che hanno a che fare con la nostra ricerca. E’ programmato per rilevare parole chiave che hanno attinenza con ciò che stiamo cercando mettendole in risalto sopra il brusio del normale chiacchiericcio dei clienti che parlano degli affari loro.
    Il barista insiste nell’osservarci e dubito che sia solo per i nostri ridicoli paraorecchie. Vedendo che lo osservo interrogativa è quasi costretto a prendere parola mentre mi arrampico sul trespolo. Perché fanno gli sgabelli così alti è un mistero che prima o poi risolverò.
    Stranieri vero? Vi trattenete o siete di passaggio? Mi è rimasta una sola camera libera in caso voleste approfittare.
    Faccio la vaga fingendomi indifferente verso la curiosità così mal repressa del barista baffuto. Ha due code di topo sotto il naso che sono imbarazzanti ma non è nulla in confronto all’imbarazzo che provo per l’offerta. Comprendo che si una proposta interessata anche se nel contesto la avverto audace.
    Non abbiamo ancora deciso. Che ne dici?
    Rivolgendomi a Jon gli scarico la pluffa. Ci ha scambiati per una coppietta in vacanza e questo conferma che il nostro abbigliamento/travestimento funziona.
    Gli occhietti cisposi ed avidi dell’uomo ci scrutano. Appoggia i gomiti sul bancone e ammicca soddisfatto.
    In questo periodo pare che Laufas sia meta di turisti. Ci sono diversi stranieri in giro, sono giorni che la locanda è piena.
    Il suo sguardo vaga per il locale soffermandosi sui clienti che la popolano. In qualche modo è riuscito ad attirare la mia attenzione. Difficile parlare ed ascoltare contemporaneamente, spero che il corno di Jon sia attivo e che possa captare altro oltre al chiacchierare del barista.
    Senza mostrarmi troppo interessata gli rispondo con il tono di chi, educatamente, da credito ad uno sconosciuto che lavora.
    Buon per lei. Mi fa piacer che gli affari vadano bene.
    La prospettiva di perdere due clienti non gli aggrada. Stirando le labbra mostra una dentatura quantomeno bisognosa di un bravo dentista e batte la grossa manona sul tavolo.
    Mentre attendo che Jon gli risponda le cuffie gracchiano e odo, chiaro e irrefutabile, uno stralcio di discorso. Parlano in estone, lingua che comprendo.
    Vi faccio lo sconto e vi offro un altro giro di birra. E’ una bella camera. La migliore della locanda.

    Aga ei, nad ei saa olla aurorid. Nad on muglid. Neil on kaamerad ja naljakad mütsid. Nad ei ole siin meie jaoks.

    Ma no, non possono essere Auror. Sono babbani. Hanno macchina fotografica e buffi cappelli. Non sono qui per noi.

    Toccando con la punta del mio piede la sua scarpa gli faccio notare che dovrà prendere le redini della situazione e mi fingo molto imbarazzata. Non faccio un grosso sforzo. E’ tutto un po’ imbarazzante ma cosa non si fa per adempiere al proprio dovere.









    Parlato


    Edited by Nora/ - 20/2/2022, 21:47
     
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    Non ha mai pensato a quante medicine miracolose fanno schifo? aggiungo ridendo mentre la faccia di Nora è tutta un programma Volevi l'essenza alle fragole? è veramente schifosa questa cosa da mangiare, ma è assolutamente necessario per impedire al virus di entrare nei nostri corpi e lasciarci all'asciutto di magia, dobbiamo tenere gli occhi bene aperti perchè qualunque cosa potrebbe farci correre seri rischi, non solo per noi stessi, ma anche per tutte le altre persone, o meglio, per tutti gli altri maghi e streghe. Mentre Nora cerca di convincermi che dovrei amare l'aggeggio che ho in testa entriamo nella locanda che sembra piuttosto magica, e se non ricordo male forse lei aveva detto che era fatta di maghi e streghe irriconoscibili, si.. proprio irriconoscibili ma bizzarri, più di noi. Adesso si che mi sento a mio agio. mi guardo intorno e ci sono delle persone vestite malissimo, non è che io sono una cima in fatto di moda, ma questa gente è davvero pazzesca. Si vestono tutti così in Islanda? perchè se è vero mi chiedo come lei abbia imparato a vestirsi bene, o semplicemente come qualunque essere umano. Quando siamo già seduti di fronte al bancone e l'uomo ci sta facendo due birra finalmente riesco a capirci qualcosa di quelle paraorecchie, Nora aggiusta un corno mentre rimango fermo ad attendere gli effetti di quella strana invenzione. Assurdo. spalanco gli occhi e mi accorgo di sentire adesso solo i discorsi più importanti, molti di loro parlano una lingua a me sconosciuta. Bella mossa. L'uomo ci porta le birre e ci chiede se vogliamo passare la notte lì. Ehmm.. no, non credo ci fermeremo.. poi mi correggo perchè non si sa mai Stiamo ancora pensando a cosa fare in realtà. lancio uno sguardo a NOra, poi guardo l'altro banconista che prepara le bevande per i clienti.. ii miei occhi diventano critici, analizzo bene i suoi movimenti e sembra che copra di continuo i boccali, come se non volesse dare nell'occhio. Ho sospetti ma qualcosa mi distrae. Sento la parola auror, che può significare tutto o niente. Sento il piede di Nora, mi sta lanciando segnali. AAAAH. stringo gli occhi mettendomi le mani sulla pancia Cavolo, ricomincia. Tesoro, mi sa che dobbiamo fermarci qua. mi sporgo verso l'uomo che sembra molto contento del fatto. Ho qualche problema di colite ogni tanto quando viaggiamo, non sono abituato al cibo straniero.. possiamo prendere quella camera? Ma certo! intanto bevete bevete, siete nostri ospiti stanotte! Mi scusi, ho bisogno adesso di andare in camera.. è meglio che evito l'alcol. quindi il signore va a recuperare la chiave, io appoggio la mano sul braccio di Nora e sussurro. Non bere. il signore torna da noi. Vuole che per cena le cucini qualcosa di leggero? afferro le chiavi e mi alzo in piedi. Noo grazie, meglio di no. faccio segno a Nora di seguirmi e in pochi minuti entriamo nella migliore camera. C'è qualcosa di strano! dico chiudendomi la porta alle spalle e sfilando via il paraorecchie, sussurro. Quelle bevande non mi hanno convinto.. e se ci fosse qualcosa dentro? i banconisti si nascondevano e il colore della birra era strano, è così la birra in Islanda? mi guardo intorno, in effetti è proprio la migliore camera. Dobbiamo chiamare gli altri per dirgli che stanotte restiamo qui, dobbiamo scoprire se c'è qualcosa sotto. e chissà se esiste una cantina, un luogo dentro questo posto, un mistero. Tu che cosa hai sentito?

     
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    Con il ripristino della ricezione del paraorecchie si riattiva anche Jon. Lo shock dovuto a ritrovarsi fra gente che si veste in modo simile al nostro pare assorbito.
    Fra le tante scuse che poteva inventare la prima che gli viene in mente è la colite. E’ talmente immerso nella parte che per un attimo ci casco anch’io e in quell’attimo arrivo a sperare che non abbia anche la conseguenza spiacevole della dissenteria.
    Premurosa, manco fossi davvero il suo tesoro, appoggio la mano sulla sua guardandolo ansiosa. Interpretazione da Oscar. Non è dato sapere perché riusciamo a fare queste performance artistiche ma tant’è che siamo credibili nella veste di una coppietta che accetta di approfittare della stanza offerta dall’oste pur avendo intuito che l’oste è un complice di coloro che minano le doti del nostro mondo.
    L’oste come attore non è al nostro livello. Insiste affinchè beviamo e a quel punto ritengo sia arrivato il momento di dare man forte a Bennet senza deludere il barista e senza ingurgitare le birre che ci vuole propinare a tutti i costi.
    Lei è davvero una brava persona. Porteremo le birre in camera, le berremo alla sua salute non appena il mio…
    Come caspita dovevo chiamare quel Genio di Bennet? Esitare era imbarazzante. Sapevo che c’era chi ci stava osservando e che non aspettava altro che una mossa falsa per far diventare il nostro primo giorno in Islanda anche l’ultimo.
    Il mio fidanzato starà meglio.
    Il paraorecchie capta, io ascolto e gongolo guardando Jon negli occhi come se fossimo innamorati.
    Un Mago e una Strega ingenui. Sarà un gioco da ragazzi.
    Pur non capendo la lingua Jon avrebbe percepito la parola Mago mentre ci dirigiamo verso quella che è ormai la nostra camera.
    Fra le mani reggo i bicchieri. Credo di aver fatto la mossa giusta a portarli con me. Maria ed Oliver potranno analizzare il contenuto una volta che lo avremo riportato alla base. Se. Se riusciamo a riportarlo alla base.
    Rimasti soli ci chiudiamo la porta della stanza alle spalle. Appoggio i boccali sul comodino, accanto al letto, e annuisco. Il pensiero di Jon trova la mia condivisione e mi trovo d’accordo con lui nell’aver rilevato movimenti sospetti.
    Manderò il mio patronus ad avvisare Oliver e Maria. Dobbiamo trovare il modo di portare in laboratorio un po’ di questa robaccia per analizzarla.
    Non mi basta. Pesto i piedi. Comincio a camminare avanti e indietro per la camera irrequieta. Forse abbiamo fatto un passo avanti e con un po’ di fortuna potremmo riuscire a scovare l’agente che indebolisce i poterei magici ma chi ci ha osservati, spiati e chi ha tentato di usarci è a pochi passi da noi. Non sono tranquilla. Ci vorrà tempo per le analisi e nel frattempo altra gente verrà contagiata. La tentazione di smascherare i responsabili è grande, troppo grande affinchè io possa resistere.
    La mia lontra parte con destinazione campo base dopo aver lanciato l’incanto patronus. Porterà il messaggio ai nostri colleghi che non si preoccuperanno non vedendoci tornare.
    Dopo aver operato l’incantesimo mi tolgo il cappotto, lo appoggio su una delle sue sedie che fanno d’arredo alla graziosa camera che ci ospita e dopo essermi rimessa al collo la macchina fotografica punto gli occhi addosso a Jon.
    Non possiamo lasciarci scappare questa occasione. Con la scusa che stai meglio scendo a chiedere a baffo di topo qualcosa per cena intanto cercherò di immortalare gli avventori. Fra loro c’è chi rifornisce il pub, ne sono certa. Magari sono proprio le stesse persone che abbiamo sentito parlare.

    Mi baserà dirigere l’obiettivo verso il punto dal quale provenivano le voci che il paraorecchie ha captato.
    Puntando il dito contro Bennet corrugo la fronte con un sorrisino minaccioso e soddisfatto.
    Tu aspettami qui. Per quel che ne sanno loro sei in bagno,'tesoro'.
    Non gli darò il tempo di dirmi se è d’accordo o meno. Nel finire la frase sono già proiettata verso la porta . Forse da questo viaggio non torneremo ma se torneremo non sarà a mani vuote.







    Parlato
     
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    Dopo che la gente ci ha visti praticamente scappar via a braccetto verso la nostra camera ci ritroviamo in una situazione in cui ci stiamo confrontando in modo abbastanza agitato, perchè Nora non smette di camminare mentre io continuo a scuotere la testa mentre il mio cervello elabora informazioni precise. Mentre lei manda il patronus io vado in bagno e trovo dei flaconi di shampoo che potrebbero essere molto utili alla causa, quindi ne svuoto uno e lo sciacquo in modo meticoloso più e più volte, per evitare che ci rimanga dentro il detersivo. Torno in camera mentre vedo volar via il patronus di Nora. Possiamo mettere la birra qui. mi avvicino ai boccali e ne prelevo un po' riempiendo il piccolo flacone che può essere facilmente nascosto ovunque. Si toglie la giacca, si mette al collo la macchina fotografica e mi fissa seriamente. Mi sembra un'ottima idea ma.. stai attenta, cerca di non farti vedere mentre scatti le foto. Se ci scoprono siamo fregati. questa missione doveva essere tranquilla, e invece mi sento di essere un auror. In ogni caso è proprio loro che dovremmo chiamare ad un certo punto, non è un bene agire del tutto da soli.. anche se per adesso stiamo solo indagando.
    null
    Aspett-- non riesco a finire di parlare e lei si fionda di sotto, io rimango da solo a riflettere tra me e me. Mi sento perfettamente inutile e non voglio rimanere impalato, devo assolutamente raccogliere più informazioni possibili e decido di aprire la porta e fare un giro per i corridoi, mi tengo la pancia per far finta di non stare ancora troppo bene, nel caso qualcuno mi chiedesse dirò che avevo bisogno di un po' di aria. Tutto a posto signore? mi ritrovo davanti il cameriere che chissà per quale motivo era qua sopra. Oh si, stavo solo.. prendendo un po' d'aria.. sto meglio. alla fine mi avventuro e prendo delle scale per andare sui piani inferiori del locale, c'è uno strano silenzio e poi mi fermo all'improvviso. Rimango fermo come una statua e parlo con me stesso sottovoce. Che cosa c'è di interessante mh? dico a me stesso mentre sento dei rumori strani provenire da una porta. Decido di salire perchè se mi beccano è la fine, so che sono in una zona riservata solo al personale del locale e raggiungo la porta della nostra camera, aprendola mi rendo conto che Nora non è ancora tornata e vorrei che tornasse il più in fretta possibile.. mi sto preoccupando. Decido di andare giù per vedere la situazione, prendo le altre scale riservate agli ospiti e affaccio la testa per vedere all'interno del locale. Tesoro? quando finirà questa falsa? Dottor Bennet che bello vederla qui! mi viene incontro un uomo che conosco benissimo, è un giornalista e porcomerlino proprio non ci voleva. S-salve signor Jones, è in vacanza anche lei eh? adesso si che siamo nervosi Jonathan, cerco con lo sguardo disperato di intercettare Nora. Mi sento fregato adesso.
     
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    Scendendo le scale mi sistemo i capelli e liscio con le mani gli abiti sgualciti dal viaggio. Mi soffermo un’attimo nel pianerottolo per regolare ma macchina fotografica in modo che possa scattare foto in maniera automatica e con un sorriso mi avvicino al bancone del bar dove trovo un tizio intento a servire alcolici a volontà. Appoggia i bicchieri su un vassoio, ne conto una mezza dozzina.
    Prima che si allontani per andare a servire il tavolo che li ha richiesti appoggio il fianco al banco dando modo alla macchina di fare ciò per cui è programmata. Non si odono i clik che si susseguono, una precauzione che al momento trovo molto utile.
    Potete portarci la cena in camera? Andrà bene qualcosa di leggero.
    Il tizio annota la commanda rispondendo con un cenno del capo e per dar modo all’apparecchio fotografico di scattare il maggiori numero di immagini possibili do le spalle al bancone fingendomi interessata ai depliant affissi in bacheca che reclamizzano escursioni.
    In piena modalità turista in cerca di avventure do un senso alla macchina fotografica. Inquadro la locandina che promette gire fantastiche a caccia di splendide aurore boreali scatto per fissare l’immagine e intanto ascolto e osservo attraverso l’obiettivo che funziona da zoom.
    I clienti sono aumentati da quando sono salita per portare in camera il finto malato. Tre coppie si sono aggiunte alla clientela. Sono abbigliati in maniera anonima rispetto agli altri clienti del locale. Abiti scuri e un po’ consunti per gli uomini, vestisti più vivaci ma sobri per le donne che li accompagnano.
    Sento il loro interesse nei miei confronti. Non mi guardano apertamente ma posso sentire la loro attenzione che mi procura un leggero solletico alla base del collo.
    Non so chi siano ovviamente ma con la scusa che stanziano accanto alla bacheca fingo di inciampare nel piolo di una delle loro sedie e finisco per appoggiare la mano sul loro tavolo.
    Scusatemi. Il programma delle escursioni mi ha distratta.
    E’ una delle donne a prendere la parola. La più anziana. I suoi capelli sono lunghi, una volta dovevano essere neri. Ora hanno ciocche canute che mi fanno pensare possa aver passato la sessantina.
    C’è di meglio Signora. Si lasci consigliare. Ci sono guide esperte che possono portarla ovunque desidera. Anche fuori dagli itinerari turistici.
    Fingendo di non cogliere allusioni sorrido ritraendo la mano. Dovrei avere abbastanza foto da mostrare a Jon. Insieme cercheremo di capire chi potrebbe essere coinvolto nell’epidemia per la quale siamo stati chiamati ad intervenire.
    Veramente? Mi piacerebbe vivere un’avventura degna di questo nome.
    La donna estrae dalla tasca un biglietto sgualcito e unto.
    Prima di accettarlo penso sia il caso di fare un tentativo per sviare eventuali sospetti. Inquinare le acque cercando di deviare il motivo della mia effettiva presenza in questo che pare in covo di cospiratori servirà o forse no. Devo immedesimarmi nella parte per essere credibile. Fingermi ingenua oltre che intrigante potrebbe tornare utile. Piegando il busto verso la donna assumo l’espressione del più profondo imbarazzo.
    Mi assicura che non chiederanno documenti? Sa…sono in compagnia e non vorrei trovare guai.
    Alzando gli occhi cielo riesco perfino a sorridere. In un’altra vita ero sicuramente un’attrice.
    Sa com’è. Non vorrei vedermi piombare addosso la moglie del mio fidanzato.
    Ammettendo quel tipo di trasgressione potrei indurre i presenti a pensare che sia l’unica cosa di cui mi preoccupo.
    La Strega mi porge il cartoncino annuendo e dopo averla ringraziata decido che sia meglio lasciare la bella compagnia per tornare in camera.
    Potrebbe trattarsi di sempici cacciatori di frodo che cercano clienti. In Islanda ce ne sono parecchi. Troppi per i miei gusti. Potrebbe trattarsi di tutto ma e ho bisogno di parlarne con Jon e di sentire il suo parere.
    Mentre risalgo le scale sento il battito del cuore leggermente accelerato ma sono soddisfatta. Se ho attirato attenzioni malvagie è solo il mio viso ad essere noto. Jon è al sicuro.
    Così pensavo. Così credevo mentre cammino per il corridoio diretta alla stanza.
    Voci attirano la mia attenzione e una di quelle voci è quella di Bennet e non viene dalla camera nella quale dovrebbe essere.
    Seguendo il suono arrivo davanti ad una porta socchiusa e senza indugiare la apro.
    La scena che mi si presenta è tutto tranne che tranquillizzante. La affronto con un amoroso sorriso e un cinguettio.
    Caro ma dov’eri finito? Stanno per servire la cena.
    Bennet conosce l’uomo col quale si sta intrattenendo mentre a me il suo viso risulta estraneo. Non è un collega e dall’espressione di Jon non è nemmeno un amico.
    Fingere sta diventando sempre più facile. Le bugie sono come le ciliegie, una tira l’altra e con più son grosse con più sono credibili.
    Vuoi presentarmi o faccio da sola?
    Decido che faccio da sola.
    Patricia Anderson. Piacere di conoscerla Signor?
    Rivolgendomi poi a Bennet ammicco.
    Siamo in vacanza. Ci scuserà se non ci tratteniamo ma…sa com’è.
    Probabilmente lo straniero non lo immaginava affatto e spero che il mio tentativo di rapire un focoso fidanzato dalle grinfie di una occasionale conoscenza funzioni. Il nome falso è venuto di getto. E mi chiedo se possa essere credibile mentre tendo la mano a Jon sollecitando una sua reazione.


    Parlato


    Edited by Nora/ - 2/3/2022, 22:41
     
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    Sembra andare male e davvero male stavolta, l'uomo potrebbe lasciar passare sottobanco che sono un medico, in questa zona nessuno mi ha riconosciuto .. ma è chiaro che se comincia a sbatterlo ai quattro venti finirò per essere additato da tutti.
    La situazione è critica, ma diventa ancora più critica quando Nora si avvicina per sistemare le cose, non sapendo che le distrugge.
    Non doveva andare così. Cara! la chiamo con un sorriso affiancandomi a lei, passando una mano dietro la sua vita. Sto soffrendo da matti dentro di me, mi sembra d'impazzire per la cazzata che stiamo mettendo in scena. Infatti il tipo ci guarda un poco stranito e non si trattiene dal dire certe cose. Dottor Bennet, quindi ha una nuova compagna eh? non so se dire si o no, nel dubbio guardo in là per capire se la cena è pronta. Questa non ci voleva. Ma l'ultima volta non l'ho vista insieme a Zoya Stojnov o sbaglio? tossisco e divento sempre più nervoso, sposto lo sguardo ovunque e poi lo poso sull'uomo, cerco di sembrare sicuro. Si si ma.. mi blocco completamente e poi mi allontano da entrambi alzando la mano verso il cameriere. Mi scusi! e quando mi sto per allontanare finalmente dico qualcosa anche all'uomo. Mi perdoni per la mia maleducazione, ma stavo aspettando il cameriere. Ci si vede! praticamente mi volatilizzo e chiamo a seguito pure Nora con una voce stupidamente infastidita. Patricia !!! voglio che mi segua e solo così riusciamo a slegarci dal signore.
    Passa un quarto d'ora circa e siamo di nuovo dentro la camera con i piatti in mano: ci stiamo confrontando. Che cosa hai scoperto allora? alzo gli occhi al cielo mangiando un poco di minestra A parte il fatto che adesso per il mondo stiamo insieme. sono ironico ma c'è anche della verità dietro alle mie parole.
    A Zoya giungerà di sicuro la notizia visto che abbiamo parecchi colleghi in comune, le cose in ospedale girano velocissime e non avrò neanche il tempo di parlare con lei prima che lo venga a sapere. Non sono di certo l'uomo migliore al mondo nell'arte del tradimento, io in realtà lo odio e vorrei che tutto questo non fosse mai accaduto. Forse Nora nota che sto pensando troppo. Faccio un sospiro e appoggio il piatto sul tavolinetto. Io sono seduto sul bordo del letto. Comunque.. ho scoperto che nei sotterranei fanno qualcosa di strano, secondo me stanotte andiamo a vedere che cosa succede.. credo abbiano una specie di fabbrica per creare quella sostanza che mettono dentro le bibite.. infatti siamo a secco, non beviamo praticamente da oggi pomeriggio. Te la senti di andarci stanotte? in caso contrario posso anche andarci da solo. Ma cosa ha scoperto Nora sulla situazione in generale? A proposito, a che ti è servita la macchina fotografica?

     
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    Ci mancava solo il maleducato impiccione. Jon potrebbe essere nei pasticci visto il tipo pare conoscere sia lui che Zoja. Se l’espediente di fingermi la sua fidanzata poteva funzionare con degli estranei potrebbe essere deleterio con persone che conoscono Bennet e che sanno della sua relazione con la Stojnov.
    Accuso il colpo e me ne assumo la responsabilità cercando di non peggiorare la situazione. Si dice che l’attacco sia la miglior difesa e spero che sia vero quando, con una notevole faccia di bronzo, affronto il troppo curioso.
    Sfilo velocemente la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e lancio un sussurrato ‘oblivion’ in direzione dei suoi occhi che spero di veder diventare spersi e spenti. Non sono un’obliviatrice, è la prima volta che tento questo tipo di incanto su una persona. Forse sto infrangendo una regola ma vale la pena tentare per risparmiare ulteriori grane a Jon.
    Non mi prendo il tempo di controllare gli effetti reali dell’incanto. Con la mia scarsa pratica non gli avrò cancellato tutti i suoi ricordi ma mi basterebbe che non ricordasse gli ultimi cinque minuti sui quali mi sono concentrata.
    Jon mi chiama con il nuovo nome. Quello da fidanzata. Vorrei ridere e forse lo faccio rimettendo a posto il catalizzatore per poi seguirlo, in silenzio, lungo i corridoi della locanda fino a quando non entriamo nella nostra camera.
    Durante il tragitto aggiungo alla lista delle conseguenze del suo rapporto con la Pozionista anche l’addebito di aver dovuto imbrogliare quel povero diavolo.
    Alzo gli occhi al cielo. Sbuffo e soffio fino a quando non raggiungo il letto e mi siedo sul bordo. Le molle cigolano rompendo il silenzio che viene riempito dalla parole di Bennet.
    A parte il fatto che per te sarebbe meglio ho scoperto che si possono fare escursioni clandestine. Dabbasso ci sono dei tipi che pare le organizzino.
    Formulando la prima frase le mie labbra si stendono in un sorrisino ironico mentre per il prosieguo il viso torna serio mentre tendo a Jon il cartoncino stropicciato avuto dalla donna con la quale ho parlato.
    La cena è pronta per essere consumata ma prima di approcciarmi al tavolino sul quale è appoggiata rilasso schiena e braccia stendendomi ed allungandomi sul materasso. Non è la prima volta che mi trovo da sola con Jon. Non mi imbarazza stare da sola con lui in quel contesto.
    Credo che sia possibile che cerchino di attirare gente dalla loro parte con quell’espediente. Avranno bisogno di complici ignari che diffondano il virus.
    Mi sono fatta l’idea che ci possano essere luoghi dove erbe, minerali o chissà che altro, debitamente trattati, siano trasmettitori del virus. E’ solo un’ipotesi ma potrebbero esserci posti dove l’alta concentrazione di questi elementi, divisi o combinati, è così influente da contaminare le persone al punto che queste diventino untori. Chi, meglio di turisti sprovveduti, possono servire allo scopo?
    Jon avanza un’altra ipotesi. Plausibile quanto molto vicina fisicamente a noi. Sollevo il busto appoggiando i gomiti sul materasso e lo guardo appoggiare il piatto mentre mi propone di fare un sopralluogo notturno nei sotterranei.
    E’ possibile. Se quel che penso è realistico avranno bisogno di laboratori nei quali trattare le materie prime contaminate per renderle di uso e consumo. Se riuscissimo ad impossessarci di un campione per noi sarebbe un ottimo punto di partenza.
    I nostri di laboratori, quelli del campo base, erano attrezzati con le più avanzate tecnologie. I nostri colleghi erano preparati, sarebbero riusciti a decifrare l’agente e insieme avremmo potuto cercare l’antidoto.
    Di fatto accetto la sua proposta. Oltre a giocare ai fidanzati clandestini siamo in missione.
    Mettendomi seduta bircio la cena. Carne di renna al forno e patate fritte. Meno male che avevo chiesto qualcosa di leggero.
    Ho fotografato il gruppetto di persone che mi ha proposto l’escursione.
    Allungando la mano sul lato sinistro del letto recupero la macchina fotografica e mostro a Jon l’immagine a cui mi riferisco. Fra i sei forse lui potrebbe riconoscere qualcuno e, in quel caso, meglio che sia rimasto al piano superiore.
    Il profumo è buono e sollecita l’appetito. Con coltello e forchetta alla mano taglio la carne appoggiando il primo pezzo, caldo e fumante, nel piatto di Jon.
    Se dobbiamo attendere la notte meglio nutrirsi. Soprattutto tu. Non mi sembri molto in forma. Oltre alla tua falsa fidanzata Patricia sono anche una Guaritrice vera. Sei certo di star bene? Ho saputo quel che ti è successo con…come si chiama? Dylan?
    Il nostro è un ambiente in cui le voci circolano e mi è arrivata all’orecchio ma notizia della lite fra Jon e l’amichetto della sua amabile figliola. Jon non farebbe male ad un asticello e mi viene strano pensarlo attore di una scazzottata. Ha fatto tanti ruoli, compreso quello della ballerina in tutu rosa ma da quel che ho saputo non si è trattato affatto di uno scherzo.
    Oltre a questo mi preoccupa forse di più il fatto che abbia avuto un incontro particolare con un Oscuro. Mi vengono ancora i brividi al pensiero degli occhi freddi del Mangiamorte chi ha rapita e che ho salvato. A me è andata bene, Jon non può dire la stessa cosa.
    Mentre do a Jon il tempo di prendere possesso del suo piatto e di iniziare a cenare addento il primo boccone. La carne di renna è saporita e il cuoco l’ha cucinata a dovere togliendo il sentore di selvatico e lasciandola tenera.
    Mando giù il cibo per poi rendermi conto che ho altro sul gozzo e che devo dirlo. Appoggio le posate e poso la mano sull’avambraccio di Jon inducendolo a girarsi verso di me. Non c’è alcun segno di risentimento nel mio sguardo ma solo vivida preoccupazione.
    Avresti potuto venire da me. Sai che ti avrei aiutato.
    Sospiro nel dirlo. Trattengo la mano sul suo braccio e riprendo a parlare abbassando lo sguardo sulle mani del Guaritore al quale tengo in modo particolare.
    Hai avuto conseguenze? Sai cosa intendo.
    Difficilmente Jon penserà solo alla scazzottata. Saprà a cosa mi riferisco in quanto mi ha informata della sua sgradita conoscenza. Quello che forse non sa è che la conoscenza è comune.
    Dovevamo attendere il calar della notte per andare a passeggiare nei sotterranei. Tanto valeva impiegare il tempo in maniera costruttiva come fargli e comprendere che mi preoccupavo per lui e che tenevo a lui.



    Parlato


    Edited by Nora/ - 9/3/2022, 21:59
     
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    Incredibile la tempestività di Nora nel fare l'oblivion che, non sapremo mai se funzionerà al cento per cento, perchè insieme ci allontaniamo e saliamo in camera a mangiare. Quando si tuffa sul letto ed esclama quella frase dopo la mia, la guardo stranito, molto stranito perchè non ho compreso appieno il senso di ciò che ha detto. Per me sarebbe meglio? in che senso? allora chiedo molto incuriosito, aspettando che mi risponda. Mi sa dicendo che sarebbe stato meglio se fossimo rimasti insieme? mi sta dicendo che Zoya ha semplicemente incasinato la vita? Quindi ci conviene fare questa escursione, magari domani? cambio discorso, Nora dice che ci sono tizzi sospetti che organizzano escursioni, potrebbe trattarsi di un tranello elaborato per far viaggiare il virus magico ovunque. Anche la mia ipotesi però non sarebbe male, non ci resta che vagliarle entrambe per capire che cosa sta succedendo di strano intorno a noi: sono sicuro che entro domani riusciremo a scoprire tutto e quindi, a conoscere la fonte esatta del virus, cosa importantissima per inventare una cura adatta.
    Nora avvalora anche la mia tesi. Possiamo allora andare stanotte a controllare, useremo incantesimi di illusione per nasconderci e andremo a vedere nei sotterranei, sperando di trovare qualcosa di soddisfacente. prendo in mano il piatto che mi porge Grazie. poi proseguo mentre i miei occhi sembrano vedere qualcosa che non c'è: guardo in un posto indefinito come se avessi davanti uno schema preciso delle cose. Domani mattina invece andremo a fare questa escursione, avendo anche gli esiti di stanotte avremo le cose più chiare. raccogliere più informazioni possibili è la migliore cosa per capire quello che gira intorno a noi, per questo sfrutteremo tutte le domande e le possibilità che siamo riusciti a cogliere.
    Mi siedo sulla sedia che c'è vicino alla scrivania, comincio a mangiare e sono sorpreso per la domanda di Nora.
    La guardo quando nomina quello che sarebbe Dillon, sapevo che prima o poi questo discorso sarebbe arrivato e, rispondo semplicemente annuendo con un cenno della testa. Si è successo e non chiedo neanche come l'ha saputo, perchè al San Mungo tutti hanno saputo che il dottor Bennet ha preferito stare da solo e curarsi in solitaria, una decisione sicuramente orgogliosa, forse anche troppo.
    Sto bene.. grazie. mi fermo un paio di secondi smettendo di masticare. Mi alzo in piedi e la raggiungo vicino al letto, con il piatto tra le mani, mi siedo accanto a lei. Mi dispiace non averti chiesto aiuto ma... avevo bisogno di stare da solo. Credimi.. è stato tutto un duro colpo, lo sai. cerco di continuare a mangiare evitando il suo sguardo, ma sento la sua mano sul mio braccio e, in automatico abbasso lo sguardo per guardare la sua mano. Di che cosa stai parlando? faccio fatica a capire, perchè il suo volto sembra diverso.. come se avesse cambiato discorso o mi stesse frugando l'anima. Alzo lo sguardo nei suoi occhi che per adesso stanno guardando in basso. Mi ha rotto delle costole e mi ha spaccato la faccia. rispondo riferendomi all'aggressione che ho ricevuto bello, vero? anche se nel giro di un anno ne ho ricevute ben due e sicuramente quella del mago oscuro ha avuto ripercussioni sicuramente più gravi.
    Ma ammetto di non stare al massimo delle mie energie.. mi sento strano, sai a cosa mi riferisco: quando sono stato male.. lo sono poi stato molte altre volte e le mie ricerche continuano. sospiro e appoggio il piatto, mi è passata la fame. Sono avvelenato. mi porto le dita sulle tempie, massaggiandole. Distillato del diavolo.

    Distillato del diavolo: Veleno principalmente usato dai maghi oscuri. Se non curato è in grado di far diventare gradualmente una persona malvagia. Tale veleno porterà la vittima a compiere azioni malvage e a tirar fuori il peggio da se, fino a mutare in fine il suo carattere per sempre. Va somministrato tramite un'iniezione che avvelenerà il sangue della vittima e si può curare solo con un antidoto contenente una goccia di sangue del mago che l'ha creato.

     
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    Non so se mettermi a ridere o prendere Bennet per le spalle scuoterlo fino a farlo rinsavire. Quello che per a me pareva ovvio per lui era incomprensibile. Jon non si è mai messo contro di me, è stato onesto e leale nei miei confronti ma è indubbio che da quando ha riallacciato i rapporti con Zoja si è trovato impelagato in situazioni tristissime. Cosa non darei per rivedere la brillante luce dei suoi occhi e della sua mente. Mi limito a sventolare la mano davanti al mio viso. Dar seguito a spiegazioni del perché sarebbe stato meglio che fosse rimasto al mio fianco piuttosto che ritrovarsi nel mare infinito di guai nel quale annaspa mi pare crudele. Non gli piacerebbe quello che potrei dire ma pur sorvolando sul discorso un piccolo indizio mi scappa.
    Quando ti sveglierai e lo capirai.
    Il mio sguardo diceva molto di più. Se avesse letto nel profondo degli occhi avrebbe visto un lampo di sfida. Se l’avesse colta insistendo nel voler sapere dubito che sarei riuscita a trattenermi.
    Le questioni prioritarie meritavano la nostra attenzione. Fra un boccone e l’altro, mandati giù con l’amara consapevolezza che oltre a stare per ficcarci nei guai avrei voluto strappare il velo che, a mio avviso, gli velava gli occhi.
    Appoggiando le posate sul piatto respingo con la mano il resto del cibo ormai freddo. L’appetito mi è passato. Preferisco concentrarmi su ciò sul quale posso operare al momento piuttosto che ferire Bennet.
    I paraorecchie ci saranno utili per captare i suoni e indicarci la direzione che dobbiamo seguire. Gli incanti di disillusione ci terranno al sicuro dalla vista di chiunque dovessimo incontrare nei sotterranei.
    Pianificato l’inizio delle nostre ricerche mi sento già meglio. Essere operativa, in quel momento, mi tranquillizza e so di avere un compagno competente e coraggioso. Ho paura? Certo che si. La paura mi permette di agire e pensare con lucidità se non mi lascio sopraffare da essa. Ci sono mille cose che potrebbero andare storte ma faremo in modo di dare il nostro meglio. La posta in gioco è troppo alta per lasciarsi condizionare del timore di non riuscire nell’intento o di non uscire vivi dai sotterranei.
    Mi alzo dal materasso e con le mani conserte mi avvicino alla finestra. Oltre il vetro c’è il buio Viene scuro presto in Islanda, le ore di luce sono poche. Nella via sottostante non ci sono passanti in giro. I lampioni sono accesi e la loro luce illumina a malamente un paesaggio deserto.
    Per chi non è avvezzo a vivere a queste latitudini non è facile convivere col buio. La depressione colpisce molta della mia gente e rende invivibili questi meravigliosi luoghi per gli estranei che amano la mia terra solo ed in quanto turisti.
    Volgendo le spalle alla finestra appoggio le mani contro il muro. Si sta alzando il vento. Lo sento fischiare oltre i vetri.
    Sono d’accordo. Seguiremo questo tour senza regole. Vale la pena tentare di farci usare come esche. Penso di essermi mostrata ingenua a sufficienza da non destare sospetti.
    Tornando appresso a Bennet mi siedo accanto a lui. Ho le mani gelate e sono tesa per i discorsi che stiamo affrontando ma, come al mio solito, non mi sottraggo a quello che sento non solo come dovere in quanto Guaritrice ma come istinto verso un uomo che mi sta a cuore.
    Dopo aver ammesso il suo desiderio di solitudine in uno dei momenti più critici della sua vita annuisco. Lo comprendo ma non approvo e …devo dirlo.
    Lo capisco e non lo metto in discussione ma tu sai che non devi fare tutto da solo. Nessuno può affrontare, da solo, quello che stai passando. E’ troppo. Per chiunque. Anche per te.
    Non c’è compassione nel mio sguardo che è invece premuroso e attento. Sentilo parlare di Dillon, di ciò che gli ha fatto, accende nei miei occhi una luce strana mentre i tratti del mio viso si induriscono facendo serrare le mascelle.
    Mi chiedo per quale motivo lui e il ragazzo di sua figlia siano arrivati alle mani ma di qualsiasi cosa si tratti non è da Jon usare quel metodo. Mi chiedo anche se abbia reagito in quanto Bennet ha mezzi per stendere al tappeto ben più di un Dillon qualunque. Non conoscendo la dinamica dello scontro mi limito a trarre quelle che sono le mie conclusioni.
    Quel tipo dovrebbe finire ad Azkaban. Punto.
    Mi pare una giusta deduzione dato che non penso proprio che sia stato Jon a provocare la rissa.
    La preoccupazione aumenta sentendo il seguito del discorso. Sapendo del suo problema non sono affatto tranquilla quando Bennet riferisce la sia sintomatologia. Dal poco tranquillo passare al seriamente impressionata è un attimo quando odo la scoperta fatta da Jon riguardo al veleno che l’Oscuro gli ha iniettato.
    Conoscendo gli effetti del veleno il primo istinto è quello di portarmi le mani alla bocca per fermarne il tremore. Distillato del diavolo. Non c’è andato piano l’Oscuro. Non ho avuto modo di confrontarmi con pazienti avvelenati con la lenta ma letale mistura e deduco sia perchè è mortale.
    Abbassando la mano vado a sfiorare con la mia la mano di Jon. Non nascondo la preoccupazione che cerco di alleggerire con un pizzico di ottimismo che non sono tanto certa di provare ma che so poter essere d’aiuto.
    Troveremo un antidoto. Insieme.
    Rimarco in maniera decisa sull’ultima parola. Il tono di voce che uso per pronunciarla non da adito a dubbi e non ammette repliche. Non lo avrei sicuramente lasciato morire senza aver tentato l’inverosimile a costo di dovermi rivolgere ad una mia vecchia conoscenza per trattare.
    Conosco…qualcuno che potrebbe saperne qualcosa. Al nostro ritorno lo contatterò.
    Non voglio nascondergli le intenzioni. E’ giusto sappia che nutro speranze che si fondano, oltre che sulle nostre conoscenze scientifiche, anche su altri metodi.
    Ora sbrighiamoci. Castiamo gli incanti e scendiamo nei sotterranei a risolvere questa questione.
    L’urgenza deriva anche dal volerlo distrarre dal suo malessere. Tenendolo sul pezzo speravo di risparmiarmi ramanzine inutili per rendermi utile.
    Se e quando mi avesse dato ascolto, protetti dagli incantesimi e con le cuffie magiche ci saremmo inoltrati per i sotterranei alla ricerca del laboratorio nel quale si stava perpetrando un crimine.
    Svoltando uno degli angoli del corridoio sottostante la locanda grazie al paraorecchie avremmo potuto udire il fruscio di un mantello, avremo potuto vedere un’ombra che spariva attraverso una parete dopo aver pronunciato quella che doveva essere la parola d’ordine.
    Elleboro.




    Parlato
     
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