You feel your strength in the experience of pain.

privata. - Russia -

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    Esistono persone che hanno paura mormoro a frase terminata. Secondo te perché? Lo osservo appollaiato sul limitare del divano. Perché hanno avuto esperienze negative e hanno deciso di volersi bene. Preservarsi é un istinto umano quanto farsi di nuovo male. Strano no? Una persona non può mai essere felice da sola. Il mio viso di tende sorpreso. Errato, Jon. Questo lo dici tu. Serro la mascella. Le persone possono stare bene da sole, la felicità dipende da loro. Non dagli esterni. Certo condividere la propria vita con un partner con cui ci si trova bene è una bella cosa, ma non é una regola.
    Sono convinta di ciò che ho detto prima, sicuramente i miei figli sono abbastanza. Mi basta pensare adesso ad Oliver e Liam intenti a studiare o a trafficare con qualcosa che li appassiona per sorridere col labbro sul bordo del calice.
    Non mi sfugge il fatto che si fa più vicino, il suo braccio corre sulla superficie del divano, esattamente a sfiorare le mie spalle. Delgutisco mentre il cuore accelera e un brivido che non provo da tempo mi percorre la spina dorsale. So per certo che voglio sembrare più dura di quando in questo momento sono. Stargli di fianco e parlare di questi argomenti è pesante ma così profondo che in verità la difficoltà con cui li affrontiamo appaga entrambi.
    Mi ha vista con Harry, con i piccoli quando erano da poco nati. Cosa ti ha spinto a tornare Jonathan? Lo guardo intensamente e voglio sentire la verità o la menzogna più grossa del pianeta.
    La sua mano cattura la mia che é rilassata sulla mia coscia. Non mi irrigidisco però meccanicamente e quasi con titubanza incontro i suoi occhi che alla scarsa luce risultano comunque così particolari. Il braccio teso dietro di me mi raccoglie, come a definire un limite che lascia fuori i problemi esterni per questo momento. Siamo all'interno di una bolla, non sentiamo piu il vociare che ci circonda. Almeno io sono tesa ma allo stesso tempo ho desiderato troppo questo momento: dirci veramente I nostri dolori, sentire se questi provengono solo dal proprio petto o sono condivisi. Ero sicura che Jon non fosse un uomo gelido e ne ho la conferma stasera. Avrei gradito una lettera con scritto che gli mancavo. Mi sarebbe bastata per non continuare a picchiare la testa sul mio diario e sulle pergamene arrotolate che affollavano il mio cassetto.
    Le sue dita sono gentili, cariche di rispetto, il modo in cui sposta i miei capelli mi fa sentire vicina a lui come i giorni che frequentavamo la scuola di magia. Siamo rivolti uno verso l'altro suo divano, il vino e il luogo dove siamo cade in secondo piano.
    Abbiamo fatto degli errori é vero. Possiamo riaprarli é altrettanto vero ma non così semplicemente come dice. Deglutisco e rimango col fiato sospeso. Le sue parole escono una dietro l'altra e credo di non averlo mai sentito parlare in quel modo, ho la conferma che ha sofferto come non mai e come me é rimasto in silenzio con esso. Non so perché siamo stati così egoisti anni fa, a distanza di vent'anni mi sembra di vedere due adolescenti che hanno alzato un muro di tristezza e rabbia allo stesso modo, quando in verità serviva solo parlare e incontrarsi. Eppure anche se so che quella sarebbe stata la soluzione più semplice ed efficace rimango in silenzio perché le ferite allora riportate si sono riaperte. Pensavo di essere matura abbastanza per non sentirle più sanguinare e invece non si tratta di età o altro. Ci sono troppe cose che non ho dimenticato e forse non ci riuscirò mai.
    Domani andrà meglio. Le sue parole terminano così e io avvolta nel suo abbraccio che ho bramato tanto non riesco ad essere completamente immersa in tutto questo, mi sento staccata e non riesco a spiegarlo. La confusione totale nella mia testa si mescola con i dolori che riaffiorano dalla situazione, dai ricordi, da terribili conseguenze che non smetto di pensare. Hai ragione, Jonathan mormoro mentre il suo profumo si infila nelle narici e mi sta tirando verso di lui. Non mi fido di te. Serro la mascella mentre allontano la schiena da lui, creo dello spazio ponendo le ginocchia verso la sua posizione. In quel modo le sue braccia si allargano e l'abbraccio viene meno così come il suo volto che annusa i miei capelli verrà spostato a sua insaputa e probabilmente contro ogni aspettativa. Sei un uomo adulto Jon, come io sono una donna oggi. Lascia che le cose vadano come devono andare comincio a dire tenendo un tono il più possibile pacato. Se ci sarà un futuro per noi verrà, non lo posso decidere. Non riesco a levarmi dalla testa il fatto che sono stata messa in secondo piano. Se le cose non dovessero funzionare fra noi, con questo intendo anche per un rapporto civile, come faccio a sapere che tu non sceglierai te stesso di nuovo?
    Sei cambiato davvero Jonathan o alla prima occasione fuggirai?
    Mi alzo in piedi, sento le gambe irrigidirsi e intrecciando le braccia lo osservo ponendo una chiara distanza. Mi interessa trovarla. Sentenzio. Non posso prometterti qualcosa che può nuocere o interferire con un rapporto già rotto, avremo un problema bello grosso quando la troveremo. Continuo a dire mentre la voce subisce un declino. Metto lei al primo posto, prima della mia felicità.
    Non posso permettermi di fallire con te un'altra volta e rischiare di avere ancora più difficoltà nell'avvicinare nostra figlia. Siamo già mancati più di vent'anni nella sua vita, non credo che sappia di noi e se lo sa come pensi che la prenderà? E non voglio arrivare in quel punto distanziati. Che genitori potemo essere se quando servirà saremo più distanti che mai?

    Aspetto mentre la tensione aumenta, cammino avanti e indietro inquieta. Poi mi avvicino in modo che mi senta bene. Ti ho già dato il mio cuore una volta Jonathan, mi hai detto che non mi amavi abbastanza. Non posso permetterti di ripetere lo stesso errore a discapito della famiglia.
    Ti amavo, molto é vero. Vent'anni fa.
    Faccio una breve pausa. Come tu amavi me di vent'anni fa. Forse. In verità non lo so dopo ciò che mi dicesti. Il cuore accelera, percepisco un fastidio allo stomaco, mi manca l'aria e so che sto usando il modo migliore per prenservare nostra figlia. A discapito di ciò che il mio cuore vorrebbe. Lo sto ferendo e non mi lascia in pace. Lo metto a tacere e non ci riesco. Il cuore non accetta le parole dettate dal mio cervello. Vado contro di esso capendo che lo sto facendo per il mio bene, per il suo anche se non lo capirá, per quello di Anastasya. Le cose sono cambiate dico seriamente. Non so a chi voglio mentire.. a me stessa? Di fronte a lui ci sono riuscita?
    Non so cosa accadrà, cerchiamo nostra figlia. É tutto ciò che dobbiamo fare. Soffio fuori il fiato e smetto di guardarlo perché mi sento cadere, é una sensazione di sconforto, il cuore continua a battere e vorrei solamente piangere.
     
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    < Hanno paura perché sono rimaste ferite. > è questa la verità, so che la pensa come me perché i discorsi che abbiamo fatto tanti anni fa sono ancora attuali, in questo caso sono io la paura per Zoya, infondo mi sono comportato male, ho deciso per me stesso e sono consapevole di ciò che ho fatto. La maturità mi dice che ho imparato dai miei errori, ma come si ripara un vaso rotto? < Ma se la felicità non la condividi con nessuno, non può mai essere una felicità piena. Abbiamo due pensieri diversi. Stai parlando di stare bene, una persona può star bene da sola con sé stessa, ma non può mai essere felice se non condivide la felicità con le altre persone. > rispondo sicuro di ciò che dico, una persona che vive da sola e pensa di essere felice da sola è una persona triste, non si può essere felici da soli, mi trovo ad essere completamente opposto al suo pensiero. Ho provato sulla mia pelle ad essere felice, credevo di esserlo e posso confermare che non serve a nulla provare ad essere felici da soli, bisogna condividere i momenti belli con le persone che più ami, io mi sono allontanato da tutti egoisticamente. So che cosa significa tutto questo. < Sono tornato perché ti amavo ancora. > rispondo senza scorciatoie, è la verità è perché dovrei nasconderla?

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    Credevo di poter sistemare tutto e di essere ancora in tempo, ho visto lei felice, questo mi ha fatto stare male e bene allo stesso tempo, un misto di sensazioni che mai dimenticherò.
    Reagisce male quando le mie braccia avvolgono il suo corpo, devo dire che non mi aspettavo proprio questa situazione, mi rifiuta e lo posso sentire dai suoi gesti, non si fida di me.. Ho un disperato bisogno di stringerla ma mi respinge, questa cosa mi fa male ma l'accetto silenzioso. Si allontana. Non si fida di me.. Lo sta dicendo e incasso il colpo che cambia completamente la mia espressione. Ho chiesto pace, ho chiesto di fare qualcosa di bello, tutto mi è stato respinto e Zoya comincia a parlare tanto, dice tante cose. Non è questo che stavo chiedendo, non è entrare nella sua vita che volevo in questo momento.. Forse non mi sono spiegato ma ascolto le sue parole che in qualche modo mi feriscono un po'. Mi sono lasciato andare, ho provato a instaurare con lei un rapporto senza muri ed ora me ne ritrovo uno enorme davanti. Rimango a fissarla con un nodo alla gola. I sensi di colpa riaffiorano ancora una volta, il cuore mi scoppia e vorrei urlare in questo momento. Vorrei dire tante cose ma non lo faccio. Ho bisogno di mantenere il controllo per tenere a freno tutto quello che provo, dentro di me ho una tempesta. < Se avessi di nuovo scelto me stesso non sarei qui con te, avrei agito diversamente. > quindi ti alzi in piedi e affronti a viso aperto lei che ti sta distante e tu ora le stai davanti. Potrebbe avere ragione se non conosce ciò che ho dentro di me, inevitabilmente lei si è distaccata per poca fiducia e questo lo posso capire e lo accetto, ho innanzitutto bisogno di lavorare sulla sua fiducia, ma non è una relazione ciò che stavo chiedendo. C'è troppo rumore, troppa confusione fuori e dentro di noi. È meglio rimanere uniti e non mettere in mezzo altre cose, su questo ha ragione ma forse fino ad un certo punto. Non capisco quello che dice, non riesco a comprendere tutto ciò che dice. < Questo lo dici tu, come fai a sapere che falliremo?.. E poi.. Ti ho solo chiesto di fare qualcosa insieme e tu non hai fatto altro che alzare il muro e dire che... > scuoto la testa e metto le mani in avanti in segno di diniego < Non ti sto chiedendo altro, non ti chiederò nulla se è questo quello che vuoi. Ma se continui a pensare al dolore del passato non riuscirai mai ad avere una "relazione civile" con me. > perché sento tutto questo dolore e semplicemente non posso continuare con le ricerche in questo clima di tensione, la mia idea era quella di alleggerire il tutto con l'ottimismo, lei è ancora tanto chiusa nel suo dolore, sto cercando di tirarla fuori e non ci riesco. Non vuole capirlo. < Le cose sono cambiate è vero. > la voce si spezza, sospiro profondamente guardandola con uno sguardo stanco, ma poi gli occhi si accendono di nuovo di fuoco, di speranza. < Ma un giorno ti ricrederai Zoya, non sono più un ragazzino... No. Hai conosciuto Jon ma non hai conosciuto l'uomo, il dottore che sono adesso. Ho visto morire tante persone, ne ho viste rinascere tante altre.. Questo mi ha insegnato il vero valore della vita. Non sei l'unica ad essere rimasta ferita da questa relazione. Non sei l'unica ad essere cambiata, cresciuta. > e lo dico con forza, con convinzione. < Gli errori li abbiamo fatti insieme ed io sto provando... Ci sto provando ad andare d'accordo con te nonostante quello che anche tu mi hai fatto. Perché sto guardando oltre ai tuoi errori. Perché ti sto ascoltando con il cuore e se sono qui è perché nonostante tutto c'è ancora qualcosa che mi spinge a starti vicino. > e non voglio andare oltre se questo la spaventa, so bene che cosa sono e dove sto andando, non sono più confuso come una volta, so bene cosa voglio. Rispetterò comunque il suo modo di affrontare la cosa senza forzare la mano, perché dopotutto un po' ha ragione. Meglio arrivare uniti che distrutti quando sarà il momento. Ed io la troverò, troverò nostra figlia anche se dovessi andare all'inferno. < Okay. > infilo le mani nelle tasche e soffio tirando il naso all'insù, guardo le stelle per un attimo e poi torno nei suoi occhi. < Buonanotte Zoya. Domani sarà una giornata impegnativa. > annuisco e mi allontano lentamente per andare in camera mia. Sarà una lunga notte.
     
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    É tornato perché mi amava.
    Percepisco una ditta intensa al centro del petto. A tratti credo che la gola si stia stringendo, soffocandomi. Forse é tutto nella mia testa. Questi discorsi si stanno rivelando un'agonia vera e propria. Ha ragione Ian, il subbuglio di sensazioni che provo quando sto sola con Jonathan mi destabilizzano e alla fine mi fanno sentire infelice. É incredibile come la felicità e la tristezza siano poco distanti.
    Mi amavi sussurro talmente piano che non sono certa di averlo pronunciato davvero. Hai detto di no quel giorno. Mi hai ferito.. Schiacciato. A quel punto serro la mascella, si vede il nervo pulsare dall'esterno. Non so più a cosa credere. Stiamo dicendo sempre le stesse cose.
    Sospiro dolorante.
    Sei qui per trovare Anastasya, non per me la voce trema appena però si percepisce l'ostilità che forzo infondere per il bene del tutto.
    Contraggo ogni muscolo quando si alza in piedi, è il suo modo per affrontarmi. So che non demorde quando ha le sue ragioni e vuole andare fino in fondo. Guardo la sua figura venire verso di me, le dita che si soffermano per un millesimo di secondo sul colletto. Deglutisco indietreggiando, é l'effetto che mi fa quando ci diciamo in faccia I fatti. Lui ha il potere di mettermi in difficoltà quando mi affronta a testa alta, guardarmi negli occhi mi disturba e io non intendo dargliela vinta.
    Non so rispondere alla sua domanda, se falliremo. L'ho detto perché ho paura che commettere gli stessi errori entrambi e non solo lui. Le sue parole mi schiaffeggiano, mi fanno sentire così debole davanti a tutto ciò, vorrei superarlo e infilarmi in camera all'istante. Ma non sono una ragazzina, non posso litigare con lui fino a non parlarci come non posso fuggire e non affrontarlo. Cosa Jon? COSA? domando alzando il tono spazientita accorciando di nuova la distanza fra di noi. La foga che metto é alimentata dalla rabbia e dalla disperazione. Alcune facce si voltano verso di noi, forse per il tono usato. L'ultima cosa che voglio é litigare di fronte ad un pubblico.
    La sua buonanotte mette fine alla discussione che stava via via prendendo piede. Buonanotte dico osservando la sua figura sparire nel buio. Rimango a fissare il vuoto per un po' prima di entrare anche io. Il cuore mi martella nel petto e mi opprime un senso di demoralizzazione immenso.
    Chiudo la porta con un tocco di bacchetta, mi lascio cadere nel letto. So che tutto ciò non mi permetterà di dormire con serenità. Ho aspettato Jonathan per lungo, l'ho desiderato così tanto che adesso ogni volta che lo respingo o ci aggrediamo a vicenda mi sento abbattuta. Vorrei rimanere indifferente quando succedono questi episodi eppure non ci riesco.
    Indosso un pigiama di seta che tenevo rimpicciolito nella mia borsa. Passo le due ore successive a sbuffare e a guardare il soffitto in preda ad una serie di immagini che ripercorrono con la mente. Mi sforzo di capire perché stiamo facendo una guerra, io più di lui, non lo lascio avvicinare. Non so darmi pace nemmeno quando vedo l'orologio minimalista appeso al muro segnare la mezzanotte. Mi chiedo se riusciremo mai a comportarci bene, a non incappare in una discussione ogni volta che viene tirato di mezzo il passato.
    Con i piedi che pendono dal letto sistemo i capelli di lato, nervosamente mi alzo e mi guardo allo specchio. Sono così stanca che sembro avere cinque anni in più. All'età di quarantunanni mi ritrovo con una vita differente da quella che fino a poco tempo prima ritenevo perfetta. Una serie di fallimenti, errori, decisioni si abbattono su di me. Nonostante ciò non mi professo una vittima, la vita é imprevedibile. Ripensare ai documenti compilati per Sejal Owane mi strappa un sorriso. Mi domando se la vita mi riserverà altre punizioni quando con tutto il cuore desidero alleviare le mie colpe prendendo con me quella bambina. Non sostituirá mai Anastasya, ovunque lei si trova, sono speranzosa che la vedrò un giorno. É una delle cose che desidero sia compiuta prima di morire. Sapere che è viva, vederla se é possibile. Allora potrò aver vissuto una vita di sofferenze, potrò essere additata da terzi e potrò non essere stimata da chissà chi. Però io morirò felice se conosco il volto di mia figlia. É il pagamento che mi sono imposta di volere prima di mollare.
    Pensando a tutto ciò ho sistemato i capelli dietro le spalle, il nervosismo gioca brutti scherzi. Con le infradito ai piedi sposto la tenda scrutando dalla finestra un pezzo di Russia silenziosa e dormiente. Le luci illuminano una via sotto all'albergo e il tutto sembra quieto a differenza di tutto ciò che bolle dentro di me.
    Sospiro un'altra volta e decido di dare ascolto a ciò che in questo momento desidero. Forse per dormire, per placarmi, non lo so per certo.
    Lascio la stanza, non mi curo molto dell'aspetto. Il corridoio silenzioso e poco illuminato mi circonda e io lo percorro per qualche metro. Leggo più volte il numero della stanza, scritto in dorato. Appoggio la mano sulla porta inspirando a fondo.
    Busso un paio di volte.
    Pausa.
    Una terza.
    Nessun rumore, nessun segno che Jon sia sveglio. Magari lo é ma non ha intenzione di darmi ascolto.
    Non ho intenzione di insistere. Compio una lunga inspirazione, mi riempiono polmoni di sconfitta e addosso le spalle alla parete silenziosa. Mi stringo nelle spalle, decisa a tornare in camera mia.
     
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    Mi rinfaccia il fatto che ho detto di non amarla abbastanza e su questo sto zitto, non ribatto, è stato un mio errore e me ne prendo la responsabilità. Posso ancora sentire tutto il suo dolore, quel dolore che fa male, ma non vuole uscire da quell'ombra, non ci riesce e forse l'ho ferita più di quanto penso.. Ha provato un dolore immenso in questi anni, mentre io ho perso la memoria e per un periodo ho potuto vivere una vita quasi normale, molto soddisfacente dal punto di vista professionale. La gente si volta, vorrei dirgli di non gridare ma la mia buonanotte mette fine a tutto. Ci dividiamo malamente e spero che domani possa andare meglio. Andare a dormire con questo peso sullo stomaco non è facile, non riusciamo ad andare d'accordo e la guerra tra di noi non è ancora finita. Riaffiora la rabbia anche da parte mia, me ne rendo conto quando sto camminando verso camera mia, vorrei tornare indietro e urlare in faccia a quella donna che se avesse detto di essere incinta forse le cose si sarebbero aggiustate molti anni fa. È il cellulare a distrarmi dai pensieri, chiama il dottore che ci ha accompagnati in ospedale, vedo un messaggio si aiuto, vuole che lo raggiungi presto in ospedale e non bado a niente, prendo il primo taxi e mi allontano dall'hotel per raggiungere la sala operatoria di quel luogo che poche ore prima mi ha visto sconfitto per non aver trovato indizi utili. Approfittano della mia presenza, hanno bisogno di un neurochirurgo e sanno della mia presenza in città. Insieme affrontiamo un delicato intervento, ma sono io a togliere di mezzo le parti più delicate, il dottor Jordan fa il resto. Un incidente grave ha causato gravi danni al cervello di un uomo, padre di famiglia, avrà bisogno di un secondo delicato intervento per provare l'impossibile. Mi danno tutte le lastre e ho deciso di rimanere qui altri due giorni, dopo quello che è successo con Zoya ho capito che vale la pena agire in solitaria per quanto riguarda certe cose. Voglio tornare in ospedale e ho anche deciso di studiare la situazione dell'uomo. Quando esco dall'ospedale mancano venti minuti alla mezzanotte, cammino a passo spedito con lo zaino pieno di lastre, non mi volto neanche una volta indietro per guardare la struttura. Mi godo il silenzio e il fresco notturno mentre proseguo a piedi verso l'hotel. Quando arrivo in camera metto le lastre schierate sul letto, appoggio lo zaino a terra, accendo il computer appoggiandolo sulla scrivania, solo il lavoro può aiutarmi a dimenticare quello che ci siamo detti, eppure sospiro e non ci riesco, odio il fatto che sia tutto finito malamente questa sera, ho sperato inutilmente in qualcosa di meglio. Prendo una lastra in mano e la osservo, creo una piastra magica luminosa che fluttua vicino la finestra, ci appendo alcune di quelle lastre e le osservo da lontano, da vicino, faccio avanti e indietro e alla fine appoggio le spalle al muro e chiudo gli occhi incrociando le braccia al petto.
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    Nella mia testa ora c'è solo l'immagine di Zoya, sto combattendo contro me stesso, vorrei dire una bugia ma la verità è che mi manca enormemente e sto male se penso a come stanno andando le cose, se penso alla sensazione che ho provato quando si è staccata da me poche ore fa, quando ha detto di non fidarsi. Troppe cose affollano la mia mente, non potrei mai fare un'analisi attenta delle lastre in questo stato. Sbuffo e nello stesso momento bussano alla porta. Il mio cuore sussulta, i miei passi si muovono verso la porta e appoggio le mani sulla superficie della porta, indugio e non apro subito. Bussa di nuovo e sono convinto sia lei. Che cosa sarà successo? Alla fine decido di aprire la porta appena, il mio sguardo stanco si punta su di lei, ci guardiamo un istante e le mie labbra si curvano in un debole sorriso, forse un po' triste. < È successo qualcosa? > domando sussurrando, poi mi decido a spalancare la porta. < Entra. > mi faccio da parte per fare spazio a lei, lentamente richiudo la porta alle mie spalle e con la bacchetta faccio sparire la piastra luminosa, le lastre si riordinano infilandosi dentro lo zaino. < Scusami, stavo solo.. Risolvendo un caso. > quando tutto è in ordine i miei occhi si spostano su di lei, rimango con la porta alle spalle e la fisso. Il cuore ricomincia a pulsare veloce. < Dimmi.. > dico rimanendo sulle mie, non so come mai adesso Zoya si ritrovi dentro camera mia, immagino che si tratti di qualcosa di importante. Sposto lo sguardo dal suo pigiama di seta, cerco di non sentire i segnali che il mio cuore e il mio corpo mi inviano, dopo questa sera ho deciso di essere inflessibile.
     
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    Pare che il cuore voglia fuggire dal petto. Abbasso comunque lo sguardo a terra, sui miei piedi che calpestano la moquette scura che riveste il corridoio ormai silenzioso per l'ora tarda. Sospiro. Ho sbagliato a venire quì, ma che sto facendo? Mi domando scuotendo il capo e i lisci capelli che ho sistemato poco prima. Stiracchio con dita nervose il colletto del pigiama di seta verdastra e mi preparo a tornare nella mia stanza. Stacco le spalle dalla porta silenziosa e compio un passo verso la mia meta, un leggero movimento alle mie spalle interrompe la marcia. Gli occhi grigiastri di Jon compaiono nello spazio fra lo stipite e la porta. Nella poca luce fornita dalla sua stanza vedo gli occhi contornati da piccole grinze dovute alla stanchezza. Il suo sorriso sis posa perfettamente al mio che mi viene naturale. In verità mormoro avvicinandomi. Sento il calore del suo fiato essendo molto vicina a lui ma ancora fuori. Non riesco a dormire Prima che possa proferire altro mi invita a entrare e lo faccio senza oppormi. La sua stanza è identica alla mia tranne per i colori, la sua mira ad un rosso scuro e le tende sono biancastre e raccolte con una cordicella per farle sembrare più voluminose di quanto sono in verità. Con un guizzo l'oggettistica che riempiva il tavolino si riordina su se stessa. Mi dispiace.. ti ho interrotto dico imbarazzata guardandomi le mani. Mi sento avvampare e un po' in colpa per averlo importunato. Mi siedo sul ciglio del letto e dopo un breve silenzio lo guardo. E' in piedi addossato alla porta d'ingresso come se avesse paura di me. In verità sono io ad averne di lui e non gliel'ho detto. Faccio cenno di sedersi di fianco a me se vuole, il mio palmo si poggia sul copriletto. Mi dispiace per prima.. forse sono troppo stanca.. sospiro. Colma di pensieri.. e.. sono andata oltre. Deglutisco e spero che queste scuse siano ben comprese. So cosa intendevi.. e hai ragione. Non ha senso continuare una battaglia di questo tipo, Jonathan. Non posso dire di essere immune al passato. Mi passo una mano sui capelli per nervosismo. Sei stato il primo.. in tutto e per tutto.. sei il papà di mia figlia.. e non posso dimenticarlo. Anzi non voglio. Quindi perdonami se.. se non riesco a gestire i ricordi e le emozioni che riaffiorano. Mi metto le mani in faccia. Mi sento così stupida. L'ultima cosa che voglio è singhiozzare ancora in sua presenza. Cerco quindi di comandare il tutto senza successo. Ho bisogno di te - come tu ne hai di me - e.. continuo ad allontanarti.. come se fossi un nemico. A quel punto non scosto le dita dal viso perchè le sento calde dalle lacrime che stanno lasciando le mie ciglia. E non lo sei.. non lo sei.
     
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    < No, figurati.. Nessun disturbo. > rispondo quasi con una voce piatta prima di sentire le sue scuse. Si siede sul letto e mi invita a sedermi, per un attimo rimango appoggiato alla porta e ascolto le sue parole, non mi sembrano quasi vere, poche ore fa ha detto tutt'altro e questo mi sorprende, forse ammorbidisce il mio cuore. Tuttavia il mio carattere mi fa rimanere sulle mie anche se alla fine prendo posto accanto a lei. Rimango a fissare un punto indefinito della camera, appoggio le mani sul materasso e sospiro. < Lo so Zoya, non riesco a gestirle neanch'io a volte. Ma devi cercare di imparare a farlo... > dico in modo diplomatico, il mio tono sembra essere quello che assumo davanti ad un paziente che viene da me per sapere cosa fare, come combattere una malattia, un sintomo negativo. I miei occhi si spostano su di lei che è così vicina. < Se non lo fai il tuo corpo crollerà prima o poi.. > conosco la determinazione di Zoya, lei può farcela e se continua così potrebbe rischiare di avere un crollo psicofisico, lei è molto sensibile e tiene tante cose dentro di sé, si vede a prima vista che è una persona molto sofferente. Non avrei mai voluto vederla in questo stato. Il mio sguardo cambia totalmente, la durezza del mio atteggiamento sembra crollare come un castello di sabbia davanti alla sua richiesta disperata. Ha bisogno di me. I miei occhi rimangono fissi su di lei che si copre gli occhi, sono stato il primo in tutto, anche lei è stata la prima vera gioia, forse l'unica che la vita mi ha regalato, se penso ai ricordi passati posso ancora oggi dire di aver vissuto un periodo bellissimo, innocente, puro e pieno di sogni. La sento piangere e mi si spezza il cuore. Faccio forza a me stesso e per un paio di secondi sono lì fermo a fissarla, senza sapere cosa dire, il mio cuore pulsa forte e non smette di farlo, anzi i battiti aumentano sempre di più. I miei occhi diventano lucidi perché ripenso a tutti gli errori che abbiamo fatto, come abbiamo potuto trasformare qualcosa di bello in una cosa che causa enorme sofferenza? Deglutisco e decido di avvicinarmi abbracciando Zoya. Le mie labbra si posano sulla sua testa.
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    Le sue parole hanno completamente spaccato il mio cuore in un misto tra sofferenza e tenerezza. Offro ancora una volta il mio abbraccio per lei, quell'abbraccio che lei stessa ha rifiutato qualche ora prima. < Ti prego non piangere.. Sto così male quando lo fai. > sciolgo l'abbraccio, la mia mano va a stringere le sue per staccarle dal suo viso, ora i miei occhi sono immersi nei suoi grandi e azzurri, pieni di lacrime.. E sono così incredibilmente belli anche se sono tristi. Le mie mani stringono ancora le sue, le porto sul mio petto dove si può sentire il mio cuore battere forte. Lo senti Zoya? La verità è che ti amo ancora.. tocco il suo naso con il mio mentre il mio sguardo è fisso nei suoi occhi. < Anch'io ho bisogno di te. > rispondo a ciò che mi ha detto prima, voglio che lei lo capisca, che lei sappia che davvero ho bisogno di lei. Non dico tante parole, ma il mio corpo reclama ciò che vuole, il mio è un combattimento fatto di dubbi e domande, sono spaccato a metà come lo è lei, stiamo vivendo la stessa cosa ma decido di lasciarmi andare nel momento in cui la mia barba corta sfiora il suo collo, le labbra sfiorano appena in un tocco quasi impercettibile la pelle vicino all'orecchio dove mi fermo. < Resta qui con me e facciamo pace. > sussurro al suo orecchio, mentre per dispetto del destino squilla il mio cellulare. Continua a squillare e non so se muovermi da lì. Mi irrito ma me la faccio passare subito. Quindi mi alzo, mi schiarisco la voce e rispondo. < Pronto?... (.. ) si, sono il dottor Bennet..> l'uomo operato alla testa ha avuto una grave ricaduta, mi chiamano al pronto soccorso per l' intervento anticipato. Chiudo la chiamata e fisso Zoya, seduta ancora sul letto. Scuoto la testa e afferro lo zaino, ci finisco di mettere le lastre. < Scusa... Devo andare.. C'è un'urgenza. > dentro di me c'è l'amarezza ma dall'altro lato c'è la responsabilità di una vita. Apro la porta e quando la sto per attraversare mi fermo, mi volto verso di lei con aria dispiaciuta. < Buonanotte. > le mie labbra si curvano in un leggero sorriso, poi vado via sapendo che ho lasciato lì i miei sentimenti come un libro aperto a metà.

     
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    Jonathan spiega che anche lui è spesso in preda ad un caos di emozioni e ricordi e questo mi fa sentire per un attimo meno strana. Eppure continuo a singhiozzare davanti a lui. Ciò di cui avevo paura infine era errivato pian piano, strisciando fra un controllo e una sfuggita :se continuo a combattere contro il decorrere delle cose e mettere un tappo alle mie emozioni e malesseri andrò fuori di testa. Così come il mio corpo farà quel decorso. Annuisco ho tanta paura che questo accada ma non so come fare per domare il tutto. Forse ho bisogno di un calmante? Oppure non voglio ammettere a me stessa che é esattamente quello che mi abbraccia un'altra volta e appoggia le sue labbra sui miei capelli?
    Ogni volta che mi avvolge sembro dimenticare tutto ciò che provo di doloroso o sbagliato, é come se lui avesse il potere di mettere in stop le sensazioni malsane. É un tampone perfetto e mentirei se dicessi che lo desidererei più spesso durante le mie crisi.
    Mi manca il fiato quando con lentezza appoggia il mio palmo al centro del suo petto. Insicura alzo meccanicamente lo sguardo sul suo, passo lo stesso sulla mia mano sotto la sua e suoi suoi occhi grigi più volte. Non posso fare a meno di sentire il battito sotto pelle. É qualcosa che mi lascia senza fiato e credo di aver conferma del fatto che non gli sono indifferente.
    Lo sto guardando mentre la mia testa é inondata da brevi episodi passati.
    Dimmelo Jonathan.
    Rimango in attesa come se lui avesse potuto leggermi nel pensiero eppure dice qualcosa di carino ma non ciò che mi aspetto di preciso. Sorrido in sua direzione spostando con le dita libere una lacrima dall'occhio. Sento le palpebre bruciare e vorrei dormire per recuperare le energie. Il momento è troppo delicato e così intenso che vorrei stare quí molto di più.
    Il fiato sul collo, la carezza che il suo naso compie fin sotto l'orecchio mi fanno venire i brividi. Sospiro e non è uno di quelli precedenti, caratterizzati dall'angoscia e dalla delusione. É più simile ad una tensione dettata dell'attesa e dalla curiosità.
    Il suo profumo é un richiamo.
    Non gli do risposta verbalmente, piego un attimo la testa verso di lui dalla parte dove il suo viso sta soffiando sul mio collo e con la mano sfioro la sua guancia come a proteggerlo. Rimaniamo lì qualche minuto e vorrei dirgli che sì ce la metterò tutta per cercare di stare in buoni rapporti con lui, se non fosse che riceve una telefonata.
    Il tutto si arresta e io rimango ferma sul letto a vederlo camminare aventi e indietro, in pochi minuti racatta il necessario, si scusa ed é diretto all'ospedale.
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    Vai Jonathan, tu sei il migliore mi sento di dire annuendo e invitandolo ad andare mentre la porta si chiude dietro di lui. Sospiro nella stanza vuota che trattiene il suo profumo. Compio dei passi con il sedere verso il comodino, prendo un foglietto dal bloc notes dell'Hotel e vorrei lasciargli un messaggio. Scrivo "sì" poi lo cancello con la stessa penna blu. Mi sdraio incerta su che parole usare perché lui possa capire cioè che volevo dirgli. Rimango con la penna appoggiata al labbro per diverso tempo, quel che basta per pensare talmente tanto da stancarmi fino in fondo.
    Crollo raggomitolata in posizione fetale, sul lato del letto che da le spalle alla porta. Il foglietto cancellato più volte scivola da qualche parte insieme alla penna.
     
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    Le parole di Zoya mi rimangono impresse per tutto il tragitto, lascio il mio cuore a quel momento, lui non smette mai di battere così velocemente, neanche quando raggiungo l'ospedale ed entro in sala operatoria. Sento come se una parte di lei oda vive dentro di me, sento una connessione, qualcosa in sospeso. La verità è che avrei voluto stare con lei e non staccarmi mai, avrei voluto dire tante cose, avrei fatto di tutto per rimandare ogni cosa, ma in questo caso non mi posso tirare indietro e il mio dovere è far di tutto affinché quest'uomo non muoia. Ci metto tutte le energie che mi rimangono, l'intervento è complicato, non ho con me neanche la mia equipe di medici e infermieri, ma forse non è anche questa la bravura di un medico? Lavorare persino in momenti di pressione, con delle persone nuove, in un luogo diverso dal tuo ospedale. L'intervento dura quasi tre ore piene, è estenuante, ma mi ha lasciato qualcosa di forte.. Forse perché stasera sono particolarmente vulnerabile, dopo tutto quello che è successo, nonostante tutto l'intervento volge al termine e sembra essere andato bene. Domani abbiamo i primi risultati. Quell'uomo in pericolo di vita mi ha fatto pensare a tante cose, e se domani io morissi che cosa vorrei fare oggi? Questa frase mi perseguita per tutto il tempo, sto tornando in hotel e sono le quattro e venti del mattino, quando giungo davanti alla mia camera tutte le luci del corridoio sono soffuse, prendo la chiave dalla tasca di lato dello zaino, la faccio girare nella serratura ed apro. Trovo la piccola luce accesa e le mie iridi si posano su Zoya, che è ancora qui. Non me l'aspettavo e il mio cuore ha un sussulto. Decido di fare piano, appoggio lo zaino a terra e mi avvicino lentamente a lei. La osservo, mi spunta un sorriso e la mia mano si posa delicatamente sui suoi capelli, li sposto accarezzandola appena, con molta delicatezza. La serata è stata davvero lunga e lei dorme beatamente da almeno un paio di ore. La fiamma dentro di me si riaccende appena i miei occhi si posano sul foglietto accanto a lei. C'è un "si". Che può significare tante cose ma in questo caso mi è facile capire, non è difficile intuire. L'ha tagliato ma ha detto "si". È un si al voler fare pace? A mettere finalmente a tacere i fantasmi del passato?
    null
    Sorrido davanti a quel foglio. La mia mano spegne la piccola luce, il materasso si abbassa alle sue spalle perché ci sono io che prendo posto vicino a lei, le mie braccia la avvolgono, il mio corpo si stringe al suo mentre le mie labbra baciano un paio di volte il suo collo. Quanto mi è mancato tutto questo? Quante volte l'ho desiderato? Lei si sveglia dopo qualche minuto e si gira dal mio lato, siamo faccia a faccia e le mie mani si appoggiano sulle sue guance. < Ciao. > sussurro, poi immergo la faccia tra i capelli di lei, ne respiro tutto il profumo e quello mi fa andare fuori di testa. I miei occhi sprofondano in quelli suoi alla luce della luna. La voce è spezzata, la voglia di averla mi sta divorando e non posso più fingere. < Hai paura? > Le labbra si avvicinano alle sue, sento il suo respiro, il cuore sta scoppiando. < Non voglio farti del male.. Accogli il mio amore imperfetto. Fallo adesso. Non domani. Dimmi che lo vuoi perché non posso più trattenerlo. > L'ultima parola è quasi impossibile udirla, le mie labbra si posano sulle sue e il mio bacio ha poco di delicato, ardente come il fuoco divoro completamente le sue labbra, prepotente la lingua cerca la sua, le mani stringono le sue che vanno a finire incollate sul cuscino. È un esplosione di energia, un'energia che non sapevo di avere a quest'ora, dopo una giornata così stressante e difficile. Mi fermo per un attimo < Ho detto una grande bugia a me stesso. Non ho mai smesso di amarti. > soffio sulle sue labbra. Le mie mani mollano le sue e vanno a finire sui suoi fianchi, li stringo e attiro tutto il suo corpo verso di me, il sapore delle sue labbra, della sua lingua, risvegliano in me molteplici ricordi e un'attrazione irresistibile, fortissima, mentre le mie lacrime scendono incontrollabili sul suo viso, rendendo il bacio un mare in tempesta, un vortice si sensazioni inspiegabili.

     
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    Rabbrividisco, il cuore martella nel petto spaventato. Quando apro gli occhi vedo un'immagine sfuocata prima di mettere bene a fuoco. Jonathan é tornato, ma che ore sono? Un po' spaesata mi rendo conto di essermi addormentata nella sua camera; sento il suo corpo avvolgermi e non ho bisogno nemmeno di guardarlo in faccia o di avere altre informazioni per sapere che è lui. Il suo profumo é inconfondibile. Mi giro verso di lui delicatamente spostando lo sguardo assonnato sul suo volto così vicino. Le sue dita delicate accarezzano il mio viso che non deve essere poi così sano e bello da guardare vista la giornata passata e ciò che abbiamo vissuto. Poche ore di sonno e pochi minuti da sveglia. Sorrido al suo saluto. Sei tornato.. Sussurro in sua direzione prima che un'altra effusione sopraggiunga. Sarà che ho sempre amato gli abbracci sinceri e carichi di sentimento, sarà che amo anche i baci sul capo, sarà che è lui: mi sento stranamente in pace.
    Tutto quello che sta accadendo va a rallentatore, le sue labbra così vicine, i fiati che si i trecciano, gli occhi che scavano gli uni negli altri, passano velocemente sui dettagli del viso di fronte. ammetto e se non è questo il momento di dirgli la verità quando potrò mai farlo?
    Si ho paura di te, Jonathan. Di preciso ho paura che tu possa farmi del male come in passato. E questo potrebbe influenzare il rapporto che avremo con nostra figlia. Le sue parole sono esattamente quelle che avrei voluto udire ventitré anni fa. Così, semplici, pure, cariche di verità come non mai. Avrei voluto che lui tornasse indietro e dicesse questo senza chiedere di rivoluzionare i suoi piani di studio. Avremmo trovato una soluzione se solo fossi stata sicura che mi amava, qualunque cosa si sarebbe sistemata. Avremo scalato monti, azzerato le distanze, avremo trovato un modo. Lui avrebbe visto sua figlia nascere, l'avrebbe stretta al petto e io non andrei mai deciso di lasciarla in affidamento.
    Jonathan perché?
    Le sue labbra si posano sulle mie, la lingua raggiunge la mia, mi sento avvampare.. così come il cuore che sembra soffrire ma amare allo stesso tempo. É una cosa strana ma così dannatamente bella che non riesco a metterla a tacere. Accade tutto di fretta, la mia mente si lascia andare anche se il mio corpo é ancora parzialmente frenato. Il suo profumo inonda mie narici, il suo sapore è unico e nessun alimento, dolce o che altro ha eguali. È dolce e frizzante allo stesso tempo. Sono attratta da lui, non riesco a staccarmi da quelle labbra, nemmeno quando mi ritrovo di schiena, le mie braccia stese oltre la testa, il cuscino accoglie il mio capo.
    Il suo respiro nasale si batte sul mio viso, nella stanza semi illuminata il contorno della sua faccia e gli zigomi sembrano più accattivanti che mai. Ho caldo in questo momento e appena si stacca di qualche centimento tendo la schiena, il mio naso cerca il suo. Dove vai? vorrei supplicarlo.
    Un lampo a ciel sereno non è, perché mancava solo la conferma verbale di ciò. Jonathan è innamorato di me. Ancora.
    Dopo tutto questo tempo sussurro mentre le labbra si piegano in un sorriso, tiro il colletto della sua camicia verso di me. Al momento non riesco a rispondergli. Non sto facendo di certo la preziosa ma non so cosa sento nei sui confronti:sono attratta, il mio cuore lo richiama. Però non so definire chiaramente cosa è. O forse voglio volutamente mentire a me stessa per proteggermi.
    Un brivido intenso percorre ogni vertebra stesa sul materasso quando le sue mani lasciano le mie e tastano le mie curve nascoste. Più ardentemente lo reclamo, le mie dita schiudono i bottoni della sua camicia, uno dietro l'altro senza troppa fatica. In respiro diventa intenso, spezzato a tratti solo dai nostri movimenti.
    Catturo le sue labbra e credo di non sentirmi così da parecchio tempo. Al momento mi faccio poche domande perché il desiderio si fa strada fra i pensieri. É così che non lo lascio andare, tenendo i lembi della camicia aperta sul di me. Non andartene sussurro. Lacrime salate colpiscono il mio viso, questo mi scuote l'anima, un brivido freddo percorre la mia schiena, in contasto con l'eccitazione che sta via via aumentando.
    Due dita biancastre e affusolate si fermano sul suo zigomo sinistro, lo accarezzano ripulendolo dalle lacrime che lo inondano e ancora una volta lo invitano ad assaggiare le mie labbra.
    Con un gesto della mano libera accomodo il suo tocco, é un sì chairo. Così la sua mano guidata dalla mia sfiora l'anca nascosta dalla seta color smeraldo. Soffoco il mio viso rossastro nel suo collo.
     
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    Ha paura, risponde con un semplice si che basta a farmi capire che non è una situazione facile, neanche per me lo è, ma il momento che stiamo vivendo è così particolare, così bello, che non me ne voglio andare.. Non voglio staccarmi dalle sue labbra. Le sensazioni che arrivano a fior di pelle sono davvero tante. Sentire il suo profumo, averla così vicina in un momento così intimo sembra un sogno. Lei ha risposto bene, i suoi gesti e il suo comportamento mi fanno capire che lo vuole, vuole tutto ed io non riesco proprio a tirarmi indietro. Il desiderio di averla è sempre li costante, cresce sempre di più. I nostri movimenti sono veloci, completamente fuori controllo come lo è la ragione stessa. Non penso al domani, non penso al passato.. Vorrei solo che non se ne andasse mai e che sigillassimo insieme quell'attimo, tutto il tempo che abbiamo perso e che ci siamo lasciati alle spalle. Zoya adesso è una donna, ma l'effetto che ha su di me sembra addirittura triplicato, non c'è muscolo che non sia proteso verso di lei, ogni movimento è mirato a far sì che questo momento ci rimanga impresso nella pelle. Eppure provo dolore e non so spiegarlo, le mie lacrime sono di gioia ma nello stesso tempo rappresentano il tempo perduto, il pentimento di una scelta sbagliata che mi ha portato via la donna che ho sempre amato di più rispetto alle altre. Zoya è unica, non ha eguali.
    null
    Le sue labbra, la sua lingua è qualcosa di sconvolgente che mi fa perdere completamente la ragione. Il calore del suo corpo mi attrae potentemente verso di lei, le mie mani stringono i suoi fianchi affondando le dita sulla stoffa di seta. < Sempre.. Ancora..> rispondo alla sua frase lasciandomi tirare verso le sue labbra, sono completamente suo, se qualcuno provasse ad ammazzarmi probabilmente non me ne accorgerei, la mia mente è totalmente focalizzata su di lei, come il mio corpo ed ogni mio gesto. < Non me ne andrò. > sussurro lasciando scorrere forse le ultime lacrime prima di avere vampate di calore, e i miei pantaloni non sono mai stati così stretti e fastidiosi come in questo momento. Le lacrime ora lasciano completamente spazio alla passione, all'istinto che non si placa, mi permette di catturare di nuovo le sue labbra, le mani sui suoi fianchi stringono la stoffa e la tirano verso sotto, mentre salgo a cavalcioni su di lei, senza schiacciarla troppo, mentre le nostre labbra ormai sono diventate un tutt'uno, recuperando tutti i baci che non ci siamo dati per tutto questo tempo. A volte la sento titubante, forse è la mia impressione o forse è la verità. C'è poco tempo per capirlo, non riesco a fermarmi. Sfilo via completamente il tessuto che ricopre la sua pelle, le mie labbra ora baciano la sua gamba, salgo e bacio ogni centimetro della sua pelle, la sua coscia, salto le slip che coprono il suo intimo e arrivo sull'ombelico, mi soffermo morendo e baciando la sua pelle senza arrestare la corsa. Salgo su e le mie mani si infilano dietro la sua schiena, sbottonano il reggiseno che cade a terra, le labbra arrivano sul décolleté, le mani osano e catturano i suoi seni. È irresistibile ai miei occhi e non voglio saltare neanche un piccolo centimetro della sua pelle. Mi spingo leggermente per farla girare a pancia in giù, la sua schiena è liscia, sensuale. Getto via la camicia e torno a stendermi delicatamente su di lei, ora i baci sono più lenti e percorrono l'intera schiena di Zoya in un folle assalto ai suoi sensi.

     
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    Le sue risposte mi fanno sentire unica. Sono desiderata e si percepisce bene. Ci rubiamo a vicenda le labbra, le nostre mani si accarezzano dopo così tanti anni in cui si sono cercate. La stazza di Jon è cambiata, ma il suo modo dolce di prendermi è sempre lo stesso.
    Non me ne andrò la sua voce mi infiamma ancora e lo bacio di nuovo. Le sue guance si asciugano mentre il suo fiato si fa più intenso. Le mani sfilano il pigiama di seta, il reggiseno; le sue dita sfiorano ogni lembo di me in modo delicato anche se percepisco la foga a cui vorrebbe dare ascolto. Mi rispetta ad ogni tocco, si sofferma sui seni e io gemo con eleganza, il mento verso l'alto e il mio fiato che si addossa ai suoi capelli. Li stringo, inondando le dita della mano destra, ci immergo il naso guidando il suo viso sul seno. Non è esagerato ma nell'insieme è tondeggiante e i seni turgidi richiamano ogni parte di lui come la mia femminilità. Sospiro ardente ed emetto un gemito più intenso quando mi ritrovo a pancia in giù. Le sue dita sfiorano la schiena e i suoi baci compiono un percorso tra le scapole. Le unghie si aggrappano al cuscino sotto di me, inarcando la schiena. Adoro quello che sta facendo e mentre si dirige verso il sedere gemo più forte. Mi volto prima che sia troppo tardi perchè mi sta spingendo oltre, prendo la sua faccia fra le mie mani e voglio assaporarlo tutto. Quanto mi è mancato? Sospiro staccandomi dalle sue labbra e bacio il suo collo chiudendo gli occhi. E' un bacio dietro l'altro, delicato e pieno di ardore. Con le dita sfilo del tutto ciò che gli manca mentre fremo stanca di aspettare. Il bacino ci accosta al suo, seduta di fronte a lui e lui di fronte a me, le gambe si incastrano in una scultura perfetta. Il mio seno sfiora di continuo il suo petto glabro, i seni turgidi lo stuzzicano mentre a causa della mia bassezza, da seduta, rispetto a lui le mie labbra riescono solo a catturare l'attenzione dei suoi capezzoli. Siamo nudi e infuocati uno di fronte all'altro, ci stiamo assaggiando a vicenda riscoprendo ciò che per lungo tempo abbiamo cercato e non trovato.
     
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    Le mie labbra stringono il suo seno in una serie di morsi ardenti, sento il suo respiro, il suo profumo di donna, la voglia che anche lei ha, l'impazienza di saperci uniti più che mai. La stanchezza sembra essersi volatilizzata, ogni fibra del mio essere è attiva, la mia testa non ha un
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    ragionamento logico e mi lascio andare a qualsiasi cosa. Adoro i suoi gemiti di piacere quando le mie labbra passano sulla sua schiena. Amo tutto di lei e desidero che non si fermi mai ad esprimere così elegantemente ciò che prova. Zoya ha un modo tutto suo di fare l'amore, solo merlino sa come fa ad essere così dannatamente attraente questa donna. Su di me ha un potere fortissimo, perdo completamente la testa. Si volta completamente, non resiste più e mi ferma. Sono sopra di lei e mi stringe la faccia, mi bacia e rimango immobile, sospiro profondamente chiudendo gli occhi quando le sue labbra assaporano il mio collo, godo ogni singolo istante. È tutto così strano ma bellissimo, il cuore è un fuoco e dopo qualche minuto in cui decido di rimanere fermo, lasciando a lei lo spazio per spogliarmi, assaporando il tocco delle sue mani delicate, anch'io tolgo via tutto ciò che le rimane, ci mettiamo l'uno di fronte all'altra, seduti intrecciati, i bacini vicini e le gambe perfettamente incastrate. Le mie mani toccano la sua schiena perfetta mentre i miei occhi si chiudono quando sento le sue labbra sui miei capezzoli che sono sensibili al suo tocco, inclino la testa e i denti mordono il suo collo posteriore, la mano da chirurgo è sapiente, agile, conosce bene l'anatomia del suo corpo e affonda verso il suo intimo, le dita stimolano il clitoride, poi si avventurano oltre, provocando una tortura dolce ma decisamente appagante. Stacco le labbra dal suo collo e aggancio il suo sguardo in un momento di lucidità, mi riprendo le sue labbra, lei ha il viso completamente alzato verso il mio, risponde prontamente al bacio mentre le dita fanno spazio ed entro nella sua femminilità tenendo saldi i suoi glutei con le mani, con un gesto del bacino deciso, rimanendo incastrati l'uno di fronte all'altra spingo, il suo corpo mi accoglie, mi sento in estasi. Stacco le mie labbra dalle sue per farla respirare, le mie mani stringono ancora saldamente i suoi glutei passando di tanto in tanto sui suoi fianchi, anche lei mi viene incontro con i suoi movimenti e dalle mie labbra escono sospiri di piacere, non mi posso sottrarre a tutto questo, non posso resistere. La spingo facendola rotolare sul letto, per un attimo ci stacchiamo ma sono già sopra di lei, le sue gambe mi cingono i fianchi e mi accolgono ancora una volta. Stringo le sue mani facendole sprofondare sul cuscino, poi le lascio andare e le mie mani appoggiano sui suoi fianchi, i miei affondi diventano più veloci e meno pazienti. Non si può descrivere il piacere che ne deriva da tutto questo, non vorrei mai staccarmi da lei e la lampadina della bajour sul comodino comincia ad accendersi, a spegnersi, mi fa intravedere a tratti la pelle lucida di lei. Rendendo il tutto suggestivo. Magico.
     
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    Credo che il sapore di Jonathan sia qualcosa di appagante in tutte le sue forme. Credo di averlo desiderato così tanto per troppo anni. La sua assenza il primo periodo ero diventata quasi un ossessione. Credevo di andare fuori di testa letteralmente.
    Ogni volta che lo facevamo fra le mura era un'avventura e a quel tempo eravamo così pieni d'amore da essere anche un po' ingenui. Di certo all'età di diciott'anni io lo volevo follemente e per quanto avessimo la testa sulle spalle eravamo giovamo e basta. La nostra colpa era che eravamo troppo inebriati dei nostri sentimenti, ciechi a tal punto da non osare dare bado ad altro. Ricordo ancora che lui si prese la mia prima volta, esisteva solo lui e lui soltanto. A quel tempo non desideravo un ragazzo di verso da Jonathan e per molti anni fu in effetti così. Anche dopo la sua scomparsa.
    Oggi dopo ventitré anni credevo che insieme alla maturità raggiunta i miei desideri nei suoi confronti fossero mutati. Mi sbagliavo. Ogni volta che mi bacia sulle labbra, sul collo o in generale sulla pelle fremo e sono impaziente.
    Così quando Jonathan completa l'unione gemo forte, un respiro che spezza l'aria, la bocca verso l'alto che espireme il mio appagamento. Sorrido poco dopo stringendolo a me mentre ricado sul letto con lui sopra. Le gambe che lo circondano e che si ancorano ai suoi fianchi impazienti e carichi. Affonda con foga e nel farlo non è per nulla irruento. É una danza dolce che condisce a ritmo di sospiri. Le sue mani intrecciate alle mie dita sopra il mio capo, i sensi che sfregano sul suo petto. Inarco la schiena sotto la sua figura, le gambe si dilatano e lo incito a prendersi ogni lembo di me. Credo di impazzire quando ancora le ginocchia e i suoi movimenti si intensificano. Credo anche che l'estasi e l'attesa prolungata giochi sporco nel mio caso. Avvolgo la sua schiena con le braccia accompagnandolo e desidero ribaltare la situazione. Lo spingo col mento in su, le nostre figure gettano sagome sulla parete. Uniti rotoliamo sul fianco, mi addosso a lui assaggiando le sue labbra di nuovo, affondando nel suo profumo. Così spingo sul suo bacino in quell'intreccio che è un abbraccio reciproco. Sospiro ancora prima di salire su di lui e richiedere tutta l'attenzione su di me. Il mio corpo è illuminato parzialmente, risulto una figura tirata a cavalcioni su di lui. L'incastro è perfetto e le mie gambe ancorate ai suoi fianchi si muovono lentamente e via via si fanno più veloci. I palmi delle mani si appoggiano al suo petto umido, i capelli scendono di lato e il seno si muove a ritmo. La danza continua a tratti credo di gemere esattamente quando lo fa lui, mi sembra tutto così in sintonia che pare impossibile. Fremo e rallento, prendo fiato e credo di non farcela più. Sospiro forte per tardare quel momento il piu possibile. Lo guardo negli occhi aspettandolo.
     
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    La mia indifferenza ormai è scomparsa insieme all'estrema necessità di stargli vicino. Ho voglia di viverla e vorrei fare qualsiasi cosa per ricostruire ciò che sono stato capace di distruggere. Ora che è qui con me riesco a capire qual'è il grande valore di questa donna nella mia vita, è proprio vero che quando perdi qualcosa di importante è sempre difficile riuscire ad avere la stessa cosa lungo gli anni. Per questo credo che questo sia un evento raro, unico, ti succede solo una volta nella vita di avere una seconda possibilità, e non è mai scontato averla. Il suo corpo mi dice che è qui, che lo vuole anche lei, la desidero e mi sento desiderato in ogni mia sfaccettatura. Ci doniamo senza pensare ad altro, abbiamo lasciato da parte la testa, abbiamo ascoltato solo il cuore e adesso posso dire con certezza che neanche i suoi sentimenti sono svaniti. Non c'è bisogno di parole per capirlo. Quando affondo sempre più intensamente in lei, mi stringe, il suo corpo aderisce al mio e mi richiama, come una calamita dal quale io non riesco a scappare. E' il mio posto, e ci sto dannatamente bene. Inarca la schiena e le mie mani scivolano lungo la sua colonna vertebrale, affogo il respiro baciandola ma non ci riesco per molto, ho bisogno di respirare perchè credo di morire da un momento all'altro, l'eccitazione, come l'intenso piacere mi stanno strappando via alla razionalità. Siamo un'unica cosa. Vorrei dire e descrivere ciò che sto provando, ma non esistono parole per spiegarlo. Sarebbe inutile provarci. Intreccio ancora una volta le dita con le sue che affondano sul cuscino, riesco a vedere i suoi occhi quando li spalanca verso i miei, prima di chiuderli in un espressione di piacere. Mi sento sfinito, sto per arrivare all'apice. Eppure resisto quando si capovolge la situazione, riposo i muscoli per un breve lasso di tempo, con le mani stringo le lenzuola del letto mentre lei si incastra su di me, si muove elegantemente e posso intravedere la bellezza del suo corpo nudo, le mie mani sui suoi fianchi la spingono verso di me, ricomincio a muovermi accompagnando i suoi movimenti, la sento rallentare e cerco le sue labbra, riesco a sentire le sue contrazioni e so che non resiste più. Gemo con lei anche mentre la bacio, gli ultimi affondi sono lenti ma intensi, lei è quasi crollata su di me ma il mio bacino non si ferma, sostengo il suo corpo rimanendo in quella posizione, le unghie delle mie dita affondano sulla sua schiena con decisione quando arrivo all'apice, pochi secondi dopo di lei. Rimango con il bacino spinto verso di lei, stringendola forte tra le mie braccia, mentre un esplosione vitale la riempie. La mia voce con la sua si diffondono nell'aria, non trattengo l'espressione di piacere che ne deriva.
    Mi rilasso appoggiando la schiena e i glutei sul materasso, lascio che lei si appoggi sul mio corpo e le braccia sono ancora strette a lei. I miei occhi la cercano, le labbra si curvano in un sorriso. Rotoliamo e la lascio cadere di lato, stringo la sua mano rimanendo con gli occhi fissi su di lei. Lo rifarei centinaia di volte con te. potrebbe sembrare banale, ma è stato così bello che lo ripeterei, ma non solo perchè è stato bello, semplicemente mi sono sentito parte di lei.. come un ritorno a casa. Le mani accarezzano le sue guance e le labbra baciano la sua fronte sudata. Non ho altre parole, non ne voglio aggiungere troppe. I miei occhi parlano da soli, la guardo in silenzio contemplando anche il suono del suo respiro che lentamente sta tornando regolare.
     
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    L'apice sopraggiunge. L'intensità con cui si propaga attraverso ogni cellula del mio corpo mi fa percepire un calore immenso. Era da tempo che non provavo una cosa simile. Era da tempo che non facevo l'amore con un uomo. E nessuno dei due potrebbe dire che questa notte nella stanza prenotata dal dottor Bennet due persone abbiano fatto sesso. Hanno fatto l'amore dal primo momento in cui le loro labbra si sono unite.
    Gemo, il verso di appagamento per eccellenza si sprigiona nella stanza semi illuminata, poco dopo la voce di Jonathan mi raggiunge. Insieme a lui gli ultimi affondi, le sue dita che vogliono strappare le lenzuola e si ancora o sulla mia carne come a non volerla lasciare mai più. Sento le gambe sfinite, il petto che esplode, il calore di Jonathan riempirmi. Rimango immobile per recuperare l'aria, seduta su di lui.
    Un soffio nasale scosta i capelli che ricadono sul viso; i seni bagnati dal sudore sono semi coperti da quei fili dorati. Dopo qualche minuto in cui ritorno in me, mi rilasso, accasciandomi su di lui e sono così stanca e così appagata che vorrei dormire. Le sue braccia mi accolgono e sento il suo cuore martellare sotto di me. Con le dita percorro la sua pelle salata, compiendo piccoli cerchi fittizi, gli occhi osservano la sua spalla, il suo corpo fermo sotto di me. Siamo ancora intrecciati, i miei occhi azzurrini cercano i suoi, il suo volto è lì, stanco ma tirato in un sorriso. Ricambio soffocando un bacio stanco sulle sue labbra.
    Ci troviamo uno di fronte all'altro, la spalla affonda nel lenzuolo, lo guardo al di là delle nostre mani che si cercano. Sento che la pelle si sta asciugando, nonostante ciò il mio corpo nudo non si vergogna di fronte a lui. Rimango lì, in silenzio a osservare un po' tutto di lui. Come è cambiato, cosa invece trovo sempre uguale e che ho amato alla follia. L'attaccatura dei suoi capelli per esempio. Li ho sempre adorati ricci, scuri, ci inondavo le dita e li tiravo per scherzo. Ed è quello che sto per fare se non fosse che la sua frase mi spiazza. Non lo so se è la sua voce, se sarebbe capitato anche se non avesse detto mezza parola. Ma mi sento inesorabilmente strana. É una senzazione di sconforto, mista a paura e angoscia.
    Jonathan mormoro sfilando la mano dalla sua, arretrando con le dita dal suo viso. Io.. Ti ho desiderato così tanto da volere in qualche modo tirarti fuori dai miei sogni quando fantasticavo o quando ti sognavo la notte. Una cosa che nemmeno fra maghi è possibile fare. Faccio una breve pausa sentendo un dolore allucinante farsi spazio nel mio petto. Mi manca l'aria. Credo di fare più male a me stessa che a lui. Credo di doverlo fare per il nostro futuro. Ora.. Che ti ho qui..é diverso.. Sembra che tutto ciò che ho desiderato sia differente. Scuoto il capo tirando su la schiena dal materasso. Non lo so spiegare. Io.. Non è il momento di piangere ancora, no Zoy. Piego le ginocchia e abbandono il letto. Sono nuda di fronte a lui, il mio corpo sinuoso e curato viene illuminato dalla piccola lampada sul comodino. Credo che abbiamo avuto la nostra possibilità in passato.. Ed è andata in quel modo.. Sospiro. Forse non è più come un tempo. Forse non ti amo più Jonathan. Non come vent'anni fa.
    Il cuore mi martella forte, sanguina, si ribella. La mente mi suggerisce che bisogna essere oggettivi e tener conto di tutto nella vita. Credo che dobbiamo limitarci a rimanere uno di fianco all'altra per ciò che ci lega. Non riesco più a guardarlo, cammino davanti alla testata del letto, i capelli ondeggiano e una strana agitazione si prende gioco di me. Vorrei piangere, vorrei dare ascolto al palpitare al Centro del petto ma ho troppa paura e troppi ricordi dolorosi per lasciarlo parlare.
    Credo che dobbiamo focalizzarsi sulle ricerche. Le parole escono quasi meccaniche. La mia voce muta, vorrebbe essere ferma e dittatoriale. Ma avere Jonathan qui non me lo permette. Trema la voce che proferisce tali parole. E nient'altro.
    Probabilmente Jonathan vorrà parlarne, sono qui, di fronte a lui, i miei seni sono nascosti dai capelli, le mie dita tamburellano lungo i fianchi inquiete e lo sto aspettando. Non so cosa mi aspetto, che mi urli contro? Che mi dica più esplicitamente che mi ama? E questo cosa cambierebbe.. Mi aspetto che chieda esplicitamente una seconda possibilità per noi? É chiaro che era sottintesa.
    So che la mia bocca ha parlato per la mente. So che nella vita il cuore dà le migliori felicità ma anche i peggiori incubi e dolori. Voglio cercare di contrastarlo e mettermi in salvo.
     
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