black shadow

privata.

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    Inquieta. Ansiosa. Il suo umore non era di certo al massimo e non aveva neanche idea da dove giungessero quelle sensazioni funeste. Porvi rimedio, quindi, risultava pressoché impossibile. Un circolo vizioso senza fine. Lasciarsi sopraffare, però, non rientrava nei suoi piani. Si fiondò nella sua stanza e, con un gesto veloce, aprì il suo baule, estraendone una fiaschetta dove, al suo interno, era stato versato del buon whiskey incendiario prodotto dalla sua famiglia adottiva. Risistemò il tutto e nascose l’oggetto del desiderio nella tasca della divisa, con tutta l’intenzione di portarsela appresso, per poi consumarla in compagnia della sua compagna di stanza, appena avessero avuto un minuto di respiro.
    Le giornate apparivano tutte uguali. Una routine infinita. Nessuna novità e sempre le solite facce. Niente di stimolante, insomma. Le lezioni riuscivano a distrarla per un certo lasso di tempo ma non le bastava. Sentiva il bisogno di qualche cosa di nuovo che la distraesse la sua mente da ciò che più la assillava. Il pensiero della sua famiglia, caduta malamente in disgrazia, le rovinava il sonno, lasciandole una profonda amarezza. Le azioni del padre, dello zio e, in parte, della madre, erano state severamente punite, gettando un’ombra oscura anche sulla sua persona. Una vera e propria ingiustizia. Essere etichettata come ”la figlia di", le mandava il sangue alla testa. Molti erano venuti a conoscenza della vicenda e, molti, le avevano tolto il saluto, trattandola come una fottuta lebbrosa. Ci aveva fatto l’abitudine ma, ciò, non significava che le andasse bene.

    Camminava nella penombra dei sotterranei, senza prestare troppa attenzione alla meta. Quel silenzio e quella calma, conciliavano i suoi pensieri, tranquillizzandola. I compagni si trovavano già riuniti nella Sala Comune, al tepore del focolare. Lei avrebbe atteso. La mondanità non aveva a che fare con lei e, nonostante adorasse la sua Casata, stare in solitudine, a volte, era davvero l’unica soluzione ai suoi problemi.
    Si godeva il silenzio. Quell’equilibrio perfetto. Qualche cosa che sembrava non poter essere rovinato. Già. Sembrava. Troppo bello per essere vero.
    Si accorse di non essere sola.
    A pochi metri da lei, riconobbe il volto –illuminato da una delle fiaccole appese al muro- di uno dei suoi compagni.
    “Strano che dei Figli di Salazar, come noi, cerchino il conforto delle tenebre, quaggiù.” Un Cliché bello e buono. Si trovavano nel loro habitat naturale e ciò avrebbe reso il gioco più che interessante. Non vantava una conoscenza profonda del giovane Evans ma, con lui, si era ritrovata a condividere spazi, lezioni e tempo. “Non raggiungi i tuoi amici? Sono venuta a conoscenza dell’interessante programmino di stasera. Ti staranno aspettando con ansia.” Altro punto noto risiedeva, proprio, nel carattere del giovane, decisamente scontroso. Una bella gatta da pelare, insomma. Di certo non le importava, ci avrebbe messo poco a rimetterlo al suo posto se necessario e senza neanche ricorrere alla maniere forti.
    “Che ci fai da queste parti? Stai vangando sconsolato? Posso aiutarti in qualche modo?” Sollevò il braccio e fece scivolare dalla tasca la fiaschetta, aprendola e bevendo un sorso di quella gioia liquida. “Vuoi?” Era certa che non fosse astemio.


     
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    I primini erano fastidiosi.
    Più primini insieme a cazzeggiare davanti al caminetto in Sala Comune era come un gregge di pecore indomabili.
    Oliver odiava il casino e non aveva nemmeno voglia di mettersi d'impegno per regolare quel vociare continuo. Oggi aveva i nervi tesi, ma che strano direte! Comunque aveva lasciato la lezione di pozioni dove aveva dovuto asciugare dalle sue cose il denso e odoroso intruglio di una Tassorosso imbranata. Aveva anche preso una strigliata dal professore. Non era arrabbiato per questo, era il periodo che faceva schifo in sè. A casa non ci voleva nemmeno tornare visto le recenti notizie e trovarsi sua madre di fronte era l'ultima cosa che desiderava. Per parlare, Olly si lamentava lei perchè lui non le degnava il suo tempo, Olly possiamo sistemare le cose, Olly possiamo, Olly ascolta. Se ci pensava la sua testa esplodeva all'istante e poichè rientrare era escluso, al momento, decise di fermarsi prima. Nei sotterranei c'era una panca piuttosto nascosta dagli sguardi dei curiosoni, solo la flebile luce di una fiammella appesa al muro lo illuminava parzialmente.
    Merlino impestato! pensò quando dei passi si fermarono proprio dinnanzi a lui. Alzò lo sguardo verso la concasata che lo stava fissando. Non hai un cazzo da fare Scamander? domandò acido alla rossa prima che spiaccicasse parola. Se permetti non lo ritengo affatto strano. Aveva capito che la sua era ironia ma gli andava di rispondere seccato in quel modo perchè beh, perchè era Evans e quando aveva i nervi tirati ce l'aveva col mondo senza motivo.
    Il sopracciglio di Oliver si piegò, si concentrò sulla ragazza e assunse uno sguardo confuso ma abbastanza infastidito. E quali sarebbero i nostri programmi.. sentiamo? la sfidò, sicuro che i cazzi loro erano ben distanti dalle loro orecchie. Si alzò dalla lastra di pietra e mosse un passo verso di lei.Sei una che origlia alla porta altrui mh? chiese piegando la testa. Non continuò quella farsa, lei aveva capito che con lui non si scherzava per niente, se la sua era una balla meglio lo ammettesse subito.
    Diamond chiese cosa stava facendo da solo in quel posto e lui si fece sfuggire una risatina. Non necessito del tuo aiuto, Diamond. Diamond Rain. Diamond Rain. Che razza di nome da prostituta pensava la sua testa mentre la squadrava alla debole luce del corridoio. Spero che sia anche porca sotto le coperte sennò cazzo hanno proprio sbagliato. Ma ti pongo la stessa domanda.. dove te ne vai sola soletta? il suo labbro si piegò sotto ai denti per via della smorfia istigatrice che mise su.
    La studentessa allungò qualcosa, dapprima Oliver pensò che stesse per usare il catalizzatore ma poi vide.. una fiaschetta? la luce illuminava il metallo e lui guardò più volte lei e poi l'oggetto. Un ghigno divertito ma favorevole delineò le sue labbra. Annuì e con un gesto della mano che spuntava dalla toga disse: Dopo di te, mia cara. Un chiaro gesto che significava che di lei non si fidava manco per il cazzo e che la sua fiducia andava guadagnata a piccole porzioni, gesto dopo gesto.
     
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    Quel fare insolente le fece salire l’omicidio. Peccato fosse illegale. Sbuffò, sottolineando, così, tutta la sua indisposizione verso colui che le si parava davanti. Gente che si credeva stocazzo ed, invece, probabilmente, non sapeva neanche contare fino a dieci. Decise di lasciar correre e di contrastare con ironia quell’atteggiamento arrogante.
    Piegò di lato la testa per avere una visuale più nitida del volto del giovane uomo e, una volta che l’immagine fu chiara e ben illuminata, sfoderò uno dei suoi sorrisetti, sintomo dell’immediato sarcasmo che ne sarebbe scaturito. Non aveva un cazzo da fare, allora? Dove stava il suo problema?
    “Potrei chiederti la stessa cosa.” Appariva seccata, come se fosse appena stata violata la sua dannata privacy. No. Non amava che si ficcasse il naso nei propri affari, soprattutto per il fatto che, quella sera, stava tentando di non avere problemi. “Non hai un cazzo da fare, Evans?” Neanche le interessava. “A proposito. Quando è il tuo compleanno? Vorrei regalarti un corso di ironia! Noto qualche carenza in materia. Magari potremmo proporla come nuova attività.” Stava solo perdendo tempo. Aveva commesso un errore. Scegliere quel luogo, regno degli studenti attaccabrighe e troppo orgogliosi per mescolarsi ai comuni mortali. Avrebbe pagato il prezzo per essere stata una vera stupida.
    “I vostri programmi? Non sono sempre i soliti? Cacciare, piantare grane. Ubriacarvi e tante altre sciocche attività da chi detiene lo scettro del testosterone?” Un film già visto, più e più volte. Iniziava a sospettare che non sapessero fare di meglio se non cadere in un infinito loop, noioso e, dopo un po’, irritante per chi, avesse avuto la sfiga di entrare a fare parte delle loro vite. “Vi sopravvalutate. A nessuno interessano i vostri discorsi da mocciosi, mio caro.” Origliare? O la credeva così infantile o, per davvero, non aveva ben chiara la realtà.
    Era stata gentile e non avrebbe mosso un dito in più. “Mai dire mai. Un giorno potresti necessitare del mio aiuto o, perché no, io del tuo.” Una remota possibilità. Molto remota. Niente poteva considerarsi impossibile, soprattutto tra quelle quattro mura.
    “Le matricole stavano per farmi saltare i nervi. Inoltre mi piace stare sola.” Ammise. In più, poche ore prima, aveva assistito a una scena disgustosa che avrebbe voluto cancellare dalla sua testa in qualche modo. “Hai mai visto limonare due matricole? Peggio di un horror. Con quella bava. Cazzo. Mi vengono i brividi.” Schifo. Le tempeste ormonali dei ragazzini, non le comprendeva a pieno e neanche sarebbero diventate oggetti di studio per lei.

    Oliver la invitò a bere per prima. “Hai paura che sia avvelenato?” Lo portò alle labbra e trangugiò una quantità notevole di liquido, gustandoselo a pieno. L’alcol fluiva lungo la sua gola, provocandole ripetute vampate di calore. Allungò nuovamente la fiaschetta verso il suo compagno: “Visto? Non sono morta.” Mica poteva rischiare di compromettere la sua salute. Troppo giovane e bella per tirare le cuoia. “Allora? Possiamo essere amici? Almeno per stanotte, poi si vedrà.” Alla fine non ci sarebbe stato nulla di male. Il giorno dopo sarebbero potuti tornare ad ignorarsi, non le importava un granché.

     
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    Non hai un cazzo da fare, Evans? chiese la sua concasata con sarcasmo, chiaro segno che voleva ripagarlo con le stesse frasette e la stessa arroganza. Esattamente sputò senza irritarsi più di quanto lo era già. Se dapprima Evans non la credeva capace la stava studiando e forse si era sbagliato. Ah, le prime impressioni sono le peggiori. Erano compagni di classe e figli di Salazar ma ciò non voleva dire che si conoscessero più di tanto e decisamente non nella maniera in cui Oliver desiderava. Questo velato desiderio lo si poteva scorgere nella piega delle sue labbra ogni qual volta che lei si rivolgeva a lui alzando la voce o stigandolo. Merlino buono quando adorava le donne che sapevano tenergli testa, beh, se la signorina col nome da prostituta non se ne fosse andata lagnandosi quella sera, forse avrebbero concluso qualcosa. Lui e lei. Lei e lui. Ma ciò era presto per dirlo ma la certezza che la camera del suo dormitorio fosse libera dalle chiappone dei suoi due amici alimentava un lussurioso pensiero.
    A proposito. Quando è il tuo compleanno? Vorrei regalarti un corso di ironia! Noto qualche carenza in materia. Magari potremmo proporla come nuova attività. Sbuffò e dentro di sè cominciò a pensare che le dava altri dieci minuti ma non sarebbe rimasto a farsi frantumare le palle dall'oca che si appellava per ogni cazzata per farne un discorso infinito. Magari un giorno telo dirò.. mormorò senza enfasi, si stava stancando.
    I nostri piani sono appunto nostri e mi piace che pensi che siano solo questi! ridacchiò lui toccandosi il petto sopra la toga, mimò anche un gesto per pulire della sporcizia che non c'era affatto. Testosterone mh? pensò silenziosamente, forse a te manca qualcuno che ti faccia tacere la sera, si da al caso che hai quello giusto di fronte. A nessuno interessano i vostri discorsi da mocciosi, mio caro. Perfetto disse passandosi le dita sul mento velato di barba biondiccia. Mettilo anche in pratica, fatti i cazzi tuoi ed è finito quì il discorso mosse le mani ad imitare un'oca, cosa che faceva spesso con la Grifondoro con cui lui aveva avuto più diverbi che sane conversazioni. Sapeva che quel gesto la faceva infuriare da morire, chissà se Diamond non lo sopportava altrettanto.
    Ebbe d'un tratto la sua attenzione quando disse che un giorno poteva volere il suo aiuto e lei il suo, se dapprima voleva riderle in faccia esitò. Pensava che non era affatto difficile cercare di farsela amica per i suoi scopi. Falsamente ci sarebbe riuscito bene e se proprio fra di loro fosse funzionata allora avrebbe smesso di fingere. Era così che Oliver ragionava, utilizzare le persone e vedere se facevano al caso suo, poi avrebbe mollato la presa. E c'era un prezzo con cui Diamond la prostituta poteva guadagnarsi un occhio di riguardo. Se glielo avesse detto di punto in bianco poteva benissimo beccarsi un calcio nelle palle, uno sputo in un occhio, un ceffone o una miriade di offese. Le avrebbe per caso dato dell'infoiato, dell'approfittatore? Stava tutto nel cervello di lei, dipendeva molto da come era fatta.
    Le matricole stavano per farmi saltare i nervi. Inoltre mi piace stare sola. avanzò lei e lui decise di crederle perchè era ciò che anche Oliver stesso detestava. Annuì vistosamente serrando le labbra, pensando che non avrebbe messo piede da solo in sala Comune, non perchè aveva paura dei novellini ma perchè era uno scazzo doverli mettere per così dire in riga e litigarci. Forse però poteva farlo con lei, sempre se erano mossi nella stessa direzione. Hai mai visto limonare due matricole? Peggio di un horror. Con quella bava. Cazzo. Mi vengono i brividi. Si mise a ridere e dovette ammettere che la ragazza lo stupì e lui, rude come sempre e senza filtri, disse Non li ho visti limonare perchè non guardo le coppiette incollate ai divanetti o ad amoreggiare davanti al fuoco ma posso dirti che una sera, quando sono rincasato oltre il coprifuoco provenivano delle urla fortissime dalla scala delle ragazze. Si toccò di nuovo il mento sorridendo. E non erano grida di paura o qualcuno che litigava eh? Le fece intendere esattamente che il dormitorio femminile non era affatto composto di sante. Potevano essere due amanti come due lesbiche. Ormai, con i brividi per ogni centimetro della pelle, pensava che il castello era pieno di omosessuali.
    Lei lo guardò accigliata domandando se aveva paura che il contenuto della fiaschetta fosse avvelenato e lui intrecciò le braccia l petto annuendo. Non mi fido di te, Diamond ammise. Quando lei bevve lui prese fra le mani il contenitore di latta, rigirandolo due volte. Bevve continuando a guardarla. Ma possiamo.. lavorarci Ascoltò le sue parole mentre un sorriso laterale gli mutò il viso, si avvicinò a lei, prendendo il lembo della toga fra due dita, con l'altra fece scivolare la fiaschetta nella sua tasca più vicino. Si umettò le labbra e si avvicinò al suo naso, soffiò col fiato alcolico sulle sue labbra senza però mai toccarle. Sussurrò con sguardo beffardo e rimase lì, tenendola e fissandola direttamente in faccia. NStanotte non ho impegni, sai, alle volte è da lì che si comincia. on gli faceva affatto schifo quella rossa con le palle. Sicuramente sperava di non trovargliele nelle mutande o sarebbe stato un grosso problema.
    Il silenziò calò e sperava vivamente che il suo velato invito non si tramutasse in un'oca isterica che lo avrebbe compito negli zebedei, stava però allerta pronto a proteggersi il pacco se quella fosse schizzata male.
     
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    Più lo osservava e più lo trovava attraente. Innegabile. Pieno di sé ma, senza dubbio, un bel ragazzo. Ghignò in modo malefico e alzò le spalle, lasciandosi scivolare quell’insolenza che, in situazioni normali, l’avrebbero portata all’ira nel giro di qualche secondo. “Esattamente.” Come se avesse bisogno di ulteriori conferme. Gli enigmatici sguardi, scambiati tra i due, provocarono in Rain un’insolita morsa allo stomaco mentre, il suo pensiero, finì per esplorare zone non accessibili ad occhio nudo. Cercò di reprimere la sua fervida fantasia per evitare di incappare nel proibito. Lo sforzo fu immenso e, da lì, si rese conto di tutto il tempo passato lontana da ogni sorta di “contatto umano” e di quanto le mancava. La colpa poteva essere fatta risalire solo, ed esclusivamente, a lei e alla sua rinomata glacialità nei confronti del sesso opposto. Esigente, intransigente, tutte caratteristiche che i ragazzi non avrebbero tollerato nel proprio partner. Beh, in quel momento, però, la situazione poteva giocare a suo vantaggio. Le relazioni senza impegno, nel periodo storico che stava vivendo, facevano a caso suo. Il flusso di pensieri si arrestò in seguito all’ennesima presa di parola del compagno: “I nostri piani sono appunto nostri e mi piace che pensi che siano solo questi!” Come se le importasse dei piani di chiunque. Si morse la lingua, non c’era alcun bisogno di contestare la sua affermazione, se non con uno sguardo rassegnato. “Ovviamente. Si da il caso che, sfortunatamente per te, i miei piani siano più interessanti dei vostri!” Ammiccò, senza alcun pudore. Lo stava provocando ed era certa che avrebbe colto rapidamente il divertente giochino nel quale lo stava attirando con la sua naturale disinvoltura. “I cazzi miei, questa sera, dipendono da te e dai tuoi programmi.” Che dire? Niente di più chiaro. Certo, non amava mettere la sua sorte in mani estranee ma l’occasione andava colta al volo. A volte lasciarsi andare, rimaneva l’unica soluzione per liberare la mente da situazioni morbose e preoccupanti al punto tale da non lasciare scampo.

    “… e non erano grida di paura o qualcuno che litigava eh?” Sapeva bene che, il dormitorio, non era di certo abitato da suore, né tantomeno da tipe che disdegnavano una bella scopata anche occasionale. Non ci vedeva nulla di male. “E tu saresti esperto in grida di altra natura, giusto?” Assunse un’aria interrogativa, come se lo stesse sfidando. Le piaceva condurre quel teatrino ma, Oliver, poteva essere considerato un degno avversario. In ogni caso, l’argomento sesso, rimaneva tabù. Spesso si trovava a sviare le discussioni che riguardavano quel lato umano, anche quando si trovava, la sera, a raccontarsi con le compagne di stanza. Tutte cazzate. La sua convinzione stava nel fatto che tutti vantavano numeri da film porno, e poi? La verità stava un po’ più in là. Atroci. Più fatti e meno parole.

    “Non mi fido di te, Diamond.” Che colpo al cuore. Cosa buona e giusta. In fin dei conti erano pur sempre due sconosciuti, obbligati a condividere e a respirare la stessa dannata e tetra aria e non volontariamente. “Sono profondamente ferita dalle tue parole, Oliver.” Mise il broncio, come una bambina alla quale era stato appena negato un nuovo giocattolo. “Male. Molto male. Sono certa che…” fece un passetto in avanti, quanto bastava per raggiungere la porzione illuminata di quel freddo corridoio. “Ma possiamo lavorarci.” Lieta di sentirglielo dire, Rain, finalmente, rilassò i muscoli del viso. Non aveva idea del perché fosse così tesa, nonostante cercasse di celarlo in modo da non lasciare spazio a possibili affondi da parte del suo interlocutore. Apparire insicura? Mai. Se l’era ripromessa, dopo l’infinità di eventi che avevano costellato la sua –oramai persa- adolescenza. Sempre la risposta pronta, sempre soluzioni a portata di mano per sanare le mancanze. Insomma, era cresciuta in modo da non dover chiedere aiuto a nessuno. Troppo in fretta, lontano da coloro che, per scelta, l’avevano messa al mondo per poi pugnalarla alle spalle, gettandola nel baratro. Ci aveva, così, guadagnato una serie di traumi che avevano contribuito ad indurirla a livello caratteriale. Inavvicinabile e palesemente sullo stronzo andante. ”Ottimo lavoro, papà!” Pensò tra sé. Della madre non aveva un’opinione ben precisa, l’aveva sempre immaginata come un burattino nelle mani di quello che l’aveva sposata, forse, per pietà o per convenienza. L’amarezza pura.
    “Buono, vero?” Ovviamente. I suoi gusti in fatto si alcol, non erano per niente male. Aveva avuto un buon maestro ed, ora, avrebbe riconosciuto l’annata di qualsiasi, rinomato, liquore. Che fosse un bene o un male, beh, ai posteri l’ardua sentenza.
    Ad un tratto la distanza fu annullata. Si ritrovò faccia a faccia con il biondo, tanto da assaporare il suo respiro intriso di whiskey. Rimase immobile ma non abbassò mai lo sguardo, sottolineando la sua irremovibile fierezza, in quegli occhi neri. Infine, le sue labbra si curvarono in un sorriso sornione. Sentì la fiaschetta scivolarle nella tasca della divisa. “Stanotte non ho impegni sai, alle volte è da lì che si comincia.” Fu felice di sentirglielo dire. “Ma davvero?” Chiese, afferrando, a sua volta, un lembo della sua divisa e passandolo tra l’indice e il pollice. “Illuminami; Oliver…” Scandì il suo nome per la seconda volta, nel giro di pochi minuti. “… hai intenzione di portarmi a fare una passeggiata al chiaro di luna? Ti ci vedo in una versione romantica.” Non c’era alcun bisogno di continuare quella frase, sarebbe stato lui a chiarirle le idee e, poi, passeggiare? Con il rischio di trovarsi a fronteggiare un prefetto incazzato? Meglio di no.


     
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    I cazzi miei, questa sera, dipendono da te e dai tuoi programmi" ad Oliver si dipinse un sorriso trionfale in faccia ma non sancì una vittoria certa. Avrebbe avuto quella carne affamata tutta per lui quella sera? Oppure lei lo stava prendendo per il culo? Se dipende da me disse Oliver liberando una mano dal tessuto scuro che rivestiva la ragazza, mimò il gesto di controllare l'ora al polso. Non possedeva un orologio ma era sicuro di rendere l'idea di cosa significasse. Dichiaro che i cazzi tuoi si fondono ai miei a partire da ora. Tornò con lo sguardo su di lei e ghignò. Non puoi ritirarti, Rain o farai la figura del cazzo delle verginelle impaurite che fuggono quando il gioco di fa duro.
    La sua frase lo istigò non poco, la rossa gli stava chiedendo se l'avrebbe soddisfatta? La sua espressione accigliata cadde subito, si avvicinò a lei con fare dominatore e la fissò dall'alto dei centimetri di differenza che avevano. Ho detto che stasera non hai impegni se non quelli che ho io. Diamond. Scamander. Soffiò sul suo volto biancastro. Temo che non farai tanto la smorfiosa quando avremo finito aggiunse. Sempre che tu abbia fiato di parlare e le tue gambe ti sorreggano per camminare, intendo. Sorrise e mezza risata gli sfuggì dalle labbra, aveva messo dell'ironia fra le sue aspre parole che comunque non negavano un ragazzo a cui la fica piaceva davvero. E non poco.
    Per una piccolissima frazione di tempo cadde il silenzio, insicuro che lei avesse colto il suo valido invito Oliver spostò la schiena indietro per vedere meglio la Serpeverde dinnanzi a lui, le scostò una ciocca dalla guancia e mimò un volto desolato e ferito, teatrale come Giuda, cercava di farle capire quanto gli dispiaceva per esser stato uno sporco diretto. Col cazzo, le aveva detto che stasera si scopava, non gli dispiaceva per un cazzo. Sei.. triste? chiese mollando la ciocca liberamente, piegò la testa biondiccia di lato e le concesse un buffo sulla gota. Una cosa che faceva solo per il fatto che sì, la voleva e non avrebbe gradito un rifiuto perchè si sà, Oliver Evans non accetta i NO su quel campo e non se la fotterebbe mai dopo aver subito quel menefreghismo. Uno studente così pieno di sè si sarebbe incazzato e offeso allo stesso istante e se ne sarebbe lavato le mani definitivamente cercando magari di scoparsi la sua amica sul letto di lei per farle fastidio. Così per rompere le palle e fargliela pagare.
    Che goduria quando lei recitò la parte dell'offesa. La fiducia è una cosa preziosa concedo a te la possibilità di guadagnartela col tempo e tu la mia, se vorrai sussurrò Oliver avvicinandosi ancora, adesso lei poteva sentire il suo calore nonostante le due toghe li avvolgessero. Magari potresti scoprire.. che abbiamo in comune più interessi di quanto credi.. Scopare, trafugare cose, mettere in riga i mocciosi, liberare Hogwarts dalla feccia che la infesta. tante cose riempivano d'odio lo stomaco del ragazzo. La osserva in volto, dritta negli occhi mentre lei si avvinghiava alla toga a livello del colletto. Oh si. I loro sguardi erano vicinissimi e ora lui poteva sentire il suo fiato ma anche il suo profumo causato da qualche deodorante o shampoo da capelli. Desiderava sentire anche il profumo della sua pelle oltre che il calore del suo corpo nudo sopra di lui. Era chiaro che a quel punto della conversazione era stanco di girarci intorno e lei lo stava facendo bene. Ma era una cosa che lui apprezzava molto nella donna perchè dargli testa voleva dire interesse. Sorrise soddisfatto quando con acidità Diamond domandò se l'avrebbe portata a camminare sotto la luna. Può darsi ma.. si avvicinò maggiormente al suo viso mentre il silenzio si faceva tombale. Esitava appositamente per istigarla del tutto. Però.. partirei da dei preliminari diversi.. la passeggiata più tardi sussurrò. Magari proprio mai pensò. I suoi occhi verdi oscurati dalla penombra si posarono sulle labbra della rossa. Non ricordo se è buono.. quel distillato mormorò e quindi le fece capire che doveva riassaggiarlo. Così dicendo un guizzo velocissimo degli occhi anticiparono di un paio di secondi il bacio che andò a catturare le labbra della rossa. Per nulla pulito e romantico. La sua lingua si insinuò arrogantemente fra le sue labbra e se lei voleva rifiutarlo doveva farlo adesso perchè parteciparvi avrebbe segnato i suoi impegni per quella serata. O meglio nottata.
    Il fiato si fece nasale, lui avanzò contro di lei facendola indietreggiare.
     
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    Mai e poi mai, Rain, avrebbe scommesso di trovarsi in una situazione simile. Lei, preimpostata dall’alba dei tempi. Costretta a un’esistenza che poco aveva a che fare con ciò che realmente desiderava. Sì. Sognava la libertà. Libertà in ogni sua fottuta forma, fregandosene altamente del pensiero di coloro che, puntualmente, sarebbero andati contro per seguire una dubbia morale. Fanculo. Fanculo al mondo e fanculo ai freni inibitori che, da sempre, vedeva protagonisti in ogni sua azione. Era giunto il momento di voltare pagina e scrivere un nuovo capitolo che l’avrebbe vista come la regina, indiscussa, del menefreghismo e del disimpegno. Cosa buona e giusta. In fondo, perché avere riguardo? Prima o poi, tutti, sulla faccia della terra, avrebbero esalato l’ultimo respiro e, allora, perché avere rimpianti? No. Non si sarebbe lasciata scappare alcuna occasione, soprattutto di quel tipo. Alzò un sopracciglio, aggrottando la fronte. “Devo ammettere di trovare la cosa, come dire…” Avrebbe usato termini più coloriti ma, facendo appello a tutta la sua femminilità, si morse la lingua e limitò ad abbozzare un sorriso tra la seduzione e l’essere colta impreparata sull’argomento. “… allettante!” Le parole di Oliver le giunsero come qualche cosa di lieto ma, quella sicurezza, la fece sorridere. Quanti ragazzi aveva trovato, sul suo cammino, sicuri delle proprie doti? Molti. Forse troppi per i suoi gusti e, sfortunatamente, nessuno era mai riuscito a soddisfare a pieno i suoi parametri e le sue aspettative. Che fosse stata un’altra inculata? Certo, non aveva nulla da perdere. “Bla. Bla. Bla.” Mimò con la mano, in segno di scherno e per sfidarlo a fare del suo meglio. “I fatti, Evans. Se le gambe non dovessero sorreggermi, tanto meglio. Ci sarà tempo per un secondo round. Non credi?” Sempre che lei fosse stata all’altezza, dopo aver trascorso troppo tempo lontana da quel tipo di attività fisica. Le figure di merda non erano contemplate. Non davanti a quello che, innegabilmente, l’attraeva dal punto di vista fisico. Caratterialmente non sapeva, esattamente, con chi avesse a che fare. Un ragazzo, con una storia tutta da scoprire ma non in quel momento. Lì, in quel preciso istante, si stava consumando una sceneggiata volta a spingerli l’uno tra le braccia dell’altra, per colmare un vuoto che, probabilmente, andava ben oltre il livello del sesso puro ma che a nessuno fregava. Da un lato, le sarebbe piaciuto fuggire, farsi rincorrere. Come ogni ragazza sana di mente e perbenista del cazzo. Giocare. Tirarsi indietro e ricominciare da capo il siparietto. Ma non avrebbe mai messo in atto un piano simile, con l’eventualità di passare la notte in bianco, a rammaricarsi con qualche compagna della quale avrebbe anche fatto a meno. “Sono molto triste.” Sbottò d’un tratto. “Il tempo è denaro!” La necessità di non perdere un secondo in più si fece sentire. “Sei qui. Con me. Vorrà pur dire qualche cosa. È solo il mio culo che ti interessa?” Domandò, fissandolo e tentando di comprendere se stesse per dire una qualsiasi cazzata per ingraziarsela. “Sicuramente. Intanto per iniziare, abbiamo dei gusti eccellenti nello scegliere chi ci scalderà il letto! Poi? Ti piacciono i cuccioli?” E la modestia.

    L’atmosfera si surriscaldò, fino ad infiammarsi. Nessuna passeggiata notturna. Nessun naso all’insù a guardare la luna, specchiarsi sul Lago Nero. Niente di romantico. Proprio come piaceva a lei. Quell’idea la eccitava. Lasciarsi andare, ormai, era ciò che andava fatto. ”Non ricordo se è buono… quel distillato.” Così dicendo, Oliver, con un veloce gesto, si tuffò sulle labbra della rossa, non lasciandole via di scampo. Le lingue si intrecciarono con prepotenza e, di getto, portò le sue braccia al collo di lui, stringendolo. Il trasporto era tale da cancellare, all’istante, ogni preoccupazione svanì, confinata in una stupida anticamera della sua mente adibita all’immancabile fragilità. Pochi istanti e le mani esplorarono il suo petto, respingendolo quel poco che bastava per osservare il suo volto e restituire quel gran favore con un sorriso. Aveva compreso a pieno la sua fantasia, prendendo quel momento e rendendolo migliore. Lo attirò nuovamente verso il suo corpo, indietreggiando e finendo dritta contro la parete di pietra. Agilmente, riprese la posizione iniziale e fece un piccolo salto, costringendolo a reggerla. “Non male, Evans.” Bofonchiò tra un avido bacio e l’altro. Cosa le sarebbe aspettato era lì, nitido davanti ai suoi occhi castani e attenti. “Direi che posso pretendere un po’ della tua fiducia, non credi?” Sperava con tutto il cuore che le compagne di stanza fossero state abbastanza occupate da trovarsi altrove. Aveva bisogno di un letto perché, sì, la comodità prima di tutto. “In camera ne ho una scorta segreta.” Indicò l’entrata della Sala Comune. Non sarebbero entrati mano nella mano, quindi nessuno aveva motivo di dubitare della loro “buona fede” ma, certo, se avesse avuto un’idea migliore, era giunto il momento di offrirgliela, senza farsi troppi scrupoli. Poteva dirsi pronta a tutto.


     
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    Oliver alzò il sopracciglio quando lei lo sfidò con il gesto della mano, esattamente come poco prima lui aveva fatto. Il sorriso che le regalò fu di inevitabile interesse, sì la rossa gli piaceva. Offendeva Merlino quando dinnanzi trovava una ragazzina di poco cervello, lamentona e con scarso umorismo. Almeno fingessero, erano i pensieri costanti in quelle occasioni. Almeno il mio amico non si moscerebbe. Gli era capitato di scoparsi delle fighe di legno che rimanevano immobili, una condizione deludente per un maschio che di sesso ne faceva parecchio e di buona qualità. Odiava non sentire nessun lamento provenire dalle loro labbra ed era per quello che la sua velocità e la sua intensità diventavano via via più dure. Sì, quando una donna non faceva godere anche l'orecchio, Oliver era con loro più brutale di quando una sapeva farlo bene con i giusti suoni. Le prendeva e pretendeva di sentirle piagnucolare. Forse anche pregare di smettere di far loro male. Forse la sua mente perversa si alimentava anche di quello. Godeva nell infliggere dolore, sentiva il corpo prendere vigore. Poi se il dolore e il piacere di una femmina si mescolavano, tanto meglio! Normalmente amava le loro chiappe arrossate e non disegnava il lato B. Per nulla.
    Per un attimo, nel tempo che intercorse fra il viso di Diamond di fronte a lui e le loro labbra unite, fantasticò sul culo di lei. Era tondeggiante, sodo e piccolo oppure era morbido e più largo? Era cerco che fosse della prima categoria e sarebbe impazzito se quella sera non l'avesse scoperto.
    Il tuo culo sospirò con voce seducente. Anche qualcos'altro. quanto adorava la falsità sul volto della Serpeverde, si fingeva una dolce e innocente fanciulla e questo genere di donna faceva al caso suo.
    Oliver non avrebbe messo alcuna targhetta alla loro frequentazione, non credeva di doverglielo spiegare, insomma Diamond lo conosceva almeno un po'. Non le avrebbe imposto nulla se non di concedersi quando lui voleva e avrebbe gradito di vederla fare altrettanto. Chissà se un giorno il suo ego e la sua freddezza si sarebbero ammorbiditi.
    Oliver non aveva mai provato sentimento per una donna e la sua rigidità era parecchio aumentata da quando aveva scopato sua sorella. Per un attimo ci ripensò chiedendosi se ironicamente doveva domandare alla Serpeverde il suo albero genealogico.
    I suoi pensieri si stavano accanendo durante l'attesa colma di gesti istigatori.
    Adesso sta zitta mormorò con voce dura attirandola a sé di nuovo. Cercava di respirare e blaterare allo stesso tempo. Avrai la mia fiducia disse acchiappando la sua lingua, la morse appena. Forse.. Intanto incomincia a tacere e.. Una breve pausa per spingerla sul muro. Fare qualcosa di interessante. La premette di nuovo, il repiro si fece impaziente e lui ingrovigliato fra i rossi capelli soffiò vedendo che indicava la sala comune. Ammiccò soddisfatto e annuí. Si scostò e mimò un gesto "dopo di te" non era galante ne educato, piuttosto il viso che aveva in quell'istante sembrava più una bestia che non avrebbe atteso troppo ancora la sua preda.
    La seguì e non si interessarono del chiasso dei nanetti del primo anno che circondavano il fuoco. Non gliene fregava un cazzo se avrebbero capito il loro obiettivo, se avrebbero sentito Diamond urlare. Anzi, ciò avrebbe gonfiato solo la sua autostima ed ego.
    Muoviti le ordinò indicandole la scala attorcigliata fatta in pietra che era la via giusta per la stanza di lui e dei suoi amici. La incitò ad accelerare il passo, la porta di aprí all'istante quando lui Brandí la verga. E altrettanto velocemente si chiuse alle loro spalle.
    La fece girare con un gesto rapido mentre lei si immergeva con lo sguardo in quella nuova stanza a lei sconosciuta. La serpe nera non si vide, probabilmente addormentata in qualche angolo della camera o semplicemente sotto le coperte di Christian. Brandendo la sua manica coperta dalla toga scura la tirò a sé, baciandola con palese estasi e mordendo le sue labbra. Soffiò e la liberò dalla toga e le dita frettolose si concentrano sulla sua divisa scolastica, alzando per prima la gonna grigiastra. Le sue mani permettero sulla pelle coperta da quello strato con forza e si postarono insieme fin l'orlo del baldacchino centrale. Così lei cadde di schiena e lui le morse il collo. Sei una cattiva ragazza sussurrò al suo orecchio arrossando la pelle in quel punto e insistendo sulle calze che fasciavano il suo corpo. Un crack e si strapparono in concomitanza con il sorriso soddisfatto e bramoso di Oliver. Poco pudica.. Le sue dita proseguirono senza sosta ad allargare quello strappo fino a ridurre l'involucro a brandelli. Con questo genere di vizi? domanda atta ad alzare l'asticella, nonostante fosse palese che la rossa non era un angelo.
     
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    Rain ♔ IV anno ♔ serpeverde


    Aveva la netta sensazione di piacergli. Trovava la certezza nei suoi movimenti, nei suoi gesti e nelle sue parole. In tutta risposta, Rain, tralasciò il suo pudore esasperato. Quella relazione svelava un lato di lei, rimasto confinato troppo a lungo. Errare era umano ma, con Oliver, si era ritrovata a mostrare quel tratto ribelle e sconsiderato, assopito in lei. I sentimenti centravano ben poco. L’amore non era altro che un concetto effimero, inesistente nel suo vocabolario e, soprattutto, concetto con un carico di ipocrisia notevole. Così aveva vissuto, destreggiandosi tra i ripetuti tradimenti del padre e la sottomissione della madre. Sapere e non poter proferire parola per il timore di veder sgretolarsi, lentamente, la famiglia. Col senno di poi, però, sarebbe stato meglio e, forse, in quel momento, almeno la figura genitoriale femminile, sarebbe stata lì al suo fianco. Il fato non si era rivelato così clemente e, per questo, il suo animo si era indurito, creando un muro praticamente impossibile da scalfire. Non sentiva nulla. Ai suoi oggi, gioie e dolori, avevano le stesse sfumature e lo stesso sapore amaro, come la vita stessa. “La mia anima non ti interessa?” La decisione di intraprendere quella specie di “libertà d’espressione”, tirava dietro sé la consapevolezza, da entrambe le parti, di non essere soggetti ad alcun tipo di vincolo. In fin dei conti, però, sarebbe stato inevitabile di venire a contatto con l’essenza dell’altro e, quindi, coltivare una conoscenza profonda dell’altro, forse scomoda.
    Imperterrita continuò ad esplorare parti del suo corpo poco visibili mentre, le loro lingue si fondevano in baci ricolmi di desiderio. “Zitta? Non credo sarà possibile. Sei abituato a condurre il gioco? Dimmi…” Era interessata all’eventuale spiegazione. No. Rain non avrebbe ubbidito come una scolaretta alle prime armi. La sua richiesta di chiudere il becco, non sarebbe stata esaudita ma il resto, avrebbe trovato il suo pieno accordo. “Io la tua fiducia me la prendo. Non voglio la tua gentile concessione!” Con la lingua, lentamente, percorse il lato del collo, finendo a sul lobo dell’orecchio sinistro, mordicchiandolo leggermente.
    Quel luogo angusto non rispondeva alle loro particolari esigenze. Proprio per niente. Fece strada, oltrepassando la Sala Comune, alzando il terzo dito in direzione di alcune matricole, con lo sguardo fisso su di loro. Stupidi idioti. Stare al centro dell’attenzione, in quell’istante, non rientrava nei suoi interessi. Fosse stato per lei, infatti, avrebbe tranquillamente attraversato la distanza che la separava dalla camera.
    Muoviti. Lo impalò ed arrestò la sua corsa, fronteggiandolo a viso aperto. “Non darmi ordini.” Scandì le parole e scattò velocemente, catturandolo tra il suo corpo e il freddo muro che percorreva il corridoi. Trasudava impazienza e voglia di affondare le mani, nel barattolo di miele (?). Comprendeva lo stato d’animo ma, quei modi di atteggiarsi li recepiva come un qualche cosa di irritante. Si affrettò e, finalmente, raggiunsero il covo dei suoi amici e, quando la porta si richiuse alle loro spalle, la Scamander, si abbandonò agli eventi, come se fosse la spettatrice di quel film, poco pudico, che stava per consumarsi. Sdraiata sul letto a baldacchino, percepì lo squarcio praticato alle sue calze, lasciandosi scappare un gemito soddisfatto. Le morse le labbra e il tutto prese il senso giusto. Prese a sbottonargli la divisa che, evidentemente, non aveva ragione di permanere sul petto del suo compagno di giochi. “Cattiva? A dir poco.” Nella foga, non aveva neanche avuto il tempo di pensare che se fosse giunto qualcuno, si sarebbe vergognata a morte. “C’è il rischio di avere ospiti indesiderati?” Occhi indiscreti di troppo, avrebbero rovinato l’atmosfera e le sue fantasie perverse, con la grave conseguenza della morte ormonale.
    “Che vuoi farci? Spero che la mia intraprendenza non ti scandalizzi troppo.” Disse, puntando sempre più a sud. “Un giorno riusciremo a parlare?” La domanda aveva una nota di rimprovero ma non le importava realmente. Parlare, secondo il suo punto di vista, era un’attività ampiamente sopravvalutata. Le parole non avevano importanza come i gesti e l’aveva imparato dopo mille errori. Era giunta l’ora del riscatto e non si sarebbe sottratta a ciò che le regalava quell’appagamento che in troppi le avevano negato. Tolse la parte sopra della divisa e tornò con la schiena sulle candide lenzuola di Oliver, tirandolo a sé e affondando la lingua, nuovamente nella sua bocca.
     
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    Non ci sto.. la sua lingua intrecciò quella di lei avidamente. ..pensando.. la baciò di nuovo mordicchiando il suo labbro inferiore.. Alla tua anima.. adesso.. soffiò stanco urtandola. Era impaziente ed era anche fin troppo chiaro, il suo amico nel pantaloni aveva già deciso che quella donna doveva tacere. E c'era un modo infallibile per farlo e sperava che la rossa non fosse così schizzinosa da non volerglielo fare. Le dita di lei sfioravano sotto ai vestiti di Oliver e lui ogni tanto si faceva cogliere da un brivido che lo scuoteva un poco. Di rimando i suoi gesti erano lesti ma per niente delicati, alle volte stringeva la pelle della Serpeverde con l'intento di ricevere un "basta" come ordine.
    Poco prima le intimò di tacere e lei rispose a tono e un sorriso soddisfatto e beffardo interessò ancora le labbra di Oliver. Sì, quel carattere era decisamente adatto a lui. Per Merlino.. sta zitta! le ordinò di nuovo con tono autoritario con voce calda. Oh Oh, sentila! esclamò lui stringendo i denti e prendendo i suoi capelli fra le dita, avvicinando obbligatoriamente il capo di lei al suo viso. Prenditela, se sei capace aggiunse duramente sopra di lei, ora che l'aveva fatta cadere sul letto liberandola dal velo delle calze. Ma.. è così.. appoggiò i denti sul collo soffiando, poi la allontanò si scatto abbassando il mento verso il suo seno esattamente schiacciato sotto al suo petto. Maliziosamente fantasticò ai suoi seni che si muovevano sopra di lui, così con una mano si addentrò nella sua maglietta raggiungendo il suo seno. Calda, era, esattamente ogni donna. Il tessuto implorava pietà e lo scricchiolio che si sentiva non era altro che un'anticipazione di ciò che avrebbe fatto di lì a poco. Fragile.. sussurrò avvicinandosi al suo orecchio leccandolo. Con un dito arricciò la coppa, quindi maldestro e incurante si impossessò del suo seno destro, stringendolo anche troppo. Il suo orecchio si nutriva dei suoi gemiti che divennero frequenti quando la liberò della sua t-shirt. Non gliene fregava un cazzo se quella era la sua preferita, non pensava altro che ottenerla. Ma ti pare.. bofonchiò irritato alle sue preoccupazioni. Allungò allora la mano verso la bacchetta e castò un incantesimo sul pomello della porta pensando che così non poteva rompere i coglioni con altre paturnie. Che ci stesse ripensando e quindi erano modi per cercare un modo per svignarsela? Conosceva il cervello femminile fin troppo, sperava davvero che non fosse una verginella. La cosa comunque non lo spaventava, l'avrebbe presa comunque senza tante moine.
    Tornò su di lei, liberandola anche dal reggiseno e i suoi seni bianchi si mostrarono nella penombra davanti a lui rendendolo quasi pazzo. Due tette fatte bene, cazzo due tette fatte bene per davvero. Oh, Rain.. Rain disse con voce lamentosa quasi quella di un pazzo ipnotizzato davanti a una statua. Parleremo un giorno .. te lo promettosussurrò schiacciandola e giocherellando con la lingua coi suoi capezzoli. Ma quel giorno non è oggi sussurrò prima di morderla in un modo che le avrebbe procurato solo un leggero dolore oltre che l'impronta dei suoi denti sul suo seno. Non ce la faceva più e siccome era parecchio stanco e voleva evitare che quella bellezza gli sfuggisse pensò che non doveva più attendere. Con la destra slacciò i suoi pantaloni, con un movimento dei piedi se ne liberò e vaffanculo anche i preliminari, pensò il ragazzo schiacciando la sua erezione su di lei. Si mosse un poco nonostante l'intimo li dividesse e poi, con un gesto che ormai aveva imparato nelle sue avventure di una notte abbassò l'elastico dei boxer e senza darle il tempo di capire che stava facendo scostò il suo perizoma. Rimanendo sopra di lei non era chiaro cosa stesse facendo con le mani visto che aveva catturato avidamente le sue labbra. Il gomito con cui si teneva in postazione affondava nel materasso e a tratti spostava un capello dal viso di lei. Non perchè gliene fregava qualcosa del suo aspetto, adesso, ma perchè non voleva perdersi la faccia che avrebbe messo su di lì a poco. Soffiò sulle sue labbra, con arroganza v'infilò la lingua e quindi usufruendo della liberà concessa dallo scostamento del suo perizoma diede una spinta. Trovandosi impreparata la trovò non del tutto perfetta per accoglierlo a incurante si fece strada senza porsi il problema che il suo ingresso non era stato per niente piacevole. Vaffanculo pensò mentre si aggrappava adesso a lei definitivamente, penetrandola senza un briciolo di dolcezza. Vedere le sue tette bianche muoversi sotto di lui lo caricava a mille. Gli era bastato scoparsi sua sorella senza precauzioni, al momento la desiderava troppo per pensare di arrestarsi. L'avrebbe fatto fra poco, sfilandosi e rendendo minima la loro separazione.
     
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    Perché pensare ad un ipotetico futuro quando, il presente era lì, davanti ai suoi occhi più vivido che mai? Queste leggerezze tipiche di Rain, l’avrebbero portata su una strada che non corrispondeva a quella che aveva ben chiara e definita nella sua testa. Si lasciò trasportare dalle emozioni e, nonostante l’apatia che la caratterizzava, doveva ammettere di sentirsi coinvolta. Ciò che non tollerava, però, stava nella brutta abitudine di molti uomini di dare ordini, come se avessero per davvero il coltello dalla parte del manico. Si sottrasse alla presa, per qualche istante, sfidandolo in un duello a senso unico. No. Le sue intenzioni andavano ben oltre alla semplice intenzione di farlo arrabbiare. “La mia anima avrebbe da ridire su questo tuo comportamento!” Sibilò, prima di gemere sotto le mani del compagno di casata. Fortunatamente, la sua anima, si trovava in balia delle sue voglie e, di certo, non l’avrebbe fatta fiatare per non rovinare quel momento perfetto. Sì. La rossa era, spesso, soggetta a ripensamenti e a colpi di testa che le avrebbero fatto perdere anche l’occasione più importante al mondo. Per questo motivo, decise di mantenere spento il proprio intelletto, lasciandosi cullare dall’istinto. “Forse… un giorno!” Ci teneva abbastanza ad avere una conoscenza più ampia di colui che stava per penetrarla ma se poi fosse rimasta delusa di ciò che nascondeva il suo essere? Se l’ignoranza fosse stata l’unica via possibile per difendersi da una cruda realtà? Già. Rimanere con il dubbio sembrava l’unica soluzione possibile per non rischiare di prendersi un palo in faccia. “Non sento tutta questa necessità, effettivamente!” Confidò con fiato corto.

    “Parleremo un giorno…” Ah. Estremamente interessante. Ma poi parlare di cosa? Di ciò che ogni tanto si ritrovavano a fare? C’era davvero poco da spiegare. In ogni caso annuì, consapevole che quel giorno non era di certo quello che stavano vivendo. Sentiva il suo essere maschio addosso e la cosa iniziava ad accrescere il suo piacere di donna. Sì. Poche situazioni l’avevano messa nella condizione di vantare la definizione di “donna”. Spesso era stata etichettata come una ragazzina viziata e senza cervello. “Sono contenta perché non ho nessuna voglia di parlare.” Si fiondò nuovamente sulle sue labbra, assaporandole ancora una volta, spinta dal desiderio di dimostrare che poteva dargli ciò che voleva. Stupida, forse ma decisa a far vedere ciò di cui era capace anche in campo sessuale. Le mani di Oliver stavano esplorando ogni lembo della sua pelle, facendola gemere di tanto in tanto. Anche la sua lingua non si fece attendere. Pochi minuti dopo, finalmente, lo sentì. Lo lasciò fare con piacere. Tra di loro non doveva esserci nulla di romantico. A lei piaceva così. Nessuna dolcezza nei loro gesti. Si trattava di semplice e puro sesso, quello volto a godere. Fine a sé stesso.

    Il tutto terminò. Era lì, nuda e piacevolmente sorpresa dalla performance del giovane uomo. Si tirò a sedere sul letto, raccogliendo velocemente i sui vestiti ed infilandoseli, prima che qualcuno avesse fatto il suo ingresso in quella stanza poco sicura, dal suo punto di vista. “Beh, che dire? Grazie, Oliver. Alla prossima!” Sorrise e si avviò verso l’uscita del dormitorio maschile, diretta nella sua stanza dove, finalmente, avrebbe potuto rilassarsi dopo l’intenso esercizio fisico.
     
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