I’m not sorry

▸ Bretagna, Sky

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Advanced Member
    ★★★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    1,178
    Location
    Bulgaria

    Status
    spymode
    31 Dicembre 2021, Bretagna, regione nord della Francia.

    «Devo proprio?» Chiese con una punta di stizza nella voce. Axel era buttato sul divano, un libro aperto quasi a metà incastrato tra l’ampio pettorale e il palmo a tenerlo aperto, una birra babbana nell’altra e le cuffie semi scostate dalle orecchie. Come facesse a leggere con quel casino di fondo nei timpani era un mistero per chiunque ma le note rumorose della batteria o della chitarra elettrica lo aiutavano a tenere a bada sia i pensieri che ad evitare di distrarsi col minimo rumore – tipo Ethan che imprecava per l’eccessivo volume che trapassava le cuffiette – ed era servito un mestolo lanciato in sua direzione per attirarne l’attenzione. Il padrino annuì con un amabile quanto fintissimo sorriso ad increspargli le labbra mentre i suoi occhi chiari come il ghiaccio brillavano sadici. «Che due coglioni» replicò il ragazzo arricciando il margine destro della pagina per tenere il segno. Si risparmiò di chiedergli perché proprio lui dovesse smaltire quell’incombenza evitandosi la sequela d'insulti e di rinfacci che gli sarebbe arrivata senza il minimo dubbio e tirò direttamente a sé gli anfibi infilandoseli ai piedi. «Che», allargò le linguette di entrambi gli stivali tirando uno ad uno i lacci, «due», infilò prima un piede e poi l’altro incastrando il pantalone all’interno degli anfibi cominciando poi a tirare le stringhe, «giganteschi e stratosferici», tirò stretto chiudendo il tutto con un nodo i cui lembi vennero incastrati all’interno dello stivale. «COGLIONI, CAZZO» sbottò alzandosi in piedi. Si allungò sul tavolino accanto al divano e afferrò il suo materiale per la tabaccheria rollandosi immediatamente un sigaretta fintanto che il suo padrino, Ethan, gli dava i dettagli del caso e le raccomandazioni più ovvie tipo: «E ricorda a Sky che se prende mezza iniziativa e respira più del dovuto, giuro che la apro in due... e te con lei!» L’espressione di Axel si aggrottò indignata mentre il ragazzo sollevava lo sguardo dalla sua opera per guardarlo in cagnesco. «E non guardarmi così, rimani al comando quando non ci sono e ne sei responsabile quindi riportala a casa intera.» Axel roteò gli occhi al cielo sbuffando mentre le sue labbra mimavano nuovamente un “che due coglioni” silenzioso. «E adesso levati dal cazzo che il divano ha preso la forma del tuo culo!»
    Senza replicare oltre Axel s’infilò la giacca di drago rivestita ed uscì dall’appartamento/laboratorio. Ethan si era già occupato del bigliettino passaporta da recapitare alla ragazza e ad Axel spettava solo di attenderla nel punto prestabilito all’ora pattuita dall’uomo. Conosceva già il posto, ci era stato altre volte ed il cliente da cui doveva ritirare la grana non era una new entry nel parco clienti di Ethan ma poteva annoverarsi sicuramente tra i peggiori, tra i più furbi cagacazzi della storia. Einarr era uno stracazzo di crucco con un accento nordico più marcato e fastidioso di quello posseduto dal bulgaro, faceva la punta al cazzo per qualsiasi prodotto pretendendo il meglio e controllando con una lente d’ingrandimento la qualità delle pozioni di Ethan elogiandone puntualmente la qualità dei distillati al momento della consegna salvo poi ritrattare quando si trattava di sganciare la grana, allora lì, in quel preciso istante il norvegese emigrato nel nord della Francia cominciava a trovare magicamente delle pagliuzze nel composto oppure valutava una fiala perfettamente cristallina improvvisamente torbida. “Un tirchio pezzo di merda” altre parole non esistevano per descriverlo ed era esattamente l’incubo di Axel quando c’era da farsi pagare, l’uomo ogni volta si perdeva in trattative sul prezzo cercando di puntare al ribasso quelli che erano i patti stabiliti con Ethan e tutte le volte il mannaro doveva finire per pestarlo cavandogli fino all’ultimo galeone. Ora l’intento di quell’incontro era fondamentalmente insegnare alla piccola, smilza, Métis di tenere testa a quell’omaccione minaccioso affinché si facesse consegnare lei il sacchetto di galeoni quando Axel era impossibilitato quei cinque giorni al mese. Per Ethan quel ritardo fisiologico nei pagamenti era una rottura come lo era ancora di più doversi sporcare le mani per una cosa tanto semplice e sciocca, quindi, a suo dire, pur di non perdere tempo, lo avrebbe sostituito la ragazza. Senza contare che dopo la sua ultima sparata improvvisata assolutamente non autorizzata (il ballo dal caro nonno Métis, ndr) Ethan l'aveva messa a sgobbare affibbiandole una marea di compiti in più tutti estremamente tediosi esattamente per punirla di quell'iniziativa che aveva complicato le cose, i piani del mago.
    Axel
    Axel dubitava che Skylee possedesse il giusto nerbo e soprattutto sottostimava il suo potenziale in quanto solo una ragazza e per giunta piena di eccessivi rimorsi di coscienza... non ce l’avrebbe mai fatta da sola. «Lacarnum» non gli servì nemmeno terminare l’incantesimo che l’estremità della sigaretta prese immediatamente fuoco e ad Axel bastò inspirare e soffiare alcune boccate sul tizzone perché il tabacco attecchisse del tutto. Cambiò mano infilando la destra intirizzita nella tasca del pantalone e si perse qualche istante ad osservare la runa incastonata nel bracciale: raido, simboleggiante il viaggio interiore e la propria lotta, l’evoluzione, il cambiamento. Axel non aveva capito appieno il motivo del perché Daisy avesse scelto proprio quella runa per lui ma sospettava che quello della Tassorosso forse una sorta di esortazione a cambiare, a diventare una persona migliore. Si batté il mozzicone sulla fronte sbuffando con una punta di nervosismo la boccata di fumo poi un lieve bagliore lo costrinse ad aprire gli occhi e finalmente la figura esile della Corvonero si materializzò sulla costa bretone. Skylee aveva dei profondi solchi violacei al di sotto dei freddi occhi eterocromatici, quel contrasto li rendeva ancora più abbaglianti così come l’eccessiva magrezza che ne acuiva i lineamenti rendendoli più spigolosi. Stava visibilmente male e questo sarebbe saltato all'occhio di chiunque.
    «Abbiamo un compito. Non fiatare e non prendere iniziative, obbedisci e basta. Sono io al comando» ti ricordo, «ora andiamo.» Nessun saluto, nessuno sorriso, unicamente il gelo. Axel le voltò le spalle e senza attendere un cenno da parte della biondina cominciò a camminare.


    Edited by .Danielle - 23/1/2022, 16:06
     
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode
    tumblr_inline_qgp6dxsp2R1u740kz_500
    Le giornate in Alaska si stavano rivelando più ostiche di quanto già non temessimo. Vanja alternava momenti di lucidità a istanti di quasi totale incoscienza, durante i quali non sembrava nemmeno lei. Urlava, scalciava e iniziava discorsi dalle parole sconnesse, che non creavano realmente una frase di senso compiuto. Non per noi almeno. Io ed Ellie eravamo estremamente preoccupate per lei e la nostra preoccupazione si riversava direttamente sulla nostra salute e sul nostro stesso equilibrio mentale. Eravamo sempre tese e difficilmente riuscivamo a rilassarci e a goderci quei brevi momenti di felicità che riuscivano a contagiare lo spirito di Vanja. Il natale era stato bello, magico avrei osato dire, ma i giorni seguenti erano stati colmi di tristezza e stress. Più tentavamo di convincere Vanja a tornare al castello e più lei si rifiutava di prendere nuovamente in mano la sua vita, finendo inesorabilmente in una pozza di lacrime e infiniti discorsi sul perché non meritava di stare meglio e di quanto fosse cosciente che la causa della morte di Abigail era proprio lei. Questo non era assolutamente vero e noi lo sapevamo, ma sembrava impossibile farglielo entrare in testa. Quella notte era stata l'ennesima che avevamo passato quasi totalmente in bianco, gli incubi avevano popolato incessantemente il sonno di Vanja e fra un urlo e una richiesta d'aiuto strozzata in gola, non vi era stato possibile dormire tranquillamente, tant'è che eravamo finite tutte e tre ad accocolarci sullo stesso letto per stare vicine e ci eravamo messe a guardare un dvd a caso fra quelli presenti in casa. La storia parlava di un essere strano e peloso, che per l'occasione era stato soprannominato Vanja versione verde, che odiava il natale e faceva di tutto pur di rovinarlo a tutti, ma che poi, dopo svariate avventure e una bimba rompiscatole dalla pettinatura strana, si era lasciato contagiare dallo spirito festoso ed era finito per apprezzare a sua volta quella ricorrenza tanto allegra. Lo avevo già visto svariati anni prima, quando ancora vivevo con mio padre, ma da allora era rimasto abbandonato dentro alla vetrinetta dei film e nessuno lo aveva più guardato per tanto tempo. Era carino come film, ma suscitava in me troppi ricordi per farmelo piacere sul serio. Mi ricordava di quando il babbo natale che piombava improvvisamente in casa non ero io, ma bensì mio padre, che munito di pancione e barba finta mi consegnava il magico presente che aveva scelto amorevolmente per me. Tutti avvenimenti che non si sarebbero mai più potuti ripetere e che al riportarli alla memoria, non facevano altro che suscitare in me una profonda malinconia. La mattina seguente , dopo un lungo bagno caldo per distendere i nervi, ero tornata in camera mia per vestirmi e sul comodino avevo notato una lettera che fino a poco prima non vi era posata sopra. Inarcai un sopracciglio e mi domandai se non fosse opera delle mie sorelle, che per qualche ragione avevano deciso di lasciarmi scritto qualcosa prima di un'ipotetica uscita o di un qualche improvviso impegno. Dopotutto, quando mi lasciavo avvolgere dal caldo abbraccio dell'acqua, immergendomi totalmente con la testa sotto la superficie della stessa, in seguito a un perfettamente castato testabolla, era difficile farsi sentire dalle mie orecchie tappate dalla pressione dell'acqua. Le loro voci mi sarebbero risultate ovattate e difficilmente avrei compreso ciò che volevano dirmi, per questo era più comodo lasciarmi un messaggio scritto durante quelle lunghe ore di mia parziale assenza. Il mittente della lettera non sembrava però essere nessuna di loro due e al contrario, ero certa giungesse da qualcuno di molto meno "amico". Riconobbi la scrittura come quella di Ethan e capii subito che si trattava dell'ennesimo invito a recarmi nel luogo d'incontro di una qualche missione. Da quando avevo combinato quel terribile pasticcio col ballo dei Métis, il suo comportamento era diventato ancora più duro nei miei confronti e dopo avermi amabilmente torturato, come punizione per quanto da me ideato, aveva cominciato a farmi presenziare a innumerevoli missioni dandomi preavvisi del cazzo. Come quello di quel giorno. Visto che la passaporta si sarebbe attivata alle tredici in punto e l'orologio a pendolo nella mia stanza segnava mezzogiorno passato. Forse la lettere era arrivata leggermente prima, ma avendo passato le ultime due ore immersa nella vasca non avrei avuto modo di constatarlo e l'unica cosa che potevo fare, era prepararmi in fretta e furia senza nemmeno fare un salto giù in cucina per mettere qualcosa sotto ai denti. Come se il mio già scarso appetito degli ultimi tempi non bastasse a lasciarmi le forze appena necessarie a reggermi in piedi e svolgere semplici attività quotidiane. Nulla era mai riuscito realmente a togliermi il mio apparente insaziabile appetito, eppure ultimamente alla sola vista del piatto colmo di cibo, mi veniva la nausea e oltre che spizzicarne un poco, giusto per evitare di morire di fame, non mi veniva lo stimolo dell'appetito che invece era solito pervadermi a ogni ora del giorno. Mi infilai le prime cose che trovai nell'armadio e dopo aver indossato i miei massicci anfibi neri ai piedi e un lungo cappotto che mi copriva ampiamente il corpo, mi concessi un attimo per frugare nel cassetto del comodino. Da quando avevo lasciato il castello di Hogwarts, avevo riposto lì il coltello che Axel mi aveva dato durante la serata di Halloween, lo avevo da fin troppo tempo ormai, ma nessun momento mi era sembrato adatto per restituiglielo. Dopotutto la restituzione avrebbe comportato una seguente spiegazione sul perché lo avessi io e non sapevo davvero come dirglielo che me lo aveva lasciato prima di morire. Beh, non realmente... questo era chiaro, ma io e Mors avevamo pur sempre creduto che lo fosse e ciò aveva causato in noi comportamenti piuttosto strani, seguiti da un violento scontro per designare l'altro come colpevole assoluto di quanto successo. Portarlo con me durante le missioni mi tranquillizzava, fungeva da promemoria per ricordarmi che in caso di pericolo, Ethan o Axel sarebbero sicuramente corsi in mio aiuto. Anche se ultimamente il compagno con il quale dovevo portare a termine svariati compiti era quasi sempre Ethan, il che non mi sorprendeva molto visto i modi freddi e distaccati con i quali ero rimasta con Axel in seguito al ballo. L'orologio segnò l'una in punto e la passaporta si attivò, feci appena in tempo a infilarmi il coltellino in tasca e a urlare alle mie sorelle che sarei tornata presto, che un sonoro 《Crack》mi fece materializzare sul luogo d'incontro. «A - Axel» Bonficchiai sottovoce con aria sorpresa. Non mi aspettavo di trovare lui dall'altra parte della passaporta, dopotutto il bigliettino che mi era stato recapitato riportava la calligrafia di Ethan e non quella del Serpeverde davanti a me. Non feci in tempo a tentare un saluto pacifico che il Bulgaro mi diede le spalle e mi ricordò con tono glaciale che a dare gli ordini sarebbe stato lui. «Certo...» Risposi con tono sommesso certa che non ce ne fosse realmente bisogno e con piccoli passi lo seguii a poca distanza. «Cosa dobbiamo fare oggi?» Domandai timidamente in cerca di spiegazioni, viste quelle scarse, o meglio inesistenti, riportate sul bigliettino. Conoscere il motivo per il quale ero lì mi sembrava il minimo e nemmeno Axel si sarebbe potuto rifiutare di rendermene partecipe pur di non rivolgermi la parola. A Ethan non sarebbe andato bene e lui non faceva mai nulla che avrebbe potuto rischiare di attirare verso sé l'ira dell'uomo. Non era sciocco come invece lo ero stata io.
     
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Advanced Member
    ★★★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    1,178
    Location
    Bulgaria

    Status
    spymode
    Axel
    Axel non capiva davvero quale fosse il reale problema di Ethan. Da quasi dieci anni aveva sempre portato a termine ogni compito, ogni singola missione che all’uomo fosse saltata in testa a discapito di quelle avrebbero potuto essere le sue condizioni di salute. Adesso, a ventun anni compiuti non riportava più i danni di quando era soltanto un ragazzino; eppure, Ethan, aveva di punto in bianco deciso che attendere quei cinque giorni di K.O. a seguito della luna piena erano qualcosa di troppo, un qualcosa che bloccava le sue entrate in maniera dannatamente irreparabile soprattutto adesso che poteva ovviare il problema con la sua seconda schiavetta. Axel davvero non capiva quell’urgenza ma c’era anche da dire che il suo giudizio era obnubilato da ciò che era effettivamente successo al famoso “ballo dei Métis”, così era stato ribattezzato, alla quale la ragazza lo aveva incastrato con l’inganno salvo poi finire letteralmente incastrati entrambi dai propri parenti. In quell’occasione Axel aveva dovuto rincontrare sua madre dopo i dieci lunghi anni in cui era scappato di casa. Certo Elèna non aveva mancato di scrivergli durante quegli anni lontani, al compimento dei diciassette del ragazzo gli aveva persino inviato l’anello del capofamiglia che ora portava all’indice ma in tutto quel tempo Axel non aveva mai risposto. Nemmeno una singola volta trovando invece quelle lettere talvolta invadenti o come una pugnalata al cuore perché leggere quel nome, quel collegamento con la sua famiglia, lo riportava irrimediabilmente indietro nel tempo alla mattina dei suoi undici anni quando si era svegliato riverso in una pozza di sangue che non era il suo scoprendo con orrore, accanto a sé, il corpo dilaniato dai morsi e dagli smembramenti di suo fratello Petar, riconoscibile unicamente dal volto intatto che il lupo gli aveva lasciato. Leggere la firma di sua madre e vederla lì in piedi dinanzi a lui nella sala da ballo aveva risvegliato e portato a galla tutte quelle immagini. Elèna poi non aveva demorso, alla fine della trattativa con Beliar si era ostinata a voler sapere il tutto nei minimi dettagli cercando di costringere Axel a farle leggere il contratto stipulato: «Non avrai ciò che vuoi Elèna, mai nella vita» le aveva risposto lapidario mentre giungevano al limite del confine della proprietà dei Métis, confine oltre la quale era nuovamente permesso smaterializzarsi come gli aveva spiegato Skylee. «Non cercare di metterti in mezzo», l’aveva poi avvertita prima di smaterializzarsi lontano da lei.
    Ovviamente sua madre non aveva ascoltato minimamente i suoi avvertimenti e la prima cosa che aveva fatto era stato chiamare Ethan al mattino dopo la quale era letteralmente caduto dal pero non sapendo minimamente di cosa la donna stesse parlando e successivamente aveva dovuto convocare il mannaro per ricevere spiegazioni. Era stato punito in quell’occasione. Ethan gli aveva inflitto una punizione fisica nonostante in realtà Axel non fosse stato colpevole e tantomeno complice di quell’iniziativa ma il padrino era fatto così, doveva sfogare la sua collera a prescindere da chi fosse il reale responsabile ed il nuovo taglio sul pettorale del ragazzo fungeva da monito in tal senso. Dopo quell’episodio il bulgaro si era tenuto lontano dalla biondina troncando definitivamente qualsiasi cosa avessero instaurato fino a quel momento portandolo ad isolarsi più di quanto non facesse di base. Il contratto che aveva stipulato parlava di due anni di tempo di lì al loro matrimonio nonostante Axel avesse cercato di strappare di più, alla fine a Beliar poco importava dell’istruzione della nipote, anzi, a suo dire “una moglie ignorante sarebbe stata più semplice da domare” e da lì era stato impossibile ottenere dell’altro su quel fronte ma il mannaro era fiducioso: Ethan avrebbe risolto tutto e se così non fosse stato aveva badato bene di inserire quella clausola invalidante circa la purezza del suo sangue. Aver contratto la maledizione del lupo mannaro faceva di lui un mezzosangue adesso, poiché il DNA infetto della bestia si era fuso con il suo e questo avrebbe reso schiavi anche la sua futura discendenza del satellite biancastro in cielo. Il Métis non avrebbe mai accettato tutto questo e sua madre altrettanto, non avrebbe mai permesso che il purissimo sangue dei Dragonov venisse macchiato dall’uscita allo scoperto di quell’informazione ed era nel suo interesse non rivelare quella carta sull’identità del figlio. Con lei Axel aveva giocato d’ambiguità: lei voleva una discendenza forte della sua famiglia ma ancor di più voleva vivere nel benessere, nella bambagia, cosa che successivamente alla morte di Dimitar e con il progredire dell’età le stava cominciando a risultare difficile. Gli anni passavano anche per lei e oramai il fascino suscitato dalla sua incredibile bellezza in giovane età stava cominciando a sbiadire. Avrebbe unicamente perso il suo prestigio intromettendosi smascherando il figlio.
    «Ethan vuole che impari a gestire i clienti quando non posso farlo io», le rispose senza mai voltarsi a fissarla ma continuando spedito a camminare a passo sostenuto di fronte a sé. La lingua di mare all’orizzonte era ormai quasi un miraggio quando entrarono nel folto della vegetazione della boscaglia ai margini della costa. «Quindi oggi affronterai Einarr, mi farai vedere come pensi di gestirlo e come ti farai dare i soldi pattuiti da Ethan», si voltò brevemente lanciandole un’occhiata carica di un significato dicui di lì a poco l’avrebbe comunque messa a parte, «ovviamente non serve che specifichi che non esiste di tornare senza la grana...» Soppesò il suo colorito pallido, la carnagione lunare quasi ingrigita squadrando quell’eccessiva magrezza. Il norvegese l’avrebbe mangiata in un sol boccone. «Einarr Larsen, quarantatré anni. Norvegese, trapiantato qui da milioni di anni ma con lo stesso accento del cazzo. Ci deve settantacinque galeoni tondi tondi a seguito della consegna di questa» sollevò la bisaccia al cui interno si celava la pozione – il veleno – commissionato dall’uomo. «Einarr la squadrerà, ne canterà le lodi ma poi quando sarà ora di sganciare ti divertirai... Devi farti dare i soldi senza che io intervenga. Laggiù, quella capanna, quella è casa sua. Vai.» Continuando a non fissarla le allungò la borsa e indicò successivamente la piccola abitazione oltre il folto della vegetazione. Si appoggiò quindi al tronco di un albero tirando fuori dalla giacca l’armamentario per rollarsi una nuova sigaretta e attese che Skylee partisse ad eseguire il compito. Non sarebbe stato semplice per lei: Einarr non cedeva al fascino di un bel faccino e oltretutto si credeva furbo cercando di strappare continuamente sconti per millantando imprecisioni dove non ce ne erano.
     
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode
    tumblr_ce049d516e012062f201778a3ac7bea8_116309de_500
    «Ooh...» Mi limitai a sussurrare con tono sommesso dopo aver appreso l'incarico della giornata. Da quella sera in Scozia era tutto cambiato fra di noi, non che prima ci fosse mai stato chissà quale tipo di rapporto, ma ora le nostre comunicazioni si limitavano al minimo indispensabile ed erano incentrate unicamente sulle missioni che di tanto in tanto ci trovavamo ancora a portare a termine assieme. Il contratto che il Bulgaro aveva firmato dava come tempo massimo due anni, così mi aveva riferito mio nonno, che prevedibilmente si era rifiutato di farmi leggere quello che sarebbe stato il mio futuro, nel caso non fossimo riusciti a sistemare la questione. 《Non ti deve interessare ciò che c'è scritto qui》 Mi aveva risposto con tono severo, come se quel documento non fosse nulla che mi riguardasse. 《Se vorrà fartelo leggere lo farà Nikolai, se lo riterrà necessario...》Aveva in fine concluso senza darmi modo di replicare. Ero una donna dopotutto, non mi dovevo interessare agli affari di famiglia, perché di ciò si parlava, di affari, non sentimenti, non il mio futuro. Affari. «M mh» Un altro sussurro abbandonò le mie labbra. Mi sentivo incredibilmente debole e sottotono, mi domandavo come avrei fatto a imporre la mia volontà a qualcuno se anche solo il reggermi in piedi mi costava tanta fatica. Non sapevo come avrei fatto ma dovevo riuscirci, dovevo dimostrare sia ad Axel che a Ethan che potevo farcela e che si potevano fidare ancora di me, anche dopo il gigantesco pasticcio che avevo combinato. Afferrai la sacca passatami dal Bulgaro e quando il peso della stessa fu sorretto unicamente da me, non potei fare a meno di sbilanciarmi lievemente in avanti. Quella merce pesava molto più di quanto mi aspettassi e quando mi fu rivelato il contenuto capii il perché. Dentro alla sacca, al sicuro da eventuali sguardi indiscreti, che vista l'ubicazione del posto, dubitavo avremmo rischiato di attirare, si celavano molteplici boccette di veleno, che sbirciandone l'aspetto attraverso la chiusura leggermente allentata della borsa, riconobbi immediatamente. Erano identiche alle boccette di veleno con le quali Ethan si era divertito a punirmi. Mi aveva fatto giungere al suo laboratorio con la scusa di doverlo aiutare con un lavoro, ma una volta giunta lì avevo capito immediatamente che qualcosa non andava. Il lavoro per il quale mi aveva convocato non prevedeva una consegna come al solito, bensì un aiuto vero e proprio nel preparare la merce. Mi aveva chiesto di etichettare due diversi tipi di boccette dal contenuto apparentemente uguale. Alcune, a detta sua, contenevano un antidoto, mentre le altre il veleno che esso curava. Gli avevo domandato come avrei fatto a riconoscere il contenuto e lui mi aveva malignamente risposto che l'unico modo per scoprirlo sarebbe stato assaggiando il liquido di ogni boccetta. Gli avevo dato del folle, ma nel preciso istante in cui me ne aveva avvicinata una sotto al naso, avevo compreso che non mi trovavo lì per aiutarlo, bensì per scontare la punizione che quel pazzo aveva deciso di darmi. Sussultai rabbrividendo leggermente al ricordo di quella giornata e sperando che la mia reazione non venisse notata strinsi più che potevo i lacci della sacca, in modo da non poter più addocchiare nemmeno per sbaglio il contenuto. «C come? Da sola?» Domandai confusa lanciando svariate occhiate preoccupate prima in direzione dell'abitazione e poi di Axel. Non poteva parlare sul serio. Troppi problemi sarebbero potuti sorgere e il massimo che avrei potuto fare per appianarli sul nascere sarebbe stato castare contro l'uomo uno stupidissimo attacco di medio livello. Nulla paragonabile alle maledizioni che il Norvegese avrebbe potuto restituirmi di tutto rimando. «I io» Indicai col capo la casetta in mezzo alla vegetazione. «Come faccio?» Sentivo il panico crescere in me, ma l'unica risposta che ottenni fu un lungo silenzio e un sguardo allusivo che gridava: Muoviti! Non ho tempo da perdere. Mandai giù una consistente quantità di saliva e dopo aver deglutito più volte per puro nervosismo, mi dissi che dovevo provarci e che nella peggiore delle ipotesi avrei sempre potuto gridare aiuto e per quanto la Serpe in quel momento mi odiasse, perché ero certa che era quello il sentimento che provava quando mi fissava negli occhi, sarebbe corsa in mio aiuto per puro spirito di squadra, quella composta da lui, Ethan e i soldi ovviamente, io ero solo il danno collaterale che lo avrebbe separato dal bottino, qualora la missione fosse fallita. Mi incamminai con passo leggermente incerto e timoroso verso la casetta in fondo al viale. La vegetazione attorno a noi era molto fitta e dai colori intensi, molte delle piante presenti dovevano essere dei sempreverde a giudicare dalla quantità di foglie ancora appese sui rami e mi dissi che quello sarebbe stato un bellissimo scenario per morire stritolata fra le possenti braccia di un Norvegese tirchio che non voleva sganciarci la grana. Proprio bellissimo, sì. Sospirai e mi lasciai sfuggire una risatina nervosa. «Ce la puoi fare Sky, non lo deludere...» Mi ripetei sottovoce per darmi la carica mentre la porta della casa si faceva sempre più vicina. Che avrei dovuto fare? Bussare? Tirare giù la porta con un calcio? O ancora annunciarmi verbalmente? Optai per la terza ipotesi e dopo aver annunciato che ero lì per lo scambio, attesi sotto la veranda della costruzione. Non ricevetti risposta e ansiosa tentai nuovamente di annunciarmi, cercando di assumere un tono di voce più alto e deciso, ma nulla, dall'altro capo del muro regnava il silenzio più assoluto. Lanciai un'occhiata distratta verso il Bulgaro intento ad accendersi la sigaretta che aveva appena finito di rollarsi, poi tornai a prestare la mia attenzione sulla porta. Forse non riusciva a udire la mia voce, ma il pesante ferro di cavallo usato come battiporta avrebbe dovuto di certo attirare la sua attenzione. Lo afferrai e mi apprestai a sbatterlo con vigore contro il legno della porta, ma ciò che successe mi lasciò interdetta. La pressione che avevo utilizzato per battere sul legno non servì ad attirare nessuno, bensì a far aprire sotto ai miei occhi quella che doveva essere una porta solo appoggiata allo stipite e non chiusa a chiave. Il passaggio si aprì verso l'interno e mi permise di constatare che la struttura sembrava non aver accolto dentro di sé nessuna persona da almeno una settimana. L'odore acre di cibo avariato regnava in tutta la sala e mi costrinse ad arricciare il naso per il disgusto. Nessuna persona con il senso dell'olfatto funzionante poteva star aspettando lì dentro il nostro arrivo. Chiunque avrebbe vomitato dopo poco più di dieci minuti stando a distanza ravvicinata con quel fetore. «C'è nessuno?» Tentai di domandare per l'ennesima volta portandomi un braccio verso il viso per ripararmi il naso da quel disgustoso odore rancido. Ancora una volta non giunse alcuna risposta. «Axel!» Cercai di richiamare la sua attenzione sbracciando e facendogli segno di raggiungermi. Un conato di vomito mi fece trasalire e a stento riuscii a evitare di dare di stomaco. «Non non c'è nessuno! Guarda anche tu o meglio, annusa...» Mi tappai nuovamente il naso strizzando gli occhi per il disgusto. «Sei sicuro sia questo il posto? Sembra abbandonato...» Abbandonato e decisamente mal tenuto a giudicare degli interni mal ridotti e in parte ribaltati. Chiunque vivesse lì dentro sembrava essersene andato da svariato tempo, ma che lo avesse fatto di sua spontanea volontà o meno non ci era dato saperlo. «Cosa dovremmo fare ora? Aspettare e sperare che qualcuno si presenti? Perché con questo tanfo non so quanto posso resistere» Affermai estraendo la mia bacchetta dall'anfibio sinistro, pronta nel caso a castare un qualche incantesimo che ci liberasse da quel fatido odore, qualora il Serpeverde avesse deciso di aspettare lì l'ipotetico arrivo del cliente.
    ★ ★ ★
    Prefetta Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio
     
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Advanced Member
    ★★★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    1,178
    Location
    Bulgaria

    Status
    spymode
    Axel
    «Si presuppone che lo scopo di questa giornata sia questo» replicò sollevando il sopracciglio in una esplicita palesazione di tutta la mestizia che provava per quella domanda. Da sola sì, proprio perché da sola si sarebbe dovuta presentare quando la luna indisponeva il mannaro bloccandolo nella sua forma animale e costringendolo, durante il giorno, a giacere sofferente a letto mentre le ossa riprendevano dolorosamente la propria forma umana salvo poi, tornare a spezzarsi ancora e ancora al sorgere della luna piena. Cinque giorni al mese, tutti i mesi, un eterno ciclo che si sarebbe compiuto per tutta la durata della sua vita. Al solo pensarci Axel si sentiva gelare rabbrividendo istintivamente all’idea di quel dolore perpetuo che doveva affrontare ogni singolo mese. L’antilupo non serviva nulla per quello scopo. Quella non placava l’immane sofferenza che doveva subire, la pozione serviva unicamente a tenere sedata la bestia che nonostante i tironi alle catene sarebbe rimasta relativamente calma nella cella. Questo se la pozione avesse funzionato. A produrgliela però era Ethan, il suo padrino, nonché il miglior pozionista di sua conoscenza, il quale non aveva però nessun interesse a produrgli quella semplice pozione così com’era. Assolutamente no. Ethan doveva sperimentare e poco gli importava se a pagarne le sofferenze e i danni di quello studio era Axel. Ethan doveva mischiare gli ingredienti e con interesse prettamente scientifico raccoglieva i dati segnando minuziosamente ciò che il ragazzo gli riferiva al mattino dopo. Questo avveniva quando il giovane abitava in pianta stabile da lui, lì aveva la possibilità di studiare la mutazione nel bunker che il mago aveva adibito con tutti i possibili sistemi di sicurezza atti a contenere la bestia e lì, attraverso un oblò, riusciva ad osservare il mutamento della forma. Questo non era possibile quando il bulgaro era a scuola invece e lì il mago doveva interpretare dalle lettere striminzite che il ragazzo gli mandava, lettere che erano prive di quei dati cruciali di cui Axel, anche fosse, non aveva totalmente memoria limitandosi a riportare unicamente la profondità delle ferite lasciate dalle manette o la reazione del suo corpo dopo quei giorni che solitamente si riassumeva in dolore, solo dolore. Aprire gli occhi o semplicemente muoversi erano una tortura per i suoi nervi che si tramutavano in potenti fitte invalidanti. Odiava quella condizione con tutto sé stesso e forse, qualcuno di più esperto, magari uno psicologo se avesse mai avuto l’orgoglio sufficiente per andarci, gli avrebbe detto che proprio quel suo continuo rinnegare una parte di sé gli faceva subire gli effetti del post trasformazione in maniera così pesante. Accettarsi gli avrebbe probabilmente permesso di stare bene, di evitare che il suo corpo somatizzasse il suo odio verso sé stesso e automaticamente di riflesso, rigettasse quella sua parte di sé quando era la creatura a prendere il sopravvento.
    «Ingegnati, non è un mio problema», questo, esattamente, quello perlomeno non era un suo problema. Gliene aveva già dati a sufficienza dopo averlo incastrato con quella stramaledetta storia del matrimonio. Da allora sua madre non aveva smesso di tampinarlo per ottenere informazione e dove non poteva arrivare, considerando che Axel ignorava tutte le sue lettere bruciandole, allora subentrava Ethan. L’uomo era subissato di lettere e chiamate della donna con l’intento di ottenere di più. Di ottenere il figlio piegato alle sue condizioni come una marionetta. Niente di più sbagliato se pensava questo di lui ed il bulgaro poteva solo pensare con un velo di preoccupazione a suo fratello minore, Alek, al modo in cui doveva essere cresciuto con quelle premesse, solo con quella donna.
    Skylee era ferma immobile, perfettamente dritta mentre fissava intensamente la capanna forse un leggero tremolio a muoverne la figura. Si voltò a cercare i suoi occhi in cerca di una soluzione e per tutta risposta lui sollevò entrambe le sopracciglia sempre più spazientito facendole un cenno con il mento in direzione del piccolo edificio nella radura. La sua occhiataccia s’intensificò vedendola ancora immobile ed i suoi fiammeggianti occhi verdi parevano urlarle “muoviti Métis non abbiamo tutto il giorno”. Parole che vennero sottolineate dai suoi gesti quando con strafottenza s’’infilò la sigaretta perfettamente rollata tra le labbra, pronta per essere accesa con la sola imposizione della bacchetta. Spostò lo sguardo altrove, nella direzione opposta rispetto all’incedere della Corvonero e si godette l’inebriante distensione dei nervi data dalla sigaretta ma quella quiete durò incredibilmente poco. Non riuscì nemmeno a finire la sigaretta che la voce della ragazza richiamò la sua attenzione. Sollevò gli occhi al cielo. «Axel!», nella voce della ricciolina una venatura di panico ne alterava il tono. Aprì gli occhi guardando in sua direzione e la trovò sul ciglio della porta che si sbracciava richiamandolo. Sbuffò e tirando un ultimo tiro dal tubicino di tabacco lo spense grattandolo contro la corteccia dell’albero sulla quale si era appoggiato. «Cosa c’è?» le chiese con una smorfia. Il tanfo per il suo olfatto sviluppato era nauseabondo ed il mannaro socchiuse gli occhi per il fastidio, tuttavia, senza dare ulteriori segni di disagio. «Sei sicuro sia questo il posto?» L’occhiataccia la gelò. Lui non sbagliava, men che meno in missione. «Cosa dovremmo fare ora? Aspettare...?» Non la degnò di una risposta e la precedette nel salotto coprendosi le narici con l’incavo del gomito. L’odore di decomposizione aleggiava nell’aria. «Sei proprio una cazzo di principessina sul pisello», la riprese quando lei si lamentò ancora. Costeggiò un divano logoro e sguainò la bacchetta facendola scivolare dalla manica della giacca nel palmo strofinando la punta sulla stoffa lercia. «Non capisco perché tu ti sia invischiata in questa cosa... non stavi bene nella tua fottuta reggia? Perché sei venuta a metterti in mezzo?» A mettersi in mezzo tra lui ed il suo padrino. A costringerlo ad uscire allo scoperto per evitarle i rischi di un ripudio da parte di una persona della sua levatura nobiliare ed ora eccoli lì, incastrati con il tempo che scorreva in granelli come in una clessidra bruciando i minuti, le ore e i giorni che li avrebbero portati a sigillare la loro unione in quel vincolo matrimoniale. «Cosa sei venuta a fare da noi?» Ethan poteva anche fidarsi di lei, vederla come innocua, sottovalutarla forse, ma lui non riusciva a collocarla in quel puzzle, a collocare la sua improvvisa apparizione nelle loro vite. Perché ora? Continuò a puntare la bacchetta lasciandola scorrere sul mobilio di quella casa spartana fino a che non si fermò di fronte un grosso armadio, lì l’odore di morte, di sangue e di decomposizione era insopportabile. «Sta indietro» con la sinistra fece retrocedere Skylee dietro la sua schiena ed affilando lo sguardo indietreggiò rispetto al grosso armadio. «Brutto figlio...» quello di Axel fu un sussurro appena udibile prima che la sua mano sferzasse l’aria insieme all’incantesimo che urlò: «STUPEFI...!» Non terminò che uno scudo argenteo si stagliò dal nulla facendoli rimbalzare all’indietro. «Einarr» scosse il capo mentre un sorrisetto compiaciuto gli arricciava le labbra.
     
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode
    tumblr_fb915cf5a2fec33ff4dc6d81ec183810_c5ebaa84_540
    Axel giunse fino al ciglio della costruzione con la sua tipica camminata indolente, che come al solito mi infastidì non poco. Sembrava che ogni singolo movimento gli costasse una fatica immemore, anche se probabilmente si trattava solo di un senso di insofferenza verso me e ciò che dovevamo fare. Non era un segreto che non amasse il ruolo della balia in quelle missioni tanto rischiose e l'unica motivazione che lo aveva in fine convinto ad accettare le responsabilità che Ethan gli aveva dato, era stato il fattore economico. Fattore del quale io non facevo mai parte. Non venivo retribuita in alcun modo, se non con la promessa di un concreto aiuto nel portare a termine la mia personale vendetta. Probabilmente l'accordo non era per nulla equilibrato e chi ci rimetteva ero sicuramente io, ma i fatti parlavano chiaro. Se volevo liberarmi della mia famiglia avevo bisogno di aiuto e Ethan era ciò che si definiva un vero e proprio aiuto, con tanto di fattore sorpresa. Ne avevo bisogno e per quanto non condividessi il suo stile di vita o il suo cosiddetto giro d'affari loschi, non potevo fare altro che accettarlo. «Non sono una principessina, piantala» Ruggii con tono basso e pacato, emettendo in fine uno sbuffo nasale infastidito. Odiavo quando mi chiamava così, mi sentivo paragonata a una delle tante ragazzine con la puzza sotto al naso che vivevano al castello e che al minimo problema scoppiavano a piangere in una crisi isterica, andando poi alla ricerca del paparino per far risolvere a lui la questione. Io non ero così, non lo ero mai stata e sicuramente non avrei iniziato ad esserlo ora. Lo seguii silenziosa all'interno della struttura e imitando i suoi gesti mi coprii le narici con l'incavo del gomito. L'odore era forte e pungente, simile a quello della carne putrefatta e non mi potevo dire per nulla immune al suo disgustoso aroma, era così intenso che faticavo addirittura a pensare lucidamente, ogni fibra del mio corpo era impegnata a trattenere il fiato per evitare di inalare quel fetido puzzo e ciò ne andava della mia concentrazione. «Non è la mia fottuta reggia e no. Non ci stavo bene» Ribattei acida tagliando corto il discorso. Non erano affari suoi le motivazioni che mi avevano spinto a cercare Ethan e non sentivo alcun bisogno di raccontargliele, a maggior ragione se poi, ciò che avrei ricevuto in cambio si sarebbe limitato a un grugnito annoiato. Non valeva nemmeno la pena tentare di spiegarglielo, non avrebbe capito, non gli sarebbe interessato e sarebbe servito unicamente a farmi innervosire. Proseguimmo a ispezionare le stanze della casa e ci dirigemmo verso un corridoio che separava la sala dalla quale eravamo entrati, da quella che pareva essere una camera padronale in disuso. «Non sono cazzi tuoi, vuoi che lo ripeta ancora?» Le interminabili giornate passate a prendermi cura di Vanja avevano non poco alterato il mio umore, mi sentivo più scontrosa del solito e bastava un nonnulla a innescare la miccia che faceva esplodere la mia rabbia. Avevo mantenuto per così tanti giorni un sorriso forzato sulle labbra che ormai faticavo a nascondere il mio vero umore, era come se all'improvviso straripasse e mi costingesse prepotentemente a piegare le mie espressioni facciali a suo piacimento.
    Una volta giunti nella camera padronale l'odore si fece più intenso, come se la fonte di tale fetore provenisse proprio da lì, più precisamente dal largo e capiente armadio in mogano al lato nord della stanza. Axel mi intimò di farmi indietro e anche se vagamente infastidita dalla sua solita prepotenza, lo feci. Lui era il capo e per quanto la cosa non mi piacesse, dovevo ubbidire ai suoi ordini. Il Serpeverde puntò la bacchetta davanti a sé e nonappena tentò di castare un incantesimo uno scudo argenteo si frappose fra noi e l'armadio, facendoci rimbalzare violentemente all'indietro. L'urto fu talmente forte e inaspettato da farmi perdere la presa che tenevo sulla sacca di iuta, che fu prontamente raccolta da una figura che sembrò fuoriuscire dall'interno dell'armadio. L'onda d'urto sembrava aver investito appieno Axel, che ora giaceva ai piedi del letto con la testa penzolante da un lato. Quella giunta fino a me era stata invece decisamente meno violenta e nonostante mi girasse abbastanza la testa non persi tempo e tentai di correre all'inseguimento dell'uomo che immaginavo essere Einarr. «Stupeficium» Scintille rosse fuoriuscirono dalla mia bacchetta, ma senza esitare il mago si protesse e continuò la corsa schivando pure i seguenti attacchi. Era scaltro e capace, sapevo di non essere alla sua altezza in quanto a capacità, ma quando volevo sapevo essere incredibilmente tenace e non mi arrendevo facilmente. Giunti in prossimità della porta riuscii finalmente a raggiungerlo e tentai ingenuamente di afferrare la sacca che stringeva fra le mani, di tutta risposta mi arrivò una gomitata in faccia che mi spaccò un labbro e mi fece piegare in avanti dal dolore. Fermarlo pareva impossibile, ma forse potevamo ancora recuperare la merce, dopotutto Axel mi aveva detto di ingeniarmi e di trovare una soluzione per affrontare da sola il Norvegese. «Diffindo» La sacca si lacerò e mentre Reinarr oltrepassava la soglia della porta d'ingresso i vasetti contenenti il veleno iniziarono a rotolare atterra. Balzai velocemente verso il pavimento per recuperarne il più possibile e lo stesso fece l'uomo davanti a me, tentai di allungarmi per accaparrarmi quelli rotolati appena fuori dalla soglia, ma nonappena la mia mano provò ad oltrepassare il confine dei muri della casa, sulla mia pelle iniziarono a comparire grandi bolle da ustione e la mia carne prese a bruciare all'inverosimile. Un urlo di dolore proveniente dalle mie labbra fendette l'aria e un sorriso compiaciuto comparve sul viso del Norvegese, che senza nascondere una glaciale risata soddisfatta, mi augurò buon divertimento nel tentare di uscire da lì. Prima che l'uomo riuscisse a smaterializzarsi provai di castare un ultimo Stupeficium che mi si ritorse contro. Non appena entrò in contatto con la barriera invisibile che sembrava essere stata posta attorno alla casa, esso rimbalzò e mi investì in pieno sbalzando il mio esile corpo contro il bancone della cucina. Sentii una forte fitta alla testa, la vista mi si annebbiò e tutto intorno iniziò a diventare nero, il mio corpo sembrava come spegnersi piano piano e l'ultima cosa che riuscii a vedere prima di svenire a terra fu il sudicio pavimento contro il quale la mia faccia si stava per spiaccicare.
    ★ ★ ★
    Prefetta Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio
     
    .
  7.  
    .
    Avatar

    Advanced Member
    ★★★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    1,178
    Location
    Bulgaria

    Status
    spymode
    Axel
    «Non sono una principessina, piantala» Axel si voltò brevemente, giusto il tempo di lanciarle un’occhiata carica di supponenza prima di continuare a camminare in giro per la sala strusciando la punta della bacchetta sulla superficie del mobilio che gli capitava a tiro. Un leggero colpo di tosse mista a riso fu invece la sua risposta sarcastica quando Skylee ammise che al castello dei Métis non si trovava bene. Axel ne dubitava fortemente a guardarla, che ne poteva mai sapere lei del disagio e della sofferenza? Lei così ricca, viziata e con la libertà di fare qualsiasi cosa le saltasse in testa, ecco come la vedeva. Questa era la visione che aveva avuto di lei fino a quel momento. Una visione superficiale e priva della voglia di scoprire e sapere davvero cosa celasse la Corvonero e questo a prescindere da quanto era successo recentemente tra i due giovani. Prima del “fattaccio” tra i due c’era stato sesso, tanto meraviglioso sesso su ogni superficie capitasse loro a tiro in base a qualsiasi stato d’animo li muovesse. Ogni scusa era buona per appartarsi in una stanza e dare sfogo ai loro umori, questo fino allo stramaledetto ballo avvenuto pochi giorni dopo il compleanno del bulgaro. Fino a quando Axel non si era visto costretto a prendere le difese della bionda una volta messo alle strette, una volta che la sua identità ben celata fino a quel momento era stata tirata fuori dall’ombra con quel debutto in società che alla fine non era stato solo per la biondina ma anche per lui, trovandosi immediatamente calato di forza nella parte dello scapolo d’oro di quella serata e di quelle a venire. Riflettendoci poi, a mente fredda, aveva avuto ben poca scelta: se avesse rifiutato la giovane Métis il mannaro era sicuro che i nonni della ragazza si sarebbero sfogati su di lei ripudiandola e mettendola al bando, un po’ come aveva fatto lui ma un conto era deciderlo coscienziosamente, un altro trovarsi incastrato, con le spalle al muro come lo era stato per lui abbandonare ad undici anni la sua famiglia per metterla al sicuro dalla bestia. Inoltre, c’era da mettere in conto Ethan, suo zio. L’uomo era stato molto chiaro con il mannaro: Skylee era una sua responsabilità quando erano insieme, che fosse il castello o fuori da lì, lui doveva vegliare su di lei affinché alla biondina non succedesse qualcosa e soprattutto non le venisse la malsana idea di vendere i due alle autorità. “Fidarsi è bene...” lo aveva ammonito agitandogli pomposamente un indice davanti la faccia salvo poi passarselo inequivocabilmente alla gola in una chiara minaccia per il ragazzo. Questi due punti potevano già essere sufficienti ma non abbastanza poiché c’era da considerare che quel coming out non voluto lo aveva messo sotto i riflettori per tutte quelle famiglie con una figlia in età da matrimonio rendendolo grazie al suo titolo nobiliare, uno dei rampolli più richiesti dalla società oscura di purosangue. A quel punto la scelta era stata scontata. Prima che le proposte arrivassero a sua madre al castello e prima ancora che lei potesse prendere accordi che lo avrebbero incastrato senza via di fuga, Axel aveva dovuto istintivamente prendere in mano le redini del comando ed effettuare quella che ai suoi occhi era la scelta meno infelice. Skylee alla fine la conosceva seppure in maniera superficiale e sapeva che il sentimento era condiviso: non lo avrebbe mai voluto come marito, ma in fin dei conti era una cosa a cui sarebbero potuti scendere a patti con degli accordi privati tra di loro che li rendessero liberi. Axel le avrebbe fatto dono del titolo, del castello, del suo corpo ma in cambio lei non avrebbe mai potuto pretendere da lui dei figli o la sua stessa fedeltà. Non sarebbe stato un anello ad ingabbiarlo ma sapeva, o meglio aveva intuito, che se la bionda continuava ancora a ronzare attorno a lui e ad Ethan era per un motivo ben preciso che aveva a che fare con la loro famiglia ed Ethan stesso avrebbe mandato a monte le nozze, in ogni caso quindi... double win per il Dragonov.
    Si voltò, questa volta fermandosi del tutto mentre con un’occhiata seria, che non ammetteva repliche ribatteva alla rispostaccia della Corvonero. «Sono eccome cazzi miei» chiarì perentorio, «lo sono diventati nell’esatto momento in cui mi hai incastrato a quel ballo e ho dovuto contrattare per la tua mano, o te lo sei forse dimenticata mogliettina Concluse in un ringhio basso, d’avvertimento a non provocarlo ulteriormente. Gli occhi verdi di Axel lampeggiavano di una furia silente, tenuta sedata quasi a fatica ma che sarebbe divampata in poco, violentemente, questo avvertiva il lieve lampo animalesco in fondo ai suoi occhi. «Quindi sì, mi devi una fottuta spiegazione» si voltò di nuovo, sollevando la bacchetta e fermandosi nel suo peregrinare di fronte un grosso armadio nella camera da letto. Lo osservò per qualche istante piegando il capo lateralmente e successivamente fece cenno alla bionda di spostarsi silenziosamente dietro di lui; non fece a tempo ad ultimare l’incanto che l’onda d’urto dell’incantesimo protettivo li sbalzò entrambi verso la parete opposta centrando il mannaro con tutta la sua onda d’urto e facendolo urtare violentemente contro la pediera del letto. La botta gli mozzò il fiato in gola ed il colpo alla base della nuca lo tramortì. Fu dopo diversi minuti che rinvenne portandosi la mano alla fronte per spostarla successivamente con una smorfia di dolore verso il retro del capo, fortunatamente la parte maledetta di sé si era già azionata per salvargli la vita in quanto probabilmente un colpo del genere avrebbe ammazzato un comune essere umano ma la bestia dentro Axel voleva vivere e faceva di tutto, disprezzo o meno, per tenere in vita il suo tramite. «Porca puttana» sussurrò a mezza voce in bulgaro prima di rimettersi in piedi e realizzare quanto era successo, fu in quel momento che il suo udito captò i rumori di una battaglia nelle stanze attigue. Fu come se l’opzione del muto fosse svanita di colpo ed il ragazzo corse immediatamente nell’altra stanza. «Métis!» sfruttando la velocità della bestia affiancò immediatamente la ragazza che dopo il colpo al bancone della cucina stava per perdere i sensi collassando rovinosamente al suolo. «Métis svegliati non è ora di dormire» la riprese mentre, in ginocchio, si guardava attorno con la ragazza esanime tra le sue braccia. Quanto era rimasto privo di conoscenza? Cos’era successo nel frattempo? «Métis!» Sbuffò con una punta d’irritazione appoggiandola contro la parete del bancone. Il capo della ragazza ciondolò privo di conoscenza. Con un ulteriore sbuffo di fastidio si passò la bacchetta nella mano dominante e la puntò al petto della Corvonero: «Reinnerva» il lampo biancastro colpì come un fulmine propagando la sua scossa di vita nel corpo della bionda, appena avrebbe ripreso conoscenza le avrebbe chiesto un sunto dettagliato di quanto era successo. Senza staccarsi da Skylee si allungò verso un ammasso informe di stoffa sul pavimento che una volta aperto tra le mani identificò come la bisaccia. «Merda» avevano perso sia l'acquirente che il prodotto. Ethan sarebbe andato su tutte le furie.
     
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode
    tumblr_985ba209c38c1cc869d5669e3c65b1c3_fb18b7a9_540
    Axel era impossibile, sputava continuamente veleno su tutto, che fosse una conversazione pacifica, provocatoria o rabbiosa l'unica costante era il suo perenne senso di menefreghismo e un pungente sarcasmo pronto a tagliare lo spirito del suo interlocutore come una lama affilata. Erano estremamente rari i momenti in cui smetteva di rapportarsi così con le persone e spesso tali interruzioni avvenivano solo per mentire e indossare la maschera da avvenente e cordiale ragazzo che usava per imbambolare tutti. Fuori dalla mischia rimanevano pochi e brevissimi attimi di calma e sincerità che erano in grado di lasciarti senza parole per la sorpresa, non che io avessi visto spesso questo suo lato tanto interessante quanto scioccante, ma quelle poche volte in cui l'aveva mostrato mi erano bastate per imprimerle a fuoco nella memoria ed etichettarle come "cose strane che fa Axel ogni tanto", non che mi servissero molto come informazioni, ma spesso erano loro a impedirmi di tirargli un pugno in piena faccia, con tutte le conseguenze del caso che ne sarebbero derivate, ogni qual volta che si poneva come un vero stronzo. Forse se gli avessi tirato un pugno in faccia, invece che limitarmi a sbuffare sul suo ultimo commento riguardante il fatto che i cazzi miei riguardassero pure lui dopo la sera del ballo, le cose sarebbero andate diversamente e invece che venir violentemente sbalzati conto il lato opposto della stanza, ci saremmo limitati a iniziare a litigare fra di noi senza dar importanza all'armadio dentro il quale si era nascosto il Norvegese. Forse. Purtroppo però i fatti non avevano preso quella piega e verso quell'armadio ci eravamo andati eccome, finendo poi per cadere nell'ingeniosa trappola ideata dall'acquirente meno amabile della storia degli acquirenti, che come se attaccarci e rubarci la merce non fosse abbastanza da pezzi di merda, aveva deciso inoltre di intrappolarci dentro quella sudicia bettola con chissà quale incantesimo.
    Mi sentii come risvegliata da un lungo sonno, la vista era ancora annebbiata, ma seppur leggermente sfuocata riconobbi la sagoma di Axel, che inginocchiato al mio fianco tentava di capire cosa fosse successo. Una fitta alla testa mi fece letteralmente sussultare dal dolore e mi ci vollero svariati secondi prima di tornare del tutto alla realtà. «Mhh» Mugugnai stordita cercando di capire se le mie labbra fossero intenzionate o meno a muoversi per far fuoriuscire eventuali suoni e parole. «Stai bene?» Domandai al Bulgaro appogiandogli una mano sulla base del collo per sfiorargli la nuca sporca di sangue, mentre passando le dita fra le sue ciocche di capelli corvini osservavo l'entità e la grandezza della ferita che pareva ormai essersi rimarginata. Aveva preso una botta veramente forte e mi sorprendeva che fosse già bello pimpante davanti a me, seppur leggermente acciaccato, ma era pur sempre Axel e per quanto fastidioso fosse, riusciva sempre a sorprendere tutti, come se le sue maniche fossero piene di assi da estrarre con vigore quando meno te lo aspettavi. «Q-quanto sono rimasta svenuta? T-tu non hai tentato di oltrepassare la porta vero?» Domandai ansiosa iniziando ad agitarmi e a tastargli il corpo in cerca di eventuali ustioni o bolle evidenti. Non sembrava averne, il che mi tranquillizzò lievemente, ma attesi comunque che fosse lui a darmi conferma di quanto chiesto. «N-non so che incantesimo sia stato lanciato attorno alla casa ma...» Allungai la mano sinistra ancora piena di bolle rosso acceso e ustioni varie per fargliela vedere. «Se provi a uscire accade questo» Lo guardai con aria dolorante mentre un leggero tremolio mi animava la mano in uno spasmo involontario. Speravo vivamente che i danni riportati alla mano fossero curabili, altrimenti sarebbe stato dannatamente difficile spiegare alle mie sorelle come me li fossi procurati. Raccontavo loro già fin troppe bugie e ci stavo malissimo per questo, doverne aggiungerne un'altra alla lista sarebbe stato davvero orribile, ma purtroppo sapevo che per la loro sicurezza fosse meglio tenerle all'oscuro di ciò che facevo, soprattutto se tali cose riguardavano Ethan o la mia famiglia. «Ah... n-non è molto, lo so, ma prima che il Norvegese mi schiantasse contro al bancone sono riuscita a recuperare quelli» Indicai un punto poco distante da noi, dove i tre barattolini di veleno erano rotolati fino a finire sotto a una delle poltrone del salotto, probabilmente Reinarr aveva pensato ci volesse troppo tempo per recuperarli e aveva ben deciso di filarsela alla svelta, seppure senza tutto il bottino previsto. Non era molto e probabilmente Ethan sarebbe andato su tutte le furie in ogni caso, ma non avrei mai potuto nulla contro il Norvegese, che in quanto forza ed esperienza mi superava su tutti i fronti. «M-mi dispiace aver perso la merce, i-io ci ho provato, lo giuro, m-ma lui era piu forte, parava ogni mio colpo e... e... cazzo...» La voce abbandonava le mie corde vocali con una punta di isteria nel tono, ero nel panico, sapevo di aver fallito ma non sapevo come porvi rimedio e ciò mi faceva impazzire. «P-possiamo dire a Ethan che è andato t-tutto bene, posso pagare io i veleni e... e poi...» E poi cosa? Avremmo ritrovato noi il Norvegese per pareggiare i conti? Certo, come no. «N-non voglio che mi punisca di nuovo» Il mio corpo tremò visibilmente al ricordo di quella giornata e sentii gli occhi inumidirsi appena. Il panico che provavo mi iniziò a far muovere inconsapevolmente la testa a destra e a sinistra, andando a mimare tanti piccoli "no" col capo. «C-cosa dovremmo fare ora?» Mi sentivo come una bambina che chiede al papà in che parco l'avrebbe portata nel pomeriggio, ma ciò che domandavo ad Axel non prometteva nulla di buono. Cos avremmo dovuto fare se non fossimo stati in grado di eliminare la barriera che ci separava dal mondo esterno? Avremmo dovuto semplicemente aspettare e sperare che si dissolvesse da sola? Avremmo dovuto chiamare Ethan, o cosa? Nella mia testa alleggiava il vuoto più assoluto e non ero mai stata così felice di non essere da sola ad affrontare un problema come quello. Sentivo l'ansia crescere in me, sapevo di essere stata inutile e non facevo altro che causare problemi, lo sapevo, eppure sembrava non fossi ormai piu grado di fare altro. «Scusami...» Sussurrai con tono quasi impercettibile abbassando il capo sulle ginocchia rannicchiate al petto per nascondere le piccole lacrime che iniziavano a bagnarmi le guance. Mi vergognao di me stessa e non avevo il coraggio di guardarlo nei suoi occhi color smeraldo mentre sottovoce gli chiedevo perdono per tutti i guai in cui l'avevo fatto finire. Ero una frana e sembrava che a pagarne le conseguenze dovessero essere sempre le persone che mi stavano vicino. Un caso senza speranza, ecco cos'ero. «Ti causo solo problemi... i-io... mhh... s-scusa» Ripetei ancora una volta con un filo di voce così basso da essere udibile quasi solo a me stessa.
    ★ ★ ★
    Prefetta Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio
     
    .
  9.  
    .
    Avatar

    Advanced Member
    ★★★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    1,178
    Location
    Bulgaria

    Status
    spymode
    Axel
    Era bastato pronunciare la formula in un sussurro calmo perché il lampo bianco fuoriuscisse dalla sua bacchetta centrando il petto della ragazza. Skylee rinvenne risucchiando l’aria e spalancando i grandi occhi bicolore salvo poi accasciarsi nuovamente tra le sue braccia, le dita della mano dominante che stringevano istintivamente un lembo della giacca di lui. Axel strinse lo sguardo mentre lentamente la bionda apriva ritmicamente gli occhi mettendolo con una strizzatina dello sguardo a fuoco. «Stai bene?» Mormorò poi spalancando nuovamente gli occhioni mentre la mano che stringeva la sua giacca si spostava con confidenza alla base del collo rinvenendo un rivolo di sangue rappreso non ancora del tutto seccato. «Non lo so, sono arrivato adesso» rispose ignorando la prima parte delle sue domande e nel suo tono c'era una punta di noia nella voce salvo poi infastidirsi allontanando il viso dalle mani della Corvonero che avevano preso a tastargli tutto il corpo. «Che cazzo ti prende? Calmati!» Le afferrò i polsi nel chiaro tentativo di rimetterla al suo posto lasciandoglieli poi dopo qualche attimo e scoprendo il perché di quell’apprensione. «No, sono arrivato giusto in tempo per evitarti una caduta, dov’è Einarr? Cazzo significa questa?» Sollevò la bisaccia vuota e strinse lo sguardo accusatore. Sapeva benissimo cosa voleva dire ma in fondo sperava che lo straordinario cervello da Corvonero della ragazza avesse partorito un colpo di genio tale da permettere ai due di pararsi il culo con Ethan. Un conto se tornavano con tutta la merce alla base, Ethan si sarebbe infastidito certo, ma avrebbe riprogrammato un nuovo appuntamento – magari sbrigandosela lui una volta tanto – e questa volta non ci sarebbe stato spazio a errori o a colpi di testa del norvegese, ma se anche solo una fiala fosse finita nelle mani dell’uomo... Si voltò a fissare un punto indicato dall’indice della bionda, si alzò e sdraiandosi successivamente sul pavimento lercio recuperò i tre barattoli rotolati al di sotto dei pensili. Li poggiò sul bancone e dopo aver borbottato un sentito: «che merda», si sbatté via dagli abiti la polvere e metaforicamente lo sporco che gli era finito a contatto con quel pavimento, nemmeno una lavatrice a novanta gradi avrebbe ridato una sensazione di pulito a quei vestiti, anzi, probabilmente avrebbe finito per bruciarli. Via il dente via il dolore. Si poggiò con entrambi i palmi al bancone, anch’esso sudicio, ma meno rispetto al pavimento e contemplò in cagnesco i tre barattoli di fronte a sé. Nella sacca ne erano presenti cinque e su stessa ammissione della bionda era riuscita a salvare solo quelli che stava fissando. Ethan non ne sarebbe stato affatto contento. Quei soldi erano persi poiché Einarr sarebbe potuto andare da un qualsiasi chimico-pozionista di sua conoscenza che avrebbe ricavato gli ingredienti utilizzati dal mago. Sarebbe bastato qualche tentativo più o meno infruttuoso prima di riuscire a replicare la formula fottendogli la paternità. «Cazzo», si passò una mano sul viso portandola a schiacciarsi le palpebre sugli occhi smeraldini per poi terminare la corsa nei capelli bruni dove, con una smorfia di dolore, la scansò una volta raggiunto il punto della botta che stava ora cominciando ad incrostarsi del sangue asciutto. Sbuffò ignorando del tutto la bionda che nel frattempo aveva preso a farneticare qualcosa in merito ad un incantesimo che circondava la casa – da cui dipendevano le grosse bolle che ne infestavano la pelle candida – salvo poi prodigarsi in lagnose scuse. Si poggiò entrambe le mani sulla fronte cercando con tutto sé stesso d’isolarsi nel tentativo di capire come tirarsi fuori da quella situazione del cazzo. «P-possiamo dire a Ethan che è andato t-tutto bene, posso pagare io i veleni e... e poi...» la sua voce già tremolante si spense, «n-non voglio che mi punisca di nuovo», la sua voce era adesso incrinata, ad un passo dalle lacrime. Axel non si mosse continuando impassibile, ad occhi chiusi, come se la cosa non lo riguardasse, a riflettere febbrilmente. La casa era coperta da una fattura ustionante, avrebbero potuto farsi scudo con un Protego Totalum ma era un incanto fuori dalla portata persino dell'ex durmstranghiano. Oppure avrebbero potuto farsi circondare da una bolla d’acqua che li avrebbe protetti dal fuoco magico, combinando un testabolla... No, scosse il capo, Skylee non era in grado di tenere due incanti di quella portata nelle condizioni in cui verteva e lui, anche lui, nonostante cercasse di non darlo a vedere per orgoglio, era provato da quella situazione. Non avrebbe retto entrambi gli incantesimi. Poteva andarsene. Lasciarla lì... “Ricorda i tuoi compiti sacco di pulci...” la voce carica di saccenteria del padrino gli ricordava perfettamente quali fossero le sue aspettative e cosa lo avrebbe atteso se fosse tornato senza la ragazza. «Vuoi troppo, cazzo» sussurrò tra sé e sé mentre stampava i pugni sul pianale. «Ti causo solo problemi... i-io... s-scusa», la voce apertamente singhiozzante della bionda attirò finalmente la sua attenzione facendo in modo che i suoi occhi verdi sgranati si puntassero su di lei.
    «Che cazzo fai?!» Ringhiò senza il minimo cenno di pietà. «Ti sembra il momento di piangerti addosso porca puttana?!» Batté il palmo sul piano, frustrato ed una scheggia di legno gli si conficcò all’interno. Si staccò dal bancone sollevando le mani tese ai lati della testa compiendo un giro su sé stesso. Di lì a poco avrebbe perso la calma del tutto, doveva fare qualcosa. «Porca puttana Métis non me ne frega un cazzo delle tue lacrime, non ci faccio un cazzo. Alzati e fa funzionare la testa» Sbraitò senza il minimo cenno di compassione. Axel non conosceva l’empatia, non era mai riuscito a mettersi nei panni del prossimo e mai gli era importato, troppo preso da sé stesso e dalle sue di disgrazie. Sin da piccolo si era sempre dovuto concentrare su di sé, sulle sue di emozioni spronandosi a mantenere il sangue freddo per evitare che la bestia uscisse fuori nei momenti meno opportuni causando danni irreversibili. Non aveva tempo per pensare anche al prossimo, per pensare di nuocere ai sentimenti altrui. Per quanto lo riguardava era già abbastanza che non staccasse teste in un eccesso d’ira. Serrò la mascella e a grandi passi tornò dalla bionda afferrandola per un braccio per rimetterla di peso in piedi. «Levati quelle lacrime del cazzo e pensa. Come usciamo da qui? Oltre alle bolle che succede a varcare la soglia? C’è altro? Ti ha detto altro Einarr?» La lasciò andare dopo averla strattonata per costringerla a riprendersi e si avvicinò alla porta, con gesti lenti e calcolati toccò la superficie di legno e con lentezza scivolò fino alla maniglia, voleva aprirla, voleva vedere se c’erano dei segni di magia, un qualsiasi cosa che lo aiutasse a identificare eventuali incanti di protezione supplementare. Einarr aveva messo anche un blocco alla smaterializzazione? Ne aveva avuto il tempo? Skylee sarebbe stata in grado di smaterializzarsi? Nel caso lui sarebbe riuscito a portare via entrambi?


    Edited by Dragonov - 16/2/2022, 18:11
     
    .
  10.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode
    tumblr_a2c88b768aede21a91a4a6f0ef1c583e_3e4fd2ce_540
    Le parole di Axel giunsero alle mie orecchie estremamente dure. Non vi era un filo di empatia nel tono e tutto ciò che lasciava trasparire erano noia e fastidio. Tentai di controllare il flusso delle lacrime che mi rigavano gli occhi e tirando leggermente su col naso tentai di calmarmi, di obbligarmi a sopprimere le mie emozioni quanto prima per dare una parola fine a quella crisi di nervi. L'ultima cosa che volevo era risultare patetica agli occhi del ragazzo e anche se per quello forse era ormai tardi, potevo sempre tentare di limitare i danni riprendendomi. Con la sua solita grazia inesistente mi afferrò un'avambraccio e mi costrinse ad alzarmi in piedi. Come un efficente soldatino non feci altro che eseguire i suoi ordini ringhiati e a fatica rimandai giù quelle lacrime colme di verità, per lasciar posto a pensieri che portassero a una strategia vincente. Mi morsi le labbra singhiozzando appena, le lacrime si erano asciugate ma il senso di colpa che sentivo gravarmi sulle spalle no e ciò mi portava a tremare ancora leggermente e a singhiozzare nervosamente nel tentativo di riassumere il controllo delle mie emozioni. Pensa Sky, pensa. Mi ripetei mentalmente nel vano tentativo di ritrovare me stessa. Avevo già visto un incantesimo del genere, ne ero certa, dovevo solo ricordare dove. Pensa, pensa, pensa. «C-ci sono» Esclamai fra me e me giungendo finalmente a una conclusione. «Forse so di che incantesimo si tratta, o se non è quello ci somiglia parecchio» Singhiozzai di nuovo lasciando che un brivido freddo mi percorresse la spina dorsale. «Tempo fa castarono un incantesimo del genere sulla porta di cam...» Mi bloccai improvvisamente fissando il mio sguardo bicolore in quello del Bulgaro. Non gli interessava. Sapevo che era così e spiegargli che la viziata principessina che lui credeva vivere in un castello ci fosse invece stata metaforicamente, ma anche letteralmente, imprigionata, non avrebbe mai cambiato l'idea che ormai sembrava essersi fatto di me. Erano stati terribili i primi mesi al castello dei Métis. Per quanto inizialmente credessi di essere giunta lì di mia libera scelta, il doverci rimanere intrappolata fra le sue mura per essere costretta a frequentare ogni tipo di lezione privata possibile ed essere istruita nel credere ai principi e alle convinzioni della mia famiglia, non lo era stata sicuramente e per accertarsi che io non fuggissi nel cuore della notte da quella famiglia che avevo capito fin da subito starmi troppo stretta, avevano deciso di stregare le mura della mia camera per rendermi impossibile smaterializzarmi o varcare la porta della stessa. Si trattava di un incantesimo che non poteva essere annullato se non da chi lo aveva lanciato, ma oltrepassarlo non era impossibile, bastava essere pronti a pagare le conseguenze di ciò che sarebbe successo varcandone il confine. Spesso incantesimi del genere avevano svariati tipi di conseguenze e questo sembrava essere legato alle ustioni ma non si trattava di un fuoco materiale da poter eludere con scudi protettivi, incantesimi contrastanti o simili, sembrava più un qualcosa legato a una reazione chimica che scioglieva i tessuti o che vi procurava lesioni gravi da scottature, poteva paragonarsi a un'ustione da radiazioni, ma non ne potevo essere sicura e di certo non avrei tentato nuovamente di passarci attraverso per studiarne bene gli effetti, non senza qualcosa che fosse in grado di proteggermi, almeno. «Questi incantesimi bloccano ogni tipo di via di fuga, l'unica maniera di eludere l'incanto stesso è essere abbastanza pazzi da decidere di pagare un alto "prezzo" pur di uscire dal luogo stregato» La voce mi tremava ancora appena, ma il pensare e mettere in moto il cervello mi aveva aiutato a far scomparire nel dimenticatoio ciò che pochi minuti prima mi aveva costretta a un pianto isterico. Ora forse avevo la possibilità di rimediare e tale convinzione mi bastava per aggrapparmici con tutte le forze per uscire da quel tunnel di insicurezze e paure che mi avevano attanagliato durante tutto il corso della missione. «Se avessimo degli ingredienti potremmo preparare una pozione che ci permetta di curarci le ferite che altrimenti rischierebbero di ucciderci nel caso decidessimo di oltrepassare la porta senza alcun tipo di protezione magica» Sputai fuori tutto d'un fiato. Poi improvvisamente un'illuminazione. Fissai nuovamente Axel e mi sentii dannatamente in colpa ad aver pensato ciò che avevo pensato, ma se la sua ferita di poco prima era guarita così in fretta forse sarebbe riuscito ad attraversare la barriera magica senza riportare troppi danni, o meglio, li avrebbe subiti ma poi sarebbero subito guariti. «Forse... forse tu potresti riuscire a superare la barriera per andare a comprare gli ingredienti, sono tutti facilmente reperibili a Diagon Alley in realtà...» Ammisi con tono estremamente basso e incerto. Non avevamo mai parlato di ciò che permetteva al suo corpo di guarire tanto in fretta o di cosa causasse la fuoriuscita di artigli in grado di lacerare con estrema facilità la pelle di chiunque. Non ne avevamo mai parlato, eppure ero convinta che ormai avesse capito che ero a conoscenza del suo segreto, forse si domandava come ne fossi venuta a conoscenza, ma dopo la serata del ballo, dove piu volte aveva deciso di utilizzarmi come bambola vudù da infilzare con aghi, o in quel caso artigli, mi pareva impossibile che non si fosse fatto domande in merito al perché non gli avessi mai chiesto spiegazioni, o sul perché non ne fossi rimasta scioccata. Io dal canto mio non avevo mai nemmeno osato tirar fuori la questione, lui non me ne aveva mai voluto parlare, non eravamo mai stati così in confidenza da rivelarci i nostri più intimi segreti e io avevo deciso che se non fosse stato lui a volerne parlare, non lo avrei mai obbligato a farlo. Parlarne dando per scontato il soggetto del discorso però forse era permesso, no? Dopotutto un abilità del genere ci sarebbe stata di estremo aiuto, anche se ciò avrebbe significato che ancora una volta si sarebbe dovuto sacrificare lui per me. Sentii il fiato mancarmi in gola e istintivamente strinsi il coltellino a serramanico che tenevo nascosto nella tasca della giacca. No. Non potevo chiedergli una simile cosa. «Dimentica ciò che ho detto, non puoi farlo, non puoi pagare te il prezzo di questa cosa... troveremo un'altra soluzione, ci dovrà pur essere un'altra soluzione...» Conclusi con più decisione nel tono mentre in preda alla confusione iniziavo a fare avanti e indietro nel salotto della casa. Ci doveva essere per forza un'altra soluzione. Non potevo farlo sentire in dovere di compiere un simile gesto da pazzi. Non era una soluzione tollerabile.
    ★ ★ ★
    Prefetta Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio


    Edited by Skylee Metis - 16/2/2022, 20:51
     
    .
  11.  
    .
    Avatar

    Advanced Member
    ★★★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    1,178
    Location
    Bulgaria

    Status
    spymode
    Axel
    Axel
    Sin da bambino, sin dal primo istante in cui la maledizione si era fusa con il suo DNA aveva visto alla bestia come ad un fuoco. Un fuoco eterno che gli ardeva al centro del petto alimentandosi quotidianamente, minuto dopo minuto con le sue emozioni ed il suo vissuto. Una piccola fiammella eterna nei giorni buoni, sempre e per sempre onnipresente che ondeggiava flebile ma senza il minimo indugio a spegnersi per poi divampare come un immenso incendio quando la rabbia del ragazzo esplodeva investendo e distruggendo qualsiasi cosa capitasse lungo il suo percorso. Era quello stesso fuoco a bruciargli nelle vene nei giorni di luna piena, quello stesso fuoco che gli bruciava le carni per permettere al lupo di risorgere al pari di una fenice dalle sue stesse ceneri. Axel respirava lento, dando la schiena alla Corvonero, mentre con un grosso sforzo di coscienza tentava di focalizzare tutta la sua attenzione sul legno seccato di cui era costituita la porta, l’indice scorreva sulla superficie saggiando con i polpastrelli la ruvidezza del materiale fermandosi e grattando con la punta dell’unghia le resistenze sul piano. Doveva concentrarsi su quello, su quello e studiare la porta alla ricerca di segni di magia che potessero dargli riposte, questo o quella fiamma che stava tentando in tutti i modi di tenere a bada sarebbe divampata inesorabilmente contro la biondina. Non poteva permetterlo, non poteva permetterselo e gli era stato imposto di non farlo. Ma i singhiozzi della ragazza sembravano non avere fine e proprio nel momento in cui sembrava essersi calmata un nuovo brivido, un nuovo respiro mozzato veniva captato dal suo udito sensibile rizzandogli la lieve peluria che ne rivestiva il corpo. «C-ci sono» la sentì esitare con un nuovo singhiozzo che la scosse da parte a parte. Il mannaro espirò con lentezza e spostò il corpo a modo che non le desse più le spalle ma adesso le porgesse fianco. Non la guardava ancora, non ci riusciva senza che la furia divampasse nuovamente, prima era stato a “tanto così” da mostrarle la sua vera natura e non poteva permetterselo. «Tempo fa castarono un incantesimo del genere sulla porta di cam...» La mano sulla porta s’irrigidì per poi piegarsi visibilmente a pugno scolorendo persino sulla sommità delle nocche. Non gliene fregava un cazzo della bella favoletta con cui gli avrebbe raccontato quell’aneddoto e dello scherzo che probabilmente aveva fatto castando erroneamente un incanto sulla porta di un concasato. Già se la figurava, insieme alle altre due con cui si circondava a ridere e spaventarsi nel tentativo di risolvere quella situazione per scampare una punizione. Puttanate, questo erano per lui. Puttanate di cui era però invidioso, puttanate che avrebbero significato una vita normale fatta di affetti e gioia, tutte cose che lui si era precluso nell’esatto momento in cui il suo sguardo aveva incrociato le dita sporche del sangue di Petar.
    La punta delle dita cominciò a dolergli, in quell’atroce sensazione che gli dava la pelle quando era sul punto di lacerarsi alla fuoriuscita degli artigli. Espirò profondamente. «Pensi di essere nelle condizioni di poter tentare di uscire di nuovo?» Si voltò a fissarla serio, nel suo tono non c’era l’ombra di sfottò nonostante in un’altra situazione parole simili sarebbero state pronunciate con la solita sufficienza che le riservava. Questa volta era serio ed i suoi lampeggianti occhi verdi saettavano sul suo corpo esile esaminandola. Skylee gli era apparsa più magra ed emaciata sin dal primo istante in cui si era materializzata sulla costa bretone ed il suo corpo tremante era già stato messo sufficientemente alla prova da quell’incanto. Osservò le bolle che le sfiguravano le mani e che lei cercava di coprire sotto il peso del suo sguardo. «Non sei in grado» constatò lapidario con la stessa enfasi di un contabile alla valutazione dei dati a sua disposizione. Non stava valutando Skylee persona in sé e per sé ma la stava esaminando con la freddezza oggettiva di una macchina priva di emozioni. Tornò a voltarsi poggiando la mano sulla maniglia che con un movimento deciso abbassò tirando verso di sé la porta. Nonostante l’invisibilità di quel velo a dividerli, non percepiva nessun suono. Dall’esterno nulla arrivava a lui nemmeno tentando di aguzzare l’udito. «L’incantesimo ci isola dall’esterno» Erano chiusi in una bolla, completamente isolati e sordi ad eventuali attacchi che sarebbero potuti arrivare dall’esterno. Sbuffò dalle narici. Einarr era lì fuori? Stava meditando di farli fuori o se ne era andato smaterializzandosi oramai chissà dove? S’inginocchiò a questo punto e sfiorando con le dita la linea di confine che delimitava la porta percepì il calore ustionante che gli pizzicava la superficie della mano ma che la sua maledizione, in così piccole dosi, riusciva a gestire senza che ne subisse gli effetti. «Forse... forse tu potresti riuscire a superare la barriera...» Si voltò alzandosi di scatto in piedi. «Tu che cazzo ne sai delle mie capacità?!» La sua voce era un ringhio mentre l’incendio nel suo petto si propagava ustionandolo al di sotto della cute. Gli occhi si fecero più brillanti mentre una scintilla di follia, della coscienza di pensiero umana sembrava stare per abbandonarlo. Nella bocca le gengive pulsavano e percepì la punta dei canini premere contro la superficie interna delle labbra. Skylee non si spaventò a quella visione limitandosi a scostare lo sguardo dal suo. Lei sapeva. E questo, gli fece perdere ogni barlume di calma. «Dimentica un cazzo» ringhiò, il tono più basso e arrochito. «Chi?! Chi te lo ha detto?!» sussurrò furioso incapace di comprendere che probabilmente era stato lui stesso a smascherarsi più e più volte con i suoi stessi eccessi d’ira. «Non cambiare discorso, dimmi chi cazzo te lo ha detto» esplose sbattendo il pugno su un tavolino di legno che collassò sotto la forza del suo colpo. «DANNAZIONE!» Affondò le mani nei capelli coprendosi il viso, crollando in ginocchio. Aveva cercato di rimanere impassibile, di contenersi ma la pressione dell’ultimo periodo lo stava mandando ai matti, sua madre lo stava mandando ai matti con i continui gufi e le telefonate ad Ethan e adesso questo: Skylee che sapeva tutto della sua identità, dal suo nome e cosa volesse dire a lei... la bestia. Un pensiero folle tornò quindi a balenargli con più insistenza in testa... se l’avesse lasciata lì? Lui poteva reggere l’attraversamento e salvarsi, lei sarebbe morta lì, sola, insieme alle cose che sapeva e ai problemi che gli portava soltanto.
     
    .
  12.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode
    tumblr_9d57a518813b31c3b975ee4f8c959e5b_cc55ac3c_540
    «Posso farcela con le giuste accortezze» Risposi con tono limpido e senza mostrare la benché minima incertezza. Potevo farcela. Dovevo farcela. Quella era l'unica alternativa, non c'erano piani "B", piani "C" o altro, c'era solo il piano "A" e per quanto potesse fare schifo ed essere estremamente pericoloso, era la migliore alternativa che avevamo, o che per meglio dire, avevo. Non sapevo esattamente cosa comportasse la maledizione che pendeva su di lui, ma sapevo che oltre alle trasformazioni incontrollabili durante la luna piena, vi dovevano esserci forza aumentata e una guarigione accelerata, più altri fattori che avevo potuto osservare nel Bulgaro, ma che senza una conferma dello stesso o di un libro che trattasse l'argomento, sarebbero rimaste solo congetture. «N-nulla...» Tentai di negare l'evidenza dopo aver premuto un tasto dolente dal quale mi ero ripromessa di tenermici quanto più lontana possibile. Negli occhi del ragazzo si accese come una scintilla di pura ira animale, dalle punta delle sue dita cominciarono ad apparire un accenno di artigli affilati e il suo labbro si piegò sotto la pressione di quelle che dovevano essere il principio di un paio di zanne che sarebbero presto fuoriuscite per... staccarmi la testa dal collo? Mh... molto probabile. Distolsi lo sguardo senza indietreggiare di un solo passo, non volevo metterlo a disagio mostrando paura per ciò che era, era stata per l'ennesima volta colpa mia. Se solo non avessi sollevato la questione a quest'ora probabilmente non sarebbe stato sul punto di perdere il controllo. Socchiusi leggermente gli occhi mordendomi il labbro inferiore e cercando di ignorare quelle che erano le sue domande. Dovevo resistere. Se solo gli avessi rivelato che era stato Christian a raccontarmi quello che sembrava essere uno dei suoi più oscuri segreti, probabilmente alla prima occasione buona avrebbe trovato il modo di squoiarlo e acconciarlo per ricavarci la sua futura giacca di pelle, umana. Un sonoro《Crack》mi fece sussultare appena, la sua mano stretta a pugno si era appena riversata contro un tavolino che sotto al suo tocco sembrò infrangersi come la più fragile delle porcellane. Non avevo paura, non di lui almeno, forse ciò che mi spaventava era più quello che avrebbe potuto fare se avesse perso del tutto il controllo. Non mi sarei mai scordata gli occhi disperati di Christian, quando dopo aver perso il controllo sembrava starsi torturando dall'interno cercando di combattere contro quell'istinto che lo voleva costringere a saltarmi addosso per squarciarmi la gola. Un secondo tonfo tagliò di netto l'aria e davanti a me vidi collassare sotto il suo stesso peso un Axel che pareva essere fuori di sé. Perso. Esausto. Le mani con ormai gli artigli fuoriusciti nella loro interezza gli stringevano ciocche di capelli e gli nascondevano il volto, come se tutto ciò che volesse in quell'istante fosse nascondersi, scomparire per non dover fare i conti con ciò che aveva scoperto sapessi su di lui. Deglutii sonoramente e dimenticandomi totalmente di quello che doveva essere il mio fin troppo ignorato senso di sopravvivenza e amor proprio, mi avvicinai a lui per chinarmi e sedermi a soli pochi centimetri da lui. Mi avrebbe ucciso? Probabile, anzi, quasi sicuro, ma se l'alternativa era quella di aspettare la morte per stenti che sarebbe sopraggiunta dopo svariati giorni di prigionia in quella bettola schifosa, la scelta di tentare un gesto disperato pareva quasi obbligata. Avvicinai le mie mani leggermente tremanti alle sue e gliele strinsi appena attorno ai pollici, aveva delle mani estremamente grandi, non ci avevo mai fatto caso e con quegli artigli ad allungargli le dita parevano essere pure più lunghe di quanto non fossero in realtà. Strinsi ulteriormente la presa e non potei fare a meno di contorcere il viso in un'espressione di dolore per via della fitta che sentii alla mano sinistra, le ustioni facevano un male dannato, ma le ignorai, seppure a fatica e dopo aver stretto a sufficienza le mani del Serpeverde cercai con decisione di spostargliele dal viso. Non c'era motivo di nascondere ciò che era e in quel momento serviva assolutamente che tornasse in sé per poter prendere le redini della situazione. «Ti sembra il momento di piangerti addosso?» Sussurrai con un filo di ironia del tono per alleggerire la tensione. Erano le stesse parole che poco prima aveva rivolto a me e probabilmente mi avrebbe ucciso se non ci avessi aggiunto altro dopo, ma hey, l'amor proprio lo avevo già sotterrato da tempo, no? «Devi tornare in te, ok? Non ne usciamo vivi da qui se non lo fai. Devi riuscire a calmarti» Forse il mio folle tentativo gli sarebbe apparso come benzina gettata sul fuoco, ma il mio intento non era minimamente quello. Dopo avergli rivolto quella che era in tutto e per tutto una supplica disperata avvicinai una delle sue mani al mio viso e dopo averne sfiorato la pelle con le labbra me la portai verso la gola e gliela feci appoggiare sopra. «Ora o ti liberi di me una volta per tutte, o mi aiuti a uscire da qui. La scelta è tua e in ogni caso io non avrei speranze di uscire di qui senza di te, quindi...» Lo fissai con estrema serietà nel mio sguardo bicolore. La scelta era sua, anche se in fin dei conti sapevamo entrambi che non era così, per quanto non tollerasse la mia presenza e non vedesse l'ora di liberarsi di me, se ci teneva alla pellaccia, sapeva di non poterlo fare, Ethan se la sarebbe presa con lui e sarebbe stato estremamente stupido da parte sua fare una simile cosa. «Ora ti calmerai e dopo che ti sarai lasciato pulire il sangue dalla nuca andari a prendere gli ingredienti che ci servono per realizzare della pomata antiscottature, intesi?» Continuai con tono autoritario sperando che la sua decisione finale non fosse quella di finire il lavoro che gli avevo estremamente facilitato lasciandomi sfiorare la sottile pelle del collo dai suoi artigli. Se in lui avesse trovato la forza di sopprimere l'istinto famelico della belva che viveva nel suo corpo, per prima cosa avrei tirato un enorme sospiro di sollievo, perché per quanto il mio tono fosse deciso e autoritario dentro stavo letteralmente sudando freddo, avevo già aiutato un'altra persona nelle stesse condizioni a tornare in se, ma all'ora ciò che mi legava al licantropo che mi trovavo davanti era un sentimento forte e intenso, che si era poi rivelato essere amore, o almeno così aveva confessato Christian, mentre ciò che mi legava ad Axel era praticamente pari al nulla, un sottilissimo filo che alla minima pressione si sarebbe potuto spezzare mandando tutto a rotoli. La seconda cosa che avrei fatto sarebbe stata rimuovere i residui di sangue che gli macchiavano il collo, tale dettaglio sarebbe saltato agli occhi di chiunque e l'ultima cosa che ci serviva era attirare attenzione su di noi e su ciò che facevamo assieme a Ethan e in fine, nel caso fosse servito, gli avrei fatto una lista degli ingredienti che ci sarebbero serviti per poi mandarlo senza ulteriori discussioni alla ricerca del necessario. Questo se non mi avesse ucciso e soprattutto se invece che tornare con gli ingredienti non avesse deciso di abbandonarmi lì come una stupida a marcire in attesa del suo ritorno. Quell'ipotesi mi spaventava forse più che morire in quell'istante in seguito a un attacco fatale da parte del mannaro.
    ★ ★ ★
    Prefetta Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio
     
    .
  13.  
    .
    Avatar

    Advanced Member
    ★★★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    1,178
    Location
    Bulgaria

    Status
    spymode
    Axel
    Le giuste accortezze diceva lei, ovvero una pozioncina da spalmarsi addosso che l’avrebbe protetta da quelle bolle. Axel ne era sentitamente scettico in merito. Un incanto di quella portata le avrebbe comunque lasciato dei segni, magari lievi per carità ma comunque non l’avrebbe passata indenne e la vera domanda qui per lei era: sarebbe stata abbastanza forte da tollerare anche quel poco? A questo però il bulgaro non sapeva rispondere non conoscendo al cento per cento la ragazza che si trovava di fronte. Alla fine dei conti, tirando le somme, l’uno era un estraneo per l’altra e viceversa o almeno questo era quello di cui era convinto lui fino a che lei non disse qualcosa che lo fece immediatamente infiammare. Lei sapeva. Sapeva cosa si celava nel profondo del suo animo tormentato ma il mannaro non era a conoscenza da quanto lei lo sapesse. La cosa lo mandava in bestia, letteralmente. Le opzioni erano due: qualcuno dei partecipanti di quello stupido corso aveva parlato, ed il bulgaro aveva già un sospetto in merito, nello specifico qualcuno della sua stessa casata a cui non era mai andato a genio che condivideva tra l’altro la sua stessa sorte; il Morgan poi, aveva già tentato di minacciarlo ed Axel aveva scelto di dargli quella che, a suo avviso, era la giusta considerazione... nessuna. Oppure, e l’altra opzione lo feriva, era stato Ethan. Non poteva accettarlo dopo tutti quegli anni di servizio senza la minima remora facendosi assoluto carico di tutte quelle che erano state le frustrazioni che aveva sfogato sul dapprima bambino, poi ragazzo ed infine uomo che era diventato. Il tutto senza che Axel si ribellasse mai una volta, il tutto perché gli era grato e riconoscente del destino dalla quale lo aveva salvato. Un’unica cosa gli aveva chiesto in cambio e questo era l’anonimato. Non poteva credere che il padrino lo avesse tradito così. Si lascio andare ad un ringhiò animalesco mentre staccando una mano dalla sommità del capo, passava i suoi artigli lungo il pavimento di legno graffiandolo a fondo per poi accanirsi contro quella porzione di terreno con entrambe le mani artigliate. Sentiva la sua umanità scivolare via pezzo dopo pezzo mentre la ragione lasciava il controllo alla bestia ed al suo sfogo privo di fine. Combattendo contro sé stesso ed i suoi impulsi si costrinse con enorme fatica a smettere di graffiare il pavimento ormai divelto e si chinò su sé stesso afferrandosi di nuovo il capo. Un secondo tonfo accanto a lui lo fece ringhiare più sommessamente mentre il fiato grosso che gli usciva dai quattro canini allungati ne scandiva il pericolo. «Ti sembra il momento di piangerti addosso?» La voce di Skylee era un sussurro tremolante che si sforzava di sdrammatizzare quella situazione. La bestia sollevò di scatto il capo inchiodandola con i suoi dardeggianti occhi smeraldini ringhiandole ad un centimetro dal viso. In quello sguardo non vi era alcun barlume di ragione, unicamente un animale privo di senno. Lei, inghiottendo un boccone, apparentemente non sembrò spaventarsi ma imperterrita, animata dal fuoco della volontà di vivere, non indietreggiò ma anzi strinse con più enfasi le mani piccine intorno ai pollici artigliati che gli aveva tolto dalla faccia. «Devi tornare in te, ok? Non ne usciamo vivi da qui se non lo fai. Devi riuscire a calmarti» La bestia di tutta risposta continuava a mostrarle feroce i canini acuminati non smettendo un secondo di ringhiare. Si leccò i denti. L’avrebbe uccisa banchettando con i suoi resti. Gli strattonò nuovamente una mano e incurante ancora una volta del pericolo che stava correndo si portò il palmo contro il viso. L’artiglio del lupo le carezzò la pelle candida del viso lasciando un segno rosso lì dove l’unghia premeva. Gli baciò il palmo e qualcosa dentro la bestia si scalfì, una crepa sulla spessa superficie di coscienza guidata dall’animale si crepò permettendo ad Axel di assaporare una boccata di ossigeno. «Ora o ti liberi di me una volta per tutte, o mi aiuti a uscire da qui.» Gli stava chiedendo di ucciderla? La belva, quindi, strinse il palmo che la bionda gli stava tenendo contro la pelle chiara, nelle orecchie il suono pulsante di un cuore pompante adrenalina.
    NOOO!
    Axel emerse respirando affannosamente mentre i canini si ritraevano insieme agli artigli con la quale stava stringendo il collo della bionda. Osservò per qualche istante le sue dita e appena la ragione lo rese sufficientemente lucido la lasciò immediatamente andare. Indietreggiò da Skylee di qualche metro fino a che la parete della piccola casa non arrestò la sua retrocessione. Si guardò le mani spaventato, la punta delle dita insanguinate lì dove gli artigli si erano ritratti. Aveva perso il controllo, il suo amato e necessario controllo in un modo in cui non gli accadeva da anni. Spaventato, il petto che ancora si sollevava rapidamente guardò la Corvonero incapace di replica fino a che, con occhi sbarrati, non la vide strisciare ancora una volta per avvicinarsi e con voce autoritaria gli stava ordinando di calmarsi, di lasciarsi pulire per poi andare a reperire il necessario. Axel annuì lentamente e stringendo con forza i pugni lasciò che la ragazza si avvicinasse ancora per occuparsi della ferita oramai perfettamente guarita sulla nuca. Quando la bestia emergeva le sue già accentuate capacità curative aumentavano. Rimase immobile mentre la biondina si strappava un pezzo di stoffa dai vestiti e attraverso un aguamenti perfettamente castato lo inumidiva per poi passarglielo sui capelli scuri attaccati ripulendolo del sangue raggrumato. Lo sguardo del mannaro rimase assente, puntato altrove, persino quando lei gli fu davanti per ripulire il rivolo che gli era sceso lungo il petto. Non sapeva cosa dirle, cosa fare. Si vergognava di sé stesso e dello stato in cui l’aveva visto, in quel momento di debolezza in cui l’altra parte di sé aveva preso il sopravvento. Era stato debole ed il suo orgoglio non glielo avrebbe mai perdonato. Una volta pulito si alzò in piedi accettando il bigliettino con la lista degli ingredienti che Skylee gli stava porgendo. Non si fidava della sua mente e ancora di più del suo controllo. Annuì e sempre silenziosamente si avvicinò alla soglia della porta, sollevò il capo di fronte a sé e prese un respiro prima di far scivolare la bacchetta dalla manica al palmo, pronto per difendersi da eventuali attacchi dall’esterno. Annuì ancora, più a sé stesso che alla bionda alle sue spalle e prendendo un respiro varcò la soglia. «Protego», riuscì giusto ad evocare uno scudo di protezione che fini con il pugno piantato nel terreno insieme al ginocchio. L’intera superficie del suo corpo si era coperta di bolle da ustione che gli bruciavano sulla pelle a contatto con l’aria fredda. Serrò la mandibola ma nessun lamento fuoriuscì dalla sua gola. Attese, semplicemente attese che il processo di guarigione rendesse sopportabile quella sofferenza e appena il dolore si quietò, si smaterializzò.
     
    .
  14.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode
    tumblr_6b19ff928641ba2922055ed4a437c069_32f129e0_540
    Gli artigli del Bulgaro si strinsero dapprima attorno al mio esile collo, per poi scomparire lentamente in seguito a un briciolo di ragione ritrovata. Sorrisi lievemente nel vederlo tornare man mano in lui, seppur spaventato e imbarazzato come mai prima d'ora. Mi dispiaceva aver innescato i suoi poteri facendolo sentire a disagio, glielo avrei voluto dire, ma non trovavo le parole per farlo. Mi limitai ad avvicinarmi nuovamente a lui mentre con occhi sgranati mi fissava incredulo. Strappai un lembo della maglietta che indossavo sotto al maglione, forse uno dei pochi capi che si erano salvati dal marciume e dai batteri che pullulavano in quella bettola. Lo bagnai e con lenti movimenti mi avvicinai alla nuca di Axel, iniziai a rimuovere il sangue rappreso dalla sua pelle con estrema cura e non potei che rallegrarmi di come le sue ferite si fossero già totalmente rimarginate. Aveva battuto così forte la testa che un comune essere umano forse non ne sarebbe uscito vivo e per quanto non sembrasse vivere bene la sua condizione di lupo, a giudicare dallo sguardo mortificato che continuava a fissare il vuoto, gliene sarebbe dovuto essere grato, perché senza quel potere non sarebbe mai stato in grado di guarire tanto velocemente. Quando ebbi terminato gli passai con fare premuroso il dorso della mano sul viso e gli sorrisi nuovamente, doveva capire che non era successo nulla di cui farsi una colpa, poteva capitare a chiunque di perdere il controllo e la cosa che contava era quanto fosse stato incredibilmente forte nel riuscire a tornare in se, perché significava avere un'estrema forza di volontà che molte persone potevano solo sognarsi e di ciò ne sarebbe dovuto andare orgoglioso. Gli lasciai la lista di ingredienti da recuperare e lo vidi raggiungere la soglia della porta come un guscio vuoto mosso unicamente dalla forza motrice. Era doloroso vederlo in quelle condizioni e sapere che non lo avrei potuto aiutare in alcun modo era ancora più doloroso. Ero certa che non mi avrebbe mai lasciato avvicinare tanto al suo vero io da poterlo realmente aiutare in un qualche modo. Noi eravamo due estranei uniti da un susseguirsi di avvenimenti che ci riportavano a dover fare i conti l'uno con l'altro, ma nulla di più e questa era la realtà dei fatti.
    Il Serpeverde si incamminò verso la soglia della porta e non appena la oltrepassò il suo corpo cominciò a riempirsi di orribili bolle e ustioni su tutta la sua interezza. Fu orribile da vedere e ciò che più mi fece venire i brividi fu l'estremo silenzio con il quale Axel attese che le ustioni scomparissero da sole prima di smaterializzarsi e andarsene senza nemmeno voltarsi indietro. Non avevo idea di quanto avesse potuto soffrire nell'attraversare la porta, a me era bastata una sola mano per provocarmi un bruciore immenso, eppure lui era rimasto impassibile e in silenzio, immobile, come se a quel dolore ci fosse abituato. Era orribile. Fissai per qualche secondo il vuoto prima di voltare le spalle alla porta e iniziare a fare nervosamente avanti e indietro lungo la sala nella speranza che il tempo passasse in fretta. Dopo poco più di un paio di minuti udii uno scricchiolio alle mie spalle, Axel non poteva aver fatto tanto in fretta a tornare, non era materialmente possibile, di chi erano quindi i passi che sentivo sempre più avvicinarsi alle mie spalle? Mi sentii raggelare il sangue, volevo scomparire, dissolvermi ed evaporare dalla paura, ma come se nulla fosse continuai la mia nervosa camminata in avanti cercando di estrarre silenziosamente la bacchetta e dopo pochi attimi mi voltai tendendo il catalizzatore verso il nemico. «Stupe» Non ebbi nemmeno il tempo di terminare l'incantesimo che una gomitata mi colpi sulla tempia obbligandomi a tenermi a una parete per non cadere rovinosamente a terra. La testa pareva andarmi a fuoco e la vista aveva iniziato ad appannarsi gradualmente. «Dammi le restanti pozioni se ci tieni alla pelle» «No» Risposi di getto senza realmente capire cosa stesse succedendo. Da dove era arrivato il Norvegese? Non avevo sentito avvicinarsi nessuno alla casa, né visto alcuna sagoma in lontananza arrivare. «Molto toccante la scenetta di poco fa, ma ora che il tuo spaventato lupacchiotto se ne è andato, chi ti salvera? Dammi le pozioni mocciosa!» «No!» Risposi per l'ennesima volta indietreggiando spaventata senza mai abbassare la bacchetta puntata contro l'uomo. Come faceva a sapere ciò che era successo soli pochi minuti prima? «Sono un animagus principessina, non me ne sono mai andato da questa casa in realtà, avrei voluto attendere che vi addormentaste per recuperare le ultime pozioni, ma con il tuo geniale piano mi hai reso solo più facile il lavoro» Ammise compiaciuto come se avesse intuito ciò che la mia espressione confusa si domandava. «Se vuoi le pozioni dovrai darmi i soldi pattuiti» Affermai cercando di mantenere un tono forte e deciso. «Mh, beh, io ci ho provato con le buone... Crucio!» Un fascio di luce attraverso il mio corpo e mi costrinse a terra in preda ad atroci spasmi di dolore. Il mio corpo si contorceva in un'atroce sofferenza che ormai cominciava a diventarmi famigliare. Mi sentivo così debole. Così dannatamente debole. Come avevo mai potuto credere di avere anche solo una speranza contro di lui? Contro chiunque. «Dimmi dove le hai nascoste, puttana. Ti ho visto farle scomparire. Dove sono?» L'incantesimo si interruppe nella speranza che il suo breve utilizzo fosse bastato a convincermi a parlare. Non avrei mai fatto riapparire quei vasetti che avevo furbescamente evanescato alla vista di chiunque per evitare proprio scenari del genere. Lo avevo fatto non appena Axel aveva abbandonato la casa, certa che in caso di ulteriori attacchi non sarei stata in grado di difenderli. «Vattene! Non ti dirò mai dove sono» La mia voce era ridotta a un sussurro eppure non appena mi venne scagliato nuovamente un crucio contro, dalle mie labbra uscii un urlo agghiacciante che spezzo l'aria. «Parla se non vuoi che ti ammazzi!» «N-no» Avevo ringhiato rantolante per l'ennesima volta. Dio, quanto avrei voluto semplicemente dargli ciò che voleva per far terminare quelle atroci sofferenze, ma non potevo. «Tsk, bene, Avada K» «Noo!» Urlai lasciandomi pervadere dal più primitivo senso di terrore unito a un istinto di sopravvivenza al quale non avrei mai smesso di aggrapparmi nei momenti più buii. Il palmo della mia mano si spalancò istintivamente verso il Norvegese in segno di pietà. Nella mia voce c'era spazio solo per il terrore, non sapevo come uscire da quella situazione, se non gli avessi dato la pozione mi avrebbe uccisa, se invece gliel'avessi consegnata ad uccidermi con ogni probabilità sarebbe stato Ethan. Era un vicolo cieco. Un'inaspettato silenzio attorno a me mise in allarme i miei sensi. Ancora accasciata a terra dal dolore sollevai lentamente la testa e ciò che vidi fu forse più spavento della morte stessa. Una scia di nevischio misto al ghiaccio si era formata sullo scricchiolante pavimento in legno e alla fine della stessa vi era uno spettacolo raccapricciante. Ferito e impalato al muro da diversi spuncioni di ghiaccio vi era il corpo grondante di sangue di Reinar. Gli occhi mi si sbarrarono dalla paura, il fiato mi mancò in gola e spinta da un senso di colpa che mai prima di quel momento avevo provato mi trascinai traballante verso di lui. Un sordo colpo di tosse attraversò il corpo del Norvegese. Era vivo! Era vivo! «S-s-scusami, n-non volevo» Un'altro colpo di tosse lo attraversò nuovamente e dalla sua bocca fuoriuscì una cospicua quantità di sangue. «Elimina l'incantesimo, p-posso aiutarti, posso far arrivare dei soccorsi se ci liberi» Non rispose se non con un ulteriore colpo di tosse sofferente. «T-ti prego, svegliati, ti prego» Mi avvicinai tremante cercando di sollevargli il volto piegato in avanti. Non sembrava più dare segni di vita. «Reinnerva» Sussurrai speranzosa con le mani che parevano tremarmi all'impazzata. «Reinnerva. T-ti prego» Le guance cominciarono a rigarsi di lacrime. Ero spaventata. Mi sentivo un mostro e non sapevo minimamente cosa fare. «D-diffinddo»
    tumblr_8bc4fac191d4bd41e07ac5ec339baefd_2d83812b_540
    Esclamai in un sussurro per riuscire a spezzare di netto il ghiaccio e adagiare con estrema fatica il corpo del Norvegese sul pavimento. Pesava forse il doppio di me, ma l'adrenalina che il mio cuore pompava era tale da consentirmi sforzi altrimenti impossibili. Dovevo salvarlo. Dovevo farcela. Non potevo macchiarmi di un simile crimine. «Respira. Respira, cazzo!» Battei istericamente i pugni chiusi sul suo torace tentando di fargli un massaggio cardiaco. Non avevo la minima idea di come si facesse, ma dovevo tentare. «Ti prego, ti prego, n-non morire, ti prego» Le lacrime scorrevano ormai incontrollate sul mio volto. Le mani sporche di sangue cercavano nervosamente qualcosa che potesse salvarlo all'interno della mia borsa. Un miracolo forse. «Epismendo» Tentai un'altra via non trovando nulla di utile. Sapevo che non avrebbe funzionato, come poteva? Quelle riportate dal Norvegese non avevano assolutamente nulla a che vedere con delle piccole ferite. Nulla. «Svegliati! Devi svegliarti!» Battei nuovamente i pugni sul suo petto prima di accasciarmi sul suo corpo quasi a proteggerlo da ulteriori attacchi, quando in realtà l'unica persona dalla quale avrei dovuto proteggerlo ero io e il mio potere tanto violento quanto instabile. «Reinnerva» Un altro tentativo disperato mosso dalla speranza e l'ennesimo fallimento preannunciato mi fecero cadere in uno stato quasi catatonico. Mi sentivo morta, eppure il cadavere riverso sul pavimento non ero io. Lo sguardo assente dipinto sul mio volto continuò a fissare la salma inerme di Reinarr davanti a me. Ero un mostro. Avevo appena privato una persona della sua vita, della sua anima, del suo domani. Ero un'assassina e come tale non mi sarei mai più potuta guardare in uno specchio senza vederci riflesso il vuoto, il male. Ero un mostro, mi sentivo un mostro...
    ★ ★ ★
    Prefetta Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio
     
    .
  15.  
    .
    Avatar

    Advanced Member
    ★★★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    1,178
    Location
    Bulgaria

    Status
    spymode
    Axel
    Nel suo cervello non c’era attività. Axel si muoveva come un automa lo sguardo fisso e perso al di là della spalla della Corvonero, incapace d’incontrare quei due grandi occhi eterocromatici che lo fissavano carichi di apprensione e... dolcezza? No, Axel non poteva leggerli, non ce la faceva e tantomeno si sentiva degno di poterlo fare. Aveva perso il controllo ed era arrivato a così poco da lasciare che la bestia levasse una seconda vita. Rabbrividì, non poteva permetterlo. Si alzò dal pavimento e con passi meccanici si mosse al di fuori dell’abitazione piegandosi unicamente sotto il fuoco delle ustioni. Rimase immobile, la mandibola serrata in una morsa che l’avrebbe portato a spaccarsi i denti ma nessun suono varcò la soglia delle sue labbra sopportando con stoica determinazione quel dolore. Axel era abituato al dolore. Ogni mese, ad ogni luna piena, uno strazio ben peggiore lo investiva. Il dolore di tutte le duecentosei ossa del suo corpo che si spezzavano mutando nella forma per comporre lo scheletro del lupo al di sotto della pelle che si gonfiava, si tirava fino al punto da lacerarsi per lasciare venire alla luce il pelo scuro della bestia sanguinaria che lo possedeva. Con ancora i segni infuocati sulla pelle si rialzò e compiendo un passo in avanti scomparve nel nulla con un sonoro crack. Una volta riapparso nel luogo prefissato crollò sul pavimento mentre un urlo carico di sofferenza gli risalì dalla gola. Lì era finalmente solo e nessuno lo avrebbe giudicato per la sua debolezza, nessuno lo avrebbe visto ed il suo orgoglio avrebbe avuto libero sfogo in quel silenzio desolante. Ethan non c’era. La punta degli artigli fuoriuscì dalla carne viva ed Axel a quella visione provò un moto di disgusto e collera.
    «NO! BASTA!... BASTA!... BASTA!» Urlava sbattendo con forza il fianco della mano sul pavimento fino a che a lato del mignolo la pelle non si aprì schizzando piccole quantità di sangue che macchiarono il pavimento. Si fermò a riprendere fiato guardando ciò che aveva fatto. La ferita, tutte le ferite che ricoprivano il suo corpo, gli pulsavano ma lui non sentiva niente. Axel vedeva le lesioni, le sentiva pulsare, bruciare, ma è come se osservandole si sentisse estraniato dal suo stesso corpo, come se le osservasse su di un altro. Il dolore un pallido eco dell'urlo che era. Osservò il taglio che si era appena procurato e lo fissò vedendolo rimarginarsi lentamente; roteò la mano osservandola dalle varie angolazioni prima di chiuderla a pugno e schiantarla nuovamente contro il gelido pavimento ora macchiato del suo sangue. Odiava quella capacità, odiava il modo in cui la sua maledizione lo tenesse in vita, lo aiutasse a guarire non mancando però di esporlo a tutto quel continuo e perpetuo dolore. A fatica, facendo perno con i palmi si alzò in piedi ed a passo incerto si diresse verso la parte di sala adibita a laboratorio. Rovistò nelle tasche della giacca dove la Corvonero gli aveva lasciato il foglietto dopo avergli carezzato con dolcezza la guancia, lui non l’aveva guardata né aveva replicato a quel gesto allontanandosi da lei, mettendo più distanza possibile dall’eventualità di perdere nuovamente il controllo ed ucciderla. La fiala gli cadde di mano ed il contenuto, vetri e polvere, si riversò sul pavimento. Axel imprecò nella sua lingua madre e dimentico dei vetri raccolse nel palmo una manciata del prodotto; Ethan glielo avrebbe decurtato dalla paga ma non gliene fregava nulla in quel momento. Con mano tremante osservò il foglietto fino a che un flash nella sua testa non lo fece imprecare per la stupidità. Corse dall’altra parte del laboratorio aprendo un’anta e spostando gli oggetti al suo interno fregandosene delle macchie di sangue e sporcizia che andava disseminando sulla vetreria immacolata. La valigetta rossa era nell’angolo, dietro alcuni becher ed il mannaro sollevandosi sulla punta degli anfibi la tirò giù portandosi dietro alcuni bicchieri di vetro che s’infransero sul pavimento. Se ne fregò. La adagiò sul bancone da lavoro e vi rovistò all’internò fino a che non trovò un barattolo che aprì immediatamente annusandovi l’interno e presto il suo naso fu invaso da una folata intensa di eucalipto, la richiuse e lasciando tutto com’era, vetri disseminati inclusi, si smaterializzò immediatamente.
    bcd2c422a4bfddb73c05c86a4831452e
    «Ti prego, ti prego, n-non morire, ti prego» la voce spezzata della Corvonero fendeva l’aria insieme alle sue urla disperate miste al pianto irrefrenabile, «Métis?» Axel scattò in direzione di quel suono, sfruttando la super velocità della bestia e rimase impietrito sulla soglia notando che il velo protettivo della maledizione ustionante non era più eretto a protezione della casa. Skylee giaceva riversa a coprire il corpo insanguinato del norvegese mentre piangeva tutte le sue lacrime urlando dalla disperazione. Era uno spettacolo indescrivibile. Axel azzardò un passo, il barattolo di pomata antiscottature stretto nelle dita della destra. «Métis» la chiamò con dolcezza e circospezione senza staccare lo sguardo dal suo corpicino scosso dai tremiti. «Métis andiamo via» continuò avvicinandosi lentamente. Ripose il barattolo nella tasca della giacca sdrucita e si avvicinò piegandosi sulle ginocchia, i palmi bene in vista. «Skylee, è morto. Andiamo» razionalmente non riusciva a capire come questo fosse stato possibile fino a che, nel suo campo visivo, non comparvero delle stalattiti di ghiaccio insanguinate, le sopracciglia del mannaro si aggrottarono. Il ghiaccio, di nuovo. Esattamente come era successo quella sera di ottobre quando avevano cominciato a duellare nella radura circostante la Stamberga Strillante, in quell’occasione la Corvonero lo aveva attaccato con una folata di vento artico che lo aveva immobilizzato dalla vita in giù. Per puro miracolo era riuscito ad evitare anche le lance di ghiaccio che gli aveva scagliato contro. Non poteva essere una coincidenza. «Skylee...» con i palmi ben visibili si chinò su di lei e la strinse dalle spalle staccandola con decisione dal corpo privo di vita del norvegese. «Sssh sssh» la tirò a sé ignorando le sua resistenza e la costrinse ad affondare il viso segnato dalle lacrime sull'ampio pettorale. «Andiamo via» la strinse a sé mentre il suo sguardo inespressivo era attirato dal viso privo di vita di Einarr incapace di realizzare che l’uomo fosse davvero morto per mano della ragazza esile che si dibatteva recalcitrante tra le sue braccia. Di colpo la scostò da sé e le strinse il viso con entrambi i palmi chinandosi a raggiungere l’altezza dei suoi occhi disperati. «Ascoltami bene Skylee, qualsiasi cosa sia successa hai dovuto farlo okay? Non. È. Colpa. Tua. Adesso andiamo» Le fece un cenno d’intesa per poi stringerla stretta, con forza, nuovamente contro il suo fianco per condurla fuori da quella maledetta casa. Una volta fuori si voltò e fece scivolare come di consuetudine la bacchetta nel palmo. «Ignimenti» un vortice di fuoco andò man mano ingrandendosi dal porticato, le fiamme raggiunsero in breve tempo i tre metri d’altezza inghiottendo nelle sue lingue di fuoco tutto ciò che andava incontro. La mano del mannaro si posò delicata sulla guancia della ragazza scostandole il viso da quello spettacolo di morte e voltandosi si smaterializzarono ancora una volta.
     
    .
26 replies since 16/1/2022, 17:42   579 views
  Share  
.
Top
Top