Una maschera per essere se stessa

Skylee (ottobre)

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar


    Group
    Tassorosso
    Posts
    609

    Status
    spymode

    Ottobre 2021

    Nulla era come immaginavo. Si stava trasformando nel peggior incubo che una ragazza potesse vivere. Tradita da coloro in cui aveva riposto fiducia, distruggendomi il cuore in mille pezzi. Mio Padre era un Professore ad Hogwarts e cercavo di evitarlo il più possibile. Gli incubi notturni erano peggiorati e il fatto di non poter confidare a nessuno quello che provavo mi stressava e mi faceva implodere. Non ero mai stata così bugiarda e quello che stava succedendo con Chris e Sky, per quanto stavo iniziando ad odiare la situazione creatasi, mi faceva per un secondo non pensare a me.
    Da quando era ricominciata la scuola, il sabato sparivo dal castello e andavo verso Hogsmeade a passeggiare per ore da sola, oppure mi fermavo in qualche luogo per osservare la gente che andava veloce nella loro routine.
    Non acquistavo quasi nulla anche perché, mio Padre, era stato abbastanza chiaro nel ricordarmi che “sapeva tutto” e che quei soldi non erano miei, mentre io li sperperavo. Non mi ero mai sentita così sola, nemmeno quando lo ero veramente, rinchiusa nelle mura di casa. In quel frangente non conoscevo nessuno e nessuno conosceva me ed ero arrivata a pensare che forse era meglio quel mondo dove almeno non soffrivo per sentimenti come: l’amicizia o l’amore.
    Fu proprio in una delle mie passeggiate che qualcosa mi fece avvicinare ad un vicolo. Due uomini parlavano tra di loro a voce sostenuta. Si intuiva che uno dei due era il proprietario del locale che si trovava alle loro spalle. Dall’esterno appariva come una casa con una porticina di legno,. Si differenziava da un’abitazione solo dall’insegna dove si leggeva semplicemente Beyond the Club. Mi bloccai come rapita da quelle voci, e riuscì a percepire che quei due stavano cercando personale. Andai avanti di qualche passo mentre la mia mente tornava a quel discorso appena ascoltato. “ Se trovassi un piccolo lavoretto, potrei avere qualche soldo da spendere senza usufruire del conto di mio Padre” pensai… La cosa mi lasciava in dubbio e poi non sapevo nemmeno di che mansioni si trattava. “Però, Rose, non è una cattiva idea, in più staresti un po’ lontana da Hogwarts”. Mentre riflettevo il mio corpo si mosse in direzione del vicolo. I due signori non erano presenti ma quello che sembrava il proprietario stava rientrando nel locale. Lo fermai, senza pensarci e chiesi di cosa si trattasse.
    In men che non si dica mi ritrovai con un contratto da cameriera in quel locale. Spiegai di essere una studentessa e di aver disponibile solo il sabato. Il signore cercava proprio un aiuto in più per il Sabato pomeriggio e sera. Così accettai.
    Ed ecco che da metà settembre i miei sabati erano impegnati in questo Club. Certo era un posto elegante ed erano tutti signorotti coloro che lo frequentavano. Entrava chiunque avesse un nome noto ed importante e disponibilità economica molto elevata . Le cameriere e tutti coloro che lavoravano al suo interno erano mascherate e non poteva divulgare nulla di ciò che sentivano o vedevano. Questo valeva anche per me. In più avevamo dei nomi inventati che venivano scelti a caso da una ruota incantata.
    L’ultimo mercoledì di settembre successe qualcosa di assurdo. La cantante del locale avevo lasciato il posto. Il Signor Smith era furioso ed urlava contro tutti i dipendenti. Ero arrivata da poco per iniziare il turno e stavo sistemando la cucina per aiutare il cuoco mentre canticchiavo una canzone che andava alla radio. Non mi ero resa conto che il Signor Smith si trovava alle mie spalle e quando mi richiamo con il suo vocione mi fece sobbalzare. Mi propose di prendere il posto della cantante. Mi disse che avrei fatto la cameriera fino a un certo orario per poi andarmi a cambiare e cantare accompagnata da un piano incantato. Ero molto titubante e spaventata non sapevo cosa fare. Cantare davanti a delle persone. Il Signor Smith mi diede due giorni per pensare. La questione mi stuzzicava, avrei potuto cantare e superare il blocco che avevo dallo scorso anno scolastico, in più nessuno di Hogwarts era presente ed essendo completamente mascherata non mi avrebbero riconosciuto. E come avrebbero potuto, nessuno degli ospiti mi aveva mai sentito cantare o mi conosceva. Io non avevo mai riconosciuto nessuno.
    Calcolando che il Signor Smith mi avrebbe aggiunto qualcosina alla paga, che non guastava.
    Così accettai.
    Eccomi qua a fare da cameriera dalle 15:00 alle 21:00 e la cantante dalle 22:00 fino a tarda notte, solitamente l’una. L’unico problema? Restavo a dormire, o meglio a riposare, nel retro del locale, non potendo rientrare ad Hogwarts a quell’ora.
    Il mio finto nome era Alison e la mia smaschera da cantate rappresentava un gattino bianco ornato di glitter e dettagli in oro, molto elegante e raffinata. Mentre quella da cameriera una semplice maschera nera in pizzo.
    9 ottobre
    Mi ero svegliata presto finendo i compiti che mi erano rimasti da fare. Fatto un bel bagno rilassante nel bagno dei prefetti e poi ero tornata nella mia stanza per sistemare la borsa incantata.
    Erano le quattordici e trenta mentre varcavo il cancello di Hogwarts percorrendo un po’ di strada a piedi. Poi mi fermai «Bene! Hogsmeade arrivo!» Un Crack ed eccomi smaterializzata alla perfezione in un vicolo di Hogsmeade. Ero in anticipo così decisi di fermarmi a guardare le vetrine dei negozi vicini. Dopo una quindicina di minuti mi guardai intorno e sparì nel vicolo dove era presente il locale. Mentre la porta si chiudeva alle mie spalle con un leggero cigolio.
    Appena entrati si veniva accolti, sulla sinistra, da una ragazza con maschera e completino elegante dietro un piccolo banchetto mentre sulla destra un ragazzo egualmente elegante e mascherato. Erano li per le prenotazioni oppure per far entrare il Signore o la Signora di passaggio che volevano usufruire del locale. Ai lati, vicino ai due ragazzi vi erano affissi due poster dove si sponsorizzava la specialità di avere una cantante il sabato e la domenica sera. L’immagine cambiava tra me e un’altra ragazza, sempre tutte e due mascherate. Alison e Ryo.
    Se avessimo avuto impegni bastava avvisare almeno due giorni prima il capo per sostituirci, chiaramente perdendo la paga di quella serata.
    Si proseguiva in un corridoio con luci soffuse ed arredamento molto costoso per poi sopraggiungere in un enorme sala, composta da tavoli eleganti con una lampada al centro di ognuno di esso incantata che fluttuava e cambiava luce a seconda di chi vi era seduto. Ogni cliente poteva scegliere l’atmosfera del proprio tavolo.
    I tavoli erano disposti a cerchio per lasciare lo spazio centrale libero dove si poteva vedere un pianoforte e uno sgabello con un microfono.
    A sinistra dei tavoli, vi era il bancone con altri sgabelli super lussuosi con del velluto rosso, a destra invece vi erano poste tante cabine. Quelli erano i Privè. Grazie ad un incantesimo chi era all’interno poteva vedere cosa succedeva nella sala a suo piacimento, mentre chi era in sala non poteva ne vedere ne tantomeno sentire cosa accadeva dentro il Privè.
    Tra le varie regole ve ne vigevano alcune ben precise nel locale:
    - Niente rese dei conti al suo interno, o litigi di vario genere (i soggetti venivano letteralmente smaterializzati all’esterno e seguivano le leggi di Hogsmeade);
    - Le ragazze ed i ragazzi che lavoravano nel locale dovevano essere trattati con rispetto;
    - Le avance non erano ammesse verso i dipendenti;
    - Solo maggiorenni ( se un minorenne entrava nel locale sotto effetti di pozioni ed incantesimi, non era responsabilità del locale stesso).
    La giornata di lavoro stava per iniziare ed io ero andata a cambiarmi per indossare la divisa da cameriera, con la maschera abbinata. Iniziai a servire ai tavoli e ad usare la bacchetta per pulirli appena i clienti andavano via. Un incantesimo base che mi era stato insegnato li. La cosa che mi rendeva tranquilla era che il tempo trascorso nel locale era pieno e quindi non avevo tempo di pensare ad Hogwarts ed al resto che mi affliggeva.
    In un baleno arrivarono le venti e trenta mancava poco ed avrei dovuto cambiarmi per diventare la “cantate” della serata. Vidi arrivare verso di me il Signor Smith che mi fece cenno con la testa. Lasciai i clienti facendo un picco inchino e andai nel retro. Il Signor Smith era agitato e mi fermò tenendo il mio braccio con una mano. “Alison, devi cantare tra mezz’ora. Un Cliente ha sganciato molti denari per avere la musica con la cantate, quindi cambiati!” Rimasi un secondo bloccata senza avere il tempo di rispondere che il Signor Smith era già andato via.
    Sbuffai sonoramente e iniziai a cambiarmi. Misi il vestito elegante che mi ero portata nella borsa incantata , sciolsi i capelli e conclusi il tutto con un rossetto rosso. Posizionai una maschera diversa e andai a bere un po’ di acqua.
    Incontrai Megan una delle cameriere, sbuffai sonoramente e lei si avvicinò Alison, devi già cantare? chiese sbalordita «Si… qualcuno ha richiesto la “cantante”» risposi facendo le virgolette. La ragazza mi sistemò i capelli ed aggiunse Forza! Io sono felice di ascoltarti… Le sorrisi mentre la vidi allontanarsi per rientrare in sala.
    Ero pronta e feci il mio ingresso in sala andandomi a sedere sullo sgabello alto posizionato al centro. Uno sgabello che mi faceva letteralmente restare in piedi ed appoggiare leggermente le natiche. Feci un respiro e diedi inizio alla serata.
    «Buona sera Signore e Signori. Sono Alison e oggi la mia voce allieterà la vostra serata. Buon divertimento.» Il piano inizio a suonare e la mia voce iniziò a viaggiare nella sala.

    Ogni volta era un’emozione. Cantare mi rendeva felice e libera, avevo dimenticato quella bellissima sensazione. I miei occhi finalmente ritornarono a splendere di riflessi dorati.


    Scheda - Gufo
     
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode
    tumblr_fea3ce75158fdcee75c7b5a71f12bb39_b4cdd19d_540
    «Cara Aradia» Odiavo quando mi chiamavano così, quello non era nemmeno il mio vero nome, era solo quello con il quale la famiglia di mio padre aveva deciso di chiamarmi, dicendo che il nome che i miei genitori avevano scelto per me non fosse all'altezza di una famiglia prestigiosa come la nostra. «Sei pregata di presenziare alla cena di famiglia che terremo questo fine settimana, è da molto che non riceviamo tue visite e sai bene quanto tale comportamento non sia accettabile. Ti manderemo l'indirizzo dell'incontro non appena avremo stabilito la meta. Presentati con abiti formali e non tardare, è da maleducati fare aspettare le persone» Gnegnegne. La lettera che mio nonno aveva mandato era facilmente riassumibile in tale modo. Non avevo voglia di incontrare la mia famiglia, ma sapevo bene che se avessi deciso di non presentarmi all'appuntamento me li sarei ritrovati il giorno seguente alle porte di Hogwarts e mi avrebbero tenuto il fiato sul collo fino a quando non avrei ceduto. Il giorno seguente arrivarono le indicazioni mancanti e mi accorsi che la location scelta era un posticino raffinato nel quale eravamo già stati più volte, non negli ultimi tempi, sia chiaro, era da mesi che non davo loro mie notizie, ma quando ancora la loro presa era stretta attorno a me, non era raro che ci ritrovassimo lì per pranzare o cenare accompagnati da buona musica. Dopo aver finito i compiti della settimana ed essermi fatta un bagno rilassante, in previsione di una serata a prova di nervi, iniziai a prepararmi e rovistando nell'armadio di mogano della stanza, vi tirai fuori un completo raffinato e in linea con i gusti della mia famiglia. «Nonno, nonna, buonasera» Feci un inchino appenna accennato piegando leggermente le ginocchia. «Ben arrivata Aradia. Ti stavamo aspettando» Vedesi bene. Non ero in ritardo, anzi, ero in anticipo di ben dieci minuti, ma evidentemente non era bastato per precederli e l'occhiataccia di disappunto che mi riservò Stramonia, mia nonna per l'appunto, mi fece capire che la cosa non era stata gradita. Che si cruciassero a vicenda, se volevano che arrivassi prima sarebbe bastato darmi un altro orario, invece di farmi sentire in torto per un errore loro. «Signori, buonasera, lasciate pure a me i vostri cappotti» L'addetto all'accoglienza clienti, dopo averci preso i cappotti e averli sistemati ordinatamente nell'apposito spazio, ci condusse verso il nostro tavolo e ci informò che qualcuno del personale sarebbe arrivato presto a prendere il nostro ordine. Beliar, mio nonno, lo ringraziò educatamente e con un cenno della mano lo congedò. Ci sedemmo silenziosi e senza proferire parola iniziammo a leggere l'elegante menù posto sotto i nostri nasi. «Queste pietanze sembrano poco ricercate, la qualità è scesa parecchio dall'ultima volta che siamo venuti qui, non trovi Beliar?» Chiese mia nonna con tono stizzito. «Hai ragione cara, è inaccettabile, mi rifiuto di macchiare le mie labbra con pietanze del genere. Non siamo gentaglia» I miei occhi si spostarono involontariamente verso il soffitto e uno sbuffo annoiato uscì dalle mie labbra. «Aradia, cosa sono queste maniere?» «Perdonami nonna, non era mia intenzione» Mi scusai fingendomi visibilmente dispiaciuta. Dovevo fare attenzione, non ero più abituata ai loro modi rigidi e severi, da quando Ian mi aveva restituito i ricordi era cambiato tutto e se prima provavo insofferenza nei loro confronti, ora tale sentimento si era drasticamente accentuato, portandomi al limite della sopportazione, ma questo loro non dovevano assolutamente scoprirlo, per cui, la mia interpretazione sarebbe dovuta essere eccezionale. Beliar richiamò con un cenno della mano l'attenzione di una cameriera e la pregò di mandare immediatamente al tavolo il proprietario del locale. Mi sentivo morire dall'imbarazzo, ma dovetti fingere che andasse tutto bene, nessuno poteva contraddire mio nonno e non sarei stata di certo io a farlo. Il proprietario arrivò in meno di un minuto e Beliar senza perdere ulteriore tempo gli intimò di far partire le tipihe esibizioni musicali che contraddistinguevano il locale, dopotutto lo avevano scelto per quello e lui odiava cenare senza musica d'accompagnamento. Gli chiese inoltre se fosse possibile richiedere una cena più raffinata in seguito a una cospicua e generosa mancia. Il proprietario non se lo fece ripetere due volte e provvide subito ad accontentare le sue fastidiose richieste. Non era saggio contraddire un Métis, né tanto meno rifiutarsi di andare incontro alle loro assurde richieste. La loro era una famiglia potente e conosciuta, riuscivano a incutere timore con una sola occhiataccia e questo l'imprenditore lo sapeva bene, glielo avevo letto negli occhi che prima ancora che mio nonno prendesse parola, aveva già compreso con chi avesse a che fare. «Buona sera Signore e Signori. Sono Alison e oggi la mia voce allieterà la vostra serata. Buon divertimento.» Per mille gufi. Io quella voce la conoscevo. Mi girai lentamente verso il palco, quasi timorosa di avere ragione e osservai con sguardo attento la ragazza celata dietro a un'elegante maschera bianca con fattezze feline. Ero quasi totalmente sicura che fosse lei, la voce, i capelli lunghi e scuri e persino la corporatura mi ricordavano Rose, ma non era possibile che il fato avesse deciso di giocarmi un tiro tanto mancino. Per quanto al momento provassi una generosa dose di rancore nei suoi confronti non era quello il motivo principale per il quale non volevo che mi vedesse, la vera motivazione era la mia famiglia. Avevo sempre cercato di mantenere una certa distanza da loro e mi ero ben vista dal rivelare le mie origini alle persone che mi conoscevano, per quanto ne sapevano provenivo da una buona famiglia, ma non da una delle più oscure di tutto il Regno Unito, questo dettaglio avevo sempre cercato di tenerlo per me e non volevo di certo che qualcuno ne venisse a conoscenza. «Aradia finiscila di fissare la cantante e concentrati sul tuo cibo, ti viene bene di solito» Frecciatina sulla mia passione per il cibo, fatta. Ora mancavano soltanto quelle sulla mia scarsa bravura nel ballo e sul mio personale ed eccentrico modo di vestire, poi eravamo al completo. «Non è poi nemmeno così brava, la tua voce è molto più raffinata e intonata» Oh che bello, un complimento, totalmente fuoriluogo e detto a voce abbastanza alta da giungere alle orecchie della ragazza sul palco. Che imbarazzo. Che imbarazzo. «Suvvia nonno, la mia voce è normalissima» Tentai di appianare la discussione. «Vorrai scherzare spero, le numerose ore di lezione sono servite a qualcosa, ora sei una cantante eccezionale e decisamente al di sopra della media, per non parlare dell'egregio modo in cui suoni il pianoforte e il violino» Quando si trattava di esibire il loro piccolo trofeo dai capelli ricci non badavano all'entusiasmo, dopotutto erano fieri di ciò che avevano "creato", ovvero un piccolo mostro dedito alle arti e all'impeccabile rendimento scolastico. L'importante era non venir meno alle loro aspettativa, lì la questione cambiava totalmente e la loro facciata entusiasta e cortese si increspava, rivelando i veri despota senza scrupoli che vi erano dietro alle loro maschere da persone per bene. «Pure la viola...» Binficchiai sottovoce per informarli che finalmente ero riuscita a padroneggiare in modo perfetto, o quasi, un ulteriore strumento. «Eccezionale, tu si che sei degna del cognome che porti. Eccezionale» A differenza di quello sporco traditore di tuo padre e del suo instabile fratello allontanato in giovane età dalla nostra famiglia. Questo mio nonno non lo disse a voce alta, ma ero diventata piuttosto brava a leggere fra le righe, da quando mi ero fatta un idea di come la mia per nulla allegra e disfunzionale famiglia era solita agire. Non andavi bene? Eri out. E con out si intendeva che venivi ripudiato dai tuoi genitori, o nel peggiore dei casi, ucciso proprio da loro stessi.

    Inviato tramite ForumFree Mobile

     
    .
  3.  
    .
    Avatar


    Group
    Tassorosso
    Posts
    609

    Status
    spymode
    IMG_20211015_222521_800
    Le note e la mia voce riempirono l’intera stanza e la musica mi isolava dal resto del mondo, ma non del tutto. I movimenti che provenivano dai diversi tavoli li percepivo abbastanza, soprattutto il tavolo che si trovava di fronte a me.
    Tre persone erano sedute comodamente, due adulte e una ragazza, non riuscivo a delineare bene i loro volti, la luce puntata su di me faceva si che riuscissi a vedere le ombre, qualche dettaglio luccicante e percepire delle voci..
    Seduti al tavolo, chiacchierano mentre i camerieri si apprestano a servirli. Il Signor Smith, sembrava agitato e continuava a guardare quel tavolo. “Sono loro che mi hanno richiesta” Pensai continuando a cantare. Mi lasciai trasportare nuovamente dalla musica quando un commento non carino nei miei confronti arrivò proprio dal Signore in questione. Continuai a cantare ma non ero pronta a questo. Riprendere la mia più grande passione dopo mesi era stata una scelta dettata dal lavoro e dall’esigenza di dimostrare a me stessa di valere e di poter essere indipendente. La voglia di cantare era scomparsa da diverso tempo a causa di quello che mi era successo, e questo mi sembrava un ottimo allenamento per riprendere.
    Era stata mia madre a trasmettermi questa passione. Lei amava cantare e lo faceva divinamente.
    Terminai il brano ed anche il piano si fermò. Feci un inchino con la testa senza dire nulla e lasciai che il piano incantato iniziasse a suonare una musica di sottofondo. Il fascio luminoso si spostò su di esso e in pochi attimi i miei occhi si abituarono alla diversa intensità di luce che c’era nella sala. Mi alzai per andare dietro a ricompormi dopo il commento, ma nel farlo lanciai uno sguardo verso il tavolo centrale. La ragazza seduta insieme ai due adulti, sembrava qualcuno di mia conoscenza. Rimasi qualche attimo a fissarla mentre feci finta di sistemare il microfono. Non potevo sbagliarmi, era Skylee. La sua chioma bellissima l’avrei riconosciuta fra tante. Non potevo crederci. Mi incamminai verso la sala dei dipendenti con passo spedito.
    Arrivata mi appoggiai al muro e portai una mano al petto. Megan passò di li e si avvicinò Alison hai cantato benissim… che hai? Mi tolsi per un secondo la maschera slegando i due nastrini dietro la nuca «Meg. Non so se ci riesco… non lo so…» la cameriera appoggiò il vassoio vuoto su di un tavolino e venne da me Ma cosa stai dicendo… sei andata benissimo… spostai alcuni ciuffi di capelli che penzolavano davanti al viso ed aggiunsi «Quell’uomo al centro non credo sia d’accordo con il tuo parere. Lo so non devo ascoltare, ma… » mi fermai mentre la ragazza mi passò un bicchiere d’acqua Ma? Ma cosa? insistette scuotendomi per le spalle «Non lo so… » Non aggiunsi di conoscere la ragazza seduta con loro, abbassai la testa, bevvi un minuscolo sorso e poggiai il bicchiere sul vassoio. Ad un tratto sentì la presa alle spalle molto più forte e uno scossone deciso mi fece sollevare lo sguardo Niente! Ora torni li e fai il tuo lavoro. Vuoi farti licenziare? Non so chi siano precisamente quei signori ma… Si guardò intorno Megan ed abbassò la voce ma sono persone potenti ed importanti. Il capo è su di giri… ha richiesto al cuoco di cucinare cose molto particolari e lui ha acconsentito. In più ci ha detto che dobbiamo servirlo in tutto ciò che vuole. Deve essere qualcuno di potente…e con molti denari, davvero tanti… Annuì con la testa mentre pensavo che stava parlando di Sky. Chi fossero quei signori nei suoi confronti non lo sapevo ma era sicuramente qualcuno della famiglia. Non porti una persona qualsiasi in un posto del genere. Puoi invitare qualcuno d’importante come una fidanzata, portarci l’amante, oppure la tua straricca famiglia. Il resto erano uomini che parlavano e concludevano affari di vario genere, sempre con molti denari. Pensandoci, non avevo mai visto Sky così elegante e con un portamento del genere, mi fece venire in mente i miei nonni, per quello che ricordavo. Sorrisi a Meg. E mi rimisi la maschera per rientrare. Il piano stava per terminare il brano ed io mi incamminai nuovamente al centro della sala. I miei occhi si posarono nuovamente sulla ragazza ma distolsi lo sguardo immediatamente. Quando lo strumento terminò ripresi, insieme allo stesso, a cantare un altro brano poi ancora un altro e ne iniziai un terzo. La melodia dell’ultimo brano che stavo cantando, mi trascinò ancora una volta facendomi letteralmente volare con la mente. I miei occhi sotto alla maschera si accesero di un dorato intenso, cosa che solo chi era ai tavoli vicini e molto attento poteva notare. Appoggiai la mano sinistra sull’asta del microfono ed alzai una gamba appoggiandola sul legnetto dello sgabello. La canzone parlava di una donna che amava il suo uomo immensamente. La donna riusciva a vedere l’amore ed il buono che erano nel suo cuore. Scesi la gamba dallo sgabello e mi misi dritta, prendendo in mano il microfono ed iniziando a muovermi nello spazio che era predisposto, avvicinandomi ai tavoli messi intorno. Mi avvicinai anche al tavolo dove vi era Sky e i miei occhi dorati si incrociarono con i suoi. Proseguì verso gli altri, continuando a cantare. Finita la canzone, ritornai quasi al centro, nuovamente vicina al tavolo da dove era partito il commento poco carino, proprio il tavolo della Corvonero. Feci il solito inchino verso il centro della sala e di conseguenza verso il tavolo di Sky, oserei dire leggermente rivolta all’uomo con un dolce sorriso, e poi altri due girandomi a destra e a sinistra mentre gli ospiti presenti si misero ad applaudire. Mi sentivo un po’ a disagio ma dovevo ammettere che era carino essere apprezzate, anche se non ero abituata. Un dolce sorriso si stampò sulle mie labbra e spostandomi verso l’asta per appoggiare il microfono, feci un altro elegante inchino «Vi ringrazio!» dissi leggermente emozionata. Mi spostai al lato della sala, su una sedia messa per me a disposizione e lascia spazio a un altro brano musicale mentre riposavo le mie corde vocali. Ero emotivamente confusa. Il cuore batteva a mille ed ero felice ma allo stesso tempo dei ricordi malinconici mi riempivano la mente. La canzone appena terminata era importante per me perché era stata scritta da mia madre. Seduta al lato, bevvi un sorso d’acqua e mi scambiai un sorriso fugace con Megan che stava passando vicino a me per servire un tavolo. Poi mi misi a mordicchiare il labbro. Che vizio!


    Scheda - Gufo
     
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode
    tumblr_1280343cac5c8fc7c79b8563c1d9fdc4_7fc86c90_540
    La ragazza terminò il brano e si diresse verso il retro palco, una zona vietata ai visitatori e adibita unicamente per il passaggio di vivande e personale. Tirai un sospiro di sollievo quando la vidi andarsene, non volevo vederla, né tantomeno rischiare che mio nonno facesse altri commenti inopportuni e se non fosse più uscita sul palco sarebbe stato perfetto per me, ma ciò non accadde e mentre il nostro cibo arrivava e la canzone suonata dal pianoforte terminava, vidi nuovamente sbucare la ragazza da dietro la tenda e la sentii ricominciare a cantare. Cercai di ignorarla e concentrarmi sul cibo, come pure mia nonna mi aveva suggerito di fare, ma la tentazione di guardarla di sottecchi era forte. Volevo capire se fosse veramente lei o meno, ma con quella maschera in faccia era impossibile accertarsene. «Come proseguono gli studi Aradia?» Domandò mio nonno con tono grave e autoritario. «Molto bene» Presi un boccone di carne e lo masticai lentamente prima di mandarlo giù e proseguire. «Sono fra i primi del corso in praticamente tutte le materie» Ammisi a voce bassa con sguardo puntato verso il tavolo. «Non so se lo sapete ma sono diventata pure prefetta quest'anno» «Certo che lo sappiamo, come potremmo mai ignorare una notizia del genere. Devi però ottenere la spilla da caposcuola, è quella l'unica che conta sul serio» Nemmeno un brava, un complimenti per il tuo traguardo, nulla. Mio nonno non si preoccupava mai di gratificarmi per i miei successi, per lui tutto era dovuto, era quasi scontato che io o chiunque altro gli stesse intorno dovesse dare il massimo e ottenere i risultati migliori, non era un traguardo, era un obbligo. La perfezione era l'unica via e meno di ciò non era accettabile. La ragazza iniziò un nuovo brano, un brano che parlava di amore e di quanto quella ragazza riuscisse a vedere il bene negli occhi del suo amato. La fissai istintivamente e al mio attento sguardo non sfuggì affatto il cambiamento repentino del colore dei suoi occhi. Cazzo. Era Rose. Ora sì che ne ero certa, non poteva essere una coincidenza che come a lei, il colore degli occhi cambiasse a seconda dell'umore e ciò mi dava non poco fastidio. Se i suoi occhi diventavano gialli significava che era contenta, o almeno era ciò che mi era parso di capire osservandola nel corso del tempo e il fatto che le fossero diventati di quel colore proprio mentre cantava una canzone d'amore, poteva significare soltanto che in quel momento nella sua testa stava pensando a Christian, il mio Christian. Il sangue mi ribollì nelle vene e dovetti scostare nuovamente lo sguardo da lei per evitare di cedere alla rabbia. «Hai già trovato un uomo degno di stare al tuo fianco Aradia?» Domandò mia nonna accigliata e con un pessimo tempismo. «N -no...» Ammisi sottovoce mentre nella mia testa una voce gridava: Sì, lo avevo trovato, ma ora sta assieme a un'altra. «Trovalo alla svelta allora, sei già adulta e tra qualche anno supererai l'età adatta al matrimonio» Eh? Matrimonio? Superare l'età adatta? Cazzo, avevo appena compiuto i diciotto anni, in che modo potevo anche solo essere vicina all'età adatta al matrimonio? «Mi raccomando Skylee, purosangue e di buona famiglia» Intimò mio nonno con tono intransigente. Nelle loro menti non era minimamente accettabile sporcare la nostra nobile stirpe con sangue non magico e per quanto mio padre fosse stato la pecora nera della famiglia, nemmeno lui aveva osato tanto. Mi domandavo che facce avrebbero fatto nel venire a conoscenza che le uniche due persone per le quali avevo provato dei sentimenti erano una donna e un mezzosangue. Mi avrebbero cruciata sul posto probabilmente, ma io non intendevo scoprirlo. Rose concluse pure l'ultimo brano e con fare provocatorio andò a fare un inchino proprio di fronte a mio nonno. Mi portai una mano al viso già certa di cosa sarebbe accaduto di lì a poco. Nessuno doveva anche solo provocare per sbaglio mio nonno, nessuno. Lui era una persona estremamente calma e pacata, finché le cose andavano secondo i suoi piani, ma quando qualcosa sfuggiva dal suo controllo il suo carattere mutava e si trasformava in un essere senza scrupoli. «Chi si crede di essere quella ragazzina impertinente?» «Nessuno nonno, non crede di essere nessuno, ha solo fatto un inchino alla platea, non era una provocazione rivolta a te, ne sono sicura» Tentai di calmare il suo già infuocato spirito. «Perché cerchi di difenderla Aradia? Quella cantante da quattro soldi ci ha mancato di rispetto» Esclamò rabbioso. «Mi ha mancato di rispetto» Precisò stringendo le palpebre a una fessura. Notando del movimento al nostro tavolo il proprietario ci raggiunse in una frazione di secondo e chiese tremante e preoccupato se andasse tutto bene. «No che non va bene, quella ragazzina mi ha mancato di rispetto» Indicò Rose con il capo e un'espressione di sdegno sul viso. «La nostra cantante?» Domandò timoroso. «Sì, proprio lei. Il personale non dovrebbe permettersi di comortarsi in un modo del genere in un locale tanto raffinato» Oh cazzo, cazzo, cazzo. «M-ma certamente signore, l- lei ha perfettamente ragione, è nuova, non sa come ci si comporta, m- ma provvederò subito a farle un ammonimento» «Pretendo le sue scuse» Ribatté mio nonno con tono che non ammetteva un no come risposta. Oh, per la barba di Merlino, che imbarazzo. Mi portai nuovamente una mano alla faccia per nascondermi il viso, mentre con un cenno della mano il proprietario intimava con sguardo severo a Rose di raggiungerci. Che imbarazzo, che imbarazzo. «Alison, scusati immediatamente con i signori. Non accetto mancanze di rispetto nel mio locale, non è questo il modo in cui desidero che vengano trattati i clienti. Soprattutto se sono clienti della loro portata e con una nobile e rispettosa stirpe alle proprie spalle» Sentivo lo sguardo di mio nonno puntato su di me e prima che potesse dire qualsiasi cosa tolsi immediatamente le mani dal viso e mi ricomposi cercando di non guardare nemmeno per sbaglio la mia compagna di scuola negli occhi. Era una delle situazioni più imbarazzanti di tutta la mia vita. Avrei soltanto voluto sparire e dimenticare tutto il più in fretta possibile, ma sapevo bene di non poterlo fare, per cui sperai solamente che finisse tutto in fretta e possibilmente senza troppi problemi, perché non volevo che Rose mi identificate come una loro simile, io non ero così e non lo sarei mai stata.

    Inviato tramite ForumFree Mobile

     
    .
  5.  
    .
    Avatar


    Group
    Tassorosso
    Posts
    609

    Status
    spymode
    tumblr_oe726ayHod1t0ewago1_250_2
    Cosa stava accadendo?
    Vidi il signor Smith correre al tavolo di Sky e poi mi guardò fulminandomi seduta istante, mentre mi faceva cenno di avvicinarmi.
    Il mio cuore accelerò di qualche battito e mi incamminai con passo veloce e un po’ incerto. Arrivata nelle vicinanze del tavolo una valanga di parole mi piombarono sopra. Per un momento sentì come se una mano stringesse il mio collo, tanto da non riuscire a deglutire. I miei occhi si inumidirono ma le lacrime rimasero ferme li. Non avevo idea del perché dovevo scusarmi, ma la mano del signor Smith che stringeva il mio polso e lo sguardo dei signori al tavolo mi immobilizzarono. Presi un po’ di fiato e facendo un inchino di quelli perfetti che ci si aspetta da una ragazza altolocata e ben educata in una famiglia come la loro e non dalla prima che passa, aggiunsi «Vi chiedo perdono, per avervi offeso. Non era mia intenzione.» La voce bassa e leggermente tremante, lo sguardo basso come mi era stato insegnato e li una lacrima scese, mentre la mia testa era piegata e i capelli coprivano il viso lateralmente. Scese oltrepassando la maschera e posandosi sul pavimento. I miei capelli lentamente divennero neri come la notte più scura. Grazie alle luci soffuse nessuno avrebbe notato la differenza essendo già di un castano scuro, nessuno tranne me che avvertì un brivido lungo la schiena e… forse proprio Sky, che evitai di guardare, sperando non mi riconoscesse.
    Attendevo il suo permesso per potermi rialzare dall’inchino mentre una fitta dolorosa attraversò la mia gamba destra. La mano, dal lato della corvonero, strinse il tessuto del vestito e il fiato mi venne a mancare. Era un ricordo doloroso e lo sguardo dell’uomo era uguale al suo, quello di mio Padre. Un cenno e una sua parola, mi fecero mettere in posizione eretta mentre lo sguardo continuava ad essere basso. Deglutì mentre il Signor Smith mi trascinava nel retro sempre tenendomi per il polso e continuando a scusarsi con gli ospiti. Che cazzo hai fatto Alison? disse strattonandomi mentre il suono della sua voce arrivava in sottofondo nella sala. «Nulla… Signor Smith, le giuro nulla…» Adesso ero in lacrime mentre lui continuava ad incalzare con le domande Avrai fatto qualcosa… Non ti rendi conto, potrebbe ucciderci tutti in un’istante… Tolsi la maschera e con la mano asciugai le lacrime «Non ho fatto nulla…» Finalmente mi lasciò il polso che era diventato rosso ed aggiunse Togliti questi abiti e rimettiti la divisa da cameriera, per oggi non canti… Chiamate Ryo immediatamente ringhiò verso Megan, poi si voltò Spera che vada bene la serata o ne avrai da piangere… e scordati lo stipendio di oggi… Ti voglio fino alle pulizie è chiaro! concluse allontanandosi da me… Tirai su con il naso mentre andai verso lo spogliatoio e tolsi il vestito che ripiegai con cura e misi nella borsetta incantata, appoggiai la maschera nell’armadietto con il mio nome e rimisi anche la borsa. Ripresi la divisa da cameriera e la maschera nera e mi vestì. Chiusi l’armadietto e prima di indossare la maschera, sciacquai il viso. Legai i capelli in una coda alta e poi legai la maschera. Uscì dalla stanza e mi appoggiai al muro per un secondo. Vidi Meg, sorridermi con compassione mentre proseguiva il suo lavoro. Ryo arrivò, si vestì e prese a cantare. Mi incamminai verso la sala ed iniziai a servire i tavoli. I miei colleghi cercarono di non farmi servire il tavolo dove era seduto quell’uomo. Mi avvicinai al bancone del bar per prelevare dei drink da servire ad un tavolo e nel farlo, l’uomo si voltò di scatto facendo cadere su di me un po’ del suo vino. «Non si preoccupi Signore. Cose che capitano.» feci segno a Megan che arrivò per servire altro vino «Meg. Vado un secondo in bagno a cercare di pulirmi un po’…» le dissi sottovoce. La cameriera mi tirò per la divisa Non farti buttare giù… la tua voce è migliore rispetto alla sua. Lei si atteggia come una gallina e basta Sorrisi dolcemente alla mia amica «Non dire così dai…»l’ammonì allontanandomi. Con passo veloce entrai nel bagno del locale che era più vicino a me. La porta si chiuse alle mie spalle e mi avvicinai al lavandino. Aprì l’acqua ed iniziai a strofinare la macchia sulla divisa. «Uff…» sbuffai sonoramente stanca di quella serata orribile. Alzai lo sguardo verso lo specchio e mi bloccai a fissare quella figura che non riconoscevo come me stessa. Nuovamente i miei occhi si riempirono di lacrime e la mano lasciò andare il tessuto ed afferrò la collana che avevo al collo. Una rosa in argento che era della mia mamma. «Dimmi che sto facendo la cosa giusta… ti prego!» chiesi sottovoce proprio alla figura davanti a me che si rifletteva in quello specchio con i bordi dorati. Presi un bel respiro cercando di calmarmi «Non dovevo riprendere a cantare… non sono alla tua altezza non lo sarò mai…» Aggiunsi arrabbiata e delusa, strappandomi la collanina dal collo. Stavo per lanciarla nel lavandino quando la mano si bloccò a mezz’aria e si abbassò appoggiandosi al bordo dello stesso. La catenina penzolava dalla mano chiusa a pugno mentre ero fissa a guardare il flusso dell’acqua che scorreva e che si mischiava alla fine del suo viaggio con goccioline che cadevano dai miei occhi, mentre alcune bagnavano il contorno occhi della maschera. Ero così presa che non mi resi conto dei rumori che mi circondavano, ne se qualcuno stesse entrando ne se qualcuno stesse uscendo dal bagno.


    Scheda - Gufo
     
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode
    tumblr_0d6012a03f87398c1635122c58357a4f_4fb2b6c2_540
    Vedere Rose doversi sottomettere a mio nonno e piegarsi in un profondo inchino mi fece male. Mi ricordò di quando al suo posto c'ero io e di come la mia famiglia ci tenesse in particolar modo a umiliarmi per ogni minimo sbaglio che commettevo. Aradia, il coltello non si tiene in quel modo, Aradia quella risata non si addice a una fanciulla del tuo rango, Aradia sembri un troll mentre balli, Aradia, Aradia, Aradia... Le loro voci mi davano il tormento e i fantasmi dei miei ricordi mi riportavano alla mente le emozioni provate, travolgendomi con forza. Dovevo calmarmi, non potevo rischiare che mio nonno scoprisse che come mio padre prima di me, anch'io avevo ereditato il "dono" di famiglia e come lui e mio nonno ero in grado di controllare uno specifico elemento, anche se per parlare di controllo era veramente presto, non ero realmente in grado di controllarlo e per lo più combinavo disastri quando le mie emozioni prendevano il sopravvento. Nemmeno il ciondolo affidatomi dal vicepreside era in grado di bloccare totalmente le mie magie accidentali legate all'elemento dell'acqua. Ero un fiume di emozioni in piena, ciò che provavo era sempre così intenso da far andare in tilt pure un amuleto del genere, che nonostante i suoi sforzi faticava ad arginare ciò che celavo in me. L'importante però era che mio nonno non ne venisse a conoscenza, sapevo perché ci teneva tanto a tenere mio padre fra le sue fila, si trattava proprio di tale particolarità e del dovere di guidare la famiglia una volta passata alla generazione futura, legato ad essa. Non volevo essere il suo trofeo, né tantomeno diventare la capo famiglia, non se la famiglia da guidare era intrisa di odio e oscurità. Il mio sguardo si posò prima sui capelli divenuti corvini di Rose e poi su mio nonno, per implorarlo tacitamente di lasciarla andare. Lo spettacolo era durato anche troppo e gli sguardi sconvolti dei presenti iniziavano a fissarci con curiosità. «Bene, ora vattene. Per lo meno sai come ci si inchina davanti a un signore» Bonficchiò congedandoli con un cenno della mano e senza far trasparire alcun sentimento dal suo tono di voce. Non che fosse in grado di provare qualcosa, dubitavo persino che all'interno del suo petto si celasse un cuore pulsante, probabilmente se lo era strappato da anni e ora lo teneva riposto nella cassaforte di famiglia per evitare che la sua influenza potesse anche solo di poco modificare le sue scelte e le sue decisioni. Un uomo senz'anima, ecco cos'era mio nonno, uno schifoso essere marcio fino al midollo e fiero di ciò. Passarono una manciata di minuti prima che un'altra cantante si facesse strada sul palco, mio nonno non mancò di giudicare aspramente nemmeno lei e forse in maniera pure più dura che con Rose, ma ella non sembrò sentirlo o se lo fece ci pensò su due volte prima di darlo a vedere. Ero preoccupata per Rose, sapevo quanto fosse fragile e quando la vidi sbucare dal retro con addosso la divisa da cameriera mi sentii molto in colpa. Chissà cosa le aveva detto il proprietario, chissà se si era cacciata nei guai per colpa di mio nonno, ma soprattutto, chissà come si sentiva. Umiliata? Amareggiata? Impaurita? Volevo scoprirlo e rassicurarla sul fatto che non fosse stata colpa sua, in alcun modo. Beliar era semplicemente fatto così, talmente orgoglioso e pieno di sé da credere che il mondo e le azioni di ogni singolo individuo girassero attorno lui. «Attento» Non feci in tempo ad avvertire mio nonno che con un bruso movimento del braccio andò a versare del vino sulla divisa di Rose che proprio in quel momento aveva avuto la sfortuna di passare dietro di lui. Con fare rispettoso si premurò di minimizzare l'accaduto, dicendo che erano cose che potevano succedere e di tutto rimando l'unica cosa che ricevette indietro fu un occhiatacca di mio nonno, come se la colpa di tale incidente fosse stata proprio di Rose e non sua. Coglione. Se solo avesse potuto leggere la mia mente in quel preciso istante, avrebbe sentito molte volgarità dirette verso di lui. La ragazza andò velocemente verso il bagno e dopo una manciata di secondi la seguì facendo lo stesso pure io. Utilizzai come scusa per alzarmi che pure a me si era macchiato un lembo di vestito e che me lo volevo ripulire prima che la macchia lo rovinasse. «Torno subito» Dissi con tono pacato e delicato, come se in quel momento stessi interpretando una gentile donzella che andava ad incipriarsi un po' il naso. Disgustoso. Mi affrettai a raggiungere le toilette per evitare che Rose uscisse prima del mio arrivo e quando giunsi alla porta del bagno la aprii silenziosamente. «Non so con chi tu stia parlando, ma non è così, credimi, sei molto brava» Esclamai improvvisamente con tono di voce basso per non farmi sentire da altri. Avevo sentito forte e chiaro le parole di Rose e dal tono che usava era evidente che stesse piangendo. «Rose perdonami se puoi» Dissi senza curarmi dell'eventualità che non fosse realmente lei. Ogni pezzo del puzzle combaciava, non mi ero sbagliata e per un ironico caso del destino, quel giorno, io e lei ci eravamo ritrovate nello stesso posto senza volerlo. «Mio nonno... ecco lui, ha dei modi bruschi, mi dispiace» Tentai di minimizzare il suo normale atteggiamento e di descrivere la sua persona solo sommariamente. Per quanto volessi spiegare tutto a Rose, non potevo. Non sarebbe stato saggio rivelare la vera pasta di cui era fatta la mia famiglia e non avrebbe alleggerito in alcun modo il suo animo triste, per cui decisi semplicemente di non farlo. «S - stai bene?..» Che domanda sciocca da porre. Era evidente che non stesse bene e io oltre che scusarmi non sapevo davvero cosa fare per risollevarle il morale. «Si è rotta?» Domandai accigliata indicando la catenina che teneva stretta fra le mani.

    Inviato tramite ForumFree Mobile

     
    .
  7.  
    .
    Avatar


    Group
    Tassorosso
    Posts
    609

    Status
    spymode
    tumblr_oe726ayHod1t0ewago150_3
    I pensieri ed i dubbi mi assillavano la mente ma allo stesso tempo mi sentivo umiliata e spaventata da quell’uomo e dal datore di lavoro. L’ospite avrebbe potuto fare altro e il Signor Smith era così “devoto” e oserei dire terrorizzato che per un secondo pensai che poteva arrivare a fare altro. Un turbine di emozioni negative si mescolavano nel mio corpo e nella realtà avrei voluto fuggire via. Ero rimasta li perché non potevo fuggire sempre dalle situazioni scomode e volevo dimostrare che ero capace di affrontare le avversità sia piccole che grandi. Dimostrare prima di tutto a me stessa che non ero inutile, come mi sentivo ultimamente, ma che anche io valevo. Una voce alle mie spalle mi fece voltare di scatto verso la porta. Gli occhi scuri come la notte fissarono la bellissima ragazza che era entrata nel bagno e che mi stava parlando. Rimasi in silenzio ma quando Sky pronunciò il mio nome mi girai verso lo specchio ed osservai nuovamente quel riflesso… Mi aveva riconosciuta «Sono Alison… signorina…» dissi a voce sostenuta «State sbagliando persona…» agiunsi con un leggero inchino con la testa guardandomi intorno per controllare che non ci fosser altre persone. Poi guardai gli occhi della corvonero e continuai ad ascoltarla senza aggiungere altro. Mi chiese come stavo ma nuovamente non risposi, rimasi a fissarla. Alzai la mano da dove penzolava la collanina e l’osservai dopo la sua domanda. Annuì con la testa in segno di risposta affermativa. Strinsi il pugno e poi afferrai per un braccio la ragazza e la trascinai verso la porta che divideva i lavandini dal bagno. La feci entrare con forza e poi richiusi la porta alle mie spalle. Appoggiai la schiena ad essa ed ispirai. Non riuscivo a mentire ulteriormente a Sky ed ormai mi aveva riconosciuta e conoscendola non si sarebbe fermata a un mio “ non sono Rose”. «Sto bene Sky… Non è nulla e tu non mi devi assolutamente delle scuse.» Alzai lo sguardo verso di lei. «Grazie per il complimento , ma non sarò mai alla sua altezza. Mia madre era una cantante bravissima e davvero bella.» come la ragazza che era davanti a me, sembrava provenire da una fiaba. La sua bellezza incantava, lo era sempre ma con gli abiti che indossava sembrava stesse aspettando il principe della storia. «Sei bellissima e Ti chiedo scusa io…» le sorrisi dolcemente mentre la voce aveva un tono basso e risentito.
    Per cosa le stavo chiedendo scusa? Era chiaro che non era solo per quella serata. Avrei voluto urlarle che “le stavo mentendo, che non avevo nessun fidanzato, che in realtà era sola e che Chris era l’unico che mi aveva salvato ed accolto quell’estate maledetta senza se e senza ma…" Volevo dirle "che erano due testoni e che lui sembrava cretino e forse un po’ lo era ma era dolce e protettivo, che i suoi occhi sapevano essere sinceri anche se faceva il cazzone, che sbagliava e poi modo suo si pentiva e che era così orgoglioso da fare schifo ma non ti abbandonava, con me non l’aveva fatto. Che mi faceva ridere quando ti guardava come a dire -Ehi comando io qui baby- che…" Socchiusi la bocca e presi fiato come se quel pensiero lo stessi davvero urlando “che… si amavano e dovevano stare insieme.” Gli occhi si inumidirono e non aveva senso tutto questo, cosa mi stava accadendo… feci un respiro e cercai di calmarmi, la serata era davvero pesante e io ero troppo confusa, ecco cosa mi stava accadendo. «Scusa se ti ho messa in imbarazzo con tuo… nonno se non ho sentito male… Non era mia intenzione.»Portai la mano dietro la nuca e l’altra d’avanti alla maschera. Sciolsi i nastrini e tolsi l’indumento ed aggiunsi «Tu come stai?» come non era una serata semplice per me, non doveva essere semplice nemmeno per lei, forse avevo combinato davvero un disastro e lei poteva avere dei problemi. In fondo se fosse stato mio padre in quella situazione avrebbe dato la colpa a me per qualcosa. Appoggiai la collanina in tasca alla divisa e poi asciugai il viso bagnato dalle lacrime «Sono una stupida, piango sempre…» dissi scoppiando in una piccola risata. «So che può risultare difficile, infondo seguire le regole e i modi imposti dalla famiglia vuol dire annullarsi un po’, giusto?» Le chiesi alzando leggermente gli occhi al cielo. Non avrei mai immaginato uno spirito libero come Sky in una famiglia come la mia o come quella seduta al tavolo. Conoscevo quel mondo, ero abituata a non contare nulla e quando avevo provato ad essere una ragazza come le altre, ero finita in una prigione con punizioni e a sentirmi in colpa per quello che stava accadendo intorno a me. Per colpa mia, Amelia non stava bene e questo mi aveva sconvolto. Ad un tratto mi venne un pensiero che mi fece preoccupare. Il mio viso si scurì tornando seria ed aggiunsi «Sky! Per favore, non dirlo a nessuno di me, del locale, insomma di questo… ti prego» indicai me stessa in divisa da cameriera. Se si fosse sparsa in giro la voce mi sarei sentita persa ma la cosa peggiore era se fosse arrivata a mio padre. Solo il pensiero che Lui potesse scoprirlo mi terrorizzava, portai una mano al petto mentre il mio battito accelerò. «Promettimelo per favore… è importante! » Implorai afferrandole una mano e guardandola negli occhi. Questo piccolo lavoro era l’unica cosa fuori portata da mio padre e l’unica cosa che mi dava un pizzico di indipendenza… Non avevo un secondo per me, Hogwarts con i compiti e i vari impegni da caposcuola e il sabato ero a lavorare il pomeriggio e tutta la notte. Dormivo nel retro del locale, nascondendomi dal titolare alla chiusura e poi rannicchiandomi sul divanetto attendendo il giorno per poter uscire dal retro, perché dopo il lavoro superavo il coprifuoco di Hogwarts ed i cancelli erano chiusi. La domenica mattina rientravo e mi mettevo a finire i compiti per il lunedì. In tutto questo la cosa positiva era che mi tenevo distante da mio padre e per il momento sembrava si fosse completamente scordato di me. Non riuscivo a comprendere se la cosa mi faceva piacere oppure mi rendeva un po’ gelosa.
    Attendevo la risposta di Sky con ansia e preoccupazione, sarebbe stato un disastro e un problema… Iniziai a torturarmi il labbro come mio solito mentre tenevo ancora la mano di Sky sentendone il calore con le mie dita fredde e sottili. «Per favore …»


    Scheda - Gufo
     
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode
    tumblr_3ea0b80f723606559717dd7c3a6cfdc1_84f466e8_540
    Le labbra mi si incresparono appena alle parole di Rose, un piccolo sorriso mi si dipinse in volto. Era tenera e impacciata mentre tentava a fatica di convincermi che lei in realtà non era chi credevo che fosse. La fissai scuotendo il capo con un espressione sinceramente divertita e quando ella mi prese per un braccio e mi trascinò dentro uno dei bagni, non potei fare a meno che scoppiare a ridere. «Rose, non vorrai mica farti una sveltina con me» La punzecchiai prendendola un po' in giro per il gesto appena compiuto. La ragazza iniziò finalmente a parlare, questa volta senza fingersi altri. L'ascoltai silenziosamente e aspettai che finisse di parlare prima di prendere parola e solo allora, appoggiandole entrambe le mani sulle sue esili spalle, mi lasciai andare a un momento di sincerità. «Grazie Rose...» Sussurrai appena abbassando lo sguardo. Ero certa che le sue scuse andassero ben oltre i fatti accaduti quella sera e glie ne ero grata, mi faceva piacere sapere che si fosse resa conto di quanto la sua relazione con Christian mi stesse facendo male e per quanto non potessi semplicemente cancellare tutto, o obbligarla a ridarmi la persona per la quale soffrivo tanto, ero felice che per lo meno comprendesse di doverci andare piano con me, perché non avrei mai cercato di metterle i bastoni fra le ruote, anche se ciò significava soffrire in silenzio. «Oh... fidati Rose, al massimo è il contrario, tu non mi hai certamente messa in imbarazzo con nessuno» L'unica persona che si sarebbe dovuta vergognare era mio nonno, che senza pensarci due volte aveva umiliato una giovane ragazza già fin troppo insicura di suo. «Sto bene, sto bene, ci sono abituata ormai...» Sorrisi consapevole che l'esserci abituati, non coincideva con lo stare bene, ma in quel momento aveva poca importanza, non potevo cambiare la famiglia in cui ero nata, potevo solamente fare del mio meglio per diventare una persona migliore di loro. «Tranquilla, tutti piangono, solo che alcuni di noi se ne vergognano così tanto che lo fanno solamente quando sono certi che nessuno possa vederli» Feci spallucce sorridendole nuovamente. Io ero una di quelle persone. Mi fingevo forte, impenetrabile e fredda, ma era solo una maschera, la verità era che ci rimanevo male pure per i gesti più piccoli e insulti, ero debole, così debole che non riuscivo nemmeno ad ammettere di esserlo. «Giusto...» Annullarsi era la parola d'ordine nella mia famiglia. Lo facevi? Bene, nessuna pacca sulla spalla, ma almeno eri vivo, ricco e protetto. Non lo facevi? Un po' meno bene, nella migliore delle ipotesi venivi semplicemente allontanato e obliviato come era accaduto a Ethan, ma nella peggiore... morivi. Le mani di Rose si strinsero attorno alle mie e con sguardo serio e spaventato mi chiese di non dire nulla a nessuno su ciò che avevo scoperto. Non capivo perché nessuno dovesse sapere che lavorava in un locale di un certo livello, ma se la sua famiglia era severa come la mia potevo intuirlo. Certe famiglie non erano molto propense a lasciare il libero arbitrio ai propri componenti, lo sapevo bene e mossa da un senso di consapevolezza decisi che non avrei detto nulla. Per quanto potessi essere amareggiata nei suoi confronti non era giusto rivelare così un suo segreto, non me ne sarebbe tornato in tasca niente e sarei passata solamente per la stronza che tentavo di non essere. «Te lo prometto Rose» La guardai a mia volta con sguardo serioso. «Però tu devi promettermi che non dirai a nessuno della mia famiglia, non voglio essere etichettata come una di loro, non voglio averci nulla a che fare...» Un lampo di tristezza attraversò il mio volto, ma prima che potessi cedere a tali emozioni negative mi ricomposi e indietreggiai di qualche passo. «Mi raccomando Rose, voglio fidarmi...» Sorrisi appena prima di aprire la porta alle mie spalle e sgattaiolare fuori furtivamente. «Ora devo andare, non posso rimanere qui troppo a lungo... ci si vede a scuola» Le scoccai un occhiolino volante e dopo averla salutata con un cenno della mano sparii dietro la porta principale e tornai a testa china verso il mio tavolo.

    Inviato tramite ForumFree Mobile

     
    .
  9.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode
    Chiusa

    Inviato tramite ForumFree Mobile

     
    .
8 replies since 11/1/2022, 11:40   123 views
  Share  
.
Top
Top