Posts written by camden.

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    Alexis Pierce

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    «Non devi sentirti così, per essere una che ha scoperto tardi l'esistenza del mondo, sei una strega in gamba.» «Non devi mentire con me, lo sai vero?» scherzai, sicura che le parole della mora fosse state dette con cognizione di causa. Era vero, ero nata e cresciuta in mezzo ai babbani, ma da quando avevo scoperto della mia natura magica, non mi ero mai data per vinta, cercando con ogni mezzo di stare al passo. Potevo non avere genitori maghi, ma la mia famiglia rappresentava solo una parte della mia storia: il passato. Non ero certa di cosa mi avrebbe riservato il futuro, non ne avevo idea. Tutto ciò che sapevo era che non avrei lasciato a nessuno di ostacolare o mettere in dubbio la mia posizione all'interno della società magica: ero una strega e mi sarei fatta spazio nel mondo magico con tutti gli strumenti di cui disponevo. Il mio futuro sarebbe stato migliore, non potevo desiderare o aspirare a niente di meno, né avevo intenzione di tornare nel porcile in cui ero nata. «E se ti può far star meglio, nemmeno io conosco tutto quello che riguarda il mondo della magia.» la voce di Mackenzie mi riportò alla realtà. Le sorrisi, rassicurata da quell'ammissione. Avevamo una vita davanti per imparare, purosangue o meno. «A me piace il tuo stile, sei...unica ammisi, sincera. Di fatto, il modo in cui tentava di personalizzare ogni suo capo (persino la divisa scolastica) mi aveva sempre incuriosita. A pensarci meglio, era stata proprio quella peculiarità a far sì che notassi Mackenzie. Certo, mi sarei aspettata di conoscerla meglio prima di trovarmi le sue labbra sulle mie alla festa, ma ehi! potevo lamentarmi? No, direi proprio di no. E certo, tutta la situazione che si era andata a creare con Carrie mi aveva messa in una pessima situazione, non ero felice del modo in cui erano andate le cose tra noi. Ciò nonostante, quella festa ci aveva avvicinate e non potevo essere più felice che da quel gran caos che si era rivelato essere San Valentino, alla fine, ne fosse uscito qualcosa di buono.
    «Credo sia umano farsi certe domande, ma non puoi vivere di ipotesi. Le cose non sono andate come ti aspettavi, fai pace con questo e scegli come agire.» le risposi, pratica. «Se hai scelto di non affrontare la situazione di petto, come magari avresti fatto in un altro momento, avrai avuto i tuoi motivi. Paura? Può essere, ma questo non fa di te una codarda.» continuai, parlando velocemente, coinvolta quasi personalmente nell'argomento. Dalle parole della Rosier sembrava quasi che fosse proprio lei sotto processo, non suo padre - il quale aveva commesso degli errori belli grossi - né il fratellastro maggiore - che avrebbe potuto proteggerla, o almeno provarci, invece di gettarle addosso una realtà che chiaramente la Corva aveva faticato a mandar giù, inzialmente. «Vorrei seriamente aiutarti, ma...nemmeno io ho un vero e proprio posto dove stare. Per lo più, cerco lavoretti estivi che mi permettano di alloggiare in zona...» ammisi, passandomi una mano sul collo. Non ero imbarazzata, non per il fatto che mi dessi da fare lavorando durante le vacanze, piuttosto a pesarmi era il fatto di non avere una casa in grado di accoglierla. «Ma tuo fratello...lui potrebbe...» provai, cercando di non calcare troppo la mano. Non avevo idea di quanto potesse essere difficile per lei, o per chiunque altro si trovasse in una situazione simile, pensare di prendersi le proprie responsabilità e fare ammenda. Mackenzie però non si oppose totalmente all'idea, anzi, cominciò a rifletterci su ad alta voce, chiedendosi se non fosse il caso di farlo, quel passo che avrebbe potuto cambire il destino di un rapporto che si era inclinato, ma che non era perso per sempre, non ancora. «Uhm, non sono sicura di poterti dare un vero e proprio consiglio, ma...Se lui fosse mio fratello, cercherei solo di essere sincera.» dissi semplicemente, alzando le spalle. «Sbagliare è umano, se pensi di averlo fatto allora diglielo. Il passato non si potrà cambiare, ma il futuro del vostro rapporto dipende da voi.» feci, alzando il bicchiere di té, mimando un brindisi di incoraggiamento. Sperai davvero che potesse trovare presto un equilibrio con la sua famiglia, perché sapevo per esperienza personale quanto ci si possa sentire soli, quando la tua è una famiglia che non funziona. A differenza di Kenzie, poi, non avevo nessun fratello al quale aggrapparmi, solo le mie gambe su cui camminare, in cerca di una via di fuga.
    Alzai il dito medio quando Mackenzie mi chiese se mi fosse piaciuto baciare quel tizio. Sapeva benissimo, o almeno avrebbe potuto immaginarlo, che i ragazzi non mi interessavano, eppure era stata molto decisa nella scelta del mio pegno. «Sei una stronza, Rosier. Spero che lo spettacolo sia piaciuto a te, almeno.» la provocai, lanciandole una frecciatina senza pensarci troppo. Cosa l'avesse spinta a lanciarmi tra le braccia di uno sconosciuto, proprio non lo capivo, ma tirarmi indietro davanti alle sfide non era da me, motivo per cui avevo portato a termine il compito assegnatomi dalla Corvonero.
    Strette nelle nostre felpe, a causa della temperatura - che era calata radicalmente rispetto al pomeriggio - continuammo a chiacchierare. Assicuratami di non avere sigarette addosso, imprecai mentalmente contro la mia pessima memoria e tornai al nostro discorso. «Quindi, mettiamo per assurdo che io abbia cambiato opinione su di te, perché dovrebbe importarti?» le domandai, staccandomi dalla parete sulla quale ero poggiata. Studiai la sua espressione da una nuova distanza, osservai il suo viso per pochi secondi, poi la superai, decisa ad accompagnarla al Castello. «Non pensavo ti interessasse il parere degli altri.» le dissi, voltandomi in sua direzione, prima di tornare a camminare davanti a lei. «Che ne dici, torniamo al Castello?» le domandai, senza smettere di indietreggiare. Il tempo era trascorso fin troppo in fretta, ma ero felice di averlo passato con lei.
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    Alexis Pierce

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    Davanti alle sue scuse, scossi il capo. «Non c'è bisogno di scusarti, è solo che... a volte mi sento come "un pesce fuor d'acqua", hai presente?» ammisi, mordendomi la parte interna del labbro, abbassando lo sguardo sulla mia bibita. Tutti i maghi e le streghe del castello, o almeno quelli che avevo appreso amavano definirsi "purosangue", erano così a proprio agio in mezzo agli oggetti magici, incantesimi, per non parlare delle creature che popolavano la foresta... mentre io avevo dovuto imparare tutto da capo, persino impugnare la bacchetta era stato "strano", all'inizio. Ad ogni modo, non potevo che considerarmi fortunata: la magia mi aveva dato una via d'uscita da quella che era la mia vecchia vita.
    «Magari.» ripetei, piegando le labbra in un sorriso. Fare un giro insieme per le strade del mio quartiere mi sembrava un buon modo per conoscerci meglio, un desiderio che - a quanto pare - era condiviso. «Ne sarei felice, anche se sono certa saresti in grado di fare il culo a tutti quei punk anche da sola.» dissi compiaciuta, cercando di sottolineare come quella sua franchezza fosse per me un valore aggiunto. Apprezzavo da sempre le persone spontanee e sincere e anche se la franchezza poteva essere una pericolosissima miccia, per i caratteri esplosivi come il mio, Mackenzie mi incuriosiva e quella particolare sfumatura del suo essere mi attraeva più di quanto non volessi ammettere. E poi, se esisteva un punto in comune tra noi, si trattava senza dubbio della "questione famiglia di merda". Secondo quanto mi aveva confidato la Corva, i nostri genitori se la giocavano entrambi piuttosto bene. Lasciai che mi confidasse del padre criminale (spaccino di veleni e pozioni!), del fratello Seth... Ci sarebbe voluto del tempo per digerire la notizia che il professore di volo era proprio suo fratello. Padri diversi, certo, ma pur sempre consanguinei! «Nessuna famiglia è perfetta.» commentai, allungando una mano in sua direzione, senza cercare un vero e proprio contatto. Secondo la mia esperienza, le cosìdette "famiglie del mulino bianco" non erano che una narrazione pubblicitaria che poco aveva a che fare con la realtà. Ogni famiglia, dalla più aristocratica alla più umile, aveva la sua fetta di problemi e incomprensioni. Certo era che alcune famiglie incasinavano la vita dei suoi componenti più di altre, io e Mackenzie ne eravamo la prova concreta, sebbene lei non avesse idea di quanto i miei fossero stati pessimi genitori. «Ehi, ehi, Kenzie rallenta.» dissi, insinuandomi così nel flusso incontrollato dei suoi pensieri. «Il tuo mondo ti è crollato addosso, le persone a te più vicine ti hanno spinta in una doccia fredda e saresti tu la codarda?» le domandai, cercando di farla riflettere su quanto stava dicendo. Lasciai che ordinasse il suo rum e mi inserii nella comanda con la richiesta di una birra. Un po' di alcol potevo concedermelo, tutto sommato. «E hai affrontato tutto da sola, senza l'appoggio del tuo...fratellastro, completamente da sola. Cazzo, è un miracolo che tu sia sopravvissuta. Chi potrebbe biasimarti se hai deciso di allontanarti da tutto per prendere una boccata d'aria?!» le feci notare, osservando per qualche breve istante la cameriera bionda che si era appena allontanata dal tavolo alla volta della prossima ordinazione. Era quasi assurdo quanto fosse semplice dimenticare il fatto che fossimo solo dei semplici adolescenti. Insomma, cosa ci aspettavamo da noi stessi? E perché gli adulti avevano tutte quelle pretese, nei nostri confronti? Una cosa era certa, non avrei mai più visto Seth allo stesso modo.
    Ad ogni modo, la nostra conversazione non distrasse la mora da quella che aveva deciso sarebbe stata la mia penitenza, una sfida che accettai mettendo da parte ogni riserva. Avevo sempre avuto una sorta di rifiuto per il genere maschile e andando a scavare nella mia storia personale non era difficile comprenderne le ragioni, non che la violenza subita avesse definito la mia sessualità, piuttosto mi aveva confermato ciò che già pensavo sugli individui di sesso maschile: un concentrato di ormoni più vicino all'animale di quanto non fosse all'essere umano.
    Tornata al tavolo, afferrai la birra che nel frattempo mi era stata servita e, una volta seduta, feci un lungo sorso direttamente dalla bottiglia. Ingurgitai avidamente gran parte della birra e mi pulii le labbra col dorso della mano, cercando di scacciare via quella strana sensazione che mi era rimasta appiccicata addosso: come avevo constatato sin dalla prima adolescenza, i ragazzi proprio non mi piacevano. «Ha piagnucolato come una femminuccia, guadagnandosi tutte le attenzioni della mia ex. Li avevo beccati...insieme.» le raccontai, cercando di tagliare corto. Soana apparteneva ormai al passato. Quella con lei era stata una di quelle relazioni importanti che ti segna l'esistenza, lo aveva fatto davvero, ma ero grata fosse finita. Fortunatamente, il mio tergiversare servii a cambiare il focus della coversazione, riportandolo sulla Rosier. «Non usi mezzi termini eh? Mi piace.» commentai, dopo essermi scolata fino all'ultimo goccio della mia birra. Era stata chiara: quello a San Valentino era stato un esperimento, una prova, voleva capire qualcosa su sé stessa. Non c'era niente di male e forse ora comprendevo il motivo di tanto imbarazzo, il problema non era mai stato quello che era successo alla festa, piuttosto quello che stava succedendo dentro di lei. Caso risolto!
    Fuori dal locale, il freddo era pungente, ma non abbastanza per farmi cedere alla tentazione di stringermi nella felpa. Mi tastai le tasche, in cerca di quel vizio che proprio non riuscivo a smettere, ma sfortunatamente recuperai solo il vecchio pacchetto di sigarette vuoto. Alzai gli occhi al cielo e mi appoggiai al muretto alle mie spalle. «Rosier, quando hai finito di bullizzarti...» la presi in giro, cercando di richiamare la sua attenzione. «Che idea dovrei farmi, sentiamo?» la provocai, nel tentativo di farle comprendere che non c'era nulla di cui preoccuparsi. «Quello che mi chiedo è...» ripresi poco dopo, incrociando le braccia al petto, prima di alzare lo sguardo sul viso della Corvonero. «....hai ancora dubbi?» le domandai, curiosa di scoprire quale sarebbe stata la sua risposta.
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    Alexis Pierce

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    Il procedimento per ottenere l'auspicata pozione rinvigorente si rivelò essere più facile del previsto. Estratto l'uovo dalla pianta assassina, il gioco era bello che fatto! Tutto sommato, i passaggi per ottenere la pozione erano brevi e piuttosto semplici da eseguire, niente che un qualunque studente mediamente in gamba non potesse fare, me compresa. Probabilmente - pensai, mentre attendevo che l'acqua arrivasse al punto di ebollizione - avrei trovato più difficile occuparmi delle lumache cornute, com'era toccato fare alle mie compagne di dormitorio. Grace, tra tutti, sembrava quella più provata dalla preparazione del suo unguento. Bastava abbassare lo sguardo sul caos che regnava sulla sua postazione per comprendere quanto la ragazza fosse in alto mare, ma mi limitai a scuotere il capo divertita davanti a quella visione. L'aiutante designatole dal professore era più che capace e sapeva senza dubbio come portare avanti l'arduo compito a lui assegnatogli. Tra l'altro, nonostante la mia pozione non sembrasse complessa, dovevo dedicarmici con tutta me stessa per poter sperare in un bel voto, poco importava del resto.
    Cercai quindi di procedere con calma, ripetendo mentalmente tutti i passaggi che avrei portato a termine mentre li eseguivo. Ripetere mi aiutava a memorizzare, senza rischiare di lasciare qualcosa - qualsiasi cosa - al caso. Visti i miei ultimi voti, non potevo permettermi di fallire, non nella mia materia preferita, non dopo aver seguito attentamente la spiegazione del professore. Così, dopo aver ricambiato lo sguardo complice di Mackenzie, cominciai a mischiare ordinatamente gli ingredienti nella speranza che questi non mi avrebbero tradita.
    Quando finalmente ultimai la pozione con una spruzzata di zenzero, lasciai riposare la pozione e appoggiai soddisfatta entrambe le mani al bordo della mia postazione, curiosa di scoprire per cosa fosse utilizzato quel particolare intruglio. In fondo, Rinvigorente voleva dire tante cose, e nella magia le sfumature erano importanti, se non fondamentali.
    «Come può suggerirvi il nome, la pozione Rinvigorente conferisce una dose di energia extra a chi la assume per una certa quantità di tempo [...] e può essere utile nel caso in cui dobbiate portare a termine un impegno in un momento in cui vi sentite particolarmente stanchi.» spiegò il professore, ricollegandosi al mio quesito. Interessante. Osservai quindi la pozione che stava riposando nel calderone e la vidi cambiare lentamente colore: da un iniziale giallo pallido, il liquido assunse lentamente un tono più scuro, marroncino. Esultai mentalmente e alzai gli occhi al cielo, quando - persino qualche minuto più tardi - constatai che la consistenza della pozione non si modificò, restò liquida come l'acqua, esattamente come si era raccomandato il professor Fletcher. Insomma, apparentemente l'esercizio era riuscito. Certo, l'ultima parola sarebbe stata quella del Fletcher, ma per il momento tutto sembrava andato per il verso giusto. «Adesso, voi ragazzi del terzo anno potete trasferire la pozione in un'ampolla di vetro, così che io possa passare a verificarne la purezza. Come vi ho già anticipato, proverete gli effetti su voi stessi. Quindi potete assumere un paio di sorsi della pozione preparata. [...] Se avete seguito tutti i passaggi per bene, vi colpirà subito un'immediata dose di energia» Era arrivato il momento della verità. Come richiestoci dal professore, mi servii di un particolare tipo di mestolo dotato di un beccuccio e trasferii la pozione nell'ampolla di vetro che mi ero procurata a inizio lezione, quando l'uomo ci aveva pregati di assicurarci gli strumenti necessari per eseguire tutti i procedimenti della pozione. Cercai di non toccare l'ampolla col mestolino, timorosa che una cosa del genere avrebbe potuto compromettere la pozione. Era possibile? Boh, meglio essere scrupolosi, arrivati a quel punto. Comunque tappai l'ampolla e la poggiai sul suo piccolo piedistallo che produsse immediatamente un leggero tintinnio. Poi, dopo aver preso una pergamena dalla tracolla, mi feci spazio sul piano di legno e vi poggiai pergamena e inchiostro, pronta ad appuntare gli effetti che la pozione avrebbero prodotto sulla sottoscritta. Così, prima che il professore passasse a controllare meticolosamente la purezza del liquido prodotto, ne presi due piccoli sorsi da quello avanzato nel calderone e socchiusi gli occhi nella speranza di non aver fatto un enorme buco nell'acqua...
    «Incredibile sussurrai, sentendomi improvvisamente piena di energie. Sì, avrei potuto correre per l'intero castello, o affrontare 3 partite di quidditch tutte insieme, o ancora mettere in ordine tutta la biblioteca senza batter ciglio. Sorpresa da quella magnifica sensazione di benessere, impugnai la penna e velocemente produssi il mio elaborato.

    CITAZIONE
    Pozione Rinvigorente

    Ingredienti:
    - Acqua;
    - Uovo di Solanum Ovigerum (1)
    - Cucchiaino ingrediente base (1);
    - Foglioline Coclearia (4);
    - Zenzero q.b.

    [...] Ho assunto solo un paio di sorsi della pozione e l'effetto è...sorprendente. Mi sento energica, quasi non riesco a star ferma. Mi sembra di non sentire la stanchezza, ho la sensazione che potrei fare di tutto, senza mai tornare ad essere stanca. Mi sento magnificamente, anche se so che l'effetto è temporaneo. Le mie gambe sembrano molle, i miei piedi quasi mi pregano di muovermi, di fare qualcosa.

    Scrissi velocemente tutto ciò che sentivo di diverso nel mio corpo e ci misi un bel punto alla fine. Soddisfatta di quanto avevo scritto e desiderosa di approfittare di quella nuova energia, sistemai tutte le mie cose nella tracolla e poggiai velocemente l'elaborato sulla cattedra. Poi raggiunsi Phoebe e sorrisi al professore. «Buona giornata Prof. Phoebeee, aspetta!» la chiamai, correndole dietro e abbandonando così l'aula.
    Alexis Pierce, III anno, Grifondoro.

    - Citata Grace e Mackenzie (png), interagito con Phoebe alla fine del post;
    - Ho lavorato da sola, con attenzione, cercando di assicurarmi un voto decente;
    - Descritto l'aspetto della pozione (che dovrebbe essere uscita bene);
    - Ho seguito le istruzioni del prof, prendendone due sorsi e descrivendone gli effetti.
    - Sentendomi energica, ho prodotto l'elaborato di fretta per correre poi fuori dall'aula, impaziente di mettere a frutto quel nuovo slancio vitale (???)
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    Alexis Pierce

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    Come fosse una creatura magica (cosa che probabilmente era, visto che non smetteva di dimenarsi), mi avvicinai alla pianta con calma e con altrettanta pacatezza, cercai di assicurarmi l'ovetto che mi avrebbe permesso di passare allo step successivo: la pozione.
    «E va bene... veniamo a noi. Non voglio farti del male... voglio solo.... uno dei tuoi ovetti...» bisbigliai così che potesse sentirmi solo la diretta interessata e magari (ma sperai di no) il professore che - come aveva fatto per tutti gli altri studenti - mi girava intorno con circospezione, osservando attentamente ogni mia mossa, studiando probabilmente la tecnica che avevo deciso di mettere in pratica. Sussurrare alla pianta.... già, un piano brillante. A rincuorarmi c'era il fatto che nemmeno i miei compagni erano ricorsi alla magia per superare gli ostacoli del compito che ci era stato affidato, per cui potevo smettere di sentirmi una babbana e concentrarmi sul mio obiettivo.
    Tentai quindi di avvicinare la mano destra al piccolo arbusto, ma per ben tre volte fui costretta ad indietreggiare a causa della reazione piuttosto repentina dei rametti maledetti che - come fossero un groviglio di serpenti affamati - tentavano di schiaffeggiarmi il dorso della mano con quelle foglioline apparentemente innocue. Sbuffai. «Ehi, eravamo d'accordo.» borbottai in direzione della pianta, mentre mi assicuravo che nessuno ci stesse ascoltando. Spoiler: no. Sorrisi al professore e, dopo aver preso un proooofondo respiro, tornai a fissare la maldett-«Oh, grazie a Dio.» sussurrai, quando notai un varco aprirsi nel fogliame, lasciando scoperta quella che riconobbi essere la superficie lucida dell'uovo. Senza indugiare e con un movimento deciso, ma non troppo brusco, introdussi la mano nella fessura e pregai che quella non fosse una trappola. «Tipregotipregotiprego. Si! Ce l'ho.» esclamai infine, ritraendo la mano di fretta, prima che quella cambiasse idea. Fiuuuuu! Alzai quindi l'uovo a mezz'aria, in un gesto vittorioso e raggiunsi momentaneamente Phoebe che sembrava intenta ad osservare la strana accoppiata del giorno: Grace e Michael Harris. Affiancatala, imitai la bionda e notai come i due non si risparmiassero occhiatacce e risposte secche e pungenti. Alzai un sopracciglio, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla scenetta e scossi il capo in direzione della Smith. «Dico che spero non si ammazzino quei due....» Eppure, nonostante l'apparenza, c'era qualcosa tra la Johnson e il bel Serpeverde. Una strana energia, una tensione... Ok, non sono cazzi miei... «Tienili d'occhio.» mi raccomandai in direzione della mia concasata, prima di raggiungere la mia postazione.
    Dopo aver sistemato il mio uovo in un recipiente abbastanza capiente da accoglierlo, ascoltai passivamente la spiegazione di ciò che avrebbero dovuto fare gli appartenenti al secondo anno. Nel frattempo, controllai di avere tutto l'occorrente per preparare la pozione Rinvigorente. Stavo giusto passando lo sguardo su ogni singolo ingrediente, quando un sonoro crack, seguito da ragazze che trattenevano conati di vomito, attirò tutta la mia attenzione: vidi così il professore muovere una sorta di liquido denso, cremoso, biancastro da una parte all'altra e - come altri, in quel momento - distolsi lo sguardo, stropicciando il naso. Ok, pozioni era la mia materia preferita, ma...aveva i suoi pro e contro. Quel giorno, per esempio, non invidiavo minimamente Grace e gli altri ragazzi del secondo che - tra sevizie e intrugli puzzolenti - dovevano riuscire a portare a termine l'unguento senza vomitare.
    «adesso passiamo alla pozione Rinvigorente» la voce squillante del professore, mi costrinse a tornare sull'attenti. Imitai l'uomo - quanti anni poteva avere? vabbè, di sicuro ragazzo non era, giusto? - rimboccandomi le maniche come aveva fatto lui precedentemente e allungai il collo, muovendomi a destra e a sinistra cercando di osservare come eseguire alla perfezione tutti i passaggi. D'altronde era risaputo che Pozioni fosse una materia che richiedeva precisione e controllo, senza questi due elementi ogni tentativo finiva per andare perso. Ma bando alle ciance. Cercai di appuntarmi velocemente ciò che dovevo fare:

    1) Portare acqua ebollizione;
    2) Scioglierci l'uovo all'interno;
    3) Cucchiaino ingrediente base (1);
    4) Girare due volte verso destra;
    5) Abbassare la fiamma;
    6) Aggiungere foglioline coclearia (4 intere, 2 alla volta, mescolare a sinistra????);
    7) Spegnere la fiamma, aggiungere lo zenzero (se la pozione è ok, colore=marroncino, consistenza=acqua);
    *Aspettare che si raffreddi*


    Quando il professore smise di parlare, lessi più volte gli appunti ed inspirai profondamente, poi cominciai. Posizionai il calderone sul fornello e attesi che l'acqua bollisse. Quando questa cominciò a borbottare, presi l'uovo e con estrema cura lo lasciai scivolare nell'acqua. Quindi osservai pazientemente la superficie esterna dell'uovo frantumarsi e, lentamente, sciogliersi. Esultai silenziosamente no ok, mi scappò un rumorosissimo "evvai", ma tentai di nascondere il tutto con un colpo di tosse dopo il quale tornai al lavoro. «Ingrediente base...» mi dissi, aggiungendone un misurino alla pozione e, come aveva fatto il Fletcher, girai due volte verso destra. Mi piegai per controllare la fiamma mentre la abbassavo - no, non avevo mai cucinato - attenta a non spegnerla e, risolta la questione fiamma bassa, raccolsi le foglioline di coclearia. Avevano una forma simpatica, arrotondata, avevo persino letto sul libro che era proprio per via di quella caratteristica che la pianta si era conquistata l'appellativo di "erba cucchiaio". Sorrisi tra me e me e ne lasciai cadere un paio nel calderone. Mi era parso di vedere il professore mescolare verso sinistra e così feci, piuttosto incerta. Aggiunsi subito dopo le ultime due foglioline e, dopo essermi pulita le mani sulla divisa, spensi tutto. Andai a recuperare frettolosamente i miei appunti, passai il dito su ogni singolo procedimento e quando raggiunsi il fondo del foglio...«Cazzo, lo zenzero!» esclamai, senza curarmi del mio tono di voce, ma recuperando subito l'ingrediente da un compagno di banco poco più in là. Che quella piccola distrazione avesse compromesso tutta la pozione? Sperai di no. Insomma, avevo impiegato meno di un minuto prima di aggiungere l'ultimo ingrediente. Sperai di essermela cavata e di tanto in tanto osservai la pozione, nella speranza che di lì a breve avrebbe assunto la giusta consistenza e colorazione.
    «Prof, posso farle una domanda? Qual'è l'esatta funzione di una pozione Rinvigorente?» domandai al Fletcher, per ingannare l'attesa. Magari alcuni avrebbero riso davanti alla banalità di quella domanda, ma personalmente trovavo il nome proprio della pozione abbastanza ambiguo. Rigenerava tessuti? O magari aumentava la prestanza fisica? Sperai proprio che il professore non trovasse la mia domanda stupida.
    Alexis Pierce, III anno, Grifondoro.

    - Narrato come Alexis è riuscita ad ottenere il suo uovo;
    - Citati Grace e Michael parlando con Phoebe;
    - Dopo essersi appuntata tutto il procedimento, procede nella preparazione della pozione;
    - Fa una domanda al profff :mmh:
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    Alexis Pierce

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    Quando Mackenzie mi confidò di voler provare un particolare tipo di rum, sorrisi complice. A differenza di lei, i miei gusti in fatto di alcol erano molto meno raffinati e più dozzinali, ordinari. Avendo lavorato nelle peggiori bettole londinesi per sopravvivere alle vacanze estive, mi ero sempre limitata a farmi una birra o due dopo i turni massacranti cui venivo sottoposta dal titolare profittatore di turno. Chiaramente, quelle che riuscivo a portarmi nell'alloggio a fine giornata non erano gentilmente donate, ma piuttosto un gentile contributo che mi premuravo di rubare all'insaputa dei miei datori di lavoro. Stupidi pidocchiosi: dopo dodici ore di duro lavoro durante le quali dovevo sopportare urla, risse, apprezzamenti non richiesti e pessime avance, come minimo avrei dovuto pretendere un aumento, altro che contentini.
    La Corvonero non mi convinse immediatamente, quando tentò di dirmi che la mia compagnia era migliore di quanto potesse desiderare. Stava forse allundendo al fatto che avevo davvero fatto una gaffe, sedendomi al suo tavolo senza chiederle un vero e proprio permesso? La domanda mi tormentò finché - poco dopo - non insistette perché continuassi a passare la serata con lei. «Colpita e affondata. Va bene, resto.» la rassicurai, piegando le labbra in un sorriso che probabilmente non lasciava trasparire nessun sentimento in particolare. Non ero mai stata una ragazza particolarmente espressiva, in molti me lo avevano fatto notare. Quello che quasi nessuno sapeva, però, era che quando mi sentivo tesa, o in imbarazzo, cominciavo a parlare velocemente e a muovermi oltremisura: mi torturavo i capelli, sfioravo guance, fronte, mento, labbra...proprio come in quel momento, in cui non smettevo di agitare il piede sotto il tavolo. Un tic che non tutti notavano e che personalmente ignoravo il più delle volte. «Vorrà dire che non lo sarò nemmeno io.» la sfidai con lo sguardo, mentre - braccia incrociate al petto - mi lasciai andare contro lo schienale della sedia. Alla mora piaceva giocare, era evidente e, sinceramente, dopo gli ultimi mesi non avevo bisogno di altro: divertirmi, trascorrere del tempo di qualità con persone piacevoli, star bene; e qualcosa mi diceva che Mackenzie era la persona adatta. «Normale ripetei ironica e stranita che fosse passato un messaggio simile parlando della mia famiglia. Se c'era una cosa che non eravamo mai stati era proprio quello. Ordinari, forse... oppure no? «Se intendevi dire "com'è stato crescere in una famiglia di babbani", allora posso dirti con certezza che è stato un vero schifo.» mi limitai a dirle, ritrovandomi a pensare a quanto mi sarebbe piaciuto nascere in un mondo - quello magico - dove tutto è possibile e la speranza non è solo una parola vuota ed insignificante, così com'era stato durante tutta la mia adolescenza. «Argh... Peccato.» mi lamentai, ridendo subito dopo. No, in effetti in un'ipotetica classifica dove "mago oscuro" si trovava in vetta non mi sarei mossa dalla base. La magia oscura era solo un argomento interessante, per me, niente di più. «Sei stata a Camden? Ti è piaciuto?» le domandai, sinceramente curiosa di scoprire cosa avesse visitato, quali negozietti l'avessero colpita e se avesse trovato qualcosa più interessante di altro. Non avendo ancora inquadrato Mackenzie in uno stile particolare, non ero sicura di aver capito quali fossero i suoi gusti, se amasse il lusso, l'alta moda e quelle robe lì, o se preferisse il vintage, l'usato, il retrò. Personalmente, avevo sempre dovuto accontentarmi e Camden mi aveva aiutato ad essere sempre abbastanza alternativa, almeno nel modo di vestire. Pantaloni strappati, felpa e vans: era quello il mio outfit preferito, erano quelli gli abiti in cui mi sentivo veramente me stessa, ma Mackenzie... c'era qualcosa di eccentrico, energico nel modo in cui decideva di apparire ogni volta che sceglieva i suoi look, eppure. Se mi avessero chiesto di descrivere la mora, lì su due piedi, avrei sicuramente menzionato quel suo aspetto anticonformista, determinata, simpatica. Una forza della natura, almeno apparentemente, che secondo me nascondeva un lato più fragile, un lato che avevo intravisto e da cui sentivo di essere attratta.
    «Cosa?! Vuoi dire che...» esclamai esterrefatta, quando la Rosier confutò la mia tesi. A quanto pareva, la verità si nascondeva nell'informazione più assurda delle tre che mi aveva fornito. Il padre della Corvonero era davvero in carcere, un'informazione che avrebbe sconvolto sicuramente un gran numero di pretendenti e a dire il vero persino io ne rimasi sorpresa, ma quell'informazione non significava niente, non avrebbe cambiato l'idea che mi stavo facendo della ragazza. La nostra storia personale non determina chi siamo o chi possiamo diventare, o almeno era quello che volevo credere. «Mi dispiace per il profess...per Seth.» cercai di dirle, notando il velo di tristezza che aveva cominciato ad offuscarle lo sguardo. Sfiorai involontariamente il dorso della sua mano con i polpastrelli. «E' lui a perderci, lo sai questo?» cercai di rassicurarla, sincera. Non ci conoscevamo più di tanto, ma se c'era una cosa che sapevo era che Mackenzie era una brava persona. Ritrassi la mano nel momento in cui lei accennò alla penitenza che avrei dovuto subire per aver sbagliato supposizione durante il mio turno. «...se proprio dobbiamo. Parla.» la rimbeccai, in ascolto. «Ti ho detto che non sarò stata clemente perciò...vedi quel gruppo di ragazzi la giù?» Alzando un sopracciglio, seguii il suo sguardo e incrociai i soggetti che aveva appena citato. «Mh-mh, quindi?» chiesi, quasi innocentemente. «Scegline uno e bacialo.» mi ordinò con aria di sfida, mentre io rimanevo immobile, incerta sul da farsi. Non avevo mai baciato un ragazzo. Tornai a guardare il gruppetto, pensierosa, poi espirai profondamente. Mi tirai sù, appoggiando le mani sul tavolo e - prima di andare in azione - mi sporsi abbastanza in avanti da raggiungere l'orecchio della mora. «Se è quello che vuoi.» la provocai, allontanandomi in direzione del gruppetto. Una sfida era una sfida ed io non ero solita tirarmi indietro, quindi. Raggiunti i ragazzi, non persi tempo. Bussai sulla spalla dell'unico dei quattro che non mi aveva vista arrivare e - prima che potesse chiedermi qualsiasi cosa - gli buttai le braccia al collo e lo baciai. Chiusi gli occhi e lo baciai sul serio. Volevo che Mackenzie mi guardasse, che si pentisse di quello che mi aveva chiesto. Così, nell'impeto del momento, lasciai scivolare la mano tra i ricci castani dello sconosciuto e non mi frenai nemmeno davanti alle risatine degli amici. Mi fermai solo quando fui certa di essermi divertita abbastanza e, senza dire nulla, mi passai il dorso della mano sulle labbra e ammiccai ai ragazzi. «Scusate, colpa mia.» ammiccai, sorridendo al riccio - che per la cronaca era rimasto sconvolto - e tornai a sedermi al tavolo, soddisfatta. Tutto sommato non era stato male, per fortuna quello non aveva deciso di allungare le mani, ma aveva solo risposto al bacio. A momenti un po' troppo...
    «Contenta?» domandai alla mia interlocutrice, cercando il suo sguardo. Sinceramente, una parte di me sperava che non lo fosse.
    «Ammetto che mi hai messo in difficoltà e non me ne volere se dico che hai mentito sul dormire in strada.» Bingo, ora tocca a me. «Mi spiace deluderti allora, ma...» sorrisi, allargando le braccia. Ero sempre stata una pessima bugiarda, ma forse per ero stata in grado di depistare la mia vittima. «Se fossi di Londra, sapresti che Camden Town non è conosciuta solo per il folklore e il turismo... Non sono cresciuta nell'oro e beh, la strada a volte è stata l'opzione migliore. Ora cerco di fare qualche lavoretto estivo per mantenermi, ma quando ero più piccola...» feci, alzando le spalle. La mia vita era costellata di periodi bui in cui ero caduta e dopo i quali mi ero sempre rialzata, ma ricordarli non era sempre piacevole, motivo per cui cercai di sorvolare. «Era un Corvonero il ragazzo che ho picchiato, un pugno solo.» le confessai, omettendo il fatto che non fosse stato l'unico. Non era un segreto che il mio rapporto col sesso opposto non fosse dei migliori. «Come penitenza, dovrai rispondermi ad una domanda.» Una stupida, ecco cos'ero. «E' stato per il drink che hai deciso di baciare me e Khyntia, a San Valentino?» le domandai, forse troppo precipitosamente. Insomma, quante altre occasioni avrei avuto di chiederle qualsiasi cosa?
    «Stiamo ancora...?» le chiesi, incerta. Non che non fosse possibile che avesse avuto una relazione duratura, né che potesse avere dubbi sul proprio orientamento sessuale, ma... «Ti va di uscire?» le proposi, senza pensarci. Improvvisamente, tutta quella folla di gente mi infastidiva. Senza contare che i ragazzi di prima non ci toglievano gli occhi di dosso, forse in attesa di una replica di quanto successo prima.
    La luna era ormai alta in cielo e il clima mite del pomeriggio aveva lasciato spazio ad una brezza leggera ma pur sempre fredda. Dopo aver pagato per entrambe, ci chiudemmo la porta del locale alle spalle e, mani in tasca, ci incamminammo in direzione del Castello. «Quindi...cosa ti ha colpito di me?» tentai, cercando il suo sguardo, senza smettere di camminare. Se avessi sbagliato, sarei stata pronta a fare qualche altra pazzia, in caso contrario...beh, avremmo avuto la giusta calma per parlarne.
  6. .

    Alexis Pierce

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    Essere nata tra i babbani e frequentare una scuola di magia era frustrante e, allo stesso tempo, appagante: frustrante perché malgrado cercassi di fare del mio meglio per restare al passo, trovavo la competizione con i miei compagni di classe totalmente sbilanciata, ma appagante perché ero capace di meravigliarmi davanti ad ogni più piccola scoperta che avesse a che fare con la magia, sorprendendomi davanti a cose che per altri non erano che "la normalità". Le lezioni di pozioni generalmente erano quelle in cui davo il meglio di me: annusavo gli ingredienti, ne studiavo la consistenza e ogni loro minima caratteristica empirica. Stesso discorso non valeva, invece, per erbologia: una materia apparentemente innocua che nascondeva vagonate di insidie. Un consiglio che probabilmente avrei dovuto condividere con Grace prima che questa decidesse di infastidire la pianta oggetto della lezione del giorno. Il lamento che si lasciò sfuggire attirò l'attenzione di tutta la classe, professore compreso ed io, come molti altri, non riuscii a non portarmi una mano alla bocca davanti all'immagine delle mani di Grace che d'improvviso si fecero più rosse e gonfie. Scambiai uno sguardo preoccupato con la Corvonero che mi affiancava. Per fortuna, il professor Fletcher non si fece cogliere impreparato, anzi. Neanche a farlo apposta, col suo piccolo incidente, la Grifondoro spoilerò quello che sarebbe stato l'esercizio del giorno per tutti i ragazzi che appartenevano al secondo anno. La vidi sgattaiolare tra me e Phoebe, nel tentativo di sotterrarsi o di scomparire direttamente, e non riuscii a trattenere un sorriso divertito. «Non chiedermelo, sei piuttosto brava a metterti in pericolo anche da sola.» le sussurrai ironica, con le braccia incrociate, mentre cercavo di fare attenzione alle parole del professore. Cercai quindi di appuntare mentalmente le informazioni più utili per assicurarmi di non fare la stessa fine della mia compagna di dormitorio: la pianta maledetta ha delle spine sottili e urticanti che ricoprono le foglie, evitare i rami più sottili mentre oscillano, i frutti ovali sono concentrati nella parte più interna ovviamente.
    «Oggi i ragazzi del secondo anno lavoreranno con le foglie utili a creare lo stesso unguento contro le abrasioni che ha appena testato la vostra compagna. » decise il professore, magari lasciandosi ispirare dall'incidente che aveva coinvolto Grace. «Puoi assicurarti che si limiti a preparare l'unguento?» bisbigliai ironicamente a Phoebe, facendo un cenno in direzione della Johnson. Ma prima che quest'ultima potesse ribattere, la battuta sarcastica di una Serpeverde ci costrinse a cercarla con lo sguardo. Non mi intromisi, sapevo per certo che non ce n'era davvero bisogno, che la diretta interessata sapeva cavarsela da sola e tirare fuori gli artigli come un vero leone quando ce n'era bisogno, ma lanciai una pessima occhiata alla Crain nella speranza che lei lo notasse. Che spina nel fianco, quei Serpeverde.
    «Mentre per voi, ragazzi del terzo... - riprese a parlare il Fletcher, rivolgendosi a tutti quelli del mio stesso anno - ...la sfida si fa leggermente più ardua, perchè dovrete cogliere proprio le uova della pianta» .«Cosa? Noooo... Cazzo che sfiga, preparati a vedermi morire.» borbottai in direzione della Rosier, mentre il professore riprendeva parola, indicando agli studenti di ogni anno gli strumenti adatti al compito che era stato loro assegnato.
    Non appena l'uomo smise di parlare, tutti i presenti si accalcarono intorno alla pianta, cercando di assicurarsi il proprio occorrente. Approfittando del momento, tornai al posto, aprii il mio volume di pozioni facendo scorrere le pagine fino alla duecentosedici e lessi tra me e me quali fossero gli ingredienti e persino il procedimento della pozione: uovo di Solanum Ovigeranum, zenzero, acqua, ingrediente base, foglie di Coclearia...per un momento fui tentata di alzare la mano e chiedere al professore un chiarimento, poi decisi di sfogliare il libro fino all'indice per avere un'idea di che tipo di pianta si trattasse.

    DESCRIZIONE: Formano piante basse, arrotondate o striscianti, in genere alte 5–20 cm. Le foglie sono lisciamente arrotondate, grossolanamente a forma di cucchiaio. I fiori sono bianchi con quattro petali e sono portati in brevi racemi .
    USO E PROPRIETÀ: La Coclearia è una pianta usata nella preparazione di Distillati Svianti o di Confusione come probabilmente l'intruglio Confondente, grazie alla sua efficacia nell’infiammare la mente e produrre stati di eccitazione febbrile. Inoltre per chi l'assume, produce imprudenza e spericolatezza, e far venire una sensazione di onnipotenza.


    Alzai un sopracciglio, soddisfatta di aver scoperto qualcosa di nuovo e - senza attendere oltre - chiusi il libro e mi diressi verso il carrettino, decisa a sistemare sul mio banco tutti gli ingredienti necessari a procedere col compito che il professore ci aveva assegnato. Una volta che la folla attorno alla pianta si fu diradata, mi ci diressi e dopo aver infilato i guanti fino a coprire quasi completamente i polsi, presi un profondo respiro, consapevole che ciò che stavo per fare si sarebbe potuto rivelare un completo disastro.
    Una volta difronte alla maledetta, deglutii a vuoto, mi guardai intorno per assicurarmi di non essere osservata e poi mi concentrai sull'obiettivo: le uova che la pianta proteggeva al suo interno. Il mio piano consisteva nel lisciare la pianta con un bel discorso di incoraggiamento, così da renderla meno incline alla violenza. Non ero certa che avrebbe funzionato, ma avevo sentito di un esperimento secondo il quale le piante con le quali si parla finiscono col crescere più rigogliose, quindi... valeva la pena tentare! «E va bene... veniamo a noi. Non voglio farti del male... voglio solo.... uno dei tuoi ovetti...» bisbigliai tra me e me, sperando che nessuno mi sentisse mentre avvicinavo una mano al frutto e pregavo la pianta di non farmi fare brutta figura. Quanto sarebbe stato bello se fosse esistito un incantesimo per immobilizzare tutti quei rametti....
    Alexis Pierce, III anno, Grifondoro.

    - Interagito con Mackenzie (png), Phoebe, Grace e citata Victoria;
    - Ho lasciato che gli altri si scannassero per recuperare gli ingredienti dalla pianta e, una volta arrivato il mio turno, mi sono messa a patteggiare con la pianta nel tentativo di convincerla a non fare la stronza (?).


    Parlare alla pianta avrà determinato la riuscita dell'esercizio?: 4
    • 1d5
      4
    • Inviato il
      17/4/2023, 18:45
      camden.
  7. .
    CITAZIONE (Kynthia @ 13/4/2023, 12:33) 
    Mi sono fatta prendere la mano camden.

    Elementi_multimediali1_1

    Alla fine non mi odi così tanto :3 Grazie Robbbbb :flow:
  8. .

    Alexis Pierce

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    «Hai fatto bene. Che hai preso?» le domandai, osservando il boccale ormai vuoto di quella che doveva essere stata una birra, come si poteva dedurre dal sottile strato di schiuma bianca che si era depositato sul fondo. Non c'era niente di meglio di una birra fresca per sciogliere i muscoli e allentare la tensione, o il nervosismo... sarà stato per quello che Mackenzie aveva deciso di darsi all'alcol, quella sera? Il fatto che usasse il bicchiere mi portò a dedurre che non fosse una consumatrice abituale di alcolici, ma il suo volto malcelava un velo di disagio che non avrei saputo ricollegare a niente in particolare. Qualcosa doveva esser successo, a meno che... «Forse, ti aspettavi qualcun'altro?» chiesi pensierosa alla mora. Magari la Corva non era reduce da nessun appuntamento, ma al contrario stava aspettando qualcuno. «Si, insomma, se preferisci posso andare...» feci, più per educazione che per esprimere una reale intenzione di muovermi da lì. Da quando, durante la festa di San Valentino, ci eravamo lasciate andare alla follia momentanea di quei dannati cocktail corretti, finendo per baciarci, le cose erano diventate strane. Motivo per cui decisi di chiarire che quanto accaduto poteva restare nel passato....o magari no...tossicchiai. «Un semplice té, sai, preferisco non rischiare.» ironizzai, cercando di tranquillizzarla. Sembrava proprio che quel bacio l'avesse turbata più del necessario, come se una parte di lei si fosse pentita di averlo fatto. Per questo, e perché non sapevo nulla dell'orientamento sessuale della persona che avevo difronte, decisi di non soffermarmi su quel discorso. «Davvero, non ti giudicherei nemmeno se mi avessi appena confidato il contrario.» cercai di rassicurarla, piegando l'angolo delle labbra in un sorriso. Anche perché, checchè se ne volesse dire, avevo trovato quel nostro primo incontro a dir poco indimenticabile. La Rosier era - senz'altro - una di quelle che lascia il segno.
    Quando finalmente la cameriera ci servì le nostre bevande, decisi di movimentare un po' la nostra conversazione, che altrimenti sarebbe caduta sui classici argomenti di cui mi capitava di chiacchierare con le mie amiche: famiglia, scuola, ragazzi (o ragazze). Non che non avrei ascoltato volentieri la storia di Mackenzie, ma il gioco che mi era venuto in mente avrebbe reso il tutto meno monotono e più divertente. «Mmh, non avevo pensato ad una penitenza, ma... ora che mi ci fai pensare.» ammiccai, giocando con la cannuccia del bicchiere. «Facciamo così, se sbagli tu sarò io a decretare la tua penitenza e viceversa. Ti va? Tutto è concesso.» aggiunsi, dopo qualche breve istante di riflessione. Ero sempre stata un'amante del rischio, ma Kenzie? Lei avrebbe accettato l'introduzione di quella piccola postilla? «Beccata. I miei genitori non sono maghi, in realtà. Sono l'unica strega in famiglia e scoprire di avere dei poteri è stato un po' come...» le raccontai, interrompendomi per cercare la parola giusta che descrivesse ciò che avevo provato quando avevo scoperto di avere abilità magiche nel DNA. «...rinascere. Devo molto al mondo magico.» le confessai, avvicinandomi il bicchiere pieno di liquido ambrato alle labbra. Scoprire di essere una strega, mi aveva concesso la possibilità di scappare dall'ambiente estremamente disfunzionale nel quale ero stata costretta a crescere. Mio padre, mia madre, le droghe, l'alcol, la violenza...probabilmente, se non avessi scoperto di appartenere alla comunità magica, quel contesto tossico mi avrebbe uccisa. «Quindi non sono credibile come strega oscura?» le chiesi improvvisamente seria, mentre tentavo - inutilmente - di imitare uno sguardo che voleva essere minaccioso. No, ero decisamente una sfacciatissima Grifondoro. «Sono di Camden Town, hai presente? I mercatini delle pulci, i punk, i negozietti vintage, gli artisti per strada...» aggiunsi, cercando di darle qualche informazione in più sul mio conto. Camden, uno dei quartieri più conosciuti di Londra e quello alternativo per eccellenza, sembrava persino una sorta di piccolo paradiso raccontato in quel modo. Non che non lo fosse stato, a suo modo, per me, ma nascondeva anche tanti pericoli per tutti quei turisti che tentavano di avventurarcisi dopo la mezzanotte. Non tutti, infatti, avevano avuto la sfortuna/fortuna di nascere tra i bassifondi come me, figlia di due tossicodipendenti; sfortuna perché beh, chi vorrebbe fare da genitore ai propri genitori? ma anche fortuna, perché la sfiga di avere una famiglia disastrata mi aveva permesso di crescere libera insieme ad un gruppo di miei coetanei, coetanei tra i quali avevo conosciuto Lilith.
    Dopo il mio breve racconto fu la volta di Mackenzie, che ascoltai con attenzione studiandone persino l'espressione, cercando così di cogliere ogni piccolo microespressione del suo volto, in cerca di quella che l'avrebbe tradita. «Ho abbandonato Ilvermony perché dopo che mio padre è stato arrestato, avevo paura di ciò che si sarebbe detto di me a scuola» Sin dalla prima affermazione mi resi conto di non conoscere affatto la Corvonero. Ilvermony era una scuola di magia oltreoceano, ne avevo sentito parlare nei corridoi e...beh, Kenzie poteva mai essere americana? «...e ho scelto Hogwarts nella speranza di ricucire i rapporti con mio fratello Seth.» Seth, Seth... se aveva specificato che aveva deciso volontariamente il Castello per ritrovare suo fratello allora... spalancai gli occhi. «Vuoi dire il professor Lennox?!?! Ma tu...» Non era Rosier il cognome della mora? La sua famiglia era un pasticcio quasi peggio della mia, senza dubbio. «Le cose tra di noi sembrano andare meglio, adesso.» Non mi era mai capitato di vederli conversare durante le lunghe ore di allenamento settimanale, però non significava praticamente niente. Se davvero erano fratello e sorella, avrebbero potuto incontrarsi in qualsiasi momento. «Mmh, molto, mooolto difficile. Direi...» feci, portandomi indice e pollice al mento, assumendo un'espressione riflessiva, prima di decretare quale delle tre ipotesi fosse meno "probabile", per così dire. «Sappi che non credo ad una parola di quello che hai detto.» dissi, per cominciare, puntandole l'indice contro. «Ma direi che tuo padre non è stato arrestato...?» provai, incerta. Tutto era possibile, ma Kenzie non mi dava l'impressione di essere figlia di un criminale. Lo era?
    «Oh, giusto! E' di nuovo il mio turno...mmmh...» mi presi qualche istante per scavare nel mio passato in cerca di avvenimenti degni di nota. «E va bene...ci sono stati periodi della mia vita durante i quali sono stata una persona piuttosto possessiva, tanto da prendere a pugni un ragazzo che ci aveva provato con la mia ragazza di allora. Ho dormito anche per strada, un paio di volte e...ho una collezione di spille di gruppi punk-rock babbani, nel mio baule.» dissi, soddisfatta delle mie scelte e curiosa di scoprire quale sarebbe stata la risposta della Corvonero. Mi sdraiai sulla sedia, appoggiandomi completamente allo schienale, e incrociai le braccia al petto in attesa.
  9. .

    Alexis Pierce

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    Osservai il mio aspetto riflesso nello specchio e, dopo essermi assicurata di avere tutto più o meno in ordine, sospirai pensierosa. Sopraffatta da un fiume di pensieri negativi, quella settimana era stata un vero e proprio inferno: tra lezioni impegnative, il mio malumore e i voti mediocri che stavo collezionando nell'ultimo periodo, non c'era niente che desideravo più di un po' di meritatissimo riposo. Quel venerdì pre-pasquale, quindi, si poteva dire fosse proprio venuto in mio soccorso, fornendomi una scusa valida per lasciar perdere i libri almeno per un weekend (circa, visto che il professor White non si era perso d'animo, assegnandoci montagne di compiti nonostante tutto). Una parte di me avrebbe voluto coinvolgere Halley o Grace, architettare un fine settimana all'insegna del relax, fare qualcosa di diverso dal solito per distrarre la mia mente da quei fastidiosissimi pensieri negativi che bussavano alla mia porta da un po', ma alla fine - complice il fatto che delle mie compagne non vi fosse nemmeno l'ombra - optai per una semplice serata ad Hogsmeade, dove mi sarei quantomeno distratta. Così, senza stare a rifletterci troppo, indossai un paio di skinny scuri, una t-shirt bianca e mi coprii con una felpa orientaleggiante, poi mi incamminai alla volta di Hogsmeade.
    Il villaggio dei maghi era piuttosto tranquillo quel venerdì sera. La luna era alta in cielo e una brezza sottile si infilava nei vestiti, mettendo alla prova la mia tolleranza del freddo. Stretta nella felpa, passeggiai per un'oretta, finché la pioggerellina leggera non mi convinse che fosse giunto il momento di cercare riparo presso uno dei tanti pub locali. Senza pensarci due volte, camminando a ridosso dei muri di pietra che costituivano le case del posto per evitare di farmi una vera e propria doccia, raggiunsi finalmente i "Tre Manici di Scopa" e mi lanciai all'interno del locale, senza troppi complimenti. Il sollievo fu immediato e il tepore della tavola calda, misto all'odore di cibo che riempiva l'aria mi confortarono al punto che smisi di stringermi nei vestiti, assumendo una posizione più umana. Immobile all'ingresso del locale, non potei fare a meno di guardarmi tutt'intorno per cercare qualche volto familiare da raggiungere, ma apparentemente sembrava che fossi l'unica studentessa presente. Dovetti muovere qualche passo all'interno del posto per riuscire ad incrociare lo sguardo di...Mackenzie? Dovetti fissarla per più di qualche minuto per assicurarmi che fosse lei ed evitare la figuraccia di salutare una completa sconosciuta. Le sorrisi e accennai un saluto con una mano, prima di avvicinarmi al suo tavolo facendomi strada tra la folla. Urtai involontariamente un mago alto almeno il doppio di me, e dovetti chiedergli scusa, ma riuscii a raggiungere la Corvonero. «Kenzie, sei tu?» le feci, alzando un sopracciglio incerta nel notare la sua mise elegante: capelli sciolti e lunghi sulle spalle, trucco meno pesante del solito, abiti senza dubbio degni di nota e...tacchi. Insomma, la Rosier sembrava reduce di un qualche appuntamento andato male (?), ma decisi di non farle domande a riguardo, l'ultima cosa che volevo era essere indelicata. «Ti dispiace?» le domandai, indicando la sedia proprio difronte a lei, dove avrei voluto prendere posto. Aspettai un suo cenno per accomodarmi e, quando la cameriera si avvicinò al tavolo, ordinai un semplice té freddo al limone, l'alcol non avrebbe che peggiorato il mio umore già abbastanza borderline. Al contrario di me, la Rosier sembrava essersi portata avanti con una bevanda. «Senti Kenzie, prima di qualsiasi altra cosa... per quanto riguarda San Valentino... ecco, so che eravamo parecchio su di giri e che le bevande erano corrette, quindi...» feci, alzando le spalle. La storia del bacio non era passata inosservata e da quando era accaduta era stata motivo di imbarazzo per tutte le persone coinvolte, ma ci tenevo a metterci un punto. Avevamo partecipato ad una festa, ci eravamo divertite: fine. Era necessario andare avanti e superare quello che era successo per riuscire a costruire qualcosa di nuovo (?) Ed io, sinceramente, bacio a parte, ero rimasta colpita e incuriosita dalla ragazza che mi stava fissando con gli occhi sbarrati. Alzai lo sguardo sul suo e, incerta, mi guardai alle spalle, per assicurarmi che stesse guardando proprio me. «Tutto ok? Sembri strana...» le feci notare, sorridendole lievemente. Pareva avesse visto un fantasma, o forse era solo la mia impressione, ma preferii assicurarmene. «Visto che siamo qui... ti andrebbe di fare un gioco? Qualcosa per conoscerci meglio, tipo... due bugie e una verità, hai presente?» le proprosi, alzando lo sguardo sul suo viso, prima di continuare. «Si, ecco, è abbastanza intuitivo quello che andremo a fare: ti dirò tre cose di me, ma solo una è vera, dovrai capire quale. Se ti va, comincio io.» le spiegai, tossicchiando prima di cominciare. «Vediamo... Sono nata nei bassifondi di Londra, da una famiglia di cattivissimi maghi oscuri che speravano avrei seguito le loro orme, ma mi hanno abbandonata quando hanno saputo della mia cerimonia di smistamento.» dissi, cercando di assumere l'espressione seria di chi racconta la storia della propria vita. «Che dici? Quale pensi sia la verità?» le domandai, appoggiando la testa al mio pugno chiuso. Indipendentemente dalla sua risposta, quello che desideravo davvero era scoprire qualcosa in più su di lei.
  10. .

    Alexis Pierce

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    «Hai idea di dove sia Grace?» chiesi frettolosamente ad Halley, dopo essermici quasi scontrata distratta com'ero nel consultare il mio orario scolastico. Nonostante fosse ormai passato più di un trimestre, non ero ancora riuscita a memorizzarlo, assurdo. Alzai gli occhi al cielo, sorridendo. «Sappi che ti ritengo personalmente responsabile.» accusai la mia concasata, in riferimento al fatto che la Johnson fosse ormai un tutt'uno con quel Marshall. Da quando i due si erano messi - apparentemente - insieme, Grace era praticamente introvabile. Scivolava via dal dormitorio presto la mattina e non rientrava prima del coprifuoco. Certo, non si perdeva nessun allenamento, né saltava lezioni, ma gli intervalli tra una materia e l'altra erano diventati estremamente monotoni senza di lei. Senza contare che le cose con Carrie si erano "risolte" - se così poteva definirsi - nel niente cosmico. La brevissima discussione che ci aveva viste coinvolte durante la festa di San Valentino aveva segnato una linea netta sul nostro rapporto, il punto di non ritorno. Per quanto mi pesasse ammetterlo, un po' mi mancava. Carrie aveva tanti, tantissimi difetti, aveva sempre avuto una presenza molto forte e la sua assenza era altrettanto pesante. Detestavo evitarla ed era piuttosto complicato ignorarla, dal momento che mi capitava di incontrarla praticamente ovunque, ma ero ancora ferita per via del modo in cui le cose tra noi erano precipitate.
    Salutai la Wheeler con un mezzo abbraccio, e la promessa che ci saremmo beccate più tardi, e mi incamminai in direzione dei sotterranei. Pozioni era una tra le mie materie preferite. Sporcarmi le mani, scoprire le proprietà magiche di questo o quell'ingrediente, tagliuzzare cose e miscelare il tutto nel calderone nella speranza che venisse fuori qualcosa di utile mi rilassava. Lo faceva al punto che, persa nei miei pensieri a qualche passo dall'aula, quasi travolsi Mackenzie. «Dovremmo smetterla di incontrarci così, io e te.» ironizzai, indietreggiando di mezzo passo. «Anche tu pozioni? Mi accompagni?» le proposi, allargando un braccio per invitarla a precedermi. Mackenzie Rosier era stata una vera e propria scoperta, invece. Non avevamo mai parlato più di tanto e tra noi vigeva ancora una sorta di imbarazzo dovuto alla festa di qualche mese prima, ma ci capitava spesso di frequentare le stesse lezioni ed era portatrice sana di good vibes. «Speriamo che il prof abbia in serbo per noi qualcosa di interessante. Non vorrei dover rimettere il pranzo.» commentai, cercando di fare conversazione. Si, insomma, era una delle mie materie preferite, però avrei preferito non dover tritare schifezze varie subito dopo aver mangiato.

    Entrata in classe, salutai educatamente il professore e, dopo essermi assicurata di avere ancora la Corvonero al seguito, scivolai in uno dei banchi in mezzo alla classe, né troppo avanti, né troppo indietro dove ci saremmo sicuramente perse gran parte delle dimostrazioni. Nel raggiungere il banco, sorrisi maliziosa a una Grace stranamente imbronciata. Michael, che cercai con lo sguardo col preciso intento di fargli un cenno, sembrava anch'egli un pezzo di ghiaccio. Coincidenze? «Buon pomeriggio, professor Fletcher.» feci eco, insieme a tutti i miei compagni. Come da richiesta, posai sul banco la relazione sulla quale avevo lavorato per giorni, cercando di mettere insieme un buon testo (visto che tendenzialmente erano proprio gli scritti che mi alzavano la media) e la osservai scomparire alla volta della cattedra. Sorrisi brevemente a Kenzie e tornai a prestare attenzione alla lezione. «Dunque! Come avrete sicuramente notato, oggi abbiamo un ospite» Ospite? mi domandai, cercando di sbirciare tra le teste dei compagni che mi ostruivano la vista, un problema che durò davvero poco, perché il professore ci invitò ad avvicinarci per ammirare uno strano esemplare di pianta alla base della quale si facevano spazio delle...uova? Forse, o qualcosa che ci somigliava molto. «Qualcuno di voi la riconosce e sa dirmi qualcosa riguardo questa particolare pianta?» domandò l'uomo, mentre alcune mani cominciarono a svettare tra le altre. Personalmente non avevo idea di cosa fosse, ma ascoltai attentamente gli interventi di chi ne sapeva più di me. Qualcuno avrebbe sicuramente chiarito i miei dubbi.
    Alexis Pierce, III anno, Grifondoro.

    - Interagito con Halley (PNG), Grace e Mackenzie;
    - Citato Michael Harris;
    - Entrata in classe con Mackenzie, ci siamo posizionate in uno dei banchi in seconda fila;
    - Ignara delle origini della pianta, sono rimasta ad ascoltare gli interventi dei compagni, incuriosita.
  11. .

    Alexis Pierce

    KxTq
    Quanto era stato stupido, da parte mia, sottovalutare la paura di Michael? Ve lo dico io: immensamente stupido. Così tato che - alla fine - avevamo fallito, entrambi. Forte del successo che avevo ottenuto contro il mio molliccio personale e distratta dalla forma che aveva assunto il non-essere davanti al Serpeverde, avevo lasciato - involotariamente - che il nuovo molliccio attingesse alla memoria fin troppo stanca dell'Harris, il quale - malgrado gli sforzi - non era riuscito a concentrarsi abbastanza per superare l'esercizio di coppia. Una delusione che probabilmente traspariva dal mio volto, perché dopo aver riservato qualche suggerimento al serpe-argento, il professor White si soffermò brevemente anche su di me, lanciandomi uno di quegli sguardi criptici che forse solo Khyntia, abituata alle vessazioni dell'uomo, avrebbe potuto tentare di tradurre. Così, grata che non mi fosse toccata una qualche ramanzina, annuii al professore - fingendo di aver appreso una qualche nozione che magari aveva provato a infilarmi direttamente in testa con la forza del pensiero (?). «Potrei dire lo stesso, serpe feci notare a Mike, sorridendogli ironica. Malgrado il nostro esercizio non fosse andato come sperato, non me la sentivo di mettergli il muso. In fondo, sapevo di essermi distratta nel momento meno opportuno e, come Trasfigurazione insegna, la concentrazione è di fondamentale importanza nel momento in cui devi imparare a destreggiare la magia. Provavo sentimenti contrastanti nei confronti dell'Harris Junior. Eravamo compagni di corso da un anno ormai e sebbene non avessimo mai parlato più di tanto, lo trovavo un tipo ok, tutto sommato. Eppure, non riuscivo ad ignorare gli sguardi torvi che Grace pareva lanciargli ogni volta che le iridi verdi di lui si posavano sulla figura di lei. Sapevo ci fosse stato qualcosa tra i due, mi era capitato di vederli insieme durante la festa della Vigilia, ma l'unico dettaglio che ero riuscita a carpire dalle conversazioni con Halley riguardavano il fatto che avessero interrotto la loro frequentazione piuttosto bruscamente. Il che mi dava da pensare che doveva aver fatto lo stronzo in qualche modo, vista la purezza d'animo che contrastingueva la mia compagna di dormitorio... Sì, ecco, la mia parte più protettiva sentiva di dovergli essere ostile, ma dall'altro lato ero pur sempre una Grifondoro e non me la sarei presa con Michael senza un buon motivo.
    «Pozioni anche io, e tu, Kenzie? Vieni con noi?» domandai alla Corvonero, dopo aver accolto lo sguardo eloquente della Lloyd. A differenza di Khyntia, io ero piuttosto eccitata all'idea della lezione successiva. Pozioni era una delle mie materie preferite e per la quale mi sentivo anche abbastanza portata. Magari, mischiare intrugli vari e sporcarmi un po' le mani mi avrebbe permesso di rifarmi per gli insuccessi di quella giornata scolastica. «A proposito, ma quanto manca?» bisbigliai alle due ragazze, convinta che un'ora fosse già bella che passata. E fu proprio in quel momento che il White annunciò un'ultima esercitazione da svolgere col compagno della prova precedente, che questa volta si sarebbe trasformato in un nostro rivale. Un duello, era così che aveva deciso di salutarci. Alzai un sopracciglio, soddisfatta e piegai le labbra in un nuovo sorriso. Le lezioni del professor White erano spesso fatte di teoria, compiti a sorpresa, relazioni da consegnare, ma la realtà era che tutti noi studenti non aspettavamo altro che poterci mettere alla prova, l'uno difronte all'altro, pronti ad agitare le bacchette. «Fossi in te mi toglierei quel sorriso dalle labbra, Harris.» ammiccai, divertita da quell'improvviso cambio di ruoli. Michael era l'avversario perfetto, non il classico arrogantello, ma comunque Serpeverde, il ché avrebbe reso la sfida ancora più avvincente. Attendemmo che altri si cimentassero in quella che sarebbe dovuta essere l'ultima parte della lezione e, quando finalmente fu il nostro turno, ci posizionammo uno difronte all'altra, cercando - inutilmente - di nascondere l'espressione compiaciuta di chi nonostante tutto deve salvare le apparenze. «Niente di personale.» disse Mike, facendo una sorta di cenno d'intesa, dando per scontato di essere più furbo, o magari più abile di me. Scossi il capo e alzai gli occhi al cielo, mentre - su ordine del White - presi posto a qualche metro di distanza dal Serpeverde. Cercai di camminare più lentamente che potei, ritagliandomi così del tempo necessario per riflettere sulla strategia che avrei usato per far pagare all'Harris l'errore di avermi sottovalutata, poi - raggiunta la posizione - estrassi nuovamente la bacchetta dalla divisa e annuii al professore (come se fosse in mio potere dare il via al duello, mpf). Puntata la bacchetta dritta difronte a me, fissai Mike anche dopo il cenno del professore che voleva dare il via al duello. Come ogni appartenente alla casata dei verde-argento, lo sapevo, Michael avrebbe giocato d'attacco. Così, pronta a reagire, lo studiai finché lui, come previsto, non accennò a voler scagliare un incantesimo. «Protego!» urlai, muovendo la bacchetta proprio difronte a me, lasciando che uno scudo di luce azzurra si mettesse tra me ed il mio avversario. Se tutto fosse andato come immaginato, il mio incantesimo mi avrebbe permesso di difendermi dal primo tentativo del ragazzo di mettermi in difficoltà e quello mi avrebbe dato l'occasione di continuare a studiare paziente i movimenti del mio avversario. Ero sempre stata molto impulsiva nella mia vita e c'erano state volte che la mia impazienza mi avevano quasi condannata alla morte, non avrei rifatto lo stesso errore - sebbene, col professore presente, non c'era quel rischio. Forse.
    «Tutto qui, Harris? Sul serio?» lo provocai, nella speranza che abboccasse e facesse nuovamente la prima mossa. Un trucchetto che ebbe il risultato sperato perché Mike agitò nuovamente il suo legno e, prima che potesse terminare di pronunciare l'incanto, cercai di precederlo col mio: «Impedimenta!» Rallentare i suoi movimenti mi avrebbe dato un vantaggio non indifferente, permettendomi perfino di diventare offensiva. Fu così che, senza aspettare oltre e per evitare che Mike avesse il tempo di riflettere, giocai nuovamente d'attacco e «Stupeficium!» urlai con decisione, sbilanciandomi in avanti con tutto il corpo, come se quel mio movimento avrebbe potuto - in qualche modo - favorire la buona uscita del mio schiantesimo. Il fascio di luce rossa illuminò la stanza e si scontrò con l'incantesimo del mio avversario. Chi avrebbe avuto la meglio?

    Strinsi la mano di Michael con un sorriso. «Tutto mio, Harris.» risposi sincera.
    Alexis Pierce, III anno, Grifondoro.

    - Interagito con Mike, Kenzie e Khyntia. Citato il profff.
    - Alexis ha giocato in difesa, castando prima un Protego e successivamente un Impedimenta, per poi passare alla mazzata finale: Stupeficium!
  12. .

    Alexis Pierce

    KxTq
    «Penso bene ma con il professor White non puoi essere mai così sicura di aver fatto un buon lavoro.» mi confidò Mackenzie ed io non potei che sospirare, profondamente d'accordo. Quell'uomo era un vero e proprio muro. Rigido, inflessibile, intransigente: nessuno studente lo aveva mai visto esprimere una qualsiasi emozione positiva. Era capitato di vederlo corrucciato per via dei pessimi risultati di Serpeverde durante il quidditch, quello sì, o compiaciuto per il fallimento di tutte le altre casate, ma per il resto era e restava un vero e proprio enigma, almeno per me. Non avevo ancora ben compreso se la sua severità avesse un qualche scopo educativo, se fosse un suo personalissimo (e discutibile) tentativo di prepararci a quello che avremmo potuto affrontare nel "mondo reale", o se quel suo modo di fare facesse semplicemente parte del suo carattere. In ogni caso, erano in molti a temerlo, in pochi invece sfidavano la sua autorità. Personalmente, cercavo sempre di impegnarmi al massimo per non finire nel suo mirino, cosa che invece Khyntia sembrava non voler fare. Non ero sicura di cosa avevo visto poco prima, quando avevo intercettato la mia compagna guardare minacciosamente il professore e viceversa, ciò di cui ero piuttosto certa riguardava la piega che avrebbe preso quella situazione se solo la Lloyd non ci avesse dato un taglio. Se c'era una cosa che avevo imparato nella mia breve ma intesa esistenza era che i professori avevano sempre il coltello dalla parte del manico e beh, il professor White non sembrava una persona da farsi nemica. La risposta di Khyntia al mio sguardo fu breve ed evasiva, ma decisi di farmela andar bene e le annuii. «Siamo circondati da fatti, persone, elementi vivi e non che possono generarci uno stato d’ansia, di tormento. Lei di cosa ha paura signor Watanabe? E lei... miss Pierce?» sentii tuonare il professore, quasi potesse leggere nei miei pensieri. Alzai lo sguardo sul White e indurii brevemente la mascella, cercando di concentrare i miei pensieri su qualcosa che non fossero le mie paure. Non stava facendo riferimento a quelle, giusto? «Credimi, non sei l'unica.» bisbigliai a Mackenzie, prima di mettermi in fila indiana, pronta ad affrontare il mio molliccio. Trovarsi faccia a faccia con le proprie paure non piace a nessuno. Doverlo fare davanti ad una platea di studenti che, potenzialmente, avrebbero potuto usarla contro di te... faceva seriamente schifo. Mi preparai così mentalmente a quello che avrei affrontato di lì a poco e piegai il collo prima in direzione della spalla destra e poi della sinistra, poi estrassi la bacchetta.

    Vedere l'uomo che aveva abusato di me conciato in quel modo ridicolo riuscì a strapparmi un breve sorriso, ma a giudicare dal boato di risate che si sollevò alle mie spalle, quella vista ebbe il risultato sperato sui miei compagni che invece non potevano sapere quale fosse la reale identità dell'uomo. Sollevata e contemporaneamente tesa, cercai di raggiungere gli ultimi della fila, insieme a chi aveva già svolto l'esercizio. Durante il tragitto però fui fermata dalla Corvonero che - scorta la mia irrequietezza - mi afferrò le punte delle dita prima che potessi abbandonare la fila per assicurarsi che stessi bene. Presa alla sprovvista, annuii soltanto nella speranza che il mio sorriso seppur debole l'avrebbe rassicurata. In fondo, malgrado le pessime aspettative che avevo prima dell'esecuzione dell'incantesimo, ero riuscita a cavarmela abbastanza bene ed ero soddisfatta di me stessa. Erano passati anni dall'ultima volta che avevo visto il mio aggressore, anni in cui avevo vissuto più forte di prima, anni in cui avevo dovuto lottare contro i miei demoni e contro le sensazioni che la violenza subita mi aveva lasciato addosso. Riuscire a liberarmi di tutto quello schifo non era stato semplice, tutt'altro. Come una macchia indelebibile, per molto tempo mi ero sentita sporca, marchiata a vita da qualcosa che non mi ero cercata, che non sarebbe dovuta succedere a nessuno, tantomeno a me, specialmente all'interno delle mura di casa propria, sotto agli occhi delle persone che avrebbero dovuto proteggermi. Un episodio che mi aveva costretta a crescere in fretta, ma che cominciavo a pensare di potermi lasciare definitivamente alle spalle. Quella nuova consapevolezza mi faceva sentire libera.

    «Harris» lo salutai con un cenno del capo, prima di unirmi a lui in quello che sarebbe stata l'ennesima esercitazione sul tema caldo del giorno: le nostre fottutissime paure. Fui quasi sollevata di finire in coppia con qualcuno che non sapeva praticamente niente di me, avrei sentito meno la pressione del giudizio. «Abbiamo altre alternative?» domandai a Michael, sfilando la bacchetta dalla divisa prima di raggiungere il suo fianco, pronta a fronteggiare qualsiasi cosa fosse uscita dal baule non appena fosse stato il nostro turno. L'attesa fu più breve del previsto e, quasi senza rendercene conto, arrivò il nostro turno. Armati di fronte a quella creatura diabolica, alzammo entrambi la bacchetta non appena quello cominciò a roteare su sé stesso in cerca delle giuste fattezze per spaventare entrambi, o così immaginavo. Per questo, rimasi quasi interdetta quando - dopo un gran numero di secondi in cui il molliccio non fece altro che murare forma così velocemente da renderci impossibile capire quale fosse la sua reale essenza - davanti a noi apparve quella che sembrava essere una...luna? Confusa, cercai lo sguardo di Mike che, platealmente preso alla sprovvista e probabilmente anche un po' in contropiede, pareva in imbarazzo. Aveva davvero paura della notte? Insomma, un ragazzone grande e grosso come lui? Certo, anche a me era capitato di spegnere una luce durante la notte e di cercare di raggiungere la mia camera praticamente correndo per evitare qualunque presenza incorporea - pensavo - si sarebbe potuta palesare in quel breve frangente, ma non mi sarei mai aspettata potesse riguardare anche un Serpeverde come l'Harris, non con la fama che precedeva il fratello. A meno che... - e mi parve quasi assurdo il solo pensiero, lui non fosse un lu-«Pierce! Ora!» lo sentii urlare, distogliendomi dai miei pensieri. Senza perdere altro tempo, agitai con decisione la bacchetta ed insieme urlammo: «Riddikulus!» E se il mio incantesimo avesse funzionato, la luna piena si sarebbe dovuta trasformare in una grossa palla fitness color ocra, la prima cosa che mi era venuta in mente.
    Alexis Pierce, III anno, Grifondoro.

    - 1 paragrafo: citata Khyntia e il prof, interagito con Kenzie;
    - 2 paragrafo: riflessioni di Alexis riguardanti la sua paura;
    - 3 paragrafo: esecuzione dell'esercizio insieme a Mike col quale ha interagito!
    Quale sarà l'esito del Riddikulus: 1
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      1
    • Inviato il
      22/3/2023, 15:48
      camden.
  13. .

    Alexis Pierce

    KxTq
    Salutai Khyntia con un sorriso e ricambiai il suo cenno del capo, poi presi posto affianco alla Corvonero. Era la prima volta che ci riunivamo, dopo la festa di San Valentino. Non che non ci fossimo incrociate in altre occasioni, la Lloyd era una delle mie compagne di stanza infondo, ma non eravamo state più così vicine da allora, non tutte e tre almeno. Il mio pessimo umore delle ultime settimane aveva distrutto la mia - già esigua - voglia di socializzare, motivo per cui mi ero pressocché isolata. Avevo passato molto tempo sui libri e non mancavo agli allenamenti di quidditch, ma per il resto ero stata a dir poco sfuggente. Malgrado tutta la "questione Carrie" mi ferisse, evitarla si era trasformato nel mio sport estremo preferito. Persino quel giorno, ero praticamente scappata dal dormitorio nella speranza di non vederla. Sapevo di doverla affrontare, prima o poi, ma preferivo accadesse più poi che prima.
    Ad ogni modo, la lezione del White non mi diede tanto modo di perdermi nei miei pensieri. Annunciato il compito in classe a sorpresa, fu una specie di corsa contro il tempo quella a cui fui costretta a prendere parte per riuscire a scrivere una relazione decente. Complice il fatto che avessi trascorso le vacanze di natale completamente sola al castello, era stato facile - tutto sommato - riuscire a produrre un compito decente. Così, quando il foglio sul quale stavo scrivendo decise di scivolare frettolosamente via dalle mie grinfie per planare ordinatamente sulla scrivania del professore, non me ne curai. Sapevo di aver dato il massimo. «Com'è andata?» sussurrai a Mackenzie, nei pochi minuti che antecedettero la lezione vera e propria di quella giornata: mollicci. «I ragazzi del terzo anno ormai conosceranno a menadito la creatura presente mentre gli appartenenti al secondo avranno il piacere di affrontare una creatura superiore per la propria classe di studio.» spiegò brevemente il professore, mentre trattenevo un sospiro. Amavo difesa come materia, ma non morivo dalla voglia di mettere in pubblica piazza i cazzi miei. Da quando avevo messo piede ad Hogwarts sembrava che quella scuola volesse farmi rivivere i traumi del passato ancora e ancora. Una maledizione che, speravo, sarebbe finita presto.
    Osservai con un certo fastidio come il professore cercò di mettere in ridicolo la mia compagna di banco e alternai lo sguardo tra l'uno e l'altra, prima darle una leggera gomitata per richiamare la sua attenzione. Cos'era tutto quell'astio nei suoi confronti? Aggrottai la fronte e scossi il capo interrogativa quando quella si voltò verso di me, poi tornai a seguire passivamente la lezione. «Ebbene, un molliccio assumerà unicamente l’aspetto della creatura che più tormenta i vostri animi ma non le sue abilità. È innocuo per così dire se non si considera l’aspetto esteriore che rasenta la nostra più folle, irrazionale, paura.» Che culo, pensai, scocciata, mentre prendevo posto proprio dietro a Khyntia che avrebbe fatto da aprifila: se proprio dovevo affrontare nuovamente la mia paura più grande, tanto valeva farlo subito. Com'è che si dice? Tolto il dente, tolto il dolore.
    La mia spavalderia, però, perse d'intensità nel preciso istante in cui Khyntia ebbe finito di affrontare il suo molliccio e raggiunse il fondo della classe. Davanti a quel grosso baule tremante, estrassi immediatamente la bacchetta di quercia dalla tasca interna della divisa scolastica e la puntai dritta difronte a me, deglutendo a vuoto preventivamente. Poi, prima che fossi veramente pronta ad affrontare ciò che sarebbe uscito fuori dal vecchio baule, il professore liberò il non-essere che immediatamente prese le sembianze di un uomo di mezz'età piuttosto trascurato e dallo sguardo languido: brizzolato, dalla barba incolta e gli occhi spenti, indossava dei semplici jeans e una camicia a quadri, in testa un cappello con visiera blu. Un "uomo comune" sarebbe stato il primo pensiero di chiunque lo avesse guardato, un semplice uomo avrebbero pensato i miei compagni, ma non io. Ressi tremante la bacchetta puntata dritta contro il petto dell'uomo e ferma sul posto, senza indietreggiare di un passo, cercai di trovare la forza di pensare a qualcosa di ridicolo che potesse cambiare la percezione che avevo di quella persona di cui solo Grace, tra tutti i presenti, conosceva la vera identità. Forza, forza, forza. mi ripetevo, mentre quello ammiccava e, senza ritegno, si sfilava lentamente la cintura dai pantaloni. Schifata e infastidita da quella vista, cercai di pensare più in fretta e ripetei più volte la formula tra me e me. Riddikulus, riddikulus. Con la mano sudata e un groppone in gola, continuai a stringere il mio legno finché, nel vederlo avanzare di qualche passo, non riuscì a contenermi e...«Riddikulus!» esclamai, con un movimento deciso. Se tutto fosse andato secondo i piani, gli abiti dell'uomo sarebbero dovuti cambiare, trasformarsi negli stessi di Britney Spears nel video musicale Toxic, dove aveva interpretato una hostess: top, minigonna e cuffia blu, tutto abbastanza striminzito e sicuramente non adeguato ad un uomo ultra 40enne. Sì, se l'incantesimo fosse riuscito, dalla classe si sarebbero elevate parecchie risate.

    Alexis Pierce, III anno, Grifondoro.

    - Interagito con Khyntia e Mackenzie, citata Carrie.
    - Fatto l'esercizio, ho lasciato l'esito aperto (?)
  14. .

    Alexis Pierce

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    Annuii brevemente al barman, quando quello mi servii il drink e afferrai il bicchiere, avvicinandolo maggiormente a me, prima di voltarmi in cerca del viso dell'altra. Rain era una Serpeverde piuttosto singolare. Con me, per esempio, si era sempre dimostrata una persona affabile, aggettivo che chiaramente non rappresentava la maggior parte degli appartenenti alla sua casata, ma che descriveva - invece - i nostri incontri sempre e solo fortuiti. Ciò nonostante, malgrado non potessimo definirci "amiche", fermarmi a chiacchierare con la rossa era sempre qualcosa che facevo con piacere. «Ti sembrerà strano, ma... leggevo.» dissi, portandomi il bicchiere alle labbra prima di continuare. Pareva assurdo persino a me, a dire il vero. Solo qualche mese prima, avrei fatto di tutto per liberarmi dei libri e passare più tempo con la mia tavola, eppure i miei hobby erano cambiati, da quando frequentavo la scuola di magia. «Mi godevo un'ultima serata fuori dal castello.» ammisi poi, cercando di omettere la parte in cui ero preoccupata per Carrie e per il nostro rapporto. Provavo sentimenti contrastanti nei confronti del suo ritorno ad Hogwarts: da una parte, fremevo dalla voglia di vederla e speravo che le vacanze le avessero chiarito tutto ciò che l'aveva mandata in tilt dopo il nostro bacio, dall'altra proprio non riuscivo ad allontanare quella sensazione negativa che mi suggeriva di aver fatto un bel buco nell'acqua.
    Il sapore dolciastro e rinfrescante del mio Long Island mi riportò al presente, quello sul quale non riuscivo a focalizzarmi da settimane, ormai. Vidi la rossa buttar giù un sorso del suo whisky e solo allora notai che Rain, oltre ad essere palesemente nervosa per qualcosa che era sicuramente accaduta durante il maledettissimo ballo della vigilia, sembrava quasi...turbata. «Un cadavere in meno, ottimo.» cercai di ironizzare, dispiaciuta che anche lei non se la passasse bene. «E' il caso che ti chieda cosa c'è che non va, o preferisci dirmi perché sei trasalita quando mi sono avvicinata?» Due opzioni, entrambe dirette. Era uno degli aspetti del mio carattere che più metteva in difficoltà le persone che non mi conoscevano tanto bene, ma avevo sempre preferito l'onestà a tutto il resto. D'altronde, che senso aveva scappare dai propri problemi, se quelli poi rimanevano lì, sospesi, ad aspettarti?! Ok, dovevo decisamente smetterla di pensare alla Marshall. E sarebbe stato persino più facile se, col tempo, per ovviare alla sua mancanza, non avessi impresso nella mente dettagli del suo viso che - a volte, mi avevano tenuta sveglia la notte: quei suoi occhi chiari e curiosi, le sue lentiggini, quel dannato sorriso che le compariva sul volto davanti alle cose più banali... Mi avvicinai il bicchiere alle labbra e bevvi un bel sorso del mio drink, prima di rivolgermi alla rossa. «Domande di riserva?.» scherzai, piegando l'angolo delle labbra in un sorriso tirato per poi inspirare lungamente prima di espirare silenziosamente per un tempo indefinito. «Ti sembra mai di non sapere cosa stai facendo?» le chiesi, fissando il mio bicchiere, con entrambi gli avambracci piegati sul bancone. «Si, insomma... di andare avanti, ma senza una cazzo di destinazione precisa.» continuai, persa nelle mie riflessioni. «A volte mi sembra di avere così tanta strada ancora da fare, altre di aver vissuto più vite in una. Non lo so. Scusami, ti sto ammorbando.» sospirai, tirandomi indietro rimettermi in posizione eretta. «E' un periodo fottutamente incasinato. Vorrei solo poter lasciare la mia testa da qualche parte e godermi una serata in pace, ma... come vedi.» le feci, cercando di sorridere.
  15. .

    Alexis Pierce

    KxTq
    Lanciai pesantemente i libri nella vecchia tracolla di pelle, recuperai qualche pergamena nuova ancora in giro per la stanza e, cercando di non farmi sentire dalle altre, mi precipitai fuori dal dormitorio. Difesa contro le arti oscure era una delle mie materie preferite e generalmente nemmeno il fatto che fosse proprio l'intimidatorio vice-preside White ad insegnarla riusciva a scoraggiarmi dall'affrontare la lezione con entusiasmo, in quell'ultimo periodo - però - l'unica cosa che desideravo segretamente era di scivolare nelle vecchie abitudini, un'ossessione stupida che cercavo di scacciare ogni fottutissima volta che il nervosismo riusciva a prendere il sopravvento sul mio buonsenso. Dopo quella stupida festa di San Valentino alla quale avevo partecipato e che era finita - a dir poco - male (per diversi motivi), mi ero praticamente barricata nell'ultimo posto in cui le mie compagne mi avrebbero cercata: la biblioteca. Erano ormai dieci giorni circa che scivolavo fuori dal letto prima delle altre, la mattina e cercavo di rientrare più tardi possibile, la sera. Non ero arrabbiata con nessuno, in realtà, ma il modo in cui erano andate le cose con Carrie era davvero lontano da quello che mi ero aspettata. Stupida illusa.
    Persa nei miei pensieri, quasi travolsi un'altra povera studentessa che trovai lungo il tragitto per i sotterranei. «Cazzo. Scusami, stai bene? Non ti ho proprio vista.» dissi, afferrandole prontamente il braccio per evitare che quella finisse in terra. Fu proprio quando lei si voltò che ricordai di averla già vista. E come dimenticarlo...«Kenzie, giusto? Alexis, noi... - abbiamo limonato alla festa, stavo per dirle, poi abbassai lo sguardo per qualche secondo e quando tornai a guardarla incrociai le braccia al petto - ...stavi andando a lezione? Ti spiace se ti accompagno?» Magari avere un'alleata, avrebbe reso più leggera la lezione del professor White.

    La classe era immersa nel più completo silenzio. Non una mosca si sentiva volare nell'aula, solo qualche borbottio soffocato insieme al raschiare delle piume sulla superficie ruvida delle pergamene. Quella relazione a sorpresa era l'ultima cosa che mi sarei aspettata quel giorno, ma almeno potevo finalmente dire che le lunghe ore passate in biblioteca avevano acquistato un senso. Come tutti gli altri, non emisi un fiato, ma scrissi il mio elaborato cercando di non alzare la testa dal foglio: il professore era uno piuttosto attento e l'unica cosa saggia da fare era evitare il suo sguardo e dimostrare - con i fatti - di non essere un completo disastro, cosa della quale non ero certa, ma vabbè. Cercai di essere schematica e precisa nelle definizioni che conoscevo, il ché mi avrebbe permesso sicuramente di allungare il brodo, ma anche di far notare al prof. il mio reale interesse nei confronti della materia, dettaglio che quasi sicuramente non avrebbe notato e tutto per via dei colori della mia divisa scolastica. Pazienza: ero una Grifondoro e ne andavo fiera. «Tempo scaduto, su le piume dai fogli.» ordinò l'uomo, preoccupandosi personalmente - con un tocco di bacchetta - di sfilarci i fogli per impedirci di disobbedirgli. Da brividi.
    Sorrisi debolmente alla Corvonero seduta al mio fianco, la stessa che mi aveva fatto compagnia lungo il tragitto fino alla classe e tornai a focalizzarmi sul professore non appena lui fece levitare un grosso baule davanti ai nostri occhi. Lo osservai, trovandolo persino stranamente familiare. Qualunque cosa fosse, pensai, l'avevamo già affrontata, ma non ebbi il coraggio di arrischiare una qualche risposta, piuttosto mi limitai ad ascoltare l'ipotesi di Michael Harris secondo cui si trattava di Mollicci. Mi tirai sulla sedia, improvvisamente nervosa e mi schiarii la voce senza farmi sentire. Quella dannata scuola sembrava un corso di sopravvivenza alle proprie paure. E le mie, di paure, non desideravo altro che dimenticarle.
    Alexis Pierce, III anno, Grifondoro.

    - Citato in generale le compagne di stanza (primo paragrafo);
    - Urtato Mackenzie, Alexis le chiede di proseguire insieme verso l'aula;
    - Scrive la relazione in silenzio, e si limita ad ascoltare gli interventi degli altri.


    Edited by camden. - 1/3/2023, 22:28
67 replies since 21/10/2022
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