Lezione di Difesa Contro le Arti Oscure A.S. 2022/2023 - IIammessi studenti FINO AL 3° ANNO.

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    Dylan
    Nell’aula non volava una mosca, il silenzio regnava sovrano se non si fosse tenuto in considerazione il grattare delle piume sulle pergamene. Gli studenti erano divisi per classe scolastica, da un lato, la destra, tutti gli appartenenti al terzo anno mentre sulla sinistra la classe immediatamente inferiore. Nessuna possibilità che i ragazzi potessero mischiarsi tra loro né, per come erano divisi, che potessero confabulare sotto l’occhio attento del docente che vigilava su di loro. «Tenga la testa sul compito miss Goldberg», sentenziò scadendo, quasi con noia, ogni parola donandole più enfasi del necessario. In realtà, Dylan, quasi ci sperava che la ragazza trasgredisse al suo ordine così da decurtare qualche punto, per puro divertimento, ai Corvonero. Chiaramente non aveva digerito l’esito infausto della partita di campionato di Quidditch che aveva visto le sue serpi soccombere così platealmente il confronto contro i bronzo-blu. La sua sfuriata nella sala comune era stato qualcosa che si avvicinava all’epocale e che ancora si chiacchierava tra i corridoi del castello lontano dalle sue orecchie ma non dalla ricezione del suo potere. Le altre case sogghignavano mentre i suoi erano consci che non sarebbero stati tollerati ulteriori passi falsi in vista della coppa delle case. Quella del Quidditch era oramai andata ma quella della competizione sportiva poteva equipararsi alla stregua di una battaglia, la vera guerra era ben altro, era quella che avrebbe decretato la casa vincitrice e della quale il castello avrebbe vestito i colori durante tutto il mese degli esami. Quella era la gloria alla quale Dylan ambiva per i Serpeverde per portare fieramente alto il nome di Salazar, eppure, quegli sciocchi bamboccioni dovevano rovinare ogni cosa con il loro temperamento. Prendevano richiami, perdevano punti, perdevano la testa in partita e fuori da essa tra i banchi di scuola. Così deludenti.
    «Cinque minuti alla fine.» La sua voce scandì il tempo rimanente con una certa noia nel timbro mentre di fondo, il rumore di alcune piume, gracchiava più freneticamente sulla pergamena per imprimere le ultime nozioni di quel compito in classe – a sorpresa, più o meno – nella speranza (in alcuni casi vana) di ottenere un buon voto che potesse sanare o innalzare la media di determinate case. Si tirò su dallo schienale della seggiola dalla quale annoiato vegliava che nessuno copiasse e, di tanto in tanto appuntava cose nella sua agenda d’altronde non gli serviva realmente utilizzare la vista per coglierli sul fatto... «Tempo scaduto, su le piume dai fogli.» Sentenziò prendendo in pugno la bacchetta. «Ho detto: su le piume.» Un colpo di bacchetta e tutte le pergamene si sollevarono all’unisono levitando fino alla cattedra dove si impilarono in due ordinati plichi. «Molto bene. Fuori i libri.» Ed eventuali quaderni, adesso sarebbero passati alla parte saliente della lezione affrontando un nuovo argomento per gli studenti del secondo anno mentre per quanto avrebbe riguardato il terzo avrebbero affrontato nuovamente il “nemico”. Dylan glielo aveva anticipato in precedenza che si sarebbero trovati nuovamente a fare i conti con quella creatura e presto detto aveva mantenuto la parola. I ragazzi del terzo anno l’avevano affrontato durante i primi mesi dell’anno ed erano inoltre stati messi in guardia che si sarebbe trattato d’argomento d’esame per cui, dopo mesi di tregua – per modo di dire – ecco di nuovo il baule nero levitare, a seguito di un nuovo colpo di bacchetta da parte del vicepreside, al centro dello spazio libero compreso tra la cattedra ed i banchi. «Idee?» Chiese alzandosi dal suo trono per passeggiare, come faceva di consueto durante le sue lezioni, innanzi la classe. «Qualcuno sa dirmi quale creatura è qui nascosta? Quali le capacità e le caratteristiche?» Domande di rito le sue mentre solenne osservava, soffermandosi con una certa aspettativa principalmente sui ragazzi della sua casa, i visi stremati dal compito a sorpresa degli studenti.


    Buongiorno a tutti e benvenuti alla prima lezione di DCAO per anni fino al terzo.
    L’ambientazione è la seguente: siamo già in classe, da circa un’ora, e state affrontando un compito a sorpresa che ha imposto Dylan. Affrontate il compito, inventando il tema e come vi approcciate allo stesso.

    Ricordo a tutti le regole basilari di una role multipla: LO SPOILER.
    Per ogni spoiler dimenticato verranno sottratti 10 punti alla casa d'appartenenza del player dimentico.
    Siete tenuti a scrivere: Nome, Cognome, la casa di appartenenza e l’anno frequentato. In più, una breve descrizione delle vostre azioni nominando i pg con cui avete interagito o solamente citato.
    Esempio:
    “Tizio Caio, III anno, Dittorosa
    Entrato in classe e risposto ad una delle domande, interagito con Pinco Pallo”

    Non esistono risposte propriamente giuste o sbagliate, sbizzarritevi con i ragionamenti e DIVERTITEVI!

    Per dubbi circa lo svolgimento di una lezione invito a leggere il regolamento di cui di seguito riporterò un estratto circa i ritardi:
    CITAZIONE
    “Indi per cui, post che arriveranno oltre la scadenza saranno valutati con un MALUS FINO A -30 PUNTI alla casa di appartenenza dello studente e, a discrezione del professore master della lezione, la cancellazione del post stesso con annesso punteggio dimezzato alla voce presenza e obbligo di recuperare entrambi i giri.”

    Scadenza mercoledì 8 marzo entro le ore 12.
    NON SONO ACCETTATE RISPOSTE OLTRE LA SCADENZA.
    Andrò avanti postando giovedì. :flow:
     
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    Serpeverde
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    Michael Harris

    Dopo la sconfitta contro i Corvonero, Mike, non aveva trovato tregua. Era passato attraverso sensazioni contrastanti che, nell’insieme, l’avevano portato fuori di testa e dopo l’ultimo incontro con Dean Harris, mantenere la calma era l’unica cosa che poteva tentare per non perdere il controllo di sé stesso. Una parola. Come se fosse facile. Immancabilmente, però, qualche cosa riusciva a sottrargli quella serenità, a suo parere meritata. Si alzò dal letto di primo mattino e, dopo aver osservato per qualche istante i due coglioni ancora tra le braccia di Morfeo, si preparò per la consueta e frustrante giornata che lo attendeva lì, dietro l’angolo. Niente di nuovo, ci era abituato e, da un lato, preferiva quella noiosa routine al luogo dove aveva vissuto per tutti quegli anni, ignorando di non essere il benvenuto se non a certe condizioni. Il male. Quell’uomo che aveva contribuito a mettere al mondo lui e suo fratello, altri non era che Lucifero sceso in terra. Il Re degli inferi, tornato dal regno dei morti per fargli pagare un conto che, fino a prova contraria, non gli apparteneva. Non avevano scelto di loro spontanea volontà di nascere in quella famiglia fottutamente disfunzionale e fornita di un gene che, mai nella vita, qualcuno avrebbe voluto. Insomma, una sfiga dietro l’altra. Inspiegabile e schifosamente reale, tanto da non poter muovere un dito per riuscire a contrastare quello che, fino alla fine dei suoi giorni, lo avrebbe atteso. Vedeva David così tranquillo e beato a crogiolarsi nella sua condizione che, quasi, sentiva del rancore anche per quel motivo. Come ci riusciva? Scrollò la testa e si arrese al tutto. Si lasciò alle spalle quei pensieri così drammatici e si gettò a capofitto nella routine scolastica.

    Il disappunto del Professor White era palpabile. Chiaro e limpido davanti agli occhi di tutti. Quella partita di quidditch che aveva procurato un danno evidente al punteggio dei Serpeverde, l’avevano –in tutto e per tutto- deluso. Come dargli torto. Nonostante ce l’avessero messa proprio tutta per andare oltre a quell’incontro, la fortuna non girava sempre a loro favore. La mano colpita dal bolide, tra l’altro, dava ancora qualche accenno di dolore ogni tanto, ricordandogli quanto avevano fatto schifo. Bastardi. Teneva la testa china sulla pergamena sulla quale, con ordine, aveva risposto a tutti i quesiti posti dall’insegnante. Mike, meticoloso rompi coglioni che non avrebbe mai accettato che un risultato negativo, macchiasse il suo curriculum scolastico, ora non faceva altro che vacillare, aspettandosi inculate a destra e a manca. Sbuffò e quando il Vice Preside decretò la fine del compito, la piuma del giovane Harris era già posata da un pezzo. Almeno il compito, cazzo. Si augurò, visto e considerate le notti passate a studiare, lontano dal mondo. Alzò lo sguardo e lo posò sulla Grifondoro al suo fianco, pochissimi attimi, prima di tornare a farsi i cazzi suoi, indisturbato e anche leggermente a disagio. Grace era stata una piacevole scoperta che, però, era giunta nel periodo più nero della sua vita. Una vera sfortuna che, probabilmente, l’aveva spinta tra le braccia di quell’altro. Il dj dalla rabbia facile. Beh, se fosse stata attratta da quei tipi dall’indole irascibile, dopo la trasformazione, sarebbe potuto divenire pane per i suoi denti. Ahhhh. Non è il momento. Tutto a suo tempo. Prima o poi sarebbero riusciti ad avere un confronto riguardanti quelle ardue dinamiche che li avevano visti vicinissimi la sera di Natale. Sbuffò e attese che tutto seguissero le direttive del docente, prima di focalizzarsi sulla sua parola solenne. Gli metteva i brividi, non tanto come il padre, ma il Signor White esercitava una sorta di soggezione in lui, capace di mantenerlo calmo e concentrato, solo per tentare di compiacerlo. Una cosa abbastanza malata, sotto alcuni certi punti di vista anche se, era convinto, che facesse questo effetto a molti. Estrasse il libro della materia in questione e lo aprì in una pagina casuale, senza staccare lo sguardo da quello che sembrava essere un normale baule contenente qualche cosa di, a suo dire, abbastanza temibile. Che poteva stare in baule comodamente? Non vi erano molte creature capaci di entrare lì dentro. Portò la mano sotto il mento, appoggiandocelo sopra ed assumendo un’aria pensierosa ma, allo stesso tempo, sveglia. Ma certo. Alzò la mano, in modo educato, così come gli era stato apparentemente insegnato dalla troia di suo padre: “Potrebbe essere un Molliccio.” Il suo sguardo glaciale misto al suo tono piatto e indifferente, denotava una certa sicurezza su ciò che aveva appena proferito, nonostante stesse azzardando l’argomento, senza nessuna certezza di fondo. “Assume la forma di qualsiasi cosa spaventi il mago con il quale entri in contatto. In caso contrario, non si è a conoscenza del suo aspetto reale, quando si trova rinchiuso da qualche parte da solo.” Ne aveva già sentito parlare, più e più volte ma mai si era ritrovato faccia a faccia con quella creatura che, tutto sommato, riusciva ad affascinarlo. Serrò le labbra e terminò la sua spiegazione, senza andare oltre, convinto che vi fossero altre informazioni utili che avrebbero completato le sue e, così facendo, gli avrebbero permesso di sapere un po’ di più sull’argomento.
    Le paure. Non si era mai interrogato su quanto i suoi timori, intaccassero la sua quotidianità ma, per un certo verso, se si fosse trovato davanti a uno di quei cosi, era consapevole che quest’ultimo, avrebbe preso le fattezze di una persona. Colui nel quale scorreva il suo stesso sangue: Dean Harris. Sì. Ancora una volta avrebbe esercitato il suo potere su di lui e senza neanche saperlo direttamente. Un’ingiustizia che lo avrebbe accompagnato per i secoli dei secoli, senza permettergli di fuggire da quel destino che lo legava, indissolubilmente, al fratello e alla famiglia d’origine.

    Michael Harris, II anno, Serpeverde.
    Non ha intereagito con nessuno (stranoH). Osserva Grace (PNG) e poi si concentra e tenta di rispondere alla domanda del Proffo.


    Edited by Harris Jr. - 1/3/2023, 16:07
     
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    Alexis Pierce

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    Lanciai pesantemente i libri nella vecchia tracolla di pelle, recuperai qualche pergamena nuova ancora in giro per la stanza e, cercando di non farmi sentire dalle altre, mi precipitai fuori dal dormitorio. Difesa contro le arti oscure era una delle mie materie preferite e generalmente nemmeno il fatto che fosse proprio l'intimidatorio vice-preside White ad insegnarla riusciva a scoraggiarmi dall'affrontare la lezione con entusiasmo, in quell'ultimo periodo - però - l'unica cosa che desideravo segretamente era di scivolare nelle vecchie abitudini, un'ossessione stupida che cercavo di scacciare ogni fottutissima volta che il nervosismo riusciva a prendere il sopravvento sul mio buonsenso. Dopo quella stupida festa di San Valentino alla quale avevo partecipato e che era finita - a dir poco - male (per diversi motivi), mi ero praticamente barricata nell'ultimo posto in cui le mie compagne mi avrebbero cercata: la biblioteca. Erano ormai dieci giorni circa che scivolavo fuori dal letto prima delle altre, la mattina e cercavo di rientrare più tardi possibile, la sera. Non ero arrabbiata con nessuno, in realtà, ma il modo in cui erano andate le cose con Carrie era davvero lontano da quello che mi ero aspettata. Stupida illusa.
    Persa nei miei pensieri, quasi travolsi un'altra povera studentessa che trovai lungo il tragitto per i sotterranei. «Cazzo. Scusami, stai bene? Non ti ho proprio vista.» dissi, afferrandole prontamente il braccio per evitare che quella finisse in terra. Fu proprio quando lei si voltò che ricordai di averla già vista. E come dimenticarlo...«Kenzie, giusto? Alexis, noi... - abbiamo limonato alla festa, stavo per dirle, poi abbassai lo sguardo per qualche secondo e quando tornai a guardarla incrociai le braccia al petto - ...stavi andando a lezione? Ti spiace se ti accompagno?» Magari avere un'alleata, avrebbe reso più leggera la lezione del professor White.

    La classe era immersa nel più completo silenzio. Non una mosca si sentiva volare nell'aula, solo qualche borbottio soffocato insieme al raschiare delle piume sulla superficie ruvida delle pergamene. Quella relazione a sorpresa era l'ultima cosa che mi sarei aspettata quel giorno, ma almeno potevo finalmente dire che le lunghe ore passate in biblioteca avevano acquistato un senso. Come tutti gli altri, non emisi un fiato, ma scrissi il mio elaborato cercando di non alzare la testa dal foglio: il professore era uno piuttosto attento e l'unica cosa saggia da fare era evitare il suo sguardo e dimostrare - con i fatti - di non essere un completo disastro, cosa della quale non ero certa, ma vabbè. Cercai di essere schematica e precisa nelle definizioni che conoscevo, il ché mi avrebbe permesso sicuramente di allungare il brodo, ma anche di far notare al prof. il mio reale interesse nei confronti della materia, dettaglio che quasi sicuramente non avrebbe notato e tutto per via dei colori della mia divisa scolastica. Pazienza: ero una Grifondoro e ne andavo fiera. «Tempo scaduto, su le piume dai fogli.» ordinò l'uomo, preoccupandosi personalmente - con un tocco di bacchetta - di sfilarci i fogli per impedirci di disobbedirgli. Da brividi.
    Sorrisi debolmente alla Corvonero seduta al mio fianco, la stessa che mi aveva fatto compagnia lungo il tragitto fino alla classe e tornai a focalizzarmi sul professore non appena lui fece levitare un grosso baule davanti ai nostri occhi. Lo osservai, trovandolo persino stranamente familiare. Qualunque cosa fosse, pensai, l'avevamo già affrontata, ma non ebbi il coraggio di arrischiare una qualche risposta, piuttosto mi limitai ad ascoltare l'ipotesi di Michael Harris secondo cui si trattava di Mollicci. Mi tirai sulla sedia, improvvisamente nervosa e mi schiarii la voce senza farmi sentire. Quella dannata scuola sembrava un corso di sopravvivenza alle proprie paure. E le mie, di paure, non desideravo altro che dimenticarle.
    Alexis Pierce, III anno, Grifondoro.

    - Citato in generale le compagne di stanza (primo paragrafo);
    - Urtato Mackenzie, Alexis le chiede di proseguire insieme verso l'aula;
    - Scrive la relazione in silenzio, e si limita ad ascoltare gli interventi degli altri.


    Edited by camden. - 1/3/2023, 22:28
     
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    Phoebe Emily Smith

    Altro giro altra corsa!
    Era ciò che si stava ripetendo quel giorno la grifondoro. La lezione a cui si accingeva a prendere parte era l’ennesima di Difesa Contro le Arti Oscure. Il professore in questione il Signor White non che anche vicepreside era un uomo molto severo e ligio alle regole nella su classe cosa che a Phoebe non dispiaceva ma che rendeva le sue lezioni leggermente pesanti. Stare ore ferma al posto in senza muoversi era così noioso e la cosa peggiore era che anche il respiro più pesante a volte sembrava essere udito dal Professore.
    La borsa con tutto l’occorrente era posizionata sulla sua spalla e dopo aver preso posto nell’aula e aver salutato qualche compagna, la voce del Professore fece irruzione azzittendo tutti. Erano stati divisi per anno scolastico e aveva preparato una bella sorpresina per tutti gli alunni di quella giornata: un compito in classe a sorpresa. “Oh no! Vuole torturarci così?” Pensò la grifondoro assumendo un’espressione sorpresa e spaventata. Non ci si poteva certo tirare indietro e fu così che iniziò quella lezione con Phoebe che guardava la sua pergamena ed armeggiava con la sua piuma. Ogni tanto si grattava la testa e cercava di ricordare dei dettagli utili da poter scrive mentre sotto al banco muoveva il piede in un movimento veloce ma senza rumore, ferma era impossibile, per lei, restare. Uno sbuffo leggero ogni tanto e la piuma che andava frenetica sulla pergamena. Il tempo sembrava scorrere troppo velocemente e non era certa di riuscire a scrivere il tutto ma ce la stava davvero mettendo tutta. Chissà se presto le sarebbe uscito il fumo dalle orecchie. La voce del professore che scandì i cinque minuti alla fine la fece sobbalzare e alzare per un attimo la testa in direzione dell’uomo. «Merlino...» disse in un sussurro mentre riprese a scrivere ancora più velocemente e i suoi pensieri si aggrovigliavano. “ L’ho scritta la differenza? Ah si certo! Devo scrivere il perché e cosa muove tale azione.” Si, signori era completamente assorta, inpanicata e presa dalla scrittura. La voce del Professore riecheggiò nuovamente nell’aria ma questa volta per porre fine alla prova. Phoebe alzò la testa dopo aver scritto l’ultima parola e aver messo punto, proprio in tempo per vedersi volar via di mano pergamena e piuma. Sbuffò facendo muovere un ciuffo di capelli e si accasciò leggermente sulla sua seduta. Si guardò in torno e vide che la situazione non era molto diversa dalla sua. Altro ordine dal Professore e Phoebe tirò fuori il libro, il quaderno e la matita pronta a prendere appunti. Guardò con curiosità quello che stava accadendo. Un baule che sembrava ben chiuso e pesante volò nello spazio vuoto tra la cattedra e i banchi. Phoebe si spostò leggermente con la schiena per poter osservare meglio e i suoi occhi si illuminarono leggermente. Cosa c’era la dentro? E cosa avrebbero studiato? La curiosità si accese in lei come ina scintilla di fuoco su un mucchietto di paglia. La domanda del professore era semplice e il suo compagno di lezione rispose con un’affermazione che fece impesierire Phoebe. Aveva già sentito quel nome “molliccio” ne era certa. Ad un tratto le venne in mente che suo fratello glie lo aveva nominato spiegandole che era stato complicato per lui domarlo ma che ci era riuscito alla fine e aveva anche detto un particolare. Non attese oltre ed alzò la mano in velocità quasi saltellando sul posto. Attese l’ordine del professore e poi provò a rispondere «Se li è presente un molliccio, come ha appena detto il mio compagno, so che bisogna ridere per poterli sconfiggere, perché loro temono le risate per lo stesso principio di cui si nutrono delle nostre paure.» Sperava di aver detto qualcosa di sensato ed esatto, e se così fosse stato per una volta suo fratello Matt era davvero servito a qualcosa, avrebbe dovuto ringraziarlo… Nah! Non avrebbe dovuto, in fondo era merito suo se aveva ben ascoltato la sua spiegazione e adesso se ne era ricordata servendosene. Abbassò la mano mentre continuava a muovere il collo per vedere meglio. Chissà cosa le sarebbe capitato in quella lezione. Si voltò ancora una volta al compagno che aveva al suo fianco e sorrise piena di curiosità, non stava nella pelle.




    Phoebe Emily Smith, II anno, Grifondoro

    -Entrata in classe, svolto il compito a sorpresa in maniera agitata.
    -Provato a dare una risposta al Professore riguardo al baule, unendomi alla risposta del compagno Harris.
    -Sorriso ed interagito con uno/a studente che è vicino a lei (chiunque voglia può interagire con la piccola Phoebe)


    Edited by STAFF. - 2/3/2023, 08:53
     
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    Si agitò sulla sedia, contento come un picchio, quando scoprì dell'imminente compito a sorpresa. “Che Salazar la abbia in gloria, professor White” pensò il giapponese sorridendo osservando la pergamena sul suo banco. Non sapeva dire il motivo, ma aveva sempre trovato i compiti teorici molto rilassanti, se poi erano a sorpresa anche meglio. C'era una certa soddisfazione nel trovarsi davanti delle domande e rendersi conto di sapere le risposte anche se non ci si era preparati appositamente per quello. Era un modo per capire che si stava lavorando nel modo giusto e che le ore passate sui libri non era stato tempo sprecato. Se la cavava decisamente meglio con la parte teorica che con quella pratica, almeno per quello che riguardava quella materia. Nonostante le mille lezioni imposte dal padre, i duelli non erano affatto il suo campo, non spiccava, gli era tutto molto innaturale, e ne aveva avuto la conferma definitiva la notte di Halloween quando, nonostante in ballo ci fosse la vita -seppur scoprì in seguito fosse solo una visione-, si era lasciato uccidere perché non aveva quello che serviva per andare fino in fondo. La teoria, invece, era tutto un altro paio di maniche. Ci sguazzava serenamente tra i libri e, compiti del genere non lo preoccupavano affatto.
    Trovò quell'ora davvero piacevole, la penna scivolava sulla pergamena ingiallita fermandosi solo per intingerla nell'inchiostro scuro e, talvolta, per il tempo necessario per rileggere quanto scritto. Mantenne un sorrisetto sereno per tutto il tempo, sperando che anche l'ora seguente l'avrebbero passata allo stesso modo così da racimolare qualche altro punticino per la sua Casa anche se, dopo l'ultima partita di Quidditch, si poteva dire piuttosto soddisfatto di come stessero andando le cose. Non era mai stato un grande appassionato di quello sport, ma vederlo giocato qui, abituato com'era alle partite nipponiche, ne era rimasto ancor meno entusiasta. Le serpi, poi, erano riuscite a dare uno spettacolo piuttosto imbarazzante e il Vicepreside lo sapeva bene. La sua reazione sarebbe stata motivo di chiacchiericcio ancora per molto. Quasi si sentì dispiaciuto per i verde-argento, ma nemmeno troppo. Stava cominciando a percepire la competizione.
    “Cinque minuti alla fine” le parole del sexy-prof lo distolsero dai pensieri che avevano cominciato a divagare, faceva sempre così quando stava per finire, doveva imparare a darsi una regolata da solo invece di aspettare che fossero gli altri a farlo per lui. Completò l'ultima risposta prestando attenzione anche alle ultime righe e, attendendo la fine, ricontrollò velocemente di non aver scordato niente. Poteva ritenersi soddisfatto quando le pergamene cominciarono a svolazzare magicamente verso la cattedra ma, ovviamente, preoccupato per ciò che sarebbe potuto avvenire subito dopo. In genere dopo la teoria veniva subito la pratica, e non ne aveva affatto voglia! Un sospiro di sollievo gli sfuggì dalle labbra quando venne richiesto di recuperare i libri, buon segno, mentre un'imprecazione partì nella sua testa non appena vide arrivare il grosso baule. Era abbastanza certo di quello che vi avrebbero trovato, avevano già cominciato ad affrontare l'argomento ad inizio anno e, purtroppo, sapeva bene che presto o tardi avrebbero continuato l'argomento. Avrebbe esposto la sua opinione ma quel Troll di Harris fu più veloce, facendogli piegare gli angoli della bocca verso il basso e annuendo con il capo, sorprendentemente meno sciocco di quanto sembrasse. Alzò a sua volta la mano attendendo il suo turno
    -Concordo, essendo dei mutaforma amanti dei posti chiusi si può supporre che ci sia davvero un Molliccio. In tal caso, si tratta di non-esseri, come i Dissennatori, che non sono mai stati vivi e, come giustamente diceva la mia compagna- si voltò sorridendo alla giovane Grifondoro che aveva preso parola prima di lui -Hanno origine e si mantengono in vita con le emozioni umane. Questo vuol dire che eliminarli sia inutile? Le risate li sconfiggono ma non li eliminano, tuttavia avrebbe senso farlo? Oppure, presto o tardi, un altro molliccio si riformerebbe al suo posto?- i non-esseri esercitavano su di lui un certo fascino, non riusciva a spiegarsi come delle creature potessero non essere, pareva surreale eppure erano li, visibili a loro modo. Quindi com'era possibile? Odiava che nel mondo magico ci fossero così tante cose interessanti a cui non si potesse dare una spiegazione se non: magia!


    Ryuu Watanabe, III anno, Corvonero
    Si è divertito a svolgere il compito a sorpresa, poverino è pazzo.
    Citati Mike e Phoebe e aggiunto qualcosa alla risposta oltre ad aver domandato cose al proffe.
     
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    Il ritorno alla routine era quello che serviva a Mackenzie, dopo l’ultima festa tenutasi ad Hogsmeade era pronta a tuffarsi più che volentieri nella normalità. Una normalità che un pò le stava stretta ma che decise ugualmente di accogliere benevolmente. Come ogni mattina, si era svegliata presto per ripassare i vari argomenti delle lezioni. Anche se, quella mattina, dedicò tutte le sue attenzioni a difesa delle arti oscure: una materia che la metteva parecchio in soggezione visto l’insegnante che la teneva. Il professor White era l’incarnazione del terrore puro e gratuito, più volte la giovane Rosier si era domandata come faceva un uomo ad essere così austero. Dopo essere sicura di aver memorizzato tutte le nozioni utili al superamento di quella lezione, andò nella sala grande per fare colazione. Prese l’ultimo sorso di succo di zucca e si indirizzò verso l’aula della lezione. Mentre camminava persa nei suoi pensieri – che erano nozioni più che pensieri –, vabbè urtata da qualcuno. Un qualcuno che non avrebbe voluto più vedere per almeno qualche mese. «Alexis, t-tranquilla.» Le sorrise cercando di restare serena, anche nel momento in cui gli scenari della festa di San Valentino si facevano spazio nella sua testa. «Hai ricambiato il favore, ora siamo parì.» Disse riferendosi al fatto che l’aveva urtata alla festa. Quello fu l’unico commento che riservò alla grifondoro sulla festa passata, poi non proferí parola sull’argomento. «Certo! Mi farebbe davvero tanto piacere.» Avere un’alleata le sembrò un’ottima idea, specie quando si trattava di una materia insidiosa come quella. Entrando nell’aula, presero posto una accanto all’altra per consolidare quella nuova alleanza. Prima di sedersi, però, sembrava che un’altra persona aveva adocchiato quel posto e contro ogni previsione la persona in questione era niente di meno che…Kynthia! Ottimo, pensò. «Ciao…Kynthia, giusto?» Le domandò mentre si sedeva tra le due grifondoro e invitava l’ultima a prendere posto con loro: il fantastico trio di quella sera era nuovamente formato. Che imbarazzo! Il compito di difesa contro le arti oscure non era certamente la cosa migliore che poteva capitarle quella mattina, eppure cercò di scrivere tutte le nozioni che sapeva. Stava scrivendo così tanto che temeva di avere un crampo improvviso alla mano ma prima che ciò accadesse, voleva terminare il suo compito. Si fermò e alzò il foglio per vedere se aveva dimenticato qualcosa: in alcune risposte era stata fin troppo completa mentre in altre era rimasta al minimo indispensabile. Terminato il compito, consegnò il proprio foglio all’insegnante e attese l’inizio della lezione. «Temo che per noi corvonero non sarà una passeggiata questa lezione.» I corvonero avevano vinto la partita contro i serpeverde e poteva percepire l’addio del professore nei loro confronti. Quello fu il motivo che spinse la giovane Rosier a non rispondere al primo quesito posto dal professore.

    Mackenzie Rosier, III anno, corvonero.

    Mackenzie ha interagito con Alexis, è entrata con lei a lezione e si è scontrata con Kyhntia. Si è seduta tra Alexis e Kynthia, poi ha interagito con entrambe.

    Non ha risposto al quesito perché teme il professore e preferisce testare prima il terreno.


    Edited by mackenzie. - 27/3/2023, 16:58
     
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    Ho fatto un sogno di merda, di quelli che non effetti non facevo da tempo. Sarà lo stress, sarà che sto nervosa da un po', sarà che boh, sarà che sto con la luna storta. Non lo so che sarà. O forse sì, forse è che quel brutto vizio di sopprimere le emozioni non me lo voglio proprio togliere. In realtà mi sono dovuta limitare: dopo la morte di mia madre gli unici modi a cui ho pensato per sfogare la rabbia erano... un pelo troppo drastici. Bui, inquietanti a tratti. Ho pensato quindi di muovermi, svagarmi, fare altro. Sono tornata ad una festa dopo un sacco di tempo. Che poi questa festa -per inciso quella di San Valentino - si sia rivelata essere alquanto imbarazzante per tutta una serie di ragioni, è un'altra cosa.
    Così eccomi distesa sul mio letto a fissare il soffitto flebilmente illuminato dalla luce dell'alba. Sbuffo al pensiero che potrei dormire altre due ore almeno ma ritirandomi più volte tra le coperte, al quarto tentativo capisco che proprio non ne voglio sapere di tornare a dormire. Nel mentre è passata un'altra ora, e quindi vaffanculo, mi alzo e ne approfitto per occupare il bagno per prima mentre le altre dormono ancora. Le guardo con un po' di invidia uscendo dalla stanza, vorrei essere capace di farmi una bella dormita anche io. Mangio qualcosa e faccio un giro più largo del solito per arrivare a lezione. Che sia un vago tentativo del mio subconscio di ritardare il più possibile l'incontro con Dylan White? Sì, lo è. Anche qua, sbuffo rassegnata quando sono ormai di fronte alla porta dell'aula. Una delle prime ad arrivare in aula, wow, normalmente sarebbe da ammirare ma siccome mi chiamo Kynthia Lloyd e vesto i colori di Godric, questo è soltanto un ottimo metodo per spiccare agli occhi dell'insegnante di difesa contro le arti oscure. Ormai fingere davanti a lui è diventata un'abitudine, è una guerra fredda che dura ormai da decisamente troppo tempo: io fingo cortesia e indifferenza, mentre lui continua ad indossare la maschera del bravo professore. Cazzo, quanto vorrei spaccar- “oh” Mackenzie, la corvonero che ha reso la festa di San Valentino alquanto... singolare “come osi avere dubbi sul mio nome?” dopo che ci siamo baciate pensavo ci fosse più intimità, per Dio. Nah, in realtà è solo puro e semplice sarcasmo, una battuta del cazzo per spezzare subito il ghiaccio e andare avanti. Le sorrido e saluto subito dopo anche Alexis con un cenno della testa, ed eccoci qua, i cavalieri dell'Apocalisse seduti spalla contro spalla. Da un lato è imbarazzante, da un altro è stato così nonsense che è quasi impossibile pensare che sia accaduto davvero.
    Beh insomma, non potrà essere peggio che i compiti del White, con queste domande così tanto precisi e specifiche che basta poco per farti inciampare e spaccare il naso. Tutto sommato me la cavo, non è nulla che non abbia mai sentito grazie proprio al favore che mi ha fatto l'insegnante obbligandomi a ripetere l'anno. Comunque già so che otterrò giusto una sufficienza, perchè non può mettermi meno se non vuole rendere le sue antipatie un po' troppo palesi.
    La voce austera dell'uomo tuona nella classe e poggio la piuma sul banco rileggendo con qualche dubbio l'ultima risposta che ho dato.
    Un cambio violento di scenario comunque, ci obbliga a lasciarci il compito alle spalle e a pensare alla lezione che verrà. Questa è facile, dentro un baule si trova sempre un molliccio, è matematico “benvenuta nel mio mondo” faccio ironica ancora una volta a Mackenzie indicandole lo stemma dei grifondoro cucito sulla mia divisa. Proverà l'incredibile sensazione di essere odiati a prescindere.
    Sospiro, tamburello con le dita sul banco indecisa se porre o no una domanda a White. Poi però mi dico "massì, buon viso a cattivo gioco". Metto in pratica una specie di strategia. Anzi, giorno zero della strategia su lungo termine: alzo la mano con espressione serena aka faccia da culo, attendo che White mi dia la parola e poi rispondo “professore ma un molliccio assume anche tutte le abilità di ciò di cui prende forma? Mettiamo che si trasformi in un dissennatore... ne prende solo l'aspetto o anche le capacità?” sul libro questo non è specificato. Riabbasso la mano pensando che potrei avergli dato l'occasione per rinfacciarmi la bocciatura... ormai comunque è andata. Non è anche questo interesse verso la materia, caro prof?

    Kynthia Lloyd, III anno, Grifondoro.
    Interagito direttamente con 'Kenzie e salutato Alexis.
    Ha posto una domanda al suo prof prefe, un po' da faccia di culo, sì, confermo.



     
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    Dylan
    Tic. Toc. Tempo scaduto quello in possesso degli studenti per ultimare le ultime righe del compito a sorpresa. Le espressioni sui volti dei ragazzi sono tra le più disparate. Chi, nonostante tutto, sembra quasi contento di quella sorpresa non gradita ai più ponendo quell’ennesimo test come uno spunto, un tavolo di prova, nei confronti delle proprie conoscenze che, come Dylan si troverà ad ammirare, quella forma mentis di pensiero è più incline alla sua persona. Quei ragazzi, secondo il suo ragionamento, non avrebbero dovuto studiare unicamente per portare a casa il compito con il bel voto da sfoggiare alle famiglie, no, Difesa Contro le Arti Oscure era molto di più. Era una preparazione alla vita al di fuori del castello poiché nessuno può mai immaginare cosa la vita lo costringe ad affrontare soprattutto in un sistema politico così liberale come quello vigente nel Regno Unito. Viscidi, smidollati liberali, questo pensava della classe politica al governo. Dylan trovava la linea governativa fin troppo morbida e tollerante soprattutto nei confronti di quegli abomini di razze incrociate con le famiglie purosangue. Lui sì, si era abbassato a sposare e procreare con una babbana ma almeno era un’umana, quella gente che s’incrociava con lupi mannari o sirene/tritoni? Cos’era? Ai suoi occhi disgustosi zoofili degni del carcere. Feticismi da curare di fronte ai suoi occhi disgustati. Pensare poi che sua figlia, la sua purissima figlia, avesse ceduto ad uno di quegli abomini poi era rivoltante...
    Con solennità (ed anche un pizzico di noia) impartì agli studenti i successivi ordini. Le pergamene furono raccolte dalla magia staccandole di forza, in alcuni casi, ai proprietari per andarsi ad impilare al di sopra della cattedra in due plichi distinti ordinati in base all’anno di corso. Quando anche l’ultimo foglio prese ordinatamente posto Dylan si alzò dalla poltrona dietro alla cattedra incantando il grosso baule nero affinché levitasse e si posizionasse dinanzi la classe. “Cos’è?” Aveva domando loro poggiando in ultima battuta lo sguardo sui volti dei ragazzi, specialmente quelli appartenenti alla casa di Serpeverde. La mano di Michael Harris scattò alta, prima tra tutti, guadagnandosi l’occhiata criptica da parte del mangiamorte. «Prego signor Harris», sentenziò facendo un cenno al ragazzo affinché prendesse parola. «Corretto. All’interno di questo baule, come il signor Harris ci ha appena fatto la cortesia di illuminare, è presente un molliccio. I ragazzi del terzo anno ormai conosceranno a menadito la creatura presente mentre gli appartenenti al secondo avranno il piacere di affrontare una creatura superiore per la propria classe di studio.» Quale fortuna la loro, no? «Corretto miss Smith per quanto piuttosto conciso come intervento...» Le sopracciglia dell’uomo ebbero un breve tilt oltremodo allusivo d’altronde non aveva mai nutrito particolare simpatia per gli appartenenti alla casa rosso-oro. Emise un sospiro. «Prego signor Watanabe», ecco quello era uno di quei ragazzi che aveva gioito sentitamente alla notizia del compito in classe, una bestia di satana agli occhi dei più, un motivo di vanto per quelli di Dylan salvo poi andare a scontrarsi con i pensieri discutibili del giovane orientale. Che problemi avevano gli asiatici della scuola? Si portò una mano a massaggiare le tempie, quasi a voler scacciare i pensieri molesti che la sua mente iper-ricettiva captava da quella del ragazzo e continuò a passeggiare dinanzi i banchi ascoltando quanto andava ad integrare il Corvonero con l’aggiunta di alcune domande pertinenti. «Le rispondo con una nuova domanda signor Watanabe. Se nel soffitto di casa sua si generasse così, di punto in bianco, un molliccio, lei lo lascerebbe lì? Lascerebbe che la creatura prendesse possesso di parte di casa sua? Della sua proprietà? Che esso si nutra delle sue più recondite paure aumentando di dimensione ed assumendo più potere magari generando in lei o nei suoi familiari il tormento? O farebbe in modo di eliminarlo? Io, dal mio punto di vista lo eliminerei», un sorriso, per quanto tetro, persino ambiguo, si allargò verso la platea di ascoltatori, «La veda come una sorta di “acchiappa la talpa” signor Watanabe. Sono esseri non esseri pertanto morto uno se ne rigenera, non per forza nello stesso punto, un altro. Nulla si crea, nulla di distrugge. Lo scopo, potremmo dire, è tenerlo distante dalle nostre polverose proprietà.» Sovente a villa White si generavano mollicci nelle stanze più recondite dell’immensa abitazione, soprattutto, nelle stanze abbandonate da anni ma che una volta erano state frequentate dalla defunta moglie del mangiamorte. Si vocifera i Mollicci fossero attratti da quel genere di tormento, disperazione. «Sì miss Lloyd», un ultimo cenno questa volta più seccato nei confronti della Grifondoro e del suo modo palesemente finto – Dylan lo sapeva – di rapportarsi al docente. Espirò sollevando stancamente il capo nella sua direzione. Ascoltò le sue domande e non poté fare a meno di fermare i lineamenti del suo viso quando questi si piegarono in una smorfia di assoluto, maligno, divertimento. «Vedo che ripetere l’anno non le è servito a molto se pone una domanda simile», il tetro sorriso si allargò prima di collegarsi alla mente della ragazza, la quale, solo lei, avrebbe avvertito quanto proferito dal potere mentale dell’uomo: magari dovrei farglielo ripetere di nuovo miss Lloyd? Si umettò le labbra tornando a rivolgersi alla classe. «Ebbene, un molliccio assumerà unicamente l’aspetto della creatura che più tormenta i vostri animi ma non le sue abilità. È innocuo per così dire se non si considera l’aspetto esteriore che rasenta la nostra più folle, irrazionale, paura.» Lo sguardo puntellò sul volto degli studenti soffermandosi affinché i concetti penetrassero nelle loro menti vuote. Una speranza vana la sua considerato quanto una studentessa come la Lloyd dimostrasse lo scarso livello di apprendimento dei giovani d’oggi.
    «Vi disporrete ordinatamente ed in silenzio in fila. I ragazzi del terzo anno cominceranno per primi avendo già avuto a che fare con la creatura. Oh sì, prego miss Lloyd cominci prima lei visto il vantaggio Adorava tormentare quella ragazzina? Certo che sì. Kynthia rappresentava la stregua di un pupazzetto antistress. Sapeva a sufficienza ma non abbastanza per fare qualcosa, poteva unicamente subire le angherie del docente. «L’incantesimo è il seguente: Riddikulus Lo scandì lentamente affinché fosse chiara la pronuncia e la parola stessa e successivamente lo ripeté mostrando con la stessa precisione il movimento della bacchetta. «Prego disponetevi in fila.»


    Step 2
    Vi viene richiesto di affrontare il molliccio, in solitaria al momento. Ricordo, soprattutto per chi lo affronta per la prima volta, che per quanto innocuo la creatura assume l'aspetto della nostra paura più viscerale e recondita pertanto, s'ipotizza, potrebbe pietrificarvi dal terrore. Detto ciò a voi il possibile esito, salvo specificare appositamente nello spoiler la richiesta del mio intervento.
    Il professore è lì ad aiutarvi giudicarvi. :pecorahell:

    Unicamente ai fini di narrato on gdr partiranno i ragazzi del terzo anno e per prima Kynthia. Non dovete assolutamente attendere che a postare siano prima loro, vi basterà narrare nel post che lo avete svolto dopo di X studente.
    Fine delle comunicazioni di servizio.

    ---


    Ricordo a tutti le regole basilari di una role multipla: LO SPOILER.
    Per ogni spoiler dimenticato verranno sottratti 10 punti alla casa d'appartenenza del player dimentico.
    Siete tenuti a scrivere: Nome, Cognome, la casa di appartenenza e l’anno frequentato. In più, una breve descrizione delle vostre azioni nominando i pg con cui avete interagito o solamente citato.
    Esempio:
    “Tizio Caio, III anno, Dittorosa
    Entrato in classe e risposto ad una delle domande, interagito con Pinco Pallo”

    Non esistono risposte propriamente giuste o sbagliate, sbizzarritevi con i ragionamenti e DIVERTITEVI!

    Per dubbi circa lo svolgimento di una lezione invito a leggere il regolamento di cui di seguito riporterò un estratto circa i ritardi:
    CITAZIONE
    “Indi per cui, post che arriveranno oltre la scadenza saranno valutati con un MALUS FINO A -30 PUNTI alla casa di appartenenza dello studente e, a discrezione del professore master della lezione, la cancellazione del post stesso con annesso punteggio dimezzato alla voce presenza e obbligo di recuperare entrambi i giri.”

    Scadenza mercoledì 15 entro le ore 12.
    NON SONO ACCETTATE RISPOSTE OLTRE LA SCADENZA.
    Andrò avanti postando giovedì. :flow:


    Edited by Dragonov - 9/3/2023, 10:13
     
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    Michael Harris

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    Un sorrisetto, appena percettibile e soddisfatto si dipinse sul volto del giovane Harris. Aveva azzeccato l’argomento della lezione e non poteva essere più grato di così a Merlino. Beh, in realtà poco avevano a che fare quelle divinità alle quali spesso ci si rivolgeva per far in modo che le cose andassero per il verso giusto. La sua elasticità mentale era l’unica causa di quel fortunato azzardo. Nonostante l’apparenza, Mike, dedicava gran parte del suo tempo alla lettura e, così facendo, fare due più due risultava davvero semplice in alcune situazioni. Dopo la risposta, rimase in silenzio, estraniandosi dal resto della classe che, nel frattempo, si dilettava a interrogare il professore sull’argomento. Vero che aveva azzeccato la creatura ma, dall’alto del suo sapere, aveva ben presente cosa, a quel punto, sarebbe successo a tutti quanti loro. Affrontare la paura. Un’imposizione abbastanza arrogante da parte di chi non aveva la benché minima idea di cosa albergasse nelle loro menti, spesso traumatizzate da avvenimenti del passato, capaci di lasciare un segno indelebile. Ostacoli insormontabili che, per forza di cose, di lì a pochi istanti si sarebbero palesati davanti ai loro sguardi terrorizzati e incapaci di reagire. Non era passato molto tempo da quando si era dovuto scontrare con colui che, per il Serpeverde, era il male in persona, il diavolo risalito dagli inferi. Sangue del suo sangue ma senza un briciolo di umanità. Incontrarlo in quella foresta era stato un errore madornale. Il dolore fisico che gli aveva fatto provare, sarebbe rimasto il ricordo più sconvolgente della sua intera esistenza. Ricordava nei minimi dettagli la sensazione che lo aveva pervaso, lasciandolo –per un primo frangente- a terra, agonizzate, come se nulla potesse alleviare quello schifo. Ma poi? Il suo corpo, finalmente, si trasformò così come scritto nel suo DNA. Lo scontro era stato duro e, fin da subito, il risultato appariva chiaro ma sia lui che David, non avevano voluto darla vinta facilmente. Si erano battuti, all’ultimo sangue, con la speranza che quell’uomo provasse un minimo di empatia verso i suoi figli. Niente più lontano dalla realtà.
    Un brivido lo scosse, riportandolo in quella tetra classe e, così, lasciando il viale oscuro di quei ricordi che altro non erano che malati e ricolmi di collera nei confronti di chi, per pura smania di voler continuare la linea di sangue, li aveva messi al mondo per poi ricoprirli di mera indifferenza e riponendo in loro aspettative che non sarebbero mai –almeno da parte di Mike- andate a buon fine. L’accondiscendenza di David lo preoccupava ma sapeva, in cuor suo, che l’obiettivo del fratello non era quello di obbedire a Dean.

    Sollevò un sopracciglio, interdetto da alcuni interventi indegni. Voltò il capo e si trovò di nuovo a fissare la ragazza alla quale, pochi mesi prima, aveva fatto una promessa. Se da un lato l’aveva mantenuta, dall’altro non era ancora riuscito ad escogitare qualche cosa di credibile per giustificare il suo silenzio durante la sua assenza. Mentirle sarebbe stata la scelta migliore ma, per qualche assurdo motivo, i sensi di colpa lo avrebbero colto in fallo, portandolo a vuotare il sacco, probabilmente. Devo pensare. In santa pace, senza quel fiato sul collo che il tempo stava mettendo. Impossibile. Mike aveva messo in preventivo che lo spilungone di Tassorosso, avesse preso piede nella vita della Grifondoro ma, forse, sarebbe stato un bene, allontanando la ragazza da tutto quel casino che era la vita del mannaro. Sbuffò e si passò una mano tra i capelli color biondo cenere. Fanculo, Dean. Colpa sua. Sempre. Se vi era la possibilità di uno spiraglio di felicità per loro, veniva subito eclissato da qualche cosa scatenata dall’Harris Senior. Così era stato e così sarebbe continuato ad essere, come una sorta di legge divina, impossibile da eliminare.
    Finita la spiegazione di White, i ragazzi, iniziarono la triste processione verso il patibolo, posizionandosi in fila, come da istruzioni. ”Prima i ragazzi del terzo anno.” Chiaro. A quanto pareva, questi ultimi avevano già avuto un assaggio di quelle strane e poco simpatiche creature. Si posizionò dietro al Prefetto di Corvonero ma davanti a Grace, mosso da una specie di istinto di protezione nei suoi riguardi. Inutile, ovviamente, visto e considerato che avrebbe solo ritardato l’incontro con il suo più recondito timore.
    Attese il suo turno, in silenzio, cercando quella concentrazione che, probabilmente, sarebbe andata a farsi fottere non appena i suoi algidi occhi azzurri avessero incrociato la forma del molliccio. Sì. Ne era certo. La consapevolezza che aveva di sé, infondeva una certa convinzione sul fatto che si palesasse proprio il padre che, tra l’altro, non aveva più avuto modo di incontrare –in carne ed ossa- da quando lo aveva, letteralmente, torturato. Prese fiato. Man mano che i compagni si apprestavano ad affrontare la loro paura, Mike, iniziò a sudare freddo. Le mani si ghiacciarono in pochi istanti e quando toccò a lui, la concentrazione che aveva tentato di mantenere, si era dissolta completamente gettandolo nel panico totale che, con grande forza di volontà, tenne segreto.
    Il baule si agitò, scosso dalla forza oscura al suo interno. Mike teneva salda la bacchetta in legno di Carpino nella mano destra. Quando si aprì, per qualche istante sperò che ci fosse qualche cosa, in un angolo remoto della sua testa, che lo spaventasse di più che suo padre ma no. Non fu così. Dean Harris si materializzò proprio di fronte a lui, come l’ultima volta. Poteva captare la sua follia dalla sola espressione facciale. Chiuse gli occhi ed, immediatamente fu raggiunto dalle scene consumate nella Epping Forest, nel mese di gennaio. ”Tic tac, tic tac… il tempo scorre.” Li stava avvertendo, posizionando la sua fedele mazza ferrata sulla spalla destra. ”Ops. Tempo scaduto… CRUCIO!” La formula di quell’incantesimo risuonava nelle sue orecchie, portandolo a riprovare le stesse identiche sensazioni di qualche mese prima. La rabbia iniziò ad impossessarsi di lui. Una rabbia controllabile che, di lì a poco, l’avrebbe indotto a perdere completamente il senno. Non poteva permetterlo, soprattutto in quel luogo. Quell’uomo l’aveva portato così vicino alla morte che, ora come ora, non vi era possibilità di una riconciliazione. Mike lo desiderava ardentemente sotto terra, senza mezzi termini. Riaprì gli occhi e nonostante fosse conscio che non si trattava di suo padre, il minore dei fratelli Harris, si trovò a porre in essere un comportamento del tutto avventato, senza tenere in considerazione che con la sola pronuncia della formula –precedentemente enunciata dal docente- non sarebbe riuscito a contrastare quell’essere immondo. Puntò la bacchetta verso il molliccio/Dean e urlò: “Riddikulus!” Niente. Lo pseudo padre, continuò ad avanzare nella sua direzione, con aria minacciosa. Si mise sulla difensiva, angosciato e invaso da una crisi di panico che lo portò a pensare di essere arrivato alla fine dei suoi giorni.

    Michael Harris, II anno Serpeverde.
    Ascolta gli interventi dei compagni e aspetta di poter compiere l'esercizio dopo gli studenti del terzo anno.
    Quando appare il molliccio con le sembianze del padre, Mike ricorda il loro ultimo incontro e si fa prendere dalla rabbia e istintivamente lancia un Riddikulus a cazzum! L'incantesimo non va a buon fine e Mike rimane immobile, come in una specie di trance, ad aspettare di essere colpito. Dylan, help!
     
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    Alexis Pierce

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    Salutai Khyntia con un sorriso e ricambiai il suo cenno del capo, poi presi posto affianco alla Corvonero. Era la prima volta che ci riunivamo, dopo la festa di San Valentino. Non che non ci fossimo incrociate in altre occasioni, la Lloyd era una delle mie compagne di stanza infondo, ma non eravamo state più così vicine da allora, non tutte e tre almeno. Il mio pessimo umore delle ultime settimane aveva distrutto la mia - già esigua - voglia di socializzare, motivo per cui mi ero pressocché isolata. Avevo passato molto tempo sui libri e non mancavo agli allenamenti di quidditch, ma per il resto ero stata a dir poco sfuggente. Malgrado tutta la "questione Carrie" mi ferisse, evitarla si era trasformato nel mio sport estremo preferito. Persino quel giorno, ero praticamente scappata dal dormitorio nella speranza di non vederla. Sapevo di doverla affrontare, prima o poi, ma preferivo accadesse più poi che prima.
    Ad ogni modo, la lezione del White non mi diede tanto modo di perdermi nei miei pensieri. Annunciato il compito in classe a sorpresa, fu una specie di corsa contro il tempo quella a cui fui costretta a prendere parte per riuscire a scrivere una relazione decente. Complice il fatto che avessi trascorso le vacanze di natale completamente sola al castello, era stato facile - tutto sommato - riuscire a produrre un compito decente. Così, quando il foglio sul quale stavo scrivendo decise di scivolare frettolosamente via dalle mie grinfie per planare ordinatamente sulla scrivania del professore, non me ne curai. Sapevo di aver dato il massimo. «Com'è andata?» sussurrai a Mackenzie, nei pochi minuti che antecedettero la lezione vera e propria di quella giornata: mollicci. «I ragazzi del terzo anno ormai conosceranno a menadito la creatura presente mentre gli appartenenti al secondo avranno il piacere di affrontare una creatura superiore per la propria classe di studio.» spiegò brevemente il professore, mentre trattenevo un sospiro. Amavo difesa come materia, ma non morivo dalla voglia di mettere in pubblica piazza i cazzi miei. Da quando avevo messo piede ad Hogwarts sembrava che quella scuola volesse farmi rivivere i traumi del passato ancora e ancora. Una maledizione che, speravo, sarebbe finita presto.
    Osservai con un certo fastidio come il professore cercò di mettere in ridicolo la mia compagna di banco e alternai lo sguardo tra l'uno e l'altra, prima darle una leggera gomitata per richiamare la sua attenzione. Cos'era tutto quell'astio nei suoi confronti? Aggrottai la fronte e scossi il capo interrogativa quando quella si voltò verso di me, poi tornai a seguire passivamente la lezione. «Ebbene, un molliccio assumerà unicamente l’aspetto della creatura che più tormenta i vostri animi ma non le sue abilità. È innocuo per così dire se non si considera l’aspetto esteriore che rasenta la nostra più folle, irrazionale, paura.» Che culo, pensai, scocciata, mentre prendevo posto proprio dietro a Khyntia che avrebbe fatto da aprifila: se proprio dovevo affrontare nuovamente la mia paura più grande, tanto valeva farlo subito. Com'è che si dice? Tolto il dente, tolto il dolore.
    La mia spavalderia, però, perse d'intensità nel preciso istante in cui Khyntia ebbe finito di affrontare il suo molliccio e raggiunse il fondo della classe. Davanti a quel grosso baule tremante, estrassi immediatamente la bacchetta di quercia dalla tasca interna della divisa scolastica e la puntai dritta difronte a me, deglutendo a vuoto preventivamente. Poi, prima che fossi veramente pronta ad affrontare ciò che sarebbe uscito fuori dal vecchio baule, il professore liberò il non-essere che immediatamente prese le sembianze di un uomo di mezz'età piuttosto trascurato e dallo sguardo languido: brizzolato, dalla barba incolta e gli occhi spenti, indossava dei semplici jeans e una camicia a quadri, in testa un cappello con visiera blu. Un "uomo comune" sarebbe stato il primo pensiero di chiunque lo avesse guardato, un semplice uomo avrebbero pensato i miei compagni, ma non io. Ressi tremante la bacchetta puntata dritta contro il petto dell'uomo e ferma sul posto, senza indietreggiare di un passo, cercai di trovare la forza di pensare a qualcosa di ridicolo che potesse cambiare la percezione che avevo di quella persona di cui solo Grace, tra tutti i presenti, conosceva la vera identità. Forza, forza, forza. mi ripetevo, mentre quello ammiccava e, senza ritegno, si sfilava lentamente la cintura dai pantaloni. Schifata e infastidita da quella vista, cercai di pensare più in fretta e ripetei più volte la formula tra me e me. Riddikulus, riddikulus. Con la mano sudata e un groppone in gola, continuai a stringere il mio legno finché, nel vederlo avanzare di qualche passo, non riuscì a contenermi e...«Riddikulus!» esclamai, con un movimento deciso. Se tutto fosse andato secondo i piani, gli abiti dell'uomo sarebbero dovuti cambiare, trasformarsi negli stessi di Britney Spears nel video musicale Toxic, dove aveva interpretato una hostess: top, minigonna e cuffia blu, tutto abbastanza striminzito e sicuramente non adeguato ad un uomo ultra 40enne. Sì, se l'incantesimo fosse riuscito, dalla classe si sarebbero elevate parecchie risate.

    Alexis Pierce, III anno, Grifondoro.

    - Interagito con Khyntia e Mackenzie, citata Carrie.
    - Fatto l'esercizio, ho lasciato l'esito aperto (?)
     
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    Phoebe Emily Smith

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    La lezione a cui prese parte Phoebe si prospettava davvero un avventura, per quanto spaventosa poteva essere. Quando il professore nominò il suo cognome per confermale la sua risposta e le disse che era stata coincisa, Phoebe fece spallucce. Quelle erano le nozioni che il fratello le aveva lasciato o meglio quelle erano le nozioni che lei ricordava. Subito dopo si voltò e vide il compagno di un anno scolastico in più di lei ricambiarle il sorriso, lei aggiunse una piccola faccia buffa ma simpatica mentre nella sua testa cercava di ricordarsi il nome. Il cognome lo aveva pronunciato il professore ma il nome di quel corvonero non gli veniva proprio in mente. Fu richiamata alla realtà dalla voce del professore e dalla sua spiegazione e ne rimase quasi rapita. Avrebbero davvero affrontato un molliccio? Quindi avrebbe preso la forma della sua paura più profonda. Nel mentre Phoebe afferrò la sua bacchetta ed iniziò a muoverla per ripetere il giusto movimento e di tanto in tanto, sottovoce ripeteva la formula corretta Riddi-kulus… Riddikulus! I suoi pensieri però non erano fermi a quella formula ma cercava di immaginare che forma avrebbe preso il molliccio. Lei non aveva paura di niente, suvvia, o forse di pochissime cose. Forse avrebbe preso la forma di suo fratello Matt quando si nascondeva e le faceva paura, oppure di suo fratello Chris quando le puntava la bacchetta. Quale altra paura poteva uscire da lei. Nel mentre il professore White aveva dato via all’esercizio facendo partire prima i ragazzi del terzo anno. Alcune loro reazioni, la grifondoro, non se le aspettava proprio, anzi rimase scossa da esse. In quel momento le venne in mente che poteva diventare la macchina dell’incidente, quella si che era stata una grande paura. Era stato terribile! Insomma nella sua testolina ruotavano come in un circuito per scope mille pensieri e paure ma nulla le avrebbe dato una risposta sicura se non lo stesso molliccio. La fila proseguiva e il suo turno si avvicinava. Per qualche strana ragione si sentiva leggermente preoccupata ma allo stesso tempo provava una scossa di adrenalina, le cose nuove e avventurose le piacevano la facevano sentire viva e pronta ad imparare. Il ragazzo che provò prima di lei era il suo compagno Harris. Quello che accadde però, lasciò la giovane grifondoro perplessa. Affrontare la propria paura più profonda non doveva essere una passeggiata e questo lo comprese poco prima del suo turno, proprio grazie al suo compagno e a quello che avvenne mentre si apprestava a fare l’esercizio.
    Toccava a lei, era il suo turno. Era pronta, più o meno. Non era convintissima rispetto a prima e per un attimo l’occhio ricadde sul professore per poi concentrarsi nuovamente sul baule. Quando il protagonista della lezione prese la sua scena, a Phoebe le si spezzò il fiato e i suoi occhi si sbarrarono. Il soggetto che gli si presentò davanti ai suoi occhi era una donna molto bella e molto ma davvero tanto simile a lei, se non fosse per l’età e una ciocca di capelli si direbbero due gocce d’acqua. La donna fece due passi in avanti e Phoebe rimase a fissarla ma la sua espressione era pietrificata. La bocca e la gola erano secche e sembrava non riuscisse a muovere nemmeno un muscolo. Il molliccio, cioè la donna parlò: "E’ colpa tua! Tutta colpa tua. mi hai rovinato la vita! Sei una cosa orribile!" Fu l’unica frase che disse in quel momento mentre continuava a giudicarla con disprezzo e disgusto e a puntarle un dito contro. La piccola non riusciva davvero a muovere un muscolo era pallida, l’unica cosa che reggeva ancora era la bacchetta che le tremava in mano. Mai e poi mai avrebbe pensato a una cosa simile e mai e poi mai aveva pensato che un giorno avrebbe rivisto sua madre davanti a lei. La sua mente adesso era confusa, aveva scordato che quello fosse un molliccio perchè non lo era. La figura si avvicinava alla ragazza con fare minaccioso come se volesse farle davvero del male. Phoebe in quel momento fece un passo indietro ricordandosi di avere un corpo che era intorpidito, alzò la bacchetta e provò a dire la formula «Riddik…Riddikulus…» Non voleva arrendersi. La sua vocina non era bassa ma non riusciva a pensare a nulla di così divertente. Aveva sempre voluto provare a rintracciare la sua mamma ma aveva una paura tremenda e quella sì era proprio manifestata li. Era la sua paura più grande e più nascosta ma mai avrebbe pensato di non riuscire ad affrontarla. La figura riprese a ripetere che era colpa di Phoebe e la piccola Grifondoro si sentì così afflitta che sentiva le gambe cedere ma allo stesso tempo iniziò a sentire della rabbia dentro di lei. Come poteva dire una cosa simile quella donna? Lei aveva abbandonato tutti. Rabbia, delusione e paura, si erano unite ma questo non serviva a sconfiggere il molliccio, non si stava distaccando dalla figura e ricordarsi che quello era proprio un essere non essere e non la sua vera mamma, che non sapeva nemmeno in quale parte del mondo fosse. Una cosa era certa si stava sentendo sopraffatta e stava diventando bianca sempre di più. Aveva sottovalutato la sua paura pensando di essere forte. Aveva bisogno di aiuto o da quel limbo non ne sarebbe uscita e forse non sarebbe rimasta in piedi per molto ancora.



    Phoebe Emily Smith, Grifondoro, II anno
    Ho interagito con Ryuu e osservato spaventata e sorpresa Michael.
    Fatto l’esercizio ma non è riuscita a sconfiggere il mostro della paura, anzi la piccola sta cercando di resistere a un quasi cedimento delle gambe.
    Aiutooo Professore!
     
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    Ryuu pensò attentamente alle domande fatte dal professore, chiedendosi se si sarebbe mai sbarazzato di quello strano essere nascosto tra le mura di casa sua. Da una parte, finché sarebbe rimasto in un punto non utilizzato, senza infastidire nessuno, non ci sarebbe stato nemmeno motivo liberarsene. In fin dei conti ad Hogwarts si doveva avere a che fare con Pix, molto più molesto di un molliccio nascosto in una soffitta, e nessuno faceva niente per liberarsene. Odiava quel poltergeist. D'altro lato, come faceva notare il vicepreside, il non-essere si sarebbe nutrito di ciò che temevano e, a lungo andare, sarebbe diventato ben più che un disturbo quindi si, a ben vedere era logico sbarazzarsene e sperare che non si riformasse tuttavia, non tanto per una questione di proprietà, come l'uomo sottolineava, quanto più per non subirne l'influsso dato dalla vicinanza.
    Annuì, quindi, quando l'algido prof terminò la sua risposta -Giusto- concordando con quanto detto e appuntandosi come la dimensione del molliccio influisse sulle conseguenze. Molto interessante. Gli venne naturale chiedersi cosa il professor White avrebbe visto se messo davanti ad un molliccio, non sembrava il tipo che avesse paure tangibili. Il concetto di tangibilità gli fece scattare un'altra domanda e, dato che nessuno sembrava sollevare la questione, si ritrovò di nuovo a far scattare la mano verso l'alto. Temeva che troppe domande potessero indispettire, ma era fermamente convinto che prima di affrontare una situazione ci si dovesse preparare, e sapere quante più informazioni possibili era quanto di più intelligente si potesse fare, almeno secondo lui. Non era uno spregiudicato Grifondoro che si buttava nelle situazioni a testa bassa, lui studiava e poi pregava un Dio in cui non credeva di uscirne vivo.
    -I mollicci hanno la capacità di modificare il loro aspetto, come già detto, ma non l'ambiente circostante, per cui se avessi paura di un ragno si trasformerebbe in quello, ma se la mia paura non fosse una “cosa” specifica? Se avessi paura delle altezze per esempio, o se soffrissi di claustrofobia, che succederebbe?- si immaginò un mago che soffre di vertigini mettersi davanti un molliccio e, questo, trasformarsi in una scaletta per richiamare l'altezza. Molto poco pauroso, al massimo sarebbe stato usato per raggiungere qualche ripiano più in alto.
    Arrivarono i momenti dei dolori. La tanto temuta -dal nipponico- parte pratica. Ok, l'incantesimo era abbastanza semplice, sarebbe bastato trasformare la paura in qualcosa di divertente. Facile, sulla carta. Il problema è che non aveva idea di quale fosse la sua più grande paura! Si alzò dal suo posto e si unì alla fila ordinata che si stava formando, serio in volto, cercando di ragionare su quelle che potevano essere le sue paure e su come poterle rendere divertenti. Di cosa aveva paura? Non ci aveva mai veramente pensato. La sua vita era sempre stata tranquilla, non aveva grossi traumi a cui appigliarsi e che potessero fargli venire gli incubi di notte. La fila scorreva, mentre altri studenti prima di lui svolgevano l'esercizio con risultati più o meno buoni, e Ryuu osservava l'immagine della loro paura cercando di scorgervi qualcosa che avesse potuto risvegliare in lui qualcosa, ma sembrava che nulla facesse scattare quella scintilla che gli facesse capire qualcosa in più di se stesso. Pareva avrebbe dovuto improvvisare.
    Quando anche la persona davanti a lui si spostò, lasciandogli campo libero, prese un bel respiro e fece un passo avanti, entrando così nel raggio d'azione del molliccio. Nella sua mente si erano aperti diversi scenari, dal Preside che lo informava di essere stato bocciato in tutti gli esami, al cadavere di uno dei suoi genitori a terra, ma era tutto così assurdo che non potevano essere davvero paure reali. Quindi espirò, osservando il non-essere vorticare su se stesso mentre leggeva nell'orientale la paura che nemmeno lui sapeva, quindi finì. Watanabe rimase stupito, per un paio di secondi restò immobile sul posto ad osservare il grosso, grasso clown con gli occhi rossi che aveva di fronte, che lo fissava e rideva con una risata sinistra. Ma che cazzo. Come aveva fatto a non pensarci? Si, non era una paura seria e chissà quanto condivisibile, ma era qualcosa di irrazionale e non poteva farci nulla. Strinse la bacchetta con la mano dominante smaltata di rosa, deglutendo in modo rumoroso, nonostante la tentazione di indietreggiare fosse tanta. Fin da bambino ne era rimasto spaventato, e da allora si portava dietro quell'immagine nei suoi peggiori incubi. Era la cosa più insensata ci potesse essere, eppure quei vestiti ridicoli, quel trucco inquietante e, per qualche motivo, i suoi denti appuntiti nemmeno fosse un vampiro, gli mettevano i brividi. Era ovvio che fosse stata la sua mente di bambino a modificare l'immagine di un banale clown in qualcosa di pauroso, eppure non se ne era ancora liberato. Che fosse arrivato il momento? Si chiese come avrebbe trasformato qualcosa che nasceva già per far ridere, in qualcosa che avrebbe potuto trovare divertente anche lui e, istintivamente, un'immagine prese piede nella sua testa. Non sapeva se sarebbe stata divertente per tutti, lui ci vedeva del potenziale. Puntò la bacchetta verso il clown dai capelli rossi e, tenendo bene a mente l'immagine che avrebbe voluto replicare, enunciò l'incantesimo con voce sicura
    -Riddikulus- un raggio colorato partì dalla punta del catalizzatore per andare a colpire la pancia del pagliaccio che cominciò a mutare. I vestiti rimasero gli stessi, sempre colorati e ridicoli, persino i capelli, rossi e ricci ma solo ai lati, lasciando una grossa pelata centrale, ciò che cambiò fu il soggetto. Dall'essere un orribile uomo di mezza età, si trasformò in una giovane ragazza che ormai tutti conoscevano. La rossa della scuola, che in più occasioni gli aveva messo i brividi, se ne stava ora al centro della stanza con abiti larghi e colorati e quelle scarpe di almeno sei numeri in più, e quella pelata centrale che rifletteva la luce delle torce, mentre un grosso naso rosso rimaneva il punto centrale del suo viso truccato in modo buffo. Dopo quell'immagine, osservare la ragazza nei suoi abiti normali sarebbe stato molto meno spaventoso. Una risatina gli partì spontanea, dapprima divertita, poi nervosa, mentre il giapponese si voltava, ricordandosi solo in quel momento della presenza della vera Rain nell'aula a pochi passi da lui. La risata nervosa non si placò, si limitò a portare una mano alla nuca per poi, dopo essersi spostato per lasciare il posto allo studente dopo di lui, mimare uno “Scusa” con le labbra in sua direzione. Fortuna che l'anno scolastico sarebbe finito a breve.


    Ryuu Watanabe, III anno Corvonero.
    Ascolta la risposta del proffe e poi pone un'altra domanda perché non si fa i fatti suoi. Svolge l'esercizio facendo comparire un clown inquietante e lancia l'incantesimo che funziona, trasformando il clown in Rain (love u) mantenendo però trucco, vestiti e capelli! Chiede scusa a Rain (png).
     
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    Uomo di merda. Maledetto stronzo. Sapevo, immaginavo di essermi scavata la fossa da sola facendo qualcosa che White non avrebbe esistato a sfruttare per umiliarmi di fronte a tutti. Non posso ribattere, non è il luogo e non sono nella cazzo di posizione per dire o fare qualsiasi cazzo di cosa. Incrocio le mani davanti alla bocca a coprirmi metà viso per nascondere un sorriso nervoso ed infastidito che muta la mia espressione rendendo un pelo troppo palesi i miei pensieri. Ovviamente agli occhi di chi non può sentirli, al White non c'è nulla che si possa nascondere. Al massimo ho soltanto fatto un po' di confusione con pensieri randomici per nascondere quelli reali. Lui si fa facilmente strada anche fra quelli fino ad arrivare dentro la mia testa, fastidioso, come un parassita. lo sento rimbombare nel cervello ed è come se il suono della sua voce fosse quella della mia coscienza. Adesso si prende anche la briga di mandarmi i messaggi?" Esci dalla mia testa" la cosa buona è che mentalmente posso dirgli più o meno quello che voglio, non c'è nessuno davanti a cui mi debba nascondere. Esternamente però, stringo i denti e rispondo concludendo quella messa in scena “grazie professore” è sempre bello farsi cambiare la giornata da lui, sempre un piacere.
    Scappo nel mio mondo fatto di vendette per un po', prima che una gomitata possa ridestarmi da quella specie di sogno ad occhi aperti. Alexis sembra, giustamente, aver notato l'antipatia che il docente non si è preoccupato di celare. Vorrei iniziare ad imprecare contro di lui per venti minuti filati eppure scuoto solo la testa rispondendo con un misero e bisbigliato “tutto ok” insomma, faccio capire alla mia concasata anche con l'espressione del viso che non è il momento o il posto giusto per approfondire. Adesso possiamo è solo meglio continuare a sentire domande e conseguenti risposte, per arrivare con un minimo di sanità mentale a fine lezione. Oggi però il White è carico a pallettoni, si è proprio svegliato con tutta la volontà di rompere i coglioni a me e giocare la mia flebile pazienza. Alla stregua di un giochino per gatti. Davvero ridicolo “certo professore” la voce squillante usata in precedenza, viene fuori anche adesso nella stessa identica maniera “almeno posso sfruttarlo" aggiungo quasi come se quella fosse davvero qualcosa in cui credo. Anche se in realtà sì, perchè no? Non è la prima volta che affronto un molliccio. A meno che il professore di difesa non voglia farmi pure lanciare l'incantesimo contro un molliccio geneticamente modificato, resta un dato di fatto che abbia già avuto modo di affrontarlo in passato. Mi alzo allontanandomi dalle mie compagne di banco e rivolgendo loro uno sguardo che lascia intendere che sta per arrivare la parte divertente della lezione. Mi dispongo in fila, anzi, sono praticamente io a creare ponendomi a distanza di sicurezza dal baule in cui si trova il molliccio. All'epoca aveva preso le sue sembianze, più o meno: si era trasformato in una versione distorta di mio zio tra fiamme e fumo. Eppure quel profilo ai miei occhi era inconfondibile. Cosa mi aspetta oggi? Un vulcano in esplosione? Il baule si agita un po' e il docente lo apre per lasciare alla creatura d fare il suo spettacolo. Immediatamente una lingua di fuoco si allunga in mia direzione portandomi istintivamente a fare un passo indietro. Poi torna indietro, curva chiudendosi in se stessa e forma turbine. La stessa cosa accaduta circa un anno fa. Adesso come allora, la violenza di questo elemento mi prende in contropiede. Mi preparo, metto un piede davanti all'altro e alzo la bacchetta pronta a colpire. Per la riuscita dell'incantesimo, mi aveva aiutato cercare nelle forme create dal fuoco delle figure piuttosto divertenti come ad esempio quella di una giraffa con il collo cortissimo che aveva preso vita in seguito al mio riddikulus. E adesso, se avverrà esattamente quanto accaduto già in passato, le forme indefinite create dalle fiamme si comporranno fino ad assumere l'aspetto di -
    “ah..?” questa non me l'aspettavo. Non è la stessa cosa... quella sembro io...? Si tratta di una vera e propria statua di fuoco che ad un tratto apre la bocca in maniera disumana emettendo un suono stridulo anch'esso lungi dall'appartenere ad un essere umano. Solo che ad un certo punto la riconosco: mamma? Schiudo le labbra, devo trattenermi dal chiamarla. ora non sembro più io, sembra... lei. Però sta bruciando, tra le fiamme. Perchè il mio subconscio deve creare delle immagini tanto specifiche? SEmbra di rivedere il giorno in cui è morta, quando il mio attacco di magia incontrollato non l'ha quasi colpita in pieno scaraventandomi nel terrore di averle potuto fare del male. E allora la forma presa dal molliccio assume tutto un altro significato. Avanza di un passo, quella cosa a cui so darmi una spiegazione ma che allo stesso tempo non riconosco. Nulla di tutto ciò è reale, lo so bene. Le forme, devo controllarmi sulle forme, sul profilo della fiammata tentando di ignorare con tutta me stessa quel suono di dolore insopportabile. Dai, una forma, ci deve essere una forma! Poi la individuo, mi ci focalizzo e tiro furi la mia immaginazione a volte disturbata “riddikulus!” muovo il polso e di conseguenza la bacchetta per scagliare l'incantesimo contro il molliccio che avrebbe dovuto prendere la forma di ciò che ho immaginato: una gallina spennacchiata su un monociclo. Nonsense. Assolutamente nonsense. Ringrazio di aver allenato la mia immaginazione da piccola giocando a cosa ci vedi i quella nuvola.

    Kynthia Lloyd III anno, Grifondoro.
    Inveito mentalmente contro il professore e interagito con lui ringraziandolo SINCERAMENTE per la sua risposta.
    Interagito direttamente con Alexis e indirettamente con Mackenzie.
    Ha svolto l'esercizio scagliando il riddikulus contro il molliccio.



     
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    Il silenzio tombale che regnava durante il compito in classe, metteva anche i più bravi in soggezione. Sebbene durante i compiti in classe delle altre materie il clima era leggermente diverso, con il professor White nessuno osava proferire parola anzi sembrava che tutti fossero interessati al proprio foglio. Lei odiava quel genere di approccio con gli studenti perché non sopportava le persone che volevano farsi temere per esercitare il proprio potere. Mackenzie credeva fermamente che un buon leader dovesse studiare di farsi amare e rispettare dai rispettivi collaboratori, lei a quello ambiva. Sognava di dirigere una squadra di Auror o di diventare capo redattrice di una rivista tutta sua ma nei suoi piani c'era il desiderio di essere una leader eccellente, comprensiva e di tutto rispetto. Voleva creare un ambiente di lavoro sereno, dove tutti potessero sentirsi a proprio agio, in cui era rispettata senza essere temuta. Insomma le andava bene tutto, tranne i modi di fare del professor White. Lei non voleva diventare quel tipo di adulto. Chissà se suo padre era così con i suoi scagnozzi, una domanda che non si era mai posta prima di allora ma che in quel momento le sembrò logico pensare. Dopo l'arresto di suo padre, aveva cercato di dirigere i suoi pensieri altrove ma non sempre ci riusciva. La giovane Rosier amava suo padre e vederlo finire dietro le sbarre per essere a capo di un'attività illegale, l'aveva sconvolta e delusa allo stesso tempo. La persona che più ammirava al mondo, era in realtà una vera e propria carogna. Sospirò sonoramente e quando alzò la testa, il suo compito era già sparito. Fortunatamente aveva completato il tutto e stava semplicemente rileggendo le risposte per vedere se avesse fatto qualche errore che, ovviamente, non avrebbe mai individuato perché non aveva gli stessi occhi e conoscenze del professor White. Era sicura che quell'uomo avrebbe trovato qualsiasi errore, anche il più insignificante, pur di abbassarle il voto. «Penso bene ma con il professor White non puoi essere mai così sicura di aver fatto un buon lavoro.» Sussurrò ad Alexis, poi tornò con lo sguardo fisso sul professore che le sembrò molto volenteroso di andare avanti con la lezione. Qui gatta ci cova, pensò Mackenzie. Quando finalmente il professore svelò l'argomento di quel giorno e il successivo esercizio, la corvonero capì perché il professore voleva andare avanti con la lezione. «Io non voglio fare l'esercizio.» Commentò alle due ragazze prima di vedere Kynthia prendere posto per affrontare il molliccio, sotto volere del professore che sembrava avercela con lei. Mackenzie aveva molte paure ma quella più grande andava ben oltre gli oggetti materiali, era qualcosa di più profondo, intimo e non poteva essere concretizzata in nessun modo. Lei non sapeva come si sarebbe mostrata a lei nè tanto meno in cosa avrebbe potuto trasformarla per renderla meno "spaventosa". La giovane Rosier temeva la solitudine, l'essere abbandonata, una paura nata dai diversi problemi che avevano costellato la sua vita. In primis aveva perso sua nonna quando sentiva ancora la necessità di averla accanto in quegli anni così difficili per lei. Dopo sua nonna, aveva avuto dei problemi con suo fratello Seth che non l'aveva mai accettata o accolta nella sua vita così era cresciuta senza un fratello, senza una persona a lei vicina che fosse più intima di un'amica. E poi suo padre. Già, il signor Rosier era stata la delusione più grande della sua vita che l'aveva portata a credere che prima o poi tutti si sarebbero rivelati per ciò che erano e avrebbero lasciato la povera Mackenzie da sola. Per questo la corvonero non voleva legarsi a nessuno perché era fermamente convinta che nessuno sarebbe stato al suo fianco per tutta la vita. Vide gli altri esercizi e quando fu finalmente il suo turno, si bloccò. Non voleva che gli altri studenti vedessero la sua paura più grande, non voleva essere ridicolizzata in quel modo dal professore davanti a tutti e soprattutto non voleva che la sua parte più intima venisse rivelata. «Io...io ho bisogno di un attimo, professore.» E non fu sicura di essere stata ascoltata perché il tempo le sembrò infinitamente ridotto per riuscire a focalizzarsi su una nuova paura. Così si ritrovò a doverla affrontare davanti a tutti senza sapere la sua forma. Quando il professor White liberò il molliccio, la giovane Rosier vide che forma aveva la sua paura: era un fazzoletto bianco. Una specie di velo bianco, per la precisione, che sembrava nuotare in una superficie liquida. Dalle sinuose forme che assumeva, probabilmente stava lentamente affondando e avrebbe toccato il fondo in poco tempo dove poi avrebbe potuto giacere nella solitudine più totale dimenticato da tutti. Quindi la solitudine era quella? Un lento scivolare verso il basso senza nessuno che ti afferrasse per cercare di recuperarti. Mackenzie fu pervasa da un brivido che si librò per tutta la sua schiena poi, ricordandosi che era lì per eseguire un esercizio, afferrò saldamente la sua bacchetta e la puntò contro quel velo bianco: «Riddikulus!» Esclamò con voce ferma come se fosse realmente convinta di riuscire a cambiare quell'esito, poi il velo si trasformò nelle adorate tende fiorate di sua nonna che l'avevano segnata profondamente. Vide quel risultato e sorrise, prima di ritornare al suo posto nella speranza di aver fatto un buon lavoro. Nel tornare al suo posto, però, abbassò la testa per evitare di incrociare gli sguardi dei suoi compagni convinta di non essere stata compresa fino in fondo.

    Mackenzie Rosier, III anno, corvonero.

    Mackenzie ha interagito con Alexis e con Kyhntia.

    Successivamente ha svolto il suo esercizio: prima di iniziare ha chiesto al professore di darle qualche minuto in più per poter pensare ad una paura che non fosse la sua paura reale. Le è sembrato di non aver avuto abbastanza tempo così ha affrontato la sua paura più grande, la solitudine. Si presenta alla sua vista e alla classe sotto forma di un grande velo bianco che sembra galleggiare nell'acqua (x). Non agisce subito, infatti sembra come bloccata, poi agita la bacchetta e pronuncia l'incantesimo. Dopo aver svolto il suo esercizio, torna al posto in rigoroso silenzio e con la testa china.


    Edited by mackenzie. - 27/3/2023, 17:01
     
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    Dylan
    La paura. Che meraviglioso stato poteva essere quel sentimento. Desiderato dai più quando quella occupata era una posizione di rilievo, di forza, quanto temuta se lo stato in cui si verteva era quello contrapposto. Ma Dylan apprezzava quell’emozione. La paura era vita, la paura era interesse poiché, al contrario, l’indifferenza avrebbe dimostrato quanto poco la situazione o l’argomento poteva tangere al soggetto protagonista. Lui, la paura, aveva imparato a dominarla, a sfruttarla, a renderla amica poiché, come cercava d’inculcare a quella massa recalcitrante di ragazzini, quello stato emotivo poteva rappresentare un campanello d’allarme che, se sfruttato a dovere, sarebbe stato in grado di preparare il mago ad ogni situazione. “Le emozioni fungono da monito e controllo per quelli che sono i nostri scopi”, aveva detto una volta alla sua prefetta di Serpeverde in uno degli incontri privati che l’insegnante teneva con la ragazza per aiutarla a dominare il suo innato potere mentale. “Le emozioni possono aiutarci a valutare quale sia il nostro punto di rottura e scongiurare perché ciò accada.” Questo tentava d’insegnargli con vigorosa passione, eppure, al di fuori della sua prediletta, miss Andersen, nessuno riusciva a capire quel concetto, quella filosofia che cercava di trasmettere loro. Le loro menti, così limitate, continuavano a definirlo stronzo, sadico, ma Dylan confidava nel fatto che una volta cresciuti se fossero riusciti ad uscire da quel castello ed entrare davvero nel mondo degli adulti, allora sì, lì sì che avrebbero capito e si sarebbero mangiati le mani per quegli insegnamenti che non avevano apprezzato e sfruttato a dovere. La conoscenza è potere e Dio solo gli era testimone di dove la sua mente fredda, lucida e razionale lo stava conducendo. Non c’era lo spazio per la debolezza ed ogni punto fungeva da possibilità, da appiglio verso la sua scalata al raggiungimento dell’obiettivo che si era prefissato.
    Concluse le ultime spiegazioni alla classe tratte dal giro di domande libero che aveva concesso loro e si concentrò sulla spiegazione di quella che sarebbe stata la parte pratica della lezione: affrontare il molliccio. Per i ragazzi del terzo anno sarebbe stato un nuovo confronto con la creatura mentre i ragazzi del secondo anno avrebbero gustato un’anteprima di quello che sarebbe stato l’argomento del successivo anno. Cosa ci poteva essere di meglio che far partire la loro formazione scolastica con ciò che rappresentava l’apripista verso la paura stessa? Il biennio iniziale ad Hogwarts si concentrava su alcune creature basiche che sì, potevano solleticare una leggera paura negli studenti più sensibili ma tutto sommato potevano considerarsi degli esserini piuttosto innocui mentre proprio con il molliccio si addentrava lo studio in quello che era il connubio stretto tra la paura stessa, semplice e cristallina con lo studio della sua materia, difesa. Lo studio della paura, imparare ad affrontarla. Prima che gli studenti potessero alzarsi e disporsi in fila una mano scattò alta al di sopra delle teste dei vari studenti, Watanabe. Dylan avanzò di due passi nella sua direzione apprezzando quel vivo interesse da parte dello studente di Corvonero e con un cenno del palmo lo invitò a prendere parola. «La sua è una domanda molto interessante signor Watanabe», una domanda che, non fosse ancora scottato dall’esito della partita di campionato avrebbe giovato alla casa di Corvonero alcuni punti aggiuntivi. «La sua assunzione è posta partendo dalla supposizione che l’individuo possa avere un’unica paura. Noi, ragazzi miei, non possediamo un’unica paura. Sarebbe certamente bello poter dire... “Ho paura dei ragni” e fare in modo di evitarli a vita ma non è così semplice. Siamo circondati da fatti, persone, elementi vivi e non che possono generarci uno stato d’ansia, di tormento. Lei di cosa ha paura signor Watanabe? E lei... miss Pierce?» Scoccò una profonda occhiata alla Grifondoro. «Il molliccio, quindi, scoverà certamente le nostre paure più o meno recondite e farà leva su queste, su questa sensazione nella quale sarà in grado di indurci per nutrirsi ed aumentare di dimensione e influenza. Non è lo scovare la nostra paura peggiore, quanto generare nel suo avversario questo stato.» Sottolineò con la potenza dei suoi penetranti occhi neri che invitavano, allo stesso tempo, a porre ulteriori domande se fosse stato nelle loro corde. Calò il silenzio. «Ebbene... in fila.»
    Osservò i ragazzi lasciare i banchi e con l’ausilio della bacchetta fece in modo che questi si sollevassero e disponessero ai lati dell’aula creando un ampio spazio vuoto al centro di essa, spazio che avrebbe accolto i loro tentativi. Presto la fila si generò e a capo della stessa, come da sue indicazioni, Kynthia Lloyd, il suo personale giocattolino anti stress. Un sorriso furbo gli increspò le labbra mentre mentalmente si godeva lo spettacolo. “Esci dalla mia testa”, gli aveva mentalmente urlato o, per meglio accompagnare alla casa, ruggito. Avanti Kynthia, dimostra il tuo coraggio la schernì nuovamente facendo uso del suo potere per aumentare il carico di stress che la ragazza avrebbe dovuto affrontare. Avrebbe rivisto nuovamente suo zio? Ethan? Era stata una piacevole sorpresa, quella scoperta un anno e mezzo prima, quando la ragazza aveva dovuto affrontare per la sua primissima volta la creatura. Davanti ai suoi occhi il molliccio aveva assunto le sembianze di Ethan Kontos. Quell’informazione, all’uomo non l’aveva divulgata segnando se la tuttavia nei suoi appunti mentali nel caso si fosse posta l’occasione di utilizzare a suo vantaggio quella scoperta.
    «Continui così Lloyd e questo potrebbe essere l’anno giusto», commentò in seguito al successo della ragazza... “O forse no!” Ghignò tra sé facendo avanzare il successivo studente. L’esercizio proseguì senza troppi intoppi, gli studenti del terzo anno erano sicuramente migliorati nonostante, per qualcuno, ci fossero ancora delle remore mentre tra i ragazzi del secondo, come prevedeva, le cose non andarono lisce. Normale. Interruppe la prova dell’ultima studentessa quando quest’ultima diede modo di fargli intuire che non ce l’avrebbe fatta. Richiuse il baule. «Questo è quanto, singolarmente. Qualcuno di voi ha avuto modo di scoprire la propria paura più profonda quest’oggi, mentre qualcuno, finalmente, è riuscito a superarla. Ancora troppo pochi quest’ultimi.» Sottolineò lasciando che il monito dell’esame finale aleggiasse tra i ragazzi. «Adesso lavorerete a coppie. Vi aiuterete a fronteggiare il molliccio che, in presenza di più persone, come dovreste sapere, ha difficoltà a focalizzare quella che è la paura dell’individuo proprio per la quantità di paure da recepire e soprattutto gestire.» Cominciò quindi a formare le squadre. «...E per finire: Harris – Pierce, Lloyd – Rosier e Watanabe con Smith. Disponetevi.» Concluse battendo secco le mani affinché gli studenti scattassero come soldatini verso i rispettivi compagni e si disponessero ancora una volta in un’ordinata, quanto silenziosa, fila.


    Penultima manche della lezione, siete quasi giunti alla meta se non schiattate prima :mmh:
    Questa volta vi viene chiesto di collaborare per affrontare il molliccio, le coppie sono:
    - Alexis e Michael;
    - Kynthia e Mackenzie;
    - Ryuu e Phoebe.

    Affronterete a coppia il molliccio che andrà un po' in tilt per cercare di capire come spaventarvi, le vostre opzioni sono:
    - accordarvi col compagno su una nuova paura comune dei pg;
    - una fusione delle paure dei due pg;
    - la paura di uno dei due prevale su quella del compagno.

    Vince(?) chi me la racconta meglio. Come sempre, non c'è un ordine di postaggio ma considerata la dinamica d'esercizio PARLATEVI PER ACCORDAVI o vi do un malus grande quanto una capanna.
    Vi chiedo inoltre di tirare un dado a cinque facce lasciando l'esito indefinito. Questa volta sarà il destino a scegliere per voi :pecorahell:
    Fine delle comunicazioni di servizio.

    ---



    Ricordo a tutti le regole basilari di una role multipla: LO SPOILER.
    Per ogni spoiler dimenticato verranno sottratti 10 punti alla casa d'appartenenza del player dimentico.
    Siete tenuti a scrivere: Nome, Cognome, la casa di appartenenza e l’anno frequentato. In più, una breve descrizione delle vostre azioni nominando i pg con cui avete interagito o solamente citato.
    Esempio:
    “Tizio Caio, III anno, Dittorosa
    Entrato in classe e risposto ad una delle domande, interagito con Pinco Pallo”

    Non esistono risposte propriamente giuste o sbagliate, sbizzarritevi con i ragionamenti e DIVERTITEVI!

    Per dubbi circa lo svolgimento di una lezione invito a leggere il regolamento di cui di seguito riporterò un estratto circa i ritardi:
    CITAZIONE
    “Indi per cui, post che arriveranno oltre la scadenza saranno valutati con un MALUS FINO A -30 PUNTI alla casa di appartenenza dello studente e, a discrezione del professore master della lezione, la cancellazione del post stesso con annesso punteggio dimezzato alla voce presenza e obbligo di recuperare entrambi i giri.”

    Scadenza mercoledì 22 entro le ore 12.
    Andrò avanti postando giovedì. :flow:
     
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28 replies since 1/3/2023, 08:30   745 views
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