Posts written by Il bibliotecario.

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    Montgomery Warmswizzler

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    Cosa mi spinga, sempre più di frequente, ad uscire dal castello durante il mio giorno libero non mi è ancora ben chiaro. Continuo a trovare poco stimolanti i luoghi affollati in cui la gran parte dei maghi si riunisce e sono ancora disinteressato al pensiero di socializzare fine a se stesso; l'unico negozio in cui metterei piede volentieri - Il Ghirigoro - non dispone di novità entusiasmanti da un pezzo e mi sono ritrovato, per la seconda volta consecutiva, ad osservare gli stessi identici libri dell'ultima. O meglio, dispone di novità ma si tratta di testi per lo più commerciali, libretti scritti per streghe annoiate o per maghi che aspirano a migliorare il proprio io attraverso i consigli o le esperienze di qualcun altro. Nulla in contrario alla pubblicazione ma io cerco altro. Ben altro. Qualcosa che mi colpisca come un pugno nello stomaco.
    Ciò nonostante ho preso la buona abitudine, senza neanche realizzare che lo stesse diventando, di lasciare il castello la domenica subito dopo la colazione e di rientrare poco dopo le ventuno. Il più delle volte mi capita di trascorrere il tempo da solo, studiando le consuetudini dei maghi e delle streghe inglesi ed ascoltando parte dei loro discorsi oppure immergendomi in uno dei miei tanti libri. Più sporadicamente mi fermo a bere in un pub che si chiama Il paiolo magico. C'è Lynn dietro il bancone la domenica. Ha un buon cervello ed una parlantina intrigante: mi ha confidato, senza che glielo chiedessi, che lavora per pagarsi gli studi specialistici in pozioni avanzate e che il suo sogno è diventare una guaritrice. Non so se ce la farà ma per il momento di sicuro ha guarito un piccolo lembo del mio animo raggrinzito. La strana relazione che intercorre tra di noi funziona perché è lei a parlare, a condurre il gioco, nei pochi minuti in cui ce lo possiamo permettere: mi trascina in discorsi così veloci e dinamici che faticherei a starle dietro se non fossi temprato. Il locale è sempre gremito di gente, lei ha tanto lavoro, eppure non manca di raccontarmi qualcosa: un'opinione, un aneddoto, un sogno. Trovo i suoi riferimenti brillanti e le sue considerazioni degne di nota, tuttavia non voglio affezionarmi ai nostri incontri né tantomeno renderli più frequenti. Non finisce mai bene quando succede.

    A pensarci bene mentre cammino solitario per la stradina ridente di Diagon Alley, credo tutto sia dovuto allo strano clima che dal periodo natalizio regna nella scuola. Alla del tutto personale preoccupazione dovuta ai tomi di magia oscura rinvenuti negli scaffali ad accesso libero per gli studenti si è aggiunta quella per l'incolumità generale, in seguito alla morte della professoressa Lovecraft. Soprattutto date le circostanze in cui è successo. Le indagini procedono a rilento, il colpevole non è stato ancora trovato e il sospetto che possa trattarsi di uno tra i tanti frequentatori del prestigioso istituto - uno qualunque - inquieta ed incuriosisce. Ero quasi certo che al diffondersi della notizia molti genitori avrebbero ritirato i propri figli, invece sono rimasti tutti come se la morte improvvisa e violenta di una docente sia una conseguenza normale della professione, una disgrazia messa in preventivo e quindi superabile. E' comunque modo di intendere l'istruzione magica. Indugio, pensieroso, davanti ad una gradinata in pietra dalle caratteristiche linee storte. Sono entrato a Notturn Alley soltanto una volta, di giorno. E' strano: se di giorno le stradine sono buie, a quest'ora della sera sono quasi impenetrabili. La tentazione di accendere la bacchetta è forte, pur di non capitolare come una puffola pigmea. Le sole luci provengono dalle vetrine dei negozi ancora aperti: quasi tutti. Supero uno che tratta di candele e veleni dopo avere dato una vaga sbirciata alla merce in bella vista e, semplicemente, passeggio.


    bibliotecario – mailboxpensatoio


    Amon Spike Giles
    Scusa, mi sono un po' persa sul finale. Ormai c'ero e non volevo aspettare, mi rifarò.
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    Tralasciando la poco consueta maniera che ho di manifestare interesse e concentrazione - tendo infatti a non guardare direttamente l'interlocutore, il tono di voce è monocorde, tocco con il pollice la punta di tutte le dita a ripetizione - mi informo sulla breve storia da elementalista di fuoco della signorina Lloyd che ha risvegliato in me una spiccata curiosità; la studentessa, dal canto suo, non può che mostrarsi umile circa l'esecuzione dell'incantesimo (prova a sminuire ciò che invece ha lasciato molti a bocca aperta) e allo stesso tempo in dubbio. Sta forse realizzando solo adesso di avere "dato spettacolo" durante una lezione tutt'altro che comune? Come ha potuto non accorgersi da sola del grado di meraviglia che ha creato quel giorno? Sì: non posso negare che quel giorno mi sia sentito davvero al cospetto di una magia meravigliosa e potente. Neanche con la signorina Metis siamo giunti ad un punto simile, ad una così alta manifestazione del potere elementale. Deve quindi essere mio. La Grifondoro conferma come la precedente professoressa di Incantesimi fosse a conoscenza del suo particolare talento, che deve proprio a lei parte dei suoi miglioramenti e che dopo un anno dal primo episodio la sua magia non è più incontrollata; prevedo una buona base di partenza per un lavoro di perfezionamento. A questo punto il mio sguardo si assottiglia e s'illumina al bagliore proprio del successo.
    « Ah-ha » dico soltanto mentre inizio a far scorrere i titoli di tutti i libri conservati nella grande biblioteca scolastica in cerca di quelli utili al caso. Una volta trovati, mi alzo in piedi e la accompagno a recuperarli. Il mio è un modo pulito di accaparrarmi il posto di tutor. Uscite di scena la signorina Metis, una mezza sirena con uniche affinità acquatiche, e la professoressa Vane ammetto di sentirmi un po' smarrito. Il lavoro di bibliotecario resta sempre pieno di fascino e di possibilità - ora poi che ho scoperto della presenza di un libro proibito nascosto tra gli altri e alla mercé di tutti ho un impegno mentale incredibile, ovvero quello di individuarne eventuali altri - ma sento che qualcosa di grande mi sia scivolato via dalle mani, come sabbia sottilissima. Stavo esplorando l'universo dei maridi sfruttando le caratteristiche della studentessa del Corvonero, avevo toccato da vicino la realizzazione di uno dei miei più reconditi desideri ovvero quello di vivere nei libri ed assaporato l'emozione di incontrare finalmente le figure che mi hanno accompagnato nella mia vita... Ho perso tutto. L'opportunità di guidare Kynthia Lloyd è, quindi, una sorta di seconda chance che non voglio assolutamente lasciarmi sfuggire. Per questo, senza che lei abbia anche solo accennato alla cosa, mi faccio avanti.
    Sembra titubare, però. "Non deve sentirsi in dovere di fare più di questo", dice. Io che non mi sento affatto obbligato da lei la guardo curioso; non lo sto facendo per pena o per puro altruismo: ciò che muove le mie intenzioni è ben altro, ovvero una sete di conoscenza che va oltre il comune fabbisogno, un innato istinto a spingermi verso quelli che possono essere definiti i confini della magia conosciuta. In fondo, per quante siano state le scoperte la magia non può conoscere fine. Ci sarà sempre qualcosa da scoprire e lo ammetterei candidamente se ne avessi il tempo ma la Grifondoro aggiunge qualcos'altro che mi fa intuire che non sia poi così necessario insistere per convincerla. Lei ha bisogno di me quanto io di lei.
    « Non ho ricevuto altre proposte di lavoro degne di considerazione, al momento » ancora una volta sincero e senza filtri le rispondo che no, non sono previsti trasferimenti nell'immediato futuro. Se poi il destino dovesse portarmi altrove, lo scopriremmo insieme. Allargo un po' le palpebre, come ritornando al presente, e le do le spalle riprendendo a camminare e recuperando poco più avanti l'ultimo testo. Ho tra le mani una modesta pila di tomi di basso spessore, il più grosso dovrebbe essere di sì e no cento pagine.
    « Cominci con la lettura di questi testi, io nei prossimi giorni mi occuperò dello studio di alcuni esercizi pratici che svolgeremo insieme durante i nostri incontri settimanali. » neanche aspetto che mi risponda, né le do il tempo di riflettere sulla mia proposta. Diciamo che per me è cosa fatta.
    « Valuteremo in seguito il da farsi. Lei non è solita finire in punizione, non è vero? Non vorrei che una condotta sregolata possa compromettere il lavoro che andremo a fare » a questo punto mi volto, mentre il lungo mantello nero si avvolge intorno alla mia figura sottile.
    « Ha altre domande? »
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    La ragazza di fuoco sembra stupita dal fatto che mi ricordi di lei. Sollevo le sopracciglia un po' confuso: perché mai?, mi chiedo. La sua performance in Indocina è stata così fenomenale che ha incuriosito perfino me che mi sorprendo con poco, certamente non con qualcosa che ha a che fare con la magia tradizionale. Fossi stato al suo posto mi sarei sentito terribilmente offeso e oltraggiato se il mio talento fosse passato inosservato, se non ci fossero stati dei riconoscimenti ufficiali.
    « Lo stupore è l'ultima cosa che dovrebbe provare: l'esecuzione dell'incantesimo di fuoco è stata a dir poco impressionante. Quanto tempo fa ha manifestato i primi segnali? » e glielo dico col solito candore che mi contraddistingue, con tono serio e lo sguardo sicuro che si fissa nel suo. Non ho dubbi al riguardo: la ragazza che ho di fronte è stata talentuosa in quell'occasione; chissà cos'altro potrebbe fare se solo ricevesse le giuste indicazioni. Illuminarmi al pensiero di maneggiare una tale promessa, guidarla affinché scopra le sue potenzialità e le coltivi, e le superi, è naturale. Un po' come per lei il riuscire a praticare la divinazione attraverso il fuoco, ad esempio, oppure dominare un incendio. Dominare è diverso dal domare: la signorina Lloyd potrebbe estinguerlo come ingrandirlo, circoscriverlo o espanderlo oltre misura. Che materia affascinante e ricca di opportunità di studio.
    La Grifondoro ammette, subito dopo, di essere impegnata da diverso tempo nel tentativo di conoscere meglio il suo elemento; un compito difficile per chi non sa orientarsi e si affaccia all'elementarismo per la prima volta. La schiena tocca ancora il legno scuro della mia poltrona e cigola un po' sotto il mio peso quando stendo le gambe e faccio per stiracchiare le ginocchia, scricchiolanti.
    « La professoressa Vane era a conoscenza del suo particolare talento? » perché è chiaro che anche tra maghi ci siano persone speciali, dotate di poteri e capacità straordinarie. Un uomo può essere un grande mago, perfino il più grande di tutti i tempi, eppure non essere in grado di padroneggiare la terra, plasmarla e muoverla a suo piacere senza l'uso della magia convenzionale, e lo studio e la pratica. Da quando ha scoperto di avere una certa sintonia col fuoco, dice, ha fatto dei progressi ma crede sia giunto il momento di andare più a fondo.
    « Lo capisco. » i lineamenti del viso si distendono e le pupille si allargano leggermente, come se avessi davanti a me il drago dalle uova d'oro. Mi sento automaticamente chiamato in causa ad aiutare, mi vedo proprio come l'uomo della situazione in grado di guidarla sulla via della grandezza. Per quanto questa non sembri essere una prerogativa dei giallo-oro: loro, credo di non averli inquadrati fino in fondo. Non sono particolarmente studiosi, né ambiziosi né tanto meno laboriosi. Quindi, inizio a sfogliare tutti i titoli dei testi contenuti nella biblioteca di Hogwarts. Non mi sfugge il suo commento, sospirato e frutto della meraviglia. Sbircio di sottecchi.
    « Questi? Oh, stia tranquilla: è solo una parte. » e recuperati tre foglietti di carta bianchi, chiudo il cassetto con un tonfo e mi alzo in piedi. Mi sfugge un ghignetto soddisfatto quando le dico che l'accompagnerò nel recupero dei titoli: vuoi perché voglio approfondire e soprattutto offrirle il mio aiuto nel padroneggiare questa magia tanto affascinante, vuoi anche perché devo assicurarmi che non ci siano altri testi fuori posto.

    "Passeggiamo" tra gli scaffali ed io non riesco a smettere di chiedermi come sia, effettivamente, sentirsi legati ad un elemento, cosa comporti a livello fisico e psicologico. Ci penso finché la Lloyd non rompe il silenzio - che a me non pesa affatto - con una domanda. I miei passi sono come al solito pesanti. Sono attento e capace di percepire il minimo cambiamento per quanto riguarda i miei libri.
    « Non mi risulta esistano testi nati con questo scopo ma possiamo certamente adattarne qualcuno. L'elementismo è, dopotutto, legato alla coscienza e alla mente. Per padroneggiarlo deve praticarlo e per praticarlo deve volerlo fare suo. Se gli episodi di manifestazione incontrollata sono passati, c'è già una buona base di partenza. » non possiamo parlare ad alta voce data la sacralità del posto in cui siamo, tuttavia mi assicuro che la signorina Lloyd mi senta e capisca per bene. Mi fermo davanti ad uno scaffale, do un'altra rapida occhiata al primo bigliettino stretto nella mancina e poi alzo il braccio destro. Dallo scaffale, mentre resto in silenzio, tiro fuori un tomo. E' sottile, rilegato in pelle marrone sul dorso e la copertina rigida verde; il titolo scritto con lettere rosse. La guardo: so che non ha un tutore, altrimenti non sarebbe venuta in cerca di risposte qui in biblioteca. Inconsciamente prego che mi dica di sì: è un'opportunità troppo allettante perché possa sfuggirmi dalle mani così, per la sua caparbietà o chissà quale sfiducia verso il prossimo.
    « L'aiuterò io, se vuole. Non solo a cercare le risposte nei libri, questo è già parte del mio lavoro, ma anche a migliorare la sua affinità col fuoco. »
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    Come è potuto accadere, sotto la mia responsabilità? Mi porto una mano tra i capelli neri e mi guardo intorno, prima confuso e poi semplicemente inebetito. Da severo giudice di me stesso quale sono e per l'etica del lavoro che possiedo non posso accettare quello che è successo. Quello che ho scoperto. Se il preside lo venisse a sapere potrebbe ammonirmi, nel peggiore dei casi accusarmi di avere cercato di traviare le menti dei giovani maghi, di condizionarle. Soprattutto potrebbe mettere in discussione le mie capacità! Mi sposto attraverso i settori della biblioteca con passo pesante e sguardo truce, mentre il mantello nero ondeggia in maniera più vistosa del solito. Sono diretto al reparto proibito e tra le mani stringo un libro che chissà come, chissà quando, ha lasciato gli scaffali riservati ad un pubblico adulto e prescelto per finire tra quelli accessibili a tutti. Senza che io mi accorgessi di niente. In quanti l'avranno già consultato? In quanti ne saranno rimasti influenzati? Soprattutto, è stato un episodio isolato oppure ce ne sono altri abbandonati incautamente dove non devono essere? Mi tormento: sono sicuro che nessuno dei miei libri venga portato fuori dal mio territorio e sono altrettanto certo di rimetterli tutti a posto con scrupolo e maniacale precisione alla fine di ogni sessione di lettura o studio. Quindi com'è possibile che questo dato tomo, "Beautiful parts of dark magic", sia stato collocato fuori dal suo luogo di appartenenza e che ci sia rimasto per un tempo indefinito? Sono molto in collera.

    Per la prima volta dopo tanto tempo, non ho la serenità mentale né la voglia di dedicarmi al mio ambizioso progetto. Ho altro per le mani di ben più urgente, una questione seria da risolvere entro la fine di questa giornata. La mia scrivania è sommersa di fogli e c'è una lente di ingrandimento incantata che legge i titoli dei libri consultati nell'ultima settimana e la loro collocazione di partenza. È chiaro che durante l'orario di lavoro io non possa assolutamente lasciar intendere agli studenti che ci siano dei problemi, per non rischiare di impensierirli. O spingerli a curiosare. Almeno in teoria... essendo un tipo non proprio capace di mascherare le emozioni e trattenere i pensieri, so già che non sarà cosa semplice. Per fortuna nessuno è ancora venuto a cercarmi per scrivere delle relazioni o nell'interpretazione delle rune antiche: non sono neanche a metà dell'opera ma voglio avere fiducia. Devo averne. E poi un colpetto di tosse e un "buonasera" che interrompe il mio ben serrato ritmo. Alzo lo sguardo una prima volta, lo riabbasso sui fogli, credendo di poter dare suggerimenti o consigli senza dover per forza interrompere il mio lavoro. Sono riuscito ad intravedere lo stemma della casata, le dita che hanno tamburellato un po' sul legno scuro della scrivania, un capello biondo e lungo a poca distanza dalla sua mano destra. Sbatto le palpebre e con un soffio lo spingo via: guai a toccarlo, guai a lasciarlo lì. La giovane è qui per un consiglio specifico sull'elementalismo. Ho ancora la bocca chiusa ad "u", entrambe le mani aperte sui fogli e il collo proteso in avanti quando realizzo chi lei sia. Questa volta la guardo davvero: gli occhi neri si fermano sul suo viso giovane, ancora paffuto per il grasso adolescenziale. Ricordo il contesto in cui ci siamo visti, ricordo la sua bravura nell'esecuzione di un incantesimo di fuoco, ricordo anche il calore asfissiante dell'Indocina e altre cose che non vorrei. Ci vuole qualche secondo ma poi sovviene anche il suo nome.
    « Lloyd » lo pronuncio la prima volta con leggera meraviglia. Lloyd è una piccola leggenda, diciamo, dopo quello che le ho visto fare durante la lezione di incantesimi più particolare a cui abbia mai partecipato in vita mia.
    « Signorina Lloyd » mi correggo mentre torno indietro con la schiena. A questo punto accarezzo la barba corta sotto al mento e ipotizzo che lei sia qui per se stessa. L'affinità dimostrata con l'elemento del fuoco quel giorno è stato qualcosa di memorabile, fare i conti non è poi così difficile. L'unica pecca è la discrezione, che non ho.
    « Il fuoco le sta creando qualche difficoltà? Comprensibile, è un elemento esplosivo. Mi dia qualche secondo, sono sicuro di avere quello che fa per lei » l'opinabile senso dell'umorismo torna a fare capolino insieme all'euforia nel rivivere quel determinato momento. Con un gesto secco della mano, che si muove senza bisogno di toccare, apro il cassetto e lascio scorrere dei piccoli fogli bianchi bucherellati. Ne tiro fuori tre, tre titoli diversi che consegno alla studentessa. Mi alzo in piedi e glieli porgo con la sinistra, salvo poi considerare di accompagnarla durante il recupero.
    « La accompagno » ho uno strano rapporto con gli elementalisti: sono affascinato dalle loro capacità innate, quello che altri possono definire talento, dalle potenzialità di questo potere così particolare e dai limiti dello stesso. I limiti... si preoccupano sempre tutti di controllarlo, domarlo, non mostrarlo, nessuno si chiede mai fin dove ci si possa spingere, quali grandi cose sia in grado di poter fare. Un gran peccato, davvero un grande spreco.

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    Confermo la partecipazione di Victoria Crain

    Confermo la partecipazione di Montgomery Warmszwizzler
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    Welcoooooooome!!
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    Montgomery Warmszwizzler

    Lo sguardo vaga meravigliato nella stanza: è affollata e viva, dinamica in un modo a cui non sono abituato. Le piume volanti, il chiacchiericcio indistinto e vivace, il dolce suono della penna che si intinge nel calamaio e scorre veloce sulla pergamena nuova, la condivisione di informazioni davanti ad una bevanda o un dessert: sono solo alcune delle cose che saltano all'occhio di chi mette piede nel locale e che innescano in me un meccanismo sconosciuto. Sarà che sono nuovo di certi ambienti - nuovo praticamente a tutto ciò che riguardi la vita al di là dello studio - e che di conseguenza mi senta soprastimolato da questo genere di situazioni, ma non riesco a togliermi dalla faccia l'espressione sorpresa che tanto ricorda quello di un bambino davanti al primo sacchetto di gelatine tutti i gusti +1.
    La ragione che mi ha portato qui è - chiaramente - l'intervista a cui sono stato invitato a prendere parte, eppure sono entrato esclusivamente per una persona. Una donna in carne ed ossa, che niente ha a che vedere con Iphigenia e il fantastico mondo immaginario in cui vive (e in cui voglio così ardentemente entrare anch'io); una figura di cui ho intravisto a malapena il profilo mentre mi tagliava la strada e che, non saprei spiegare come, mi ha fatto dimenticare l'impegno preso. Benché la cerchi spostando lo sguardo su quasi tutte le teste e i tavoli, sembra sia stata come inghiottita dall'interno affollato del locale. Non m'interesso nemmeno di cercare il mittente del gufo e così presentarmi all'appuntamento, piuttosto resto fermo sulla soglia e provo a capire dove sia potuta andare. Finché, sorpresa delle sorprese, mi sento chiamare. « Montgomery Warmswizzler? »
    « Sì » mi volto distratto, palesemente preso da altri interessi e disattento al resto, il tono monocorde e anzi addirittura seccato perché sono stato disturbato. Intravedo a malapena una figura bassina, occhi chiari e brillanti, naso all'insù mentre continuo imperterrito a cercarla nella stanza. Un momento. Dischiudo le labbra e sento lo stomaco fare un salto, innaturale, fino al petto mentre poso gli occhi su chi mi ha chiamato.
    « Sì. Sono io » il tono cambia: è basso, azzarderei a dire mozzato. Suvvia, contegno Gary. Che diavolo ti prende, hai dimenticato tutt'a un tratto la sottile arte della conversazione? Le buone maniere? È lei. Come conosce il mio nome? Perché mi cerca? Sarà una legilimens, avrà forse percepito i miei pensieri? Molto più semplice di così. Lei è Autumn Baker, la mittente del gufo, la mia intervistatrice per un giorno. Non nascondo lo stupore: la vita sa essere davvero bizzarra. Quante probabilità c'erano che la persona che avrei dovuto incontrare per la prima volta fosse proprio quella per la quale sono entrato, spinto da un insolito istinto?
    « Tanto piacere » le dico quasi sognante mentre le porgo la mano per sugellare la nostra conoscenza. Non ho mai creduto molto alle coincidenze, ho una mente per lo più scientifica e mi baso sulle statistiche più che sulle casualità; in questo caso però non ho voglia di soffermarmici. Ho una stretta abbastanza forte, decisa. Cerco di studiare anche la sua, senza dar troppo conto alla vibrazione che mi accende il palmo.
    « Lei mi ha tagliato la strada. Prima, alla porta. » non che sia un problema, puoi farlo le vorrei dire mentre la seguo al tavolo in fondo, dove potremo chiacchierare indisturbati. Che prospettiva interessante. Quasi quanto il suo sorriso.

    Arrivati al tavolo, già coperto da qualche foglio e cartellina, sto per spostarle la sedia e aiutarla ad accomodarsi quando lei si siede da sé dall'altra parte. Resto quindi imbambolato con entrambe le mani sullo schienale e gli occhi neri che non la mollano, rapiti come poche cose hanno fatto prima d'ora. La sua disinvoltura mi colpisce, come la familiarità con il posto e la sua dinamica essenza. Deduco lo sia anche lei, dinamica intendo, per trovarsi così a suo agio in un ambiente così caotico. Neanche il saluto della cameriera mi distoglie da Autumn. Potessi, neanche sbatterei le palpebre.
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    « Come? Oh. Un caffè. Nero e lungo, amaro. Grazie » è solo dallo sguardo insistente della persona che mi torreggia al fianco destro che mi rendo conto di dover dire qualcosa: l'ordinazione, perché sarebbe scortese occupare il tavolo e non prendere nulla. Così, da buon americano, chiedo un caffè lungo e nero. Ma torniamo alle cose importanti: Autumn. "So che può sembrare un posto sopra le righe ma hanno i migliori dolci della zona, garantisco." E mi fido, ciecamente. Anche se non sono un tipo da dolce e con molta probabilità non ne ordinerò nessuno, so che sono buoni quelli che servono all'Inked Donut perché l'ha detto lei. "Possiamo darci del tu?" Possiamo vederci ancora?
    « Certamente. » non do del tu neanche a mia madre ma se me lo chiedi tu... posso fare un tentativo. Mi sento davvero strano davanti a lei: la sua voce mi accarezza, i suoi occhi mi catturano, le sue labbra quando si muovono mi impediscono di pensare con lucidità. Perfino lo smalto dei suoi denti mi abbaglia. Mi si annebbia tutto, completamente. Ed è così nuova per me questa tempesta emotiva che non so come affrontarla: mi sento come un marinaio su un piccolo peschereccio in balia di onde man mano più alte e violente. Se dovessi spiegarla con un esempio pratico, potrei dire che mi sento come avvolto in una nuvola rosa rassicurante e al contempo sconvolgente, che ovatta tutti i suoni esterni ed evidenzia solo e soltanto Autumn. Va avanti così fino a quando non mi spiega per sommi capi la ragione che ha spinto lei e la sua redazione a cercarmi: vogliono portare avanti una piccola inchiesta sulla sicurezza di Hogwarts e dei suoi componenti. Studenti, corpo docente e personale scolastico. Un momento prima sento e vedo solo lei, l'attimo dopo ripiombo con violenza nel caotico trambusto dell'Inked Donut. Sbatto le palpebre e mi guardo intorno un po' spaesato. La prima cosa che penso bene di fare è recuperare il fazzoletto di stoffa presente sul tavolo, per trovare conforto in qualcosa che possa aiutarmi a gestire la confusione che mi assale. Sfortunatamente per me, quel particolare tessuto mi disturba e dopo un contatto brevissimo segue il ritiro schizzato della mano - come avessi toccato qualcosa di disgustoso - e una smorfia del viso. Agito l'arto a mezz'aria, come a volermi liberare di quella sensazione orribile, perché non posso pulirla sul mio mantello. Lei intanto continua a parlare. Mi chiede di me, chi è Montgomery Warmswizzler e come sono arrivato ad Hogwarts.
    « Po-potrebbe... Potresti per favore allontanare questo fazzoletto, non riesco a mettermi comodo » tentenno e cado nell'errore, recupero in extremis ricordandomi di rivolgermi a lei dandole del tu. La sua domanda sembra cadere nel dimenticatoio: non le rispondo finché quel tessuto orrendo, impossibile da toccare, non sarà lontano da me. E quando questo accade, e il caffè mi sarà servito, gli occhi tornano su di lei. La magia è fievole ma sempre presente. C'è nella testa la voce di Olivia che mi comunica di avere intenzione di lasciare la scuola per inseguire un'offerta di lavoro migliore, in Bulgaria. Un po' mi rabbuio. Intuisco ci sia una correlazione tra le due cose ma è solo un pensiero e lo lascio da parte. Chi sono io? Ingenuamente, credo che non sappia nulla di me. La parte più audace risponderebbe che sono un mago, bibliofilo, ricercatore e bibliotecario. In realtà, con tono orgoglioso e pieno le rispondo solo:
    « Sono il bibliotecario. »

    Muovo le dita di entrambe le mani, qualche volta conto le falangi da uno a cinque e viceversa.
    « Sono nato e cresciuto a Salem, in una congrega di cui mio padre è il Gran Maestro. Tutti i maghi della congrega sono miei fratelli, tutte le streghe mie sorelle. Non abbiamo granché rapporto, io mi sono da subito concentrato sui libri. Ho sempre trovato difficile relazionarmi con le altre persone. Con i libri è diverso, tutto sembra migliore. Prima di arrivare ad Hogwarts ho viaggiato molto: Boston, New Orleans, Maryland, Nuovo Messico, Città del Capo... Volevo cambiare aria quando ho accettato l'impiego di bibliotecario nella scuola di magia inglese. » e che aria ho trovato!


    bibliotecario – mailboxpensatoio


    Scusami tanto tanto tanto per il ritardo, sono stati giorni veramente incredibili! Non riuscivo a raccapezzarmi!
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    Montgomery Warmszwizzler

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    Ricevo raramente della posta, se non si contano l'abbonamento alla Gazzetta del Profeta e i pacchi di libri che arrivano ogni giorno a mio nome. Con la mia famiglia in America, per chi se lo stesse chiedendo, ho sempre comunicato attraverso il fuoco dei camini: lo trovo un mezzo più immediato e veloce rispetto al classico gufo portalettere, soprattutto più efficace per la distanza geografica che potrebbe affaticare troppo i rapaci. Ad Hogwarts, sfortunatamente, ce n'è soltanto uno e si trova nell'ufficio del Preside; le nostre chiamate sono state veloci e possibilmente non frequenti, per non distogliere i miei superiori dal loro lavoro, e sempre di domenica. Il Preside Edavane e il vicepreside White non hanno mai mosso lamentele riguardo la richiesta mensile di comunicare con la mia famiglia, piuttosto il primo mi ha sempre spronato a contattarli più spesso. Se solo avessi avuto qualcosa da raccontare... Subito dopo Capodanno, infatti, ho cercato di condividere il mio entusiasmo per le scoperte fatte grazie ad Olivia, contattandoli il giorno seguente in preda ad un incontenibile allegria e parlantina; dall'altra parte però ho ricevuto una risposta che non ha soddisfatto le mie aspettative: non si sono mostrati felici per me e le mie novità accademiche, piuttosto si sono concentrati solo sul tipo di legame che mi univa a lei. Da quel momento, il tempo tra un contatto e l'altro si è dilatato così tanto - come il mio interesse per le loro persone e vite - che non sono più io a cercare i parenti rimasti, ma loro me. È stato quindi insolito trovare ieri, tra le mie solite cose sulla scrivania al centro della biblioteca, una lettera sigillata a cera dalla grafia sconosciuta e un mittente ancor più misterioso.
    Non l'ho letta subito perché ho dato la precedenza agli studenti impegnati con gli ultimi preparativi per gli esami di fine anno, ma quando (a tarda sera) ne ho rivelato il contenuto non ho nascosto sorpresa e perplessità. Perché un giornale magico dovrebbe fare a me delle domande? Sarà in merito a qualche studio che ho fatto, ho pensato, qualche libro di testo antico su cui vogliono scrivere un articolo o magari - magari - chiedere una valutazione da parte di un esperto (quale sono) su un qualche manufatto. I giornalisti posso farlo per verificare l'attendibilità di una storia. O almeno credo, non ho mai avuto a che fare con i giornalisti in vita mia. La lettera non è chissà quanto dettagliata: il mittente si è limitato a chiedermi un appuntamento a Londra, in un posto chiamato The inked donut. Mi ha ispirato fiducia a pelle per l'inchiostro, di cui le mie mani sono spesso macchiate, ma questo non è il tipo di incontri a cui accetterei di andare: al buio, con poco preavviso, senza avere un'idea precisa di cosa mi aspetti. Spinto forse dalla prospettiva di incontrare Olivia dopo, che dopo la chiusura di Hogwarts alloggia a Londra, mi sono detto perché no, vediamo di che si tratta.

    Alle sedici e cinquantotto sono davanti alla vetrina del locale, allo scoccare delle diciassette sto per spingere la porta ed entrare quando una donna mi taglia la strada. La guardo mentre si fa strada, spedita, all'interno ed è come se il mondo intorno a me inizi a muoversi piano, al rallentatore, quasi fosse tutto frutto di un'incredibile - ed inspiegabile - magia. Leggo libri da quando avevo appena due anni, il mio lessico comprende più vocaboli e termini di quante un mago comune riuscirebbe ad apprendere in una vita intera nonché un'eccellente proprietà di linguaggio, conosco incanti avanzati e il numero esatto di starnuti che un ricciocorno schiattoso fa in ventiquattro ore; eppure non riuscirei a definire e spiegare in modo semplice cosa mi accade nei due secondi in cui il mio sguardo si posa su di lei. Una cosa mai successa, questo è chiaro. Indugio quindi qualche minuto, immobile davanti alla porta, per fare i conti con un batticuore totalmente nuovo. Ho provato un'emozione così solo quando ho toccato con mano il frutto di un esperimento magico, ovvero Theo. Dopo avere sbattuto le palpebre un paio di volte ed aver lanciato un'occhiata a destra e sinistra, mi faccio coraggio ed entro. Sinceramente, più spinto dalla curiosità di vedere cosa sta facendo lei che per l'intervista al buio a cui dovrei prendere parte. L'impatto col "The inked donut" è singolare: è un caffè in cui si riuniscono amanti della scrittura, professionisti o amatoriali. Gli occhi neri come l'inchiostro - appunto - si illuminano quando una piuma nera mi vola davanti al naso ed una strega la afferra in presa diretta. Questo suono è musica per le mie orecchie. Non faccio in tempo ad allontanarmi dalla porta d'ingresso che il cliente successivo la apre e quasi mi colpisce.
    « Chiedo scusa, ero distratto. » mi scuso anche con un cenno del capo e ricevo in cambio altrettanto riserbo. Ora sono ufficialmente dentro. Non ho idea di chi sia Autumn Baker, la persona che ha firmato l'invito, immagino che sarà lei a riconoscere me. Impegnato nel frattempo a cercare di capire dove la donna misteriosa sia finita.

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  9. .

    Montgomery Warmswizzler

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    Mi prendo del tempo per guardarmi intorno: ammiro il paesaggio, la flora e il mare; la folta vegetazione che ci circonda ospiterà di sicuro ampie categorie di animali, da quelli più innocui ai più pericolosi. Muovo qualche passo incerto sul posto, mi volto meravigliato come un bambino la prima volta al lunapark: è tutto così diverso dall'ambiente cittadino a cui sono abituato, quello da cui provengo; soprattutto è caldo, di quello afoso che ti si attacca addosso e rende ogni movimento simile ad una seduta in sauna. Ho vissuto più di mille vite e visitato infiniti mondi attraverso parole scritte nero su bianco sui miei tanto cari libri ma, prima d'ora, non m'era mai capitato di mettere piede su una spiaggia che non fosse della East Coast, di calpestare un ciottolo che non parlasse di Salem, di essere altrove se non in una biblioteca. "Dovrebbe vedere la sua faccia. Non si aspettava questo quando le ho chiesto di assistermi per una lezione “particolare", eh?" Riemergo dalla mia elaborazione dello choc, voltandomi verso di lei con espressione inebetita. Ebbene sì: Miss Olivia Vane, insegnante di incantesimi di Hogwarts nonché ideatrice di una delle opere di magia più prestigiose a mio modo di vedere, mi ha stupito e non lo nascondo.
    « Non avevo idea » La cravatta mi è di troppo: nonostante gli abiti che indosso siano stati incantati per adattarsi a tutte le temperature, il sole scotta davvero tanto e avere il collo coperto e stretto risulta fastidioso. Uso così l'indice per aiutarmi ad allentare la stretta in due semplici tirate, mentre mi ritrovo con gli occhi ridotti a due fessure e il naso increspato, nell'espressione tipica di chi sta combattendo con una luce troppo forte. "Io gliel’avevo detto, di vestirsi comodo… si apra un po’ la camicia" Porto l'altra mano sulla fronte perché mi faccia da ombra, giusto per assicurarmi che tutti i ragazzi si siano smaterializzati correttamente e non ci siano spezzati, prima che la professoressa - in un atto di pura carineria - si prodighi ad aprirmi qualche bottone. Due, forse tre.
    « Ma questo è... comodo » ribatto con un tono di voce che man mano si perde: sono spiazzato dal suo gesto, così naturale ed innocuo, e distratto dalle sue dita che mi solleticano piano il collo. La guardo dall'alto, con le labbra semi dischiuse: per qualche istante smetto di respirare e di tenere conto del fatto che non siamo i soli ad essere approdati in terra straniera. M'interessano solo le sue dita che operano con tocco leggero, il sorriso dolce che le curva le labbra carnose e gli zigomi di conseguenza messi in risalto. È bella baciata dal sole, più che dalla luna se possibile. Il chiacchiericcio di sottofondo si fa man mano più invadente: batto le palpebre, inspiro e finalmente parlo.
    « Gentile, da parte sua » e sorrido. Alla giovane assistente, la signorina Lloyd, viene chiesto di lasciare su una roccia la mia cravatta e il mantello di una studentessa che, come me, deve aver interpretato in modo soggettivo la dicitura "comodo": è con titubanza che la slego e gliela cedo ringraziandola. Poi mi metto comodo - braccia congiunte all'altezza del pube, gambe poco divaricate - ed ascolto l'inizio della lezione. Memorizzo la località - la Cambogia - e cerco nei cassetti della memoria di risalire ad informazioni utili al riguardo; sono interrotto e riportato alla realtà solo quando l'insegnante fa il mio nome ed automaticamente l'attenzione si sposta tutta su di me. O almeno credo. Di cosa si parlava? Ah, sì.
    « oh, Oh! Non fate caso a me. A meno che non abbiate bisogno di un jolly » ascolto il resto interessato - è sempre bello assistere alla formazione di nuove menti -
    e quando l'argomento della discussione si sposta sull'elementalismo e gli elementalisti è naturale per me gonfiare il petto e drizzare le spalle, in cerca tra il gruppo folto di studenti della signorina Métis, che è per me l'unico elementalista conclamato. Sa benissimo di cosa si stia parlando e mi sorprende che non abbia fatto sfoggio delle sue avanzate competenze in materia. Perché ha lasciato fosse un altro a rispondere e a conquistare dei punti? Non avrebbe attirato alcuna attenzione di troppo... Beh, *L'importante è che lei sappia di sapere* mi dico, anche se non ne sono molto convinto: ho sempre fatto sfoggio delle mie conoscenze, sempre.
    Come, ad esempio, nel sottolineare la pericolosità della giungla al signor Espinoza: un giovane audace - forse anche troppo - che dimentica l'importanza di concentrarsi sulle attività che dovrà affrontare insieme ai suoi colleghi per dedicarsi ad un invito a cena che scotta più dell'oro fuso. "La ringrazio molto, signor Espinoza, per il suo complimento, ma ho già con chi andare a cena; inoltre non starebbe bene, non crede?" e vorrei poter dire qualcosa se solo da parte del giovane non arrivi una risposta del tutto incomprensibile per me. "Quindi, fammi un attimo capire... Mi stai dicendo di stare attento dal momento che la giungla può essere insidiosa, eppure sei venuto qui vestito come se fossi appena saltato giú dalla torta di un matrimonio... Dai, torna dalla tua donzella, e mi raccomando, se camminate su un marciapiede ricordati di stare tu dal lato della strada." Sono perplesso e, di fatto, corrugo un po' la fronte. Non tanto perché mi sta dando del tu, scavalcando quindi il muro che sussiste tra professionista ed allievo, quanto piuttosto per quello che dice.
    « Non è così che si fa? Per... proteggere? » cerco, confuso, conferme in miss Vane: è evidentemente spiazzata dal temperamento del Corvonero, tanto da sottrargli dei punti. Deduco sia perché mi abbia dato del tu. Approfitto del resto delle spiegazioni per darmi una controllata: mi guardo le gambe, le braccia, il fondoschiena cercando chiaramente di passare inosservato. *Cos'ha il mio completo che non va? Non mi sembro sporco di panna* mi chiedo. No: sono lindo e pinto. Avrà voluto prendersi gioco di me, forse: mettere alla prova la mia di concentrazione. Assisto per fortuna alla prova degli incantesimi con cui gli studenti dovranno cimentarsi e sono a dir poco estasiato. C'è bravura, c'è talento, c'è eleganza... *Sono tutti nuovi, ideati da lei. Non mi meraviglia, mi intriga.* E poi ci sono i ragazzi. Presto tocca a loro e, come anticipato, alzo la mano a conferma del mio essere un jolly: reperibile per qualsiasi chiarimento. Iniziano a cimentarsi (sono più che certo la signorina Métis non avrà problemi a cimentarsi con l'incantesimo d'acqua) nella pratica quando Miss Vane mi parla di nuovo. "Ho appena lasciato il guinzaglio, Montgomery, ora sappi che potrebbe accadere di tutto, ma è il bell…oh. Mi scusi, volevo dire… è il bello delle lezioni." Sbatto le palpebre e mi volto, cercandola. È la prima volta che usa il mio nome di battesimo per rivolgersi a me. La trovo arrossita: sarà per il caldo intenso o forse perché ha dimenticato che non siamo da soli? Drizzo le spalle e con la mia solita nonchalance affermo:
    « Mi piace come suona detto da te, comunque. Il mio nome, intendo. » non mi sforzerò ma credo sia stato sdoganato ormai che siamo passati allo step successivo.

    Le prove vanno piuttosto bene. Ho prestato attenzione a tutti gli studenti, in modo particolare - come prevedibile - alla signorina Métis: è divenuta quella che definirei la mia protetta ed è comprensibile l'occhio di riguardo avuto nei suoi confronti. Proprio come mi aspettavo ha brillato nell'esecuzione dell'incantesimo d'acqua: lo sguardo che le rivolgo è compiaciuto oltre che orgoglioso, credo addirittura di boccheggiare un meraviglioso. L'eccellenza di Skylee non sfugge alla professoressa che fissa con lei un incontro; assottiglio lo sguardo e faccio cenno alla giovane di stare tranquilla: può fidarsi di Olivia. Non che abbia poi tempo per rifletterci su: c'è in serbo una spedizione, con tanto di zainetto e mappa, per tutti loro. Mi intriga moltissimo l'idea di una spedizione nella giungla, quasi mi aspetto di potervi prendere parte io stesso... ma il mio nome, purtroppo, non rientra in nessuno dei gruppi formati. Io, come Miss Olivia e l'assistente Lloyd, resteremo in disparte ad aspettare: tutti gli altri, tramite una passaporta, raggiungeranno un punto diverso della Regione per avventurarsi all'interno della giungla selvaggia.
    La nomea di Hogwarts è quella di essere una scuola che non si preoccupa di esporre gli studenti ad autentici pericoli: l'unica cosa a cui è proibito loro di avvicinarsi e praticare è la magia oscura.
    « Hasta luego, muchachos » non so perché ma mi è sembrata simpatica l'idea di un saluto esotico. In spagnolo, la mia seconda lingua, che non ha nulla a che vedere con l'Asia e che probabilmente lascerà tutti perplessi. Quando scompaiono dalla mia vista, smaterializzati attraverso la passaporta, sto quasi per perdermi la direzione di Olivia e della giovane assistente. Anche lei è stata molto brava nell'esecuzione dell'incantesimo del fuoco, ora che ci penso. Miss Olivia mi aveva garantito avrebbe fatto qualcosa di spettacolare e così è stato: la fiamma, i contorni, la brillantezza, l'energia incarnata in quella fenice era nient'altro che magnifica. Tant'è che spudoratamente la accosto - saltellando nella sabbia - e le chiedo:
    « Ammirevole l'esecuzione dell'incantesimo. Era la prima volta? »
    Poco dopo raggiungiamo insieme un posto riparato ed accogliente, con un tavolo tre poltrone e...
    « Una postazione di spionaggio » gli occhi quasi mi brillano: non mi era mai successo di vivere così tante emozioni lontano dai miei libri! La cosa mi elettrizza. Sono l'ultimo a sedersi, chiaramente: mi preoccupo di spostare prima la sedia della giovane Lloyd, accompagnandola, per poi dedicarmi a quella di Miss Olivia. Una volta seduto al mio posto, indico una sfera.
    « È questo che seguirà il gruppo dei gufi? » sono interessato infatti a seguire la signorina Métis.


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    Interagisce direttamente con Olivia, Valentin, Kynthia. Indirettamente con Skylee.

    Ragazzi, il biblio fa il biblio: si semi-blocca quando la prof gli sbottona la camicia, non capisce cos'abbia il suo completo che non va, non capisce a cosa alluda Valentin (tant'è che si guarda per assicurarsi di non essere sporco di panna). Segue con interesse Skylee ed è fiero della sua eccellenza col Piscis Geminis: se l'aspettava ma è comunque un proud daddy.
    Alla fine, desidererebbe partecipare alla spedizione ma niente, è destinato a sedersi in postazione di spionaggio: elettrizzato a mille.
    Prima di sedersi, comunque, sposta le sedie alle due donne perché è un vero gentlemen.

    Se ho dimenticato qualcosa perdonatemi, recupero al prossimo giro :occhioni:
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    "Mi sta dicendo che sono…dolce? Oppure che sono scontata. Quale delle due?" Inclino la testa e lascio che le iridi scure la cerchino, di nuovo ed ancora, curiosamente. In effetti la risposta secca che le ho dato lascia aperta la strada a diverse interpretazioni, che lei coglie e mi rilancia come durante una partita a ping pong. Ho ben chiaro in testa che cosa intendessi dire con "trovo le si addica"; distinguo molto bene le sensazioni che la professoressa Vane è riuscita a trasmettermi fin da subito, posso categorizzarle e definirle in maniera precisa e vorrei poterglielo dire come al mio solito, senza filtri e quindi sincero come pochi altri sono in grado di essere; tuttavia qualcosa mi frena in un primo momento. Le mie esperienze passate mi hanno insegnato che essere troppo diretti e sinceri - soprattutto con le donne - spesso non viene apprezzato, quel che per me è un commento oggettivo e sincero può essere percepito come un'offesa vera e propria. Un oltraggio. Sulla punta della lingua ho parole come dolce, sensuale, avvolgente, morbida, interessante che premono per uscire e mi occorre uno sforzo importante per trattenerle. Lo faccio perché la professoressa Vane mi ha promesso di mostrarmi il frutto dell'incantesimo a cui sta lavorando, un progetto assai affine a me e ai miei scopi al quale intendo partecipare ad ogni costo. Se solo la offendessi o la oltraggiassi con la mia solita schiettezza rischierei di vedermi sfuggire l'occasione per sempre. Cosa che non voglio. Neanche posso eludere la domanda che mi ha fatto, però: sarebbe scortese. Distolgo lo sguardo.
    - Sto dicendo che la vaniglia le si addice. Mi piace la vaniglia. - e cerco di tagliare così il discorso.

    Una volta all'interno della stanza, vengo messo di fronte ad una delle rivelazioni più incredibili ed inaspettate: una vera viverna nascosta sotto al suo letto. Cerco di mantenere il controllo e soprattutto di restare concentrato ma, come diventa presto chiaro anche alla padrona di casa, con scarsi risultati. "Sente caldo? Le gira la testa? Vuole un po' d'acqua?" mi domanda. Come posso dirle che è colpa sua se mi sento distratto senza dirle che è colpa sua? Senza cadere nello stereotipo dell'uomo debole alla carne? *No, Montgomery: la colpa è chiaramente tua. Non sei abbastanza concentrato. Che ti succede?*
    - Va tutto bene. Non si preoccupi - lo dico più a me che a lei, a voler essere onesti. Faccio quindi la conoscenza di Theodore, un evidente cucciolo che proviene non da un uovo comprato al mercato nero né da un allevamento in Romania ma da un libro babbano. Sono così sorpreso che, incautamente, cerco la responsabile di questo piccolo prodigio. Sono avido di risposte: in testa mi si forma almeno una domanda diversa al secondo e sono pronto a rivolgergliele con la stessa velocità (e anche scarsa chiarezza) se solo non cadessi di nuovo in una dimensione calda di fantasie impronunciabili. Stavolta se ne accorge: intuisce quale sia la ragione dietro la mia difficoltà e si ritrae imbarazzata coprendosi. Io sono ancora con la testa sotto al letto, la viverna a pochi centimetri, una mano ferma sulla coperta e l'altra appoggiata in terra; resto a fissare imbambolato il punto in cui c'era lei mentre mi mordo il labbro e mi maledico sbattendo le palpebre "Forse la mia mise la mette a disagio" mi dice. Non temo soltanto di perdere l'opportunità di imitarla ed evocare esseri viventi solo su parole scritte nero su bianco, ma anche di ferirla. Farla sentire in errore. Non ho tempo per rispondere perché la creatura, a passo incerto, mi passa davanti ed esce dal suo nascondiglio; trova rifugio sulle gambe della donna, tra le sue carezze.
    Mentre lo coccola mi confessa che, per quanto felice di averlo con sé, trova più giusto riuscire a farlo tornare a casa ma che teme per la sua incolumità non avendo ancora avuto la certezza che il processo inverso sia sicuro. Lo vede come una creatura vivente a cui si è affezionata: non vuole che Theodore corra alcun rischio. Mentre lei racconta, riemergo anch'io e mi metto seduto sui talloni. La viverna è docile, favorevole al contatto umano, tra i due si è creato un legame particolare nei mesi che hanno trascorso insieme. Ottobre: sono quindi già due.
    - Sarebbe la soluzione migliore per lui. In alternativa potrebbe pensare di trasferirlo in Romania, affidarlo ad un allevatore di draghi, ma il rischio che le facciano domande scottanti sulla sua provenienza è molto alto. L'ultima cosa che vuole sarà l'attenzione del Ministero. Tenerlo nascosto ancora qui, a scuola, è fuori discussione per ragioni più che ovvie - nel frattempo seguo con lo sguardo il piccolo Theodore, che mi si avvicina per fare conoscenza. Theodore è piccolo ma resta pur sempre una viverna: le sue dimensioni aumenteranno a dismisura, esigerà libertà e soprattutto di librarsi in volo molto presto. Nasconderlo nella scuola o nella Foresta Proibita sarebbe assai rischioso. Mi annusa la mano destra, che gli porgo con cautela facendo particolare attenzione alla sua coda appuntita, per poi spingersi oltre verso le mie tasche. Non porto con me dolcetti o robe simili, cosa lo attirerà tanto? Bottoni, scopro. Sorpreso da una richiesta tanto singolare, mi scopro sorridente. Mi accingo ad accontentarlo, trasfigurando un filo di cotone strappato al mantello in un bottone nero con venature dorate.
    - Per quanto gli allevatori possano dire di sapere come gestire una creatura come questa, bisogna riconoscere che tentare di addomesticarle è ritenuta cosa quasi impossibile. Inoltre, l'integrazione con altri esemplari di drago potrebbe risultare ostica, se non addirittura potenzialmente letale... Sinceramente credo che riportarlo alla sua dimensione originaria sia la soluzione ideale per lui, e c'impegneremo affinché ciò accada senza alcun rischio - esprimo quindi il mio parere lasciandogli il mio bottone e concedendogli una carezza meccanica sulla testa. Non nutro chissà quale attaccamento verso le creature: le ritengo sacrificabili per grandi fini. Le parti di drago ad esempio sono merce molto ambita per i fini magici, dal fegato al cuore. Tuttavia non avendo ambizioni sul suo conto, e percependo l'attaccamento che la donna nutre ormai nei suoi confronti, sarà mia premura riuscire a trovare un modo per farlo tornare da dov'è venuto. Anche a costo d'essere io il primo ad affrontare il viaggio. A questo punto cerco di nuovo miss Vane: vuole che la convinca.
    - Non ho mai desiderato altro nella mia vita che riuscire a vivere davvero ciò di cui ho letto. Avventure o studio non fa alcuna differenza, il trasporto che sento è lo stesso. Lei mi ha appena dimostrato che è possibile e io farò qualunque cosa perché lei mi permetta di affiancarla. Iniziando da lui: la aiuterò a riportarlo a casa sano e salvo. Sono il mago giusto per questo compito, gliel'assicuro. -
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    Fortunatamente la signorina Metis rinviene poco dopo essere tornata in superficie. Ad un primo esame visivo non sembra essere in sofferenza respiratoria: non sputa acqua, non è cianotica, né sembra incapace di muoversi. È solo turbata e il perché mi è chiarissimo: l'ho costretta a stare sott'acqua contro la sua volontà, nonostante fosse allo stremo delle forze, appesantita da un costume di pietra che la teneva intrappolata sul fondale. Non aveva via di scampo se non quella di trasformarsi nella sirena che credevo fosse, e invece... Mentre mi implora di non rispedirla di nuovo in acqua, osservo il suo corpo in lungo: niente squame, niente coda. Nessun segno evidente di sirenomelia il che, penso, è strano.
    - No... no, non tema - commento, mentre gli occhi scuri studiano ancora i lembi di pelle scoperta e bagnata in cerca di manifestazioni che non ci sono, di segnali fisici che però non esistono. Ricado indietro sui talloni e sospiro. Mi decido finalmente a guardarla in volto: cercherò di essere rassicurante, credo ne abbia davvero bisogno dopo quanto appena vissuto, non a parole ma nei fatti. È lei infatti a rompere il ghiaccio e spiegarmi le sue sensazioni, quelle che ha vissuto sott'acqua, e le considerazioni a cui è arrivata. Nella sua voce c'è una leggera traccia di delusione quando dice di non essere una sirena - io ne sono ancora convinto, per quanto ormai sia certo che la coda non le spunterà mai - che lascia il posto in fretta ad un entusiasmo crescente nel raccontarmi di come sia riuscita a castare un incantesimo senza la sua bacchetta, sott'acqua. Elementalista, dice.
    - L'elementalismo potrebbe spiegare le apnee, sì... - inarco un sopracciglio, umettando le labbra e riflettendo.
    - E la capacità di usare la magia anche senza un catalizzatore in modo anche efficace, ma non spiega perché il morso del lupo mannaro non abbia trasmesso il flagello anche a lei. Gliel'ho detto: è impossibile che un corpo possa respingere una maledizione, a meno che... - e avrei lasciato continuare lei, proprio come un insegnante fa. Stringo le labbra e presto ascolto alla descrizione dei fondali del Lago Nero. Le ho chiesto di memorizzare più informazioni e dettagli possibili e lei l'ha fatto, nonostante il terrore incalzante. Tra tutto, mi colpisce il suo nominare una creatura, dalla coda molto lunga.
    - È possibile. I maridi hanno una spiccata sensibilità nel riconoscere i propri simili... Lei potrà non essere una sirena pura, signorina Metis, ma di certo nelle sue vene scorre il sangue di un maride. Ricorda cos'è successo quando l'ho esposta al fuoco, come il suo corpo ha reagito? O ancora, come si è sentita quando l'ho bendata ed esposta al nulla per mettere alla prova istinti e riflessi? Solo una sirena, o una mezza sirena, poteva rispondere nella maniera in cui ha fatto lei. Non c'è margine d'errore.
    E, qualora se lo stesse chiedendo, elementalismo dell'acqua e sirenomelia possono coesistere nello stesso individuo; una cosa non esclude l'altra. Deve... solo accettarlo. È quello che voleva, no? La verità. Per quanto grande e disorientante essa sia... -


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    scheda | mailbox | memo
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    Montgomery Warmswizzler

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    « Sono io a doverla ringraziare, miss Vane. Non ho mai avuto il piacere di assistere a incontri accademici al di fuori di quelli tenuti dalla mia congrega, a Salem. » la professoressa di incantesimi ed io abbiamo stabilito di raggiungere insieme i cancelli il giorno prima, ritrovandoci all'ingresso. So che il programma di oggi prevede un approfondimento sull'elementalismo per gli studenti dal quarto anno in su e che, per tanto, è stata richiesta una visita all'esterno alla Presidenza ma non ho idea di come abbia intenzione di gestire i tempi, le nozioni, tanto meno le interrogazioni. Quanto sarà diverso l'approccio, quanto si tenderà ad esporre gli studenti alla pratica più cruda e brutale? Quanto spazio verrà invece lasciato alla parte teorica? Poco, suppongo, essendo fuori dalla classe.
    Confesso di sentirmi un tantino elettrizzato: quando ho espresso, in modo molto genuino, curiosità sul modo in cui nella scuola inglese si tenessero le lezioni non mi aspettavo di ricevere un invito a prendere parte ad una delle sue. Non così presto, almeno. Ho accettato quasi immediatamente, senza neanche bisogno di pensarci: posso permettermi di lasciare la biblioteca per un paio d'ore; al mattino l'affluenza è pari a zero e posso catalogare e riordinare al rientro, senza compromettere in maniera significativa le visite degli studenti o le ripetizioni. E poi, se proprio sentirò il bisogno di tornare nella mia zona di comfort, potrò farlo in qualsiasi momento. Siamo pur sempre a scuola. Quindi eccomi di buon mattino, vestito comodo come mi ha chiesto, che le cammino di fianco e le parlo. Il nostro legame si è evoluto da quando abbiamo cominciato a lavorare insieme: il suo sta diventando un volto conosciuto, amico, e la sua persona di fiducia. C'è solo un fatto che, ogni tanto, mi crea qualche problema: il suo profumo. Mi confonde.

    "I miei studenti hanno fatto passi da gigante, quest’anno: so che possono farcela. Vedrà, sarà divertente" Mi scopro a guardarla spesso mentre parla e a sorridere, coinvolto dal suo stesso entusiasmo.
    - Non ne dubito - rispondo con un filo di voce, osservando il suo profilo radioso, prima di accogliere tutti gli studenti mano a mano che arrivano. Distribuisco vari Buongiorno, primo tra tutti alla signorina Lloyd che, mi è stato spiegato, ricopre il ruolo di assistente della professoressa di incantesimi e in via del tutto straordinaria ci accompagnerà. Riconosco molti ragazzi, nonostante l'abbigliamento informale mi obblighi a tempi un po' più lunghi: noto il signor Moore che, proprio come la Prefetto del Corvonero, frequenta la biblioteca assiduamente e concentra le sue ricerche su un argomento fisso, in maniera quasi instancabile: il mentalismo; la signorina Andersen, che invece sembra dedicarsi ad argomenti con un singolo tratto in comune: il buio che può avvolgere e condizionare le intenzioni di un mago; dovrebbe esserci anche la signorina Metis, a cui rivolgerei in caso uno sguardo complice e intenso. Nonostante i nostri incontri si siano interrotti, avendo ottenuto le risposte alle sue domande (e anche alle mie), continuo a nutrire nei suoi confronti una spiccata disponibilità. Ho modo di studiare anche tutti gli altri: c'è un ragazzo particolarmente alto e piazzato che mi guarda dritto negli occhi mentre mi passa davanti. Fatico a capirne la ragione, ricambio lo sguardo con tranquillità, senza timore. Immagino sia per la sorpresa di avere un ospite esterno a lezione, o perché non mi ha riconosciuto. Lo capisco: neanch'io ho idea di chi sia. Mi ritrovo solo a battere le palpebre e a congiungere le mani dietro la schiena.
    In piedi di fianco a miss Vane, ascolto la spiegazione che precede la gita e, al momento delle presentazioni, rivolgo un sorrisetto generale ai presenti. Sono chiaramente intrigato quindi seguo con interesse la distribuzione delle biglie. Ce n'è una anche per me: sorpresa delle sorprese.
    Dopo un - Molte grazie - rivolto alla signorina Lloyd, prendo la biglia tra pollice e indice e la osservo cercando di capirne l'impiego: qual è il legame tra una biglia e l'elementalismo? Domanda fondamentalmente inutile perché è nient'altro che una passaporta. Le orecchie si muovono nel sentire questa parola, gli occhi si spalancano e subito cerco la professoressa con lo sguardo. Resto muto, benché sia lapalissiano lo stupore che provo. Occhiata agli studenti, di nuovo alla biglia, infine la Vane. Il conto alla rovescia inizia prima di poter fare qualunque cosa: vengo risucchiato con in faccia un'espressione sbalordita.

    Quando tutto intorno a me smette di girare vorticosamente - lo stato confusionale in cui mi sono trovato al momento della partenza ha di certo influito sull'uso della Passaporta - e mi ritrovo con i piedi per terra, allargo appena le braccia per non perdere l'equilibrio; la biglia è ancora stretta tra indice e pollice destri. Strabuzzo gli occhi per la differenza sostanziale di luce ed approfitto dei primissimi secondi per guardarmi intorno. Il paesaggio non ha niente a che vedere con quello a cui sono abituato, del cancello e del castello sullo sfondo non c'è più traccia, i rumori ambientali sono quelli che richiamano posti tranquilli ed incontaminati, dove la natura è padrona. Perfino la temperatura è nettamente diversa. Ho caldo, tutt'a un tratto. Avanzo di qualche passo, meravigliato. La voce della docente si alza sui vari commenti di sorpresa: annuncia che ci troviamo tutti in Indocina e che quella che vivremo sarà un'esperienza formativa nella giungla. Ho gli occhi che scintillano per lo stupore: non ne sapevo niente! E adesso? Una zanzara mi ronza intorno quasi subito: la osservo interessato mentre, dopo avere percepito l'odore del mio sangue, si avvicina al mio collo. Al contrario delle altre, deve aver decretato che sono di suo gusto: io però non sono dello stesso avviso. Con uno schiaffo secco pongo fine alla sua esistenza, salvo poi dover ricorrere alla magia - ad un aguamenti - per potermi lavare. Sfilo la giacca e sbottono il colletto della camicia mentre la lezione ha inizio, già in conflitto interiore. Avessi saputo mi sarei preparato. Fisso immediatamente il mio ruolo durante questa lezione: integrerò con spiegazioni occasionali, al momento opportuno. Sono fiducioso, divertito, finché un commento attira la mia attenzione ed interrompe lo studio ambientale.
    Mi scopro accigliato, con la fronte aggrottata e l'espressione un po' perplessa mentre indietreggio col collo per guardare e capire meglio: cosa vuol dire con "stasera a cena offro io"? Assottiglio lo sguardo. Miss Vane è oggettivamente incantevole, i suoi capelli sotto questa luce calda mostrano dei riflessi dorati che le illuminano il viso, perfino gli occhi hanno delle sfumature brillanti e molto belle. Mi avvicino piano e do un suggerimento importante al giovane mentre le dita della mancina stringono il muscolo dell'avambraccio e la mascella si contrae un po', in maniera del tutto spontanea.
    - Le suggerisco di restare concentrato: la giungla è un ambiente assai insidioso. -


    bibliotecario – mailboxpensatoio


    Interagito direttamente con Olivia, Kynthia, Axel e Valentin.

    In pillole:
    - Raggiunge i cancelli con Olivia, parlandole e ringraziandola dell'invito - lui non ha esperienze di istruzione al di fuori dell'ambiente della sua congrega, quindi è curioso. Ogni tanto perde colpi a causa sua, ma niente di serio.

    - Saluta subito Kynthia e man mano riconosce gli studenti che vede spesso in biblioteca, soprattutto Hunter e Daphne. Se c'è anche Sky, le rivolge uno sguardo più complice e prolungato degli altri per il proprio vissuto recente. Con Axel c'è questo scambio di sguardi, tra maschio alfa (axel) e creatura non definita (il biblio). Immagina sia solo confuso quanto lui, non avendolo riconosciuto e trovandosi fuori comfort zone.

    - Al momento della ricezione delle biglie, guarda interessato la sua finché scopre che si tratta di una passaporta: resta sbigottito, non aveva mica capito che si sarebbero allontanati dal suolo inglese!! Panik.

    - Non è vero, ci mette poco ad ambientarsi e a stroncare la vita di una zanzara quando vuole fare la pappa proprio con lui. Nota importante: a Valentin consiglia di concentrarsi sulla giungla.
  13. .
    Moralmente grigio.
    Non vedo la necessità di etichettarmi ma se dovessi farlo oggi sarebbe così che mi definirei. Vuol dire che le decisioni che prendo sono complicate, non classificabili in maniera assoluta come buone o cattive. Il loro scopo è quello di aiutarmi a raggiungere l'obbiettivo e non importa quanta sofferenza potrei infliggere agli altri o quanto oltre mi potrei spingere pur di arrivarci. La sola cosa che conta è il risultato. Sono stato il primo a stupirmene. Ho sempre rispettato le regole e la supremazia dei governi, ho votato la mia vita alla giustizia e alla letterale interpretazione delle leggi. Eppure è bastato frequentare la signorina Métis ed entrare in contatto con una realtà fatta di esperimenti e domande per veder emergere un lato di me che non conoscevo, o che più probabilmente non ha mai trovato modo di emergere. Ho costretto una giovane donna a sopportare frustrazioni e dolore fisico, l'ho imprigionata prima tra le fiamme ardenti e ora sott'acqua, consapevole dei suoi limiti e delle sue sofferenze ma del tutto disinteressato a considerarli.
    Fisso il punto in cui è stata inghiottita e le bolle d'aria che man mano salgono in superficie e scoppiano. Aspetto riemerga anche lei, con un salto che metta in mostra non soltanto la coda ma anche la parte superiore del corpo, perfettamente adeguatasi alla realtà maride. Invece i minuti passano e di Skylee Métis non c'è traccia.

    Guardo l'orologio da taschino.
    - Sei minuti. - sono passati sei minuti da quando è sotto. Inizio a muovermi sul posto, nervoso, e a fare avanti e indietro sul piccolo ponte. I pesanti stivali scandiscono i passi.
    - I suoi polmoni non erano al cento per cento quando è affondata. La sofferenza, la paura di non farcela, a quest'ora avrebbero dovuto già... - la piuma continua a prendere appunti, riporta tutto ciò che dico. Fisso di nuovo le acque scure: l'assenza di cerchi nell'acqua e di ulteriori bolle non mi lasciano ben sperare. Non posso però permettere all'ansia di prendere il controllo; per restare concentrato quindi inizio a sfregarmi le mani, di continuo, mentre cammino in lungo e in largo sul ponte della rimessa delle barche. Realizzo ben presto che la signorina Métis non tornerà da sola in superficie: può aver perso i sensi, avere avuto la meno sui fondali, essere rimasta bloccata in qualche maniera ed essere quindi impossibilitata a risalire. Trascorsi sette minuti mi mobilito: tiro fuori la bacchetta dalla tasca interna del mantello e la punto sullo specchio d'acqua. Non posso usare il Finite Incantatem, perché rischierebbe di colpire oggetti al di fuori del mio interesse e per lo stesso motivo non posso ricorrere al Relascio. Non mi resta che richiamare a me il costume di pietra. So per certo sia in quel posto, so per certo come sia fatto: non ne attirerei di altri.
    - Accio stoned swimsuit - una luce bluastra illumina la punta della bacchetta e si allarga fino a raggiungere le dimensioni di una palla da ping pong. La stessa gemma luminosa, di lì a poco, si separa dal catalizzatore e colpisce il pavimento di legno scuro. Ci vuole poco prima che, con pesantezza ed evidente resistenza, il corpo della caposcuola del Corvonero riemerga con un balzo rumoroso dalle acque e si posi, altrettanto massiccio, davanti a me, al sicuro sul ponte. Durante la fase finale del recupero vengo investito dagli schizzi d'acqua ma non ne faccio un dramma. La prima cosa che penso di fare è interrompere l'incantesimo che verte sul suo indumento.
    - Finite incantatem - la libero così dal peso opprimente che di certo percepisce; subito dopo mi avvicino e, con la punta della bacchetta accesa, faccio luce sul suo viso. Automaticamente anche l'incantesimo testabolla finisce.
    - Métis. Métis, riesce a sentirmi? - la richiamo, in leggera apprensione.

    ––––––
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    Oh, in inglese faceva più figo.
    Perdonami Giorgia perché ho peccato.
  14. .
    Entrare nella stanza di qualcuno è un po' come leggergli dentro; basta guardarsi intorno per scoprire dettagli intimi, preferenze e a volte anche segreti. Quest'alloggio dice molto sulla professoressa di Trasfigurazioni: la forte fragranza di vaniglia, ad esempio, parla di una donna dolce e morbida, che riesce a spiccare anche in situazioni complicate; una personalità femminile e sensuale, che può (e vuole) lasciare il segno. Le librerie stracolme che padroneggiano la stanza rimarcano la passione per i libri e il bisogno viscerale, incontrollabile, di possederne il più possibile, tratto tipico di un bibliofilo; i colori e le fantasie, le suppellettili e le decorazioni donano infine un tocco rassicurante e caldo, di casa oserei dire. Approfitto dei momenti in cui non c'è per fare quest'analisi: mi guardo intorno, osservo e mi concentro sui dettagli che mi colpiscono, mi faccio coccolare dal profumo dolce che mi si attacca addosso e mi rammollisce i sensi. Mi scopro interessato a scoprire di più sul suo conto anche in base titoli che popolano le considerevoli librerie. Curioso - con rispetto! - finché la porta dietro la quale è scomparsa non si riapre e ciò che mostra, in breve, mi cattura.
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    Vittima di un potente vortice emotivo difficile da controllare, per alcuni istanti dimentico il vero motivo per il quale sono qui. Davanti a me c'è la professoressa Vane che, fasciata di viola, in modo del tutto inconsapevole mi rende faticoso conservare il solito distacco; d'un tratto ho caldo, nonostante l'incantesimo termo-regolatore che agisce sugli abiti, e non riesco a interrompere il contatto visivo. Ammiro la sua figura ed accarezzo - per la seconda volta durante la serata - con lo sguardo le sue curve e forme, i pochi lembi di pelle lasciata scoperta finché lei non mi riporta alla realtà, invitandomi a scoprire finalmente cosa nasconda dietro la porta.
    Accaldato, scelgo di sfilare il mantello e sistemarlo nell'incavo del braccio sinistro. In pochi passi, quelli che ci separano, mi riprometto di non lasciarmi influenzare né distrarre dalle tentazioni che incontrerò oltre la soglia; scelgo di concentrarmi solo sulla formula (che spero mi verrà mostrata) e sull'eventuale lavoro che dovrò fare per convincerla a farmi partecipare. Considerati gli effetti che ha su di me, a cui cerco di non badare e che nascondo col pesante tessuto del mantello, lo ritengo necessario.
    Ho rischiato molto, poco prima. Avrei dovuto preferire il silenzio, assecondare la sua richiesta - legittima - di non spingermi oltre il limite di ciò che è sicuro quanto meno finché non l'avrei avuta davanti, tra le mani... invece ho espresso ad alta voce ciò che davvero ho pensato, le ho detto che quanto mi ha chiesto è qualcosa di impossibile da mantenere, un voto a cui mi rifiuto categoricamente di essere vincolato. Io sono un sapiente e nessun sapiente che si rispetti accetta di avere dei limiti. Quel che conta è ottenere il risultato, ad ogni costo. Anche lei lo sa e molto bene, tanto che ha dichiarato di essersi imposta dei lunghi periodi di pausa tra un tentativo e l'altro: per non permettere al progetto di trasformarsi in ossessione, all'idea di diventare una malattia, alla mente di corrodersi e farsi divorare dall'oscurità. In due sarà più facile, mi dico. Senza contare che io, Montgomery Warswizzler, sono il partner ideale. Il mago giusto da includere nel progetto. Senza alcun dubbio.
    * * *

    Mi ritrovo in un ambiente ben più intimo, privato, di quello da cui provengo. Anche qui c'è ordine, intenso aroma di vaniglia e predominanza del colore viola ma è chiaro che sia un posto poco frequentato, esclusivo. Concentrazione, mistero, purificazione: è ciò che trasmette - ed amplifica - il colore predominante nelle scelte di stile della collega. Mi chiede se mi piaccia la vaniglia. Com'è ormai chiaro, il viola ha su di me degli effetti particolari. Lo preferisco, mi fa sentire tranquillo, a mio agio, al sicuro. Allo stesso tempo, aiuta a potenziare i miei sensi.
    - Sì. Trovo le si addica. - commento soltanto, con la stessa tranquillità e nonchalance con cui si parla del tempo. Ignoro il fastidio al cavallo dei pantaloni e cerco, con una scrollata indifferente e leggera della gamba sinistra, di attenuarlo anche attraverso la camminata. Mi concentro allora sulle domande da fare, sul dove può aver mai scelto di nascondere la formula per conservarla. Mi aspetto di essere subito messo di fronte alle carte, invece la professoressa Vane è di tutt'altro avviso. Si inginocchia ai piedi del letto e mi annuncia di tenerlo lì. Immagino si riferisca al lavoro, nascosto in una valigia sotto al letto che a breve tirerà fuori. Da un momento all'altro.
    Invece mi invita a fare come lei. Sgrano gli occhi, sorpreso.
    - Chiedo scusa? - è uno di quei tipi a cui piace sparpagliare i vari fogli e libri sul pavimento per avere più spazio a disposizione? Oppure ha ampliato così tanto lo spazio sotto al letto da non riuscire più a trovare la valigia in questione? Sarebbe un fatto davvero increscioso. Nemmeno si volta a guardarmi, rapita com'è da ciò che c'è lì sotto. Dal canto mio tentenno: prendo il mantello con entrambe le mani e mi avvicino piano al letto teso e legnoso nei movimenti. Lascio il mantello sul bordo del materasso e, tenendovi una mano come appoggio, mi inginocchio al suo fianco. Di nuovo il suo profumo, che mi fa chiudere gli occhi e inspirare profondamente. No. Li riapro in fretta e sbattendo le palpebre mi piego in avanti, spostando il peso sulle mani, indietreggiando sulle ginocchia se necessario. Guardo sotto al letto e lo riconosco. La meraviglia si fa largo dentro di me e traspare sul volto.
    - Una viverna! - sospiro estasiato. Gli occhi neri brillano davanti a Theodore, così è stato ribattezzato. La meraviglia però ben presto fa spazio ad un altro sentimento...
    - Non credevo che... un momento - Cerco la professoressa, non necessariamente i suoi occhi ma lei. Prim'ancora che possa anche solo azzardare a pensieri di illeciti compiuti, di contatti e traffici illeciti, mi informa che la piccola creatura provenga da un libro babbano. Un libro babbano. Le mie conoscenze riguardo la letteratura babbana sono insignificanti, quasi pari a zero. Sono quindi scottato, punto nell'orgoglio, dal non poter riconoscere da me il titolo a cui questa creatura appartiene, né l'universo, né la sua storia. Percepisco la sua felicità nel condividere con me il traguardo raggiunto attraverso il suo studio e il suo incantesimo e vorrei abbandonarmi anche io a questa gioia. Tuttavia, vengo nuovamente distratto da una prospettiva allegra compagna delle tentazioni e delle più ardite fantasie. Mi allontana dalla viverna e dallo studio in modo pericoloso e rapido, come una barchetta in balia della pressione prima di una cascata.
    Ho sempre detto d'essere ingenuo, ma non innocente. E in virtù di questo io mi perdo.
    Guardo rapito la scollatura che malgrado i tentativi di coprirla con la vestaglia risulta più evidente, la curva che fa la sua schiena e la collina con cui si chiude e sulla quale vorrei morire.

    Arrossisco, anzi avvampo, e inizio a fissare la creatura.
    - È lui che non È lui che non riesce a rimandare indietro? - inizio la frase con un tono di voce assai più basso del solito, nulla che una bella schiarita della gola non possa risolvere.


  15. .
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    Scherza? La guardo dall'alto e accenno ad un sorrisino, il massimo dell'entusiasmo che posso concedermi. Confermo così quello che ho detto e cioè che la sua resistenza sott'acqua è sorprendente. Non che mi aspettassi un ulteriore fallimento, giunti a questo punto: gli ultimi residui di dubbio si sono dissolti del tutto, Skylee Metis è una sirena. Devo soltanto dimostrarlo.
    Gli effetti che le fiamme e il calore hanno su di lei, la sofferenza per la privazione dei sensi e la resistenza sott'acqua sono tutti segni inequivocabili. Ammetto di essere avido, di voler giungere alla conclusione nel minor tempo possibile, e quindi spingo la Metis ad ignorare i segni della stanchezza, ad andare oltre i limiti mentali che potrebbe anche inconsciamente imporsi, e lei si lascia guidare. Rimanga tra voi e me: quasi non m'importa se sia sfinita, se per avere un miglior rendimento stasera le basterebbe riposare anche solo per una manciata di minuti. Sono vicino alla soluzione e sto già gustando il dolce sapore della vittoria. Non ho intenzione che dei ritardi - evitabili - si frappongano tra me e la mia piccola grande conquista. Inizio il conto alla rovescia ma la ragazza ha qualcosa da dire: attira la mia attenzione, mi fa sollevare il sopracciglio sinistro e lo sguardo dall'orologio da taschino che tengo nella mano destra.
    - Chiedo scusa? - domando, quasi fosse una richiesta assurda la sua. Stanca: come possono le sirene essere stanche di stare sott'acqua? È un controsenso. Assottiglio lo sguardo, incuriosito da questa sua considerazione e nel momento in cui sparisce di nuovo, assorbita dalle acque nere, mi volto verso la piuma e la pergamena sospese a mezz'aria e detto una frase.
    - Considerazione: dopo il record di dieci minuti, la resistenza in apnea è drasticamente diminuita. Ciò vuol dire che la trasformazione in sirena non ha ancora trovato il canale di sfogo e, di questo passo, dubito che lo farà. -
    Infatti il tempo di permanenza sott'acqua si riduce di volta in volta. Appena risalita non si fa problemi ad immergersi di nuovo ed ancora, caparbia, ma il risultato è sempre lo stesso: un minuto al massimo e poi deve tassativamente tornare in superficie. So che, non fosse per i suoi polmoni che le impongono uno stop, la studentessa del Corvonero insisterebbe fino ad arrivare davvero ai fondali per memorizzarne più dettagli possibile; per questo è giusto tenere conto anche dei limiti che sta manifestando.
    Quando riemerge e si scusa per l'ennesimo fallimento le faccio cenno di fermarsi, mostrandole il palmo della mano destra. Ne approfitto per analizzarla visivamente: sono anche i mancati cambiamenti fisici che mi aiutano a definire i contorni. Nonostante la lunga permanenza in acqua infatti, ed altrettanto tempo trascorso nuotando sotto, il suo corpo è rimasto esattamente com'era. Niente squame, niente pinne, nessuna cartilagine ad unire le dita. La sua voce non è diventata stridula ed incomprensibile e il suo viso è ancora angelico. Annoto tutte queste cose sulla pergamena, mentre la mia studentessa si abbandona del tutto all'acqua e si lascia cullare. Galleggia come fosse una sera calda d'estate: il freddo che tormenterebbe chiunque - condannandolo anche alla morte, senza le dovute precauzioni - non la scalfisce. A questo punto si apre a delle confidenze, che suonano più come un'arresa.
    Capisco sia stanca ma non è certo questo il momento di demordere. Batto le ciglia un paio di volte ed indietreggio fino ad appoggiarmi ad una superficie di legno col sedere, per mettermi comodo anch'io. Un buco nell'acqua, come può anche solo pensare che questo sia un buco nell'acqua? Gli occhi neri la scrutano con attenzione, e per la prima volta dopo tante, credo di comprendere le sue paure e le sue insicurezze.
    - Mi dica: quanto crede sia comune per un essere umano trattenere il fiato sott'acqua per dieci minuti pieni senza un duro allenamento alle spalle? Resistere alle temperature proibitive delle acque d'inverno, nuotarci senza la benché minima traccia di sofferenza o difficoltà in assenza di un aiuto magico? Lei, signorina, sottovaluta le particolari capacità che l'accompagnano da tutta la vita... Ora che qualcuno le sta raccogliendo può finalmente comprendere che niente di tutto questo è normale. - sollevo il mento e a questo punto mi avvicino di nuovo al bordo della battigia per osservare meglio il suo corpo, le estremità. Tiro fuori la bacchetta dal mantello e ne illumino la punta.
    - Lumos - il passo successivo è illuminare lei, da capo a piedi.
    - Cos'altro non è del tutto normale è l'assenza del benché minimo accenno a mutazioni fisiche. È in acqua da diverso tempo ormai ed è rimasta intatta. Vede, a quest'ora la trasformazione in Maride dovrebbe essere completa. Il fatto che non sia ancora avvenuta ci porta davanti ad un bivio. - rifletto sulla possibilità che la maledizione sia remissiva e che di conseguenza, perché possa manifestarsi del tutto, ci sia bisogno di un piccolo aiuto. O che, semplicemente, lei non appartenga alla categoria delle sirene pure. Senza perdermi d'animo, e soprattutto senza lasciarmi condizionare da inesistenti sensi di colpa, punto la bacchetta ancora illuminata al costume che indossa.
    - Duro - l'intento è quello di appesantire il corpo della signorina Metis abbastanza da costringerla sott'acqua ben oltre la resistenza polmonare e qualsiasi tentativo fisico di risalire in superficie, quindi obbligare i geni maridi a manifestarsi per puro istinto di sopravvivenza.
    Come farò a capire se sta funzionando? Oh beh, lo scopriremo.
    ––––––
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    c'ho l'ansia io stessa.
    Spero per Sky che abbia con sé la bacchetta, legata al costume come Harry ne "il calice di fuoco", perché sennò sono uccelli senza zucchero, per tutti quanti.

    il Biblio comunque usa "Duro" sul costume di Sky per trasformarlo in pietra ed appesantirla, quindi, in modo che resti sotto. Non necessariamente deve sprofondare di molto: deve entrare in sofferenza vera, istinto di sopravvivenza puro e semplice, per capire se la maledizione effettivamente è attiva al cento per cento o la infetta solo per metà.
64 replies since 9/9/2022
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