Posts written by Eileen

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    L'uomo che aveva davanti era una persona alla mano, divertente e spiritoso che l'aveva fatta ridere più di una volta. Il perfetto collega di lavoro. Quando lavorava al San Mungo ne aveva incontrati alcuni così, purtroppo, però, non erano del suo stesso reparto e li vedeva poco. Il più delle volte aveva a che fare con donne in competizione tra loro e, ovviamente, quando aveva intrattenuto una relazione di puro sesso con il primario, la sua reputazione ne aveva risentito e, le altre, avevano iniziato a trattarla con sufficienza. Non aveva fatto nulla di male e non aveva avuto nessun trattamento di favore anzi, era stata più volte accusata di essere dov'era solo per essere andata a letto con un suo superiore. Cazzate. Lei quel posto lo aveva perché era brava in quello che faceva, peccato che le persone fossero ancora troppo bigotte e retrograde per accettarlo. «Vedremo, cerchi di non mettersi in queste situazioni però, è difficile uscirne.» Le persone, spesso, vedono solo ciò che vogliono vedere e l'essere ambigui senza dare una chiara spiegazione, in molti casi, può illudere e portare a conseguenze spiacevoli. «Ma no, è solo abitudine. Preferisco dare del tu e ormai siamo quasi amici.» Gli dedicò un sorriso a trentadue denti. Le faceva piacere conoscere gente nuova, soprattutto sul luogo di lavoro. Magari avrebbero potuto passare la pausa caffè insieme se i loro turni lo permettevano ed era sempre piacevole fare due chiacchiere con qualcuno.
    «La filosofia mi annoia ma l'arte mi piace, sono stata anche a qualche mostra babbana lo scorso anno.» Preferiva l'arte contemporanea, molti l'avevano guardata male per questo perché non tutti capivano quelle particolari opere. Non c'era niente di artistico nell'esporre in un museo una macchina rotta; infatti, per capire il messaggio dell'artista, bisognava andare oltre ciò che si vedeva. Oppure prendere il telefono e cercare su Google. Rapido, no? La conversazione si era poi spostata su Rose; anche lui si era accorto del disagio della ragazza. «Sì, esatto. Guarda, ti direi di essere paziente e non forzala, deve essere lei ad aprirsi. Mettila a suo agio e fa in modo che si fidi di te, solo così riuscirai ad aiutarla davvero.» Ci aveva visto lungo, la caposcuola aveva seriamente qualcosa che non andava. Per fortuna sembrava aver trovato nell'infermiere un supporto, anche se quel ruolo sarebbe dovuto essere di suo padre. Era davvero un uomo freddo, possibile che non riuscisse a trovare un minuto da dedicare a sua figlia? Le famiglie di molti maghi erano prive di calore umano, tutto quello che contava per loro era il potere e il mantenimento della purezza del sangue. Era felice di essere una mezzosangue e aver ricevuto l'amore di entrambi i genitori. Bevve l'ultimo sorso di caffè, posando poi la tazza sul tavolo alla sua destra. «Il pentimento è il primo passo, sei sulla buona strada. E poi tutti commettono degli errori. » Gli diede una pacca sulla spalla per tirarlo su di morale. Il suo sguardo si era fatto cupo per un attimo e le dispiacque se la sua domanda aveva, in qualche modo, rievocato brutti ricordi. «Che sono una normale psicologa amante dell'arte, delle feste e del Quidditch!» Qualche volta giocava ancora come cercatrice in partite amichevoli, era davvero divertente. Diede uno sguardo all'ora, tra cinque minuti doveva tornare a lavoro! Era così presa dalla conversazione da essersene quasi dimenticata. «Io devo andare, mi accompagni o ti fermi un altro po' qui?» S' incamminò verso la porta e si voltò, in attesa di una sua risposta.

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    Anni fa, la sua compagna di stanza le aveva detto di trovare Hogwarts inquietante ed Eileen era scoppiata a ridere. Lei amava quella scuola e, anche se in passato era stato lo scenario di una guerra, questo non significava che sarebbe successo di nuovo, i tempi erano cambiati, non c'era nessun mago oscuro da temere e i mangiamorte erano sempre meno. Quando era studentessa le piaceva girare di notte per i corridoi, trovava suggestivo il trovarsi da sola, al buio, tra le mura del castello e parlare con i fantasmi che lo infestavano, avevano molte storie interessanti da raccontare. Da amante dell'horror il suo preferito era il Barone Sanguinario e, anche se le aveva detto di andare al diavolo più di volte, Eileen aveva continuato a perseguitarlo per sapere come si era ridotto in quello stato. Non aveva mai raggiunto il suo scopo, però ora lavorava qui e poteva riprendere a tormentarlo con le sue richieste. Ma ormai non poteva più farlo, non ora che correva come un'ossessa per sfuggire alla morte. Due dei suoi colleghi erano degli assassini e vedevano ragazzi innocenti ogni giorno, non osava immaginare ciò che avrebbero potuto fare se fossero riusciti nei loro piani. Doveva sopravvivere, non solo perché aveva promesso a sua madre che l'avrebbe rivista l' indomani, ma anche perché aveva il dovere di aiutare quei giovani che, ignari, si erano fidati di due bastardi. Corse ancora più veloce, le gambe pulsavano e non aveva quasi più fiato, ma non aveva alcuna intenzione di arrendersi e non si sarebbe fermata fino a quando non sarebbe uscita da quel posto. Hogwarts non sarebbe diventata la sua tomba.
    Pensò di usare il Patronus per avvertire gli Auror quando, d' un tratto, un uccello le passò di fianco e si tramutò in quel pazzo di Blackwood che, cogliendola di sorpresa, non le diede il tempo di reagire e si avvicinò di scatto, stringendole con violenza il volto tra le mani. Trattenne un gemito di dolore, non gli avrebbe dato la soddisfazione di sentirla gridare di nuovo. Quello sguardo malato lo aveva visto in alcuni dei suoi pazienti, uomini deviati che a causa di traumi infantili avevano sviluppato un odio viscerale per le donne, vendendole come semplici oggetti da usare. Era diventata psicologa per aiutare la gente, ma quei soggetti li avrebbe fatti rinchiudere volentieri. Era pericoloso lasciarli a piede libero, prima o poi la loro malattia li avrebbe spinti a fare atti immorali, proprio come il verme che aveva davanti. «E io odio gli scarti umani come te.» Lo guardò con disprezzo e gli sputò in faccia. Questa puttana non sarebbe andata all'altro mondo senza fargli sapere quanto lo detestasse. La buttò a terra con violenza, dandole un calcio nello stomaco che le fece sgranare gli occhi dal dolore. Si accartocciò su se stessa, portando entrambe le mani sull'addome. Non poteva soccombere adesso, doveva avvertire gli Auror e salvare tutti, era quella la sua missione. Ma soprattutto doveva rivedere sua madre, non voleva che l' ultimo ricordo che aveva di lei fosse quello di una donna allettata, pallida e tremante. Samantha era gioiosa, allegra, divertente e lei voleva ricordare sua madre così e poi doveva chiederle scusa per le cattiverie che le aveva detto. Non potevano togliere quella possibilità. Non potevano! In un ultimo atto disperato lanciò un Diffido contro quella feccia, ferendolo in volto. Un taglio superficiale, inutile che servì solo a farlo innervosire di più. Le diede un altro colpo e poi pronunciò un incanto che non riuscì a sentire. Pian piano le forze la stavano abbandonando e, in un millesimo di secondo la sua intera vita le passò davanti, era arrivata la sua ora. Lo siento, mama. Con quel pensiero in mente lasciò cadere una sola lacrima prima di chiudere gli occhi e accasciarsi al suolo.



    CITAZIONE
    Mi dispiace, mamma.
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    Eileen aveva sempre odiato il nero. Era un colore triste e spento che aveva a che fare con la morte. Nella sua vita aveva incontrato molti uomini dagli occhi neri, ma quelli del vicepreside erano così scuri da sembrare quelli di un demone. La osservava con freddezza e, anche dopo aver saputo ciò che era successo in Sala Grande, non si era minimamente scomposto. Un tipo come lui non poteva essere il futuro preside di Hogwarts, avrebbe portato la scuola alla rovina. Fece un passo indietro quando lo vide avvicinarsi, non le piaceva il modo in cui le stava parlando e nemmeno come la guardava, al pari di un predatore che stava per gettarsi sulla sua preda. D'istinto portò la mano destra sulla bacchetta che teneva in una delle tasche posteriori dei pantaloni, non voleva attaccare il docente ma si sa, la prudenza non è mai troppa. «Sì, molto meglio.» Più si avvicinava, più lei si allontanava. Aveva lo stesso sguardo di quel bastardo che aveva provato a strangolala anni fa. Per mesi era stato un suo paziente, era caduto in depressione dopo il divorzio e in lei aveva trovato qualcuno che lo ascoltasse, lo capisse. L'aveva corteggiata, facendole dei regali e invitandola più volte ad uscire. Lo aveva rifiutato più di una volta, ma ad una certa, aveva perso la testa e l'aveva aggredita. Era riuscita a respingerlo solo grazie alla magia. Si era vendicata facendolo rinchiudere, ma da allora si fidava meno della gente, tenendo alla larga da chi non le dava delle belle sensazioni. Era sempre andata a pelle con le persone e non si era mai sbagliata. Per lei le apparenze contavano eccome.
    Quando aveva parlato per la prima volta con Dylan White, non le aveva fatto una bella impressione e, col tempo, la sua opinione su di lui non era migliorata. Conosceva di vista sua figlia, Rose, e più di una volta si era trattenuta dal chiederle come stesse. Aveva delle occhiaie spaventose, era pallida e a stento si reggeva in piedi. Si era chiesta perché non le fosse vicino, come potesse essere così insensibile di fronte al suo disagio. E se un padre non si preoccupava per il sangue del suo sangue, perché avrebbe dovuto farlo per degli estranei? Ma ciò che le fece capire che fosse un uomo deviato, fu il disprezzo con cui pronunciò la parola "babbani." A quel punto estrasse la bacchetta e lo guardò in cagnesco, come osava? In sua presenza insulti del genere non erano ammessi. «Non mi piace il modo in cui sta parlando professore, e nemmeno le cose che sta dicendo. Nessuno si sta divertendo. Sono in pericolo.»Per un attimo il suo sguardo si posò su Blackwood. Non disse una parola, limitandosi a osservare la scena. Che stronzo. Avrebbe fatto meglio a chiamare gli Auror, ci avrebbero pensato loro a sistemare le cose. Purtroppo, però, un dolore simile a quello di una Cruciatus la travolse. Eileen urlò, portando entrambi le mani alla testa e stringendo i denti, mentre le lacrime iniziarono a scendere. Si accaasciò sul pavimento, pregando un Dio che non conosceva di porre fine a quell'agonia. Era opera di un Legilimes. Cercò di riprendere il controllo ma fu tutto inutile, l'unico modo era quello di far uscire dalla sua testa quel bastardo, più facile a dirsi che a farsi. "Sbarazzati di lei, Blackwood." Erano degli assassini, dei mangiamorte. Perché nessuno se n'era accorto? Com'era possibile che girassero indisturbati nel castello!? Doveva fuggire, non poteva morire così. Con uno sforzo disumano e una volontà che non credeva di avere si rimise in piedi.«ELYFANTO!»Urlò l'incanto con tutto il fiato che aveva in gola. Scagliò l'enorme creatura che aveva evocato su di loro e ne approfittò per scappare. Corse più veloce che poté, senza mai voltarsi indietro. Aveva ragione sua madre quando diceva che il Mondo Magico l'avrebbe portata alla rovina, ma la rossa non le aveva mai creduto, il suo posto era lì, non tra i babbani. In un momento di rabbia le aveva tolto la voce per non sentire più quelle stronzate. Non avrebbe mai lasciato la magia né ciò che suo padre le aveva trasmesso. Eppure, in quel momento, mentre correva per salvarsi, desiderò di averlo fatto, perché ogni fibra del suo essere le diceva che, quella notte, non sarebbe sopravvissuta.




    Edited by Eileen - 23/11/2022, 20:33
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    «Allora vuole sapere il nome preciso così da uscirne pulito se si creano situazioni ambigue. Mi dispiace ma dovrà cavarsela da solo, non le darò una mano.» Sorrise divertita. Era un bell' uomo e, indubbiamente, dovevano essere state molte le volte in cui si era ritrovato in situazioni particolari in compagnia di altre donne. O anche uomini, non era da escludere. Per quel poco che ci aveva parlato, Eileen aveva capito che il Sig. Muller era uno che con le parole ci sapeva fare, se era riuscito a calmarla dopo che le aveva rovinato la pausa caffè, allora poteva tutto. Lei, però, non gli avrebbe fornito ulteriori elementi per rendersi interessante agli occhi delle altre persone, doveva cavarsela da solo. Se fossero entrati più in confidenza gli avrebbe dato qualche diritta, magari aiutandolo anche a fare colpo su un suo futuro interesse. Essere una psicologa aveva dei vantaggi, tra cui capire le intenzioni altrui basandosi sul linguaggio del corpo. Aveva letto molti libri a riguardo, era un argomento interessante e anche molto utile quando avevi a che fare con pazienti riservati che ci mettevano mesi per aprirsi. Ad esempio, il non incrociare le braccia al petto come meccanismo di difesa, era un buon segno. «Come siamo poetici. Si interessa anche di filosofia?»Era curiosa ma dal suo tono si capiva che era una mezza provocazione. Ad alcune donne piacevano gli adulatori o chi se ne usciva con frasi ad effetto, altre si annoiavano. Lei rientrava in quella categoria. Dopo una giornata di lavoro, non le andava di perdersi in discorsi e ragionamenti storico-filosofici, preferiva parlare del più e del meno e ridere. Era così che il suo ex l'aveva conquistata, che poi si fosse rivelato un bastardo che l'aveva tradita con la sua migliore amica babbana, era un dettaglio che, ancora oggi, le faceva ribollire il sangue. L'aveva superato, erano passati anni, ma il rancore era ancora lì.
    «Spero non gli succeda il professor White, è troppo legato alle tradizioni. Non dico che in una scuola non debbano esserci delle regole, ma lui non è per nulla permissivo. Mi creda, ho avuto modo di osservare sua figlia e, pur non avendoci mai parlato, ho la vaga idea che le cose tra loro non vadano chissà quanto bene. Quella ragazza è magrissima, mi chiedo se mangi. E mi creda, se non lo fa, c'è sempre un motivo psicologico di fondo.»Era passata davanti al suo studio qualche volta. Anche a chi non era del mestiere era chiaro che c'era qualcosa che non andasse in lei, era cupa e spenta, al pari di un fantasma. Chi si riduceva così era perché aveva molti demoni da affrontare e non sapeva come, il non mangiare era fra uno di quelli. Non l'aveva mai fermata però aveva bisogno d'aiuto. E visto chi era il padre, doveva sentire molta pressione. Quando era andata da lui per essere assunta, si era sentita sotto esame, quasi in soggezione. E se aveva fatto a lei quell'effetto che era una donna adulta, non osava immaginare il timore che poteva incutere agli studenti. Per fortuna il preside era l'esatto opposto. «Un parere psicologico?» Bevve un altro un po' di caffè e poi rispose. «Ho pochi elementi per giudicarti, non so niente di te ma ti sei presentato come un uomo affabile e molto disponibile. Fin troppo forse. Stai per nascondendo il tuo lato più cattivo?» Okay essere gentili, ma la troppa gentilezza, a volte, celava altro. Lo guardò diritto negli occhi in attesa di una risposta. Se voleva essere psicoanalizzato non aveva problemi, era il suo lavoro.

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    «Mi faccia sapere poi.» Ricambiò il sorriso dell' infermiere. L' uomo aveva un buon senso dell'umorismo e non era cosa da poco, al giorno d'oggi erano tutti così seri che trovare qualcuno che sapesse ancora scherzare era diventata una caccia al tesoro. Al San Mungo non c'era nessuno che cogliesse la sua ironia e, molte volte, si era sentita fuori posto ed era tutto un dire per una che faceva amicizia anche con le pietre. Questo era anche stato uno dei motivi che l'aveva spinta ad allontanarsi dall'ospedale per concentrarsi maggiormente sui suoi pazienti babbani, salvo poi lasciare anche loro quando aveva deciso di tornare ad Hogwarts. Una scelta che rifarebbe mille volte perché si, oggi poteva finalmente dire di aver trovato il suo posto.
    «Il mio è stato uno sguardo curioso, Sig. Müller. E se la persona è incuriosita dal suo interlicutore è un buon segno, ma questo dovrebbe saperlo anche se non è uno psicologo, no?» Non poteva di certo dire di avergli guardato il fondoschiena più di una volta, era pur sempre un suo collega e flirtare sul posto di lavoro andava contro la sua etica professionale. Un po' lo stava facendo, era vero, ma rispetto a ciò che avrebbe fatto in un bar era niente. E poi, finché si tenevano le mani apposto e non si faceva nessuna alcuna sessuale, perché smettere? Il loro era un gioco, un modo per passare il tempo e nessuno si sarebbe offeso visto che erano entrambi single. «Lo avrei fatto anche senza il suo permesso. Faccio sempre ciò che voglio.» Lo guardò intensamente negli occhi per fargli recepire il messaggio forte e chiaro. La sua era stata una battuta, era ovvio, però era importante per lei stabilire fin dall'inizio che era una donna libera e indipendente perché, anche se erano nel 2022, c'erano ancora uomini, soprattutto maghi, che non si erano evoluti e che credevano di avere ancora il diritto di sottomettere l'altro sesso. Ne aveva incontrati tanti così e ogni volta si era dovuta trattenere dal dargli un calcio nelle palle per fare in modo che esemplari del genere non mandassero avanti la specie. Ce n'erano già abbastanza. Nel mentre, bevve un altro po' di caffé e rispose alla domanda dell' infermiere. «Primo anno, anche per lei?» Spero di rimanerci a lungo qui. Le piaceva aveva a che fare con gli studenti e aiutarli a crescere, magari cercando anche di cambiare l'opinione che alcuni purosangue ancora avevano sui babbani. I pregiudizi erano duri a morire, anche dopo tutto quello che era successo in passato si ostinavano a portare avanti il concetto della purezza del sangue. «Ci sono tanti studenti problematici, le consiglio di fare attenzione. Anche chi sembra avere una vita perfetta nasconde in realtà un grande trauma.» Forse per lei era facile parlare perché, quelle cose, i suoi pazienti gliele raccontavano però il suo istinto non si era mai sbagliato e, anche prima di diventare psicologa, era brava nel scovare i traumi altrui. «Penso che i professori siano tutti bravi ma, che resti tra noi, trovo il vicepreside un tipo strano.» Troppo controllato e minuzioso. Bisognava stare attenti con persone del genere, molto spesso erano i tratti tipici di un assassino. Non che lui lo fosse, ci mancherebbe, era a capo di una scuola piena di ragazzi e il preside sembrava aveva buon occhio, però da professionista qual era, le venne naturale fare quell'associazione. «Lei che idea si è fatto invece?» Magari la pensavano allo stesso modo, oppure aveva notato altro. «Certo, Siegfried, passiamo al tu. Mi stavo annoiando a darti del lei, troppo formale.» Sorrise divertita. Ormai erano entrati in cofidenza ed era certa che, tra loro, sarebbe potuta nascere una bella amicizia. Se il sesso non l'avesse rovinata, ovviamente.
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    Quando aveva messo piede per la prima volta ad Hogwarts, un paio di anni fa, era rimasta colpita dalle carrozze che si ergevano in volo, trainate da creature visibili solo a chi aveva avuto a che fare con la morte. Eileen, adesso, di anni ne aveva trentuno e ancora non riusciva a vederle. Era un suo desiderio quello di osservare in prima persona i Therstal, ma il prezzo da pagare era troppo alto. Non voleva vedere nessuno, soprattutto le persone che amava, morire davanti ai suoi occhi. Sarebbe impazzita. Si era sempre fatta guidare dalle emozioni, sia in positivo che in negativo, ma un lutto non lo aveva mai provato e, se il dolore era così forte come tutti dicevano, era meglio così. Scosse la testa, allontanando quei macabri pensieri mentre la carrozza sulla quale viaggiava, atterrava. Era arrivata in quella che era la sua seconda casa: Hogwarts. Da quando aveva iniziato a lavorare nella sua vecchia scuola, due mesi fa, era entrata a far parte di una grande famiglia ed era felice di aiutare gli studenti a non prendere una cattiva strada. Erano ancora troppo giovani per avere a che fare con l'oscurità, anche se molti di loro l'avevano già incontrata. Perché i maghi erano così disturbati? Che bisogno c'era di usare la magia nera per uccidere quelli che, per loro, erano esseri inferiori? Sua madre era una babbana e anche una delle donne più forti che conosceva, non si era arresa davanti a niente e suo padre, un purosangue bigotto, aveva perso la testa per lei. Ma per quanto l'amasse non era riuscito a proteggerla dalla crudeltà del Mondo Magico. Una volta appresa la storia di Voldemort e dei suoi seguaci, infatti, aveva cercato di allontanarla dalla magia senza capire che era parte integrante della sua persona.
    Una volta scesa dalla carrozza, si avviò a passo svelto verso la Sala Grande con un sorriso a trentadue denti che le incorniciava il viso, felice di poter partecipare al buffet della festa che più amava. Stamattina aveva ricevuto una lettera da suo padre e il suo contenuto l'aveva fatta sbiancare. Sua madre era svenuta ed era stata portata in ospedale. Senza perdere tempo si era recata nella Londra Babbana, sperando che stesse bene. Il solo pensiero di non poterla più abbracciare le aveva causato un attacco di panico. Per fortuna non era niente di grave, solo un abbassamento di pressione. Le aveva fatto prendere un colpo! Le era stata vicino per tutto il giorno e, solo quando si era addormentata, si era allontanata. Fosse stato per lei sarebbe rimasta al suo fianco anche per tutta la settimana, ma suo padre l'aveva convinta a tornare al castello visto che c'era il banchetto di Halloween, un evento da non perdere.
    Non appena mise piede nella scuola però, si accorse subito che c'era qualcosa che non andava. C'era troppo silenzio. Dov'erano finiti tutti? Iniziò a correre con la speranza di incrociare qualcuno nei corridoi, ma niente. Quando arrivò in Sala Grande rimase sconvolta da ciò che vide: erano tutti immobili, con le teste chine sul tavolo. Erano morti? No, non era possibile. Quella scuola era letteralmente una fortezza! Si avvicinò alla professoressa di Trasfigurazione, mettendole una mano a pochi millimetri dalla bocca per vedere se stesse ancora respirando. Quando sentì il fiato solleticarle il palmo della mano, tirò un sospiro di sollievo. Stava bene. Fece la stessa cosa con gli altri docenti, cercando di svegliarli in tutti modi, scuotendoli e lanciando Innerva a ripetizione, ma fu tutto inutile. Cosa cavolo era successo? Chi aveva osato fare una cosa del genere? Era uno scherzo di cattivo gusto ed era certa che il preside la pensasse esattamente come lei. Peccato che anche lui fosse privo di sensi come tutti. O quasi. Il vicepreside e il professor Blackwood mancavano all'appello. A quel punto Eileen uscì e iniziò a cercarli, non poteva risolvere l'intera faccenda da sola, aveva bisogno del loro aiuto. «C'E' NESSUNO!? È UN'EMERGENZA!» Ma dove cazzo erano finiti? Gli studenti e i loro colleghi erano nei guai, dovevano fare qualcosa, maledizione! Corse a perdi fiato per tuta la scuola, le gambe bruciavano, ma non si fermò, non poteva. Controllò l'infermeria, la biblioteca, la sala trofei e persino la piscina, ma niente, di loro non c'era traccia. D' un tratto, però, sentì delle voci e una di queste le era vagamente famigliare. Svoltò l'angolo e si ritrovò faccia a faccia con Blackwood, dietro di lui c'era anche il vicepreside. Li aveva trovati, finalmente! «Eccovi qui, grazie al cielo! Sono svenuti tutti al banchetto, c'è qualcosa che non va!» Aveva il fiatone, però riuscì a formulare una frase di senso compiuto. Per un attimo le parve di scorgere della rabbia nei loro occhi, ma si era sicuramente sbagliata. Infondo, perché mai avrebbero dovuto esserlo? «Avanti, andiamo! Hanno bisogno d'aiuto!» Li incitò. Che state aspettando, muovete il culo!

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    «Non mi sorprende che non ci siamo mai incontrati, io ero da tutt'altra parte.»Il San Mungo era così grande che non si potevano di certo conoscere tutte le persone che lo frequentavano e poi , se lo avesse visto, si sarebbe sicuramente ricordata di lui. Per il lavoro che faceva era di vitale importanza associare ogni volto un nome, era una delle prime cose che le avevano insegnato non appena aveva iniziato a praticare. Mentre si dirigevano nelle cucine, notò l'espressione poco felice dell' infermiere; era chiaro che non gli faceva piacere parlare di quel periodo ed Eileen non insisté, sapeva per esperienza che costringere una persona a parlare l'avrebbe solo messa sulla difensiva. Bisognava dare loro il tempo necessario per aprirsi. Il resto del tragitto fu abbastanza tranquillo, una novità per la rossa che era abituata a battibeccare con qualcuno come minimo una volta al giorno. In realtà, aveva rischiato di farlo anche con lui, ma era stato bravo nel calmarla e nell'assecondare le sue richieste. Era un' impulsiva che perdeva facilmente le staffe, però non era rancorosa, quindi se chi l'aveva offesa le chiedeva scusa era come se non fosse successo niente, amici come prima. Molte volte era stata fraintesa e, in passato, le persone si erano approfittate di questa sua capacità di perdonare facilmente e gliene avevano fatte di cotte e di crude, soprattutto da bambina. Una volta cresciuta, però, aveva imparato a farsi valere e non era più capitato.
    «Se non mi crede le basterà aizzare le orecchie, lo scoprirà da sé.» Lo provocò, guardandolo con la coda dell'occhio per vedere la sua reazione. Nei corridoi, se prestavi attenzione, era facile restare aggiornati su ciò che accadeva in quella scuola e sul parere che gli studenti avevano su professori e personale scolastico. Ad esempio, il più odiato era il vicepreside e il più amato il preside, scontato. Dopo aver chiesto agli elfi di portagli il caffè rimasto, si appoggiò alla parete più vicina e si mise comoda, pronta a continuare la conversazione con il suo collega che, da lì a poco, aveva presa una strana piega. In parte era colpa sua, era vero, poteva anche evitare di fargli quella domanda, ma poi dove sarebbe stato il divertimento? Non aveva fatto nulla di male infondo se non stuzzicarlo un po'. La risposta che le diede fu interessante. Si era accorto allora che, di tanto in tanto, il suo occhio era caduto sul suo fondoschiena. Non male Sig. Müller. «Dipende da chi ho davanti, non lo faccio con tutti. E sì, le ho fatto un chek-up per capire se le voci sul suo conto fossero vere.» Fece una pausa tattica per far crescere la tensione e poi continuò: «Le ho appena confermate.» Non gli disse cosa pensava; lo aveva fatto anche lui prima ed Eileen era il tipo di persona che concedeva tanto quando le veniva concesso. Non di più, non di meno.
    Sentì il rumore di una smaterializzazione, era l'elfo domestico a cui avevano chiesto del caffè. Finalmente! Gli andò incontro, prendendo le due tazze e lo ringraziandolo con un cenno del capo. Tornò, poi, alla sua posizione iniziale. «Ecco a lei.» Ne passò una al suo collega. Come promesso, la sua dose era maggiore e, senza perdere altro tempo, ne bevve un sorso. Adesso sì che la sua pausa era completa.

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    Ricambiò la stretta di mano del suo collega in modo deciso, non era poi così male questo Siegfried Müller. Non solo si era comportato bene quando l'aveva accusato di averle rovinato la pausa pranzo, altri le avrebbero risposto male, infondo si era trattato di un semplice incidente invece lui no, si era scusato e aveva cercato di rimediare, per questo Eileen aveva accettato la sua offerta. Il tragitto per arrivare alle cucine fu relativamente tranquillo, e la rossa ascoltò con interesse ciò che l'infermiere aveva da dire. «Anche io lavoravo al San Mungo, che reparto?» Non l'aveva mai visto. Probabilmente era anche per il fatto che lì ci andava tre volte a settimana, nei giorni dispari per la precisione, mentre in quelli pari si dedicava ai suoi pazienti babbani. Aveva uno studio privato a Londra e guadagnava anche piuttosto bene, si era fatta un nome e molti la conoscevano. Sperò che chi avesse preso il suo posto fosse competente ed empatico, tratti indispensabili per essere un buon psicologo. Erano a metà strada ed Eileen non si era ancora stancata di sentirlo parlare, altro punto a suo favore.Era una donna che si scocciava facilmente, quindi tenere vivo il suo interesse non era facile, sia in amore che in amicizia. «Non posso dire lo stesso per il loro stato mentale. Molti studenti hanno subito traumi non indifferenti durante l'infanzia che ancora devono superare, ma c'era da aspettarselo in un modo dove esiste la magia nera e il credo della superiorità del sangue.» Lei era un misto di quelle due razze, sapeva qual era la differenza tra i due mondi e, onestamente, preferiva di gran lunga quello babbano. Anche lì c'erano discriminazioni e sofferenze, ma non avevano la magia e solo alcuni individui potevano fare del male, per loro era diverso; anche un adolescente poteva lanciare un Imperio se qualcuno glielo insegnava, lo stesso valeva per l'anatema della morte. Non a caso, Tom Riddle aveva appreso della magia degli Horcux da un professore che aveva ingannato con il suo carisma e la sua educazione. Nel castello poteva aggirarsi qualcuno con le sue stesse aspirazioni, chi poteva dirlo.
    «Non mi aspettavano tutti questi complimenti, devo essere proprio brava allora!» Scherzò. Era felice che quei ragazzini si fidassero di lei e la elogiassero, per uno psicologo la fiducia e il rispetto reciproco erano alla base del rapporto paziente-medico. E, in una scuola così grande, era difficile legare con tutti perché alla sua porta bussavano sempre persone diverse, mentre quelle con cui aveva parlato la settimana prima o non si facevano più vedere o tornavano il mese dopo. Non era facile aiutarli, non erano esattamente in terapia e questo complicava la cose, per cui avere una bella reputazione andava a suo vantaggio. L' infermiere si fermò davanti alla porta della cucina, invitandola ad entrare per prima. Eileen lo ringraziò con un sorriso ed varcò la soglia. «Si, parlano bene di lei anche se devo dirle che ha colpito soprattutto le ragazze, come l'hanno definita?» Assunse una finta aria pensierosa. «Ah, sì! La chiamano l' infermiere sexy.» Lo guardò dall' alto in basso prima di schioccare le dita e far apparire un elfo domestico. Per fortuna quelle creature erano trattate decentemente a scuola, il preside era davvero una persona di buon cuore. «Puoi portarci il caffè rimasto? Grazie.» L'elfo annuì e sparì. Pensava che a farlo sarebbe stato l' uomo accanto a lei, ma chissà quale motivo, aveva esitato. Quando si voltò a guardarlo, lo beccò a fissarle le labbra. Ora, se si fosse trovata in un bar avrebbe colto la palla al balzo, provocandolo e stuzzicandolo come suo solito, ma lì ci lavorava e aveva sentito delle voci di un suo possibile flirt con una delle docenti. Decise di trattenersi, per il momento. «Che ha da guardare con tanta insistenza?» La sua era stata una domanda innocente, no?

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    Per Eileen la pausa caffè era sacra, era l' unico momento della giornata in cui poteva pensare a se stessa e ai problemi che, sfortunatamente, nessuno avrebbe risolto per lei. Amava il suo lavoro, fin da piccola si era fatta in quattro per aiutare la gente, dando consigli praticamente a chiunque, anche a chi le stava sulle ovaie. Non a caso, anni fa, il Cappello Parlante aveva pensato di metterla tra i tassi ma, alla fine, il suo carattere testardo e orgoglioso l'aveva fatta finire tra i grifoni. E non si era sbagliato, era una grifondoro nell'anima. L' infermiere, infatti, doveva fare molta attenzione a come si poneva, rischiava di essere schiantato seduta stante. Per sua fortuna, l' uomo ammise l'errore, raccogliendo il bicchiere da terra e scusandosi per l'accaduto. Ricordava anche il suo nome, non male. Rilassò i muscoli delle spalle, prese aria e si ricompose, non era il caso di mostrarsi ostile, era stato educato nei suoi confronti. «Non importa, me ne farò portare un altro. Il suo nome?» Sorrise cordialmente. Gli occhi azzurri del collega non avevano mai lasciato i suoi, le sembrò un uomo deciso e diretto, un buon inizio. Le piacevano le persone che le tenevano testa, non riusciva a fare amicizia con chi aveva un carattere più mite e mansueto, la sua espansività poteva dar loro fastidio, com'era successo già molte volte in passato, e quando si arrabbiava diventava aggressiva. Non era un bello spettacolo, ma Eileen aveva sempre vissuto al massimo, per lei era inutile cercare di controllare le emozioni, era più bello lasciare che fossero loro a farlo con te. In altre parole, non conosceva mezze misure. A lavoro, invece, era diverso. Ci teneva ad essere sempre puntuale e precisa, e soprattutto rifletteva perché ciò che usciva dalla sua bocca condizionava un sacco i pazienti, doveva stare molto attenta.
    Fece un passo indietro, intenzionata a tornarsene nel suo studio e chiedere un altro caffè, quando l' infermiere dagli occhi blu le propose di andare con lui nelle cucine per rimediare al danno che aveva fatto. «La mia porzione deve essere più della sua, le sta bene?» Così lo avrebbe perdonato del tutto. In realtà, non si aspettava neanche che le chiedesse di andare lui, non che le dispiacesse anzi, era un modo per conoscere i suoi colleghi e parlare con qualcuno della sua età. Vedeva ragazzini dalla mattina alla sera e gli argomenti quelli erano, quindi sì, aveva decisamente bisogno di un adulto con cui confrontarsi, se poi era anche un bell' uomo meglio ancora, non poteva farle altro che piacere. «Non la invidio sa, dev'essere stancante. Già passare la mattina a psicoanalizzare le menti degli adolescenti è un bel lavoro, immagino il suo con tutte le, mi passi il termine, stronzate che si fanno a quest'età.» Parlava per esperienza; le acrobazie aeree le avevano causato non poche cadute, gli esperimenti nel creare nuove pozioni bruciature e ustioni e il suo spirito d'avventura graffi e lividi, nonché una serie di piccole cicatrici sparse per il corpo, alcune più visibili di altre. «Mi faccia strada.» Accettò il suo invito molto volentieri e, rimanendo indietro di qualche passo, poté constatare che l'uomo là davanti avesse davvero un bel sedere, madre natura era stata generosa con lui da quel punto di vista. Gli occhi erano fatti per guardare, no? Ed Eileen i suoi li aveva sempre usati bene. «E cosa le dicono? Sono curiosa adesso!» Aumentò il passo e lo affiancò, impaziente. Se gli studenti avevano parlato bene di lei voleva dire che stava facendo bene il suo lavoro, era davvero felice, non voleva altro. Il fastidio provato poco fa scomparve del tutto, era di nuovo di buon umore. «Anche a me hanno detto qualcosa su di lei sa, è molto ammirato.» Le studentesse non perdevano occasione di ricordarle quanto fosse sexy, e capitava spesso visto che il suo studio si trovava poco più avanti l' infermeria. Se l'avesse incontrato fuori ci avrebbe sicuramente provato, ma qui erano ad Hogwarts ed erano entrambi dipendenti, quindi no, non avrebbe fatto nulla anche perché, se le cose fossero finite male, lo avrebbe dovuto vedere tutti i giorni e questo errore già lo aveva fatto con il primario del San Mungo.




    Edited by Eileen - 29/9/2022, 13:07
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    Dopo aver salutato Matt William, un tassorosso del terzo anno che soffriva d'ansia, Eileen portò le braccia verso l'alto, un movimento di stretching che le servì a rilassare i muscoli della schiena, stare seduti per sei ore di fila su una sedia, per quanto comoda, era dannoso per il suo fondoschiena. L'ufficio che le avevano dato non era male, ma ancora doveva ambientarsi e soprattutto abituarsi alla marea di studenti che ogni giorno la visitava, erano molto più traumatizzati di quanto pensasse. Aveva deciso di lavorare nella scuola che, anni fa, aveva frequentato su consiglio di suo padre, secondo lui una psicologa non poteva mancare il quelle quattro mura e aveva ragione. Aveva riflettuto molto prima di fare richiesta e sostenere il colloquio, stava lasciando una carriera già avviata nel mondo babbano per dedicarsi completamente a quello magico, non era una scelta facile perché stava lasciando una parte di lei. Tuttavia, da rientro dalle vacanze aveva conosciuto una bambina di undici anni, una nata babbana per la precisione, che spaesata le aveva chiesto dove potesse comprare quello che le serviva per iniziare il suo primo anno ad Hogwarts visto che i suoi genitori l'avevano ripudiata perché era una strega, lasciandola nelle mani di una zia magonò che si era offerta di prenderla con sé, peccato che l'avesse mandata ad Hogsmeade da sola. Così Eileen le aveva dato una mano e Mary, quello era il suo nome, si era aperta con lei raccontando tutto quello che le era successo e la rossa aveva già captato i segnali di un possibile trauma. Aveva deciso di essere una psicologa per aiutare le persone, soprattutto i ragazzi, e quale modo migliore per farlo se non in una scuola? Così, aveva lasciato al suo collega i pazienti che, per mesi, aveva seguito nel mondo babbano e aveva fatto le valigie per tornare a quella che, un tempo ,era stata casa sua. Il vicepreside era un tipo molto rigido, ma Eileen sapeva che dietro quell'apparente controllo c'era ben altro, quelle come lei andavano oltre le apparenze, era suo lavoro. Il preside, invece, era un vecchietto arzillo e pieno di energie nonostante la malattia che, lentamente, lo stava logorando. Un uomo da ammirare.
    Si alzò, chiamando un elfo domestico e chiedendo un caffè macchiato. Aveva bisogno di una pausa, ascoltare i problemi della gente poteva essere alquanto stressante, se poi molti di questi avevano a che fare con la sfera sessuale beh, era anche peggio. Avere un sessuologo sarebbe stato utile ma dubitava che in quella scuola fossero arrivati a un livello di apertura mentale tale da assumerlo. I maghi erano dei gran bigotti a differenza dei babbani, quelli vecchi almeno. Quando l'elfo apparì con la sua ordinazione, lo ringraziò e non perse tempo nel bere la bevanda che tanto amava. Con il bicchiere tra le mani, uscì dalla stanza per prendere un po' d'aria, avvicinandosi ad una delle grandi finestre che dava sul cortile. Le temperature si erano abbassate e le foglie degli alberi erano ormai ingiallite, segno che l'autunno era arrivato. Si sentiva un po' sola, Helena non si era fatta più sentire, Lily si era trasferita in Germania con il suo ragazzo e i suoi genitori erano in giro per mondo, come sempre. Sua madre era un'avventuriera, in quello aveva preso da lei. D' un tratto sentì qualcuno urlare, si girò di scatto e, non volendo, urtò qualcuno così forte che il bicchiere che aveva tra le mani cadde, rovesciando tutto il contenuto a terra. «Che diamine!» La sua pausa era rovinata. Guardò diritto negli occhi la persona che le era andata addosso: un uomo sulla quarantina, alto, biondo e muscoloso. Aveva sentito parlare di lui da alcune studentesse, ed ecco qui il famoso infermiere che aveva fatto perdere la testa a tutte quelle ragazzine. E le poteva capire, alla loro età avrebbe fatto lo stesso, ma adesso di anni ne aveva trentuno e non si faceva più ingannare da un bel faccino. «Può stare un po' più attento la prossima volta?» Sarebbe stato meglio lasciar perdere, non era successo nulla di grave, ma Eileen era sempre stata un' impulsiva che diceva tutto quello che pensava. «Sa, mi ha appena rovinato la pausa.» Appunto.




    Edited by Eileen - 18/9/2022, 23:41
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    «Esattamente, una notte e poi addio, ognuno per la sua strada.»L'amore era sopravvalutato e troppo impegnativo. Per avere una relazione sana non solo dovevi trovare la persona giusta, ma anche stare bene con te stessa. E averne voglia, sopratutto. Cosa che Eileen non aveva da anni ormai. Preferiva di gran lunga essere libera, fare scelte egoistiche senza il paura di ferire qualcuno e avere, appunto, storielle di una notte. Un fidanzato era una palla al piede per certi versi, e la rossa non ne voleva proprio sapere. «Solo un mago oscuro ci vuole, poi li ho collezionati tutti.»Scoppiò a ridere, ci mancava solo quello. Quel tipo aveva un'aria strana, quasi oscura, ma ormai ne se era liberata quindi era inutile pensarci. Mangiò uno degli ultimi stuzzichini rimasti e si toccò la pancia, era piena. Guardò di traverso Helena quando pronunciò la parola "abito da sposa". Brutta faccenda. Aveva speso un sacco di soldi per l'abito dei suoi sogni e che fine aveva fatto? Bruciato insieme alle cose del suo ex. «Oh, non mi sposerò mai, stanne certa. Al massimo posso andare a convivere ma di matrimonio non se ne parla proprio.»Che poi al giorno d'oggi la percentuale dei divorzi era piuttosto alta, pochi restavano insieme tutta la vita. E poi, di base, era solo un contratto, nulla di più. In passato aveva deciso di sposarsi anche per far piacere ai suoi genitori, sua madre voleva vedere la sua unica figlia vestita di bianco. Peccato che quel bastardo avesse mandato tutto a puttane.
    «A mali estremi, estremi rimedi.»Si accorse che le era arrivato un messaggio. Prese il cellulare dalla tasca destra dei pantaloni e, quando lesse chi era il mittente, per poco non lo sbatté a terra. «Fanculo, ancora.» Era sempre quel tipo. Non lo lesse neanche, andò nelle impostazioni del telefono e lo bloccò. Prese aria, cercando di calmarsi, non voleva rovinarsi la serata. Helena aveva uno sguardo triste mentre parlava del suo passato e di come la perdita di memoria avesse cambiato la sua vita. I ricordi plasmano la tua identità, se perdi loro perdi anche te stessa. «Non essere negativa, magari torneranno e chissà, il tuo presente potrebbe essere anche migliore del tuo passato.» Cercò di tirarla sù. Le mise una mano sulla spalla per offrile conforto, non c'era molto altro che potesse fare. Sorrise, invece, quando ammise di provare un sentimento forte per qualcuno. Il cameriere dagli occhi blu precisamente, o almeno questo era ciò che Eileen impotizzava. «Direi che è amore. Forse sei ancora confusa ma sei sulla buona strada!»Meglio parlare della vita amorosa altrui dato la sua era inesistente. «Mi fa piacere. Sono diventata psicologa proprio per aiutare le persone.» Amava il suo lavoro. Non era stato facile arrivare dov'era oggi, aveva dovuto affrontare un sacco di difficoltà e diverse umiliazioni, ma ne era valsa la pena. Oggi era una delle migliori del suo campo, aveva uno studio privato al San Mungo e faceva, su richiesta, anche delle sedute a Hogwarts. Non poteva chiedere di meglio. A parte farsi un brasiliano, ma dettagli. «Lo sapevo, era lui!» Helena aveva appena confermato di essere innamorata, o quasi, di mister occhioni blu. Adesso doveva solo darle una piccola spinta e si sarebbero messi insieme. Era un cupido niente male, infondo. «Lui come si comporta? Flirta?»Aveva tutta la sua attenzione. Nel mentre, incrociò le gambe. Doveva andare in bagno. «Andiamo in bagno? Poi paghiamo il conto e ce ne andiamo, che dici?»Le sarebbe piaciuto parlare ancora ma domani doveva lavorare. Una volta fatto, uscirono dal locale promettendo di vedersi di nuovo, un giorno.




    Role conclusa.


    Edited by Eileen - 18/9/2022, 16:52
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    L'alcol stava facendo effetto, le girava leggermente la testa, segno che se avesse bevuto un altro calice di birra sarebbe diventata brilla. Quello era il suo obiettivo, si sarebbe, infatti, fermata lì perché non le andava di tornare a casa ubriaca e svegliarsi con un gran mal di testa il giorno dopo, aveva anche un appuntamento alle nove del mattino e non poteva permettersi né di arrivare in ritardo né di essere distratta, era una professionista e come tale non avrebbe commesso errori. Già una volta le era capitato; qualche anno fa era andata a lavoro dopo una serata movimentata e aveva finito col sbagliare la diagnosi, il paziente in questione era un soggetto delicato e per mesi non era uscito di casa. Si era sentita così in colpa da regalargli tre sedute, da allora faceva particolare attenzione a queste cose. Nel weekend, invece, poteva bere quanto voleva e darsi alla pazza gioia. Mangiò un altro stuzzichino e poi rispose alla domanda di Helena. «Ci abbiamo dato dentro.» Più chiaro di così. Da allora non era più andata con nessuno, aveva l'agenda piena e poi sapeva che avrebbe ricercato lo stesso piacere. Era meglio far passare del tempo. «Oh, non credo proprio. Era un tipo alquanto singolare e poi entrambi volevamo l'avventura di una notte.»Niente di più. E poi, onestamente, non le sembrava tipo da relazioni. Sarà stato uno di quegli uomini innamorati di una sola donna, un amore talmente forte da sfiorare l'ossessione. Aveva avuto pazienti del genere, il solo sentirli parlare le faceva una rabbia. Le donne non erano oggetti, quei coglioni avrebbero fatto meglio a capirlo.
    «Se rompe ancora lo oblivio, al diavolo se è un babbano.»Doveva darsi una regolata davvero, ne aveva fin sopra li capelli del suo comportamento insistente.Era stata chiara, arrivando addirittura a dirgli in faccia di andare a farsi fottere e che non le piaceva. Niente, non ne voleva sapere. Che tristezza d'uomo. Riportando l' attenzione su Helena, rise quando fece finta di cercare il camiere du cui avevano parlato poco prima. La ragazza stava mentendo, non potevi prendere per il culo una psicologa che aveva a che fare con bugiardi patologici ogni giorno. «Farò finita di crederti, ma so che non è vero!»Le diede una spinta con fare giocoso, chissà se avrebbe ammesso la verità. «Non è di turno stasera ma lavora qui. La prossima volta ci parlo, così ti dico il suo nome anche se sono sicura che già lo sai.»Bevve un altro sorso di birra e la guardò maliziosa. Certo, a volte la tecnica "negare anche davanti all'evidenza" funzionava, ma Eileen era piuttosto schietta quindi non si faceva problemi a dire ciò che pensava, anche se questo poteva mettere in difficoltà le persone. Sperò che Helena non se la prendesse, infondo la stava solo prendendo in giro. «Sì, mi ero innamorata di quel bastardo di cui ti ho parlato prima. Dopo di lui non è più accaduto. E tu?»L'aveva amato tanto da volerlo sposare, come una stupida caveva dato per scontato che lui volesse lo stesso, invece l'aveva tradita nel peggiore dei modi. Scosse la testa, era un capitolo chiuso e non valeva nemmeno la pena ricordarlo. «Sì, ho uno studio al San Mungo ma lavoro anche da privatista. A volte vado anche ad Hogwarts, i ragazzi di oggi hanno un sacco di problemi da risolvere.» Stava pensando di andare lì più spesso, alcuni avevano dei traumi assurdi e se non facevano qualcosa rischiavano di rimanere traumatizzati tutta la vita. Lei era disponibile, ma si sa che gli adolescenti sono restii a parlare di loro.
    «Io adoro il caldo. Il mio prossimo viaggio sarà in America allora!»Nemmeno gli insetti erano un problema anzi, prendeva anche i ragni in mano. Scoppiò a ridere quando Helena confermò i suoi sospetti: l' uomo di cui era innamorata era il cameriere dagli occhi blu. Si asciugò le lacrime con un fazzoletto e prese aria. «L-Lo sapevo! Era lui allora!»Era davvero divertente quella ragazza. Era davvero pessima a dire bugie ma ad Eileen non dispiaceva, aveva un debole per le persone genuine. «Che il karma punisca tutti gli stronzi!»Finì la sua birra e si toccò la pancia. Era davvero gonfia, sembrava incinta di tre mesi. Non ne ordinò dell'altra, la vera serata da ubriaca sarebbe stata un'altra. Tanto si sarebbero sicuramente riviste.



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    Le mani del Sig. Belfort si posarono sulle sue natiche, stingendole con forza. Eileen non poté fare a meno di gemere. Con violenza gli conficcò le unghia nella carne, la pelle candida della schiena del mago si tinse di rosso, il suo colore preferito. Il piacere che stava provando in quel momento era immenso, quella scopata l'avrebbe ricordata per molto tempo. Non c'era niente di delicato in quello che stavano facendo, i gesti erano frenetici e morsi e graffi non mancavano. L'aveva penetrata d'urgenza, lo sentiva muoversi dentro di sé e lei, vittima di un piacere quasi perverso, lo assecondava spingendo freneticamente il bacino in avanti. Per fortuna erano lontanti dal centro abitato, altrimenti le sue urla avrebbero svegliato tutto il vicinato. I loro corpi si incastravano alla perfezione, ci aveva visto giusto in quel bar: quell' uomo non era come gli altri. Gli tirò i capelli e lo costrinse a baciarla, schiuse le labbra e le loro lingue si incontrarono. Di solito non baciava così tanto l'avventura di una notte, ma il Sig. Belfort era un ottimo baciatore, quindi perché privarsene?
    D' improvviso la sollevò di peso, d'istinto rafforzò la presa delle gambe introno alla vita dell' uomo e, quando la sbatté contro la parete, gemette di dolore. Non ebbe neanche il tempo di capire cosa stesse succedendo che la penetrò ancora. I suoi movimenti erano rapidi e decisi, non le dava tregua. Per dispetto gli morse la spalla, forte. Se credeva di uscirne indenne si sbagliava di grosso, anche lui avrebbe portato i segni di quella notte. Portò le mani suo sedere nudo, lo strinse come lui aveva fatto con lei mentre gli leccò il collo. Mancava poco, stava per venire. Dopo mesi avrebbe finalmente avuto un orgasmo decente, non vedeva l'ora. Rallentare? Eileen rise, col cavolo che lo avrebbe fatto. E poi chi voleva prendere in giro, non ci sarebbe mai riuscito. Però lei non era di certo tipo da tirarsi indietro di fronte a una sfida. «Se hai bisogno di una pausa non ho problemi.» E ora cosa farà, Sig. Belfort? L'aveva colpito nell'orgoglio, si sa che gli uomini sono alquanto suscettibili quando si mette in dubbio la loro durata. Era proprio curiosa di vedere come avrebbe reagito. Le sue parole e le sue azioni non coincidevano. Continuava a muoversi senza sosta, ed Eileen lo assecondava in tutto ciò che faceva perché, di base, stava godendo come una matta e non aveva problemi nel dirlo. «Oppure possiamo finire il bellezza, Sig. Belfort, non crede?»Quella notte meritava un finale degno di nota, proprio come nei film. Lily l'avrebbe invidiata come non mai, anche lei desiderava un' avventura di questo tipo, peccato che i suoi gusti in fatto di uomini fossero pessimi. Povera, non sapeva cosa si perdeva. «Ah!»Non poteva distrarsi un attimo, quel tipo era insolitamente attivo. Tra di loro c'era chimica e il sesso era da favola. Questo, però, non le fece cambiare idea. Non lo avrebbe rivisto. Il suo istinto, che raramente sbagliava,lo aveva etichettato come pericoloso. Ciò nonostante decise di provocarlo un' ultima volta. «Per la cronaca, prendo la pillola.» Glielo disse a bassa voce, con dolcezza, come se fosse un loro segreto. Di solito non informava i partner occasionali delle sue abitudini, però il Sig. Belfort era stato un ottimo amante quindi decise di fare un' eccezione. La prese lì, senza fermarsi ed Eileen seppe che quella notte l'avrebbe ricordata per molto tempo.




    Role conclusa.


    Edited by Eileen - 18/9/2022, 19:20
  14. .
    Tamarro
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    Bevve un altro sorso dalla brocca, prendendo poi un fazzoletto per pulirsi la bocca sporca di schiuma. Era una serata piacevole, non pensava di conoscere qualcuno con cui sarebbe andata così d'accordo, prima di andarsene le avrebbe chiesto di restare in contatto così si da rivedersi. Lily ormai era diventata monotona, invece Helena le dava l' impressione di essere una amante del periocolo, proprio come lei. Non molti lo sapevano ma Eileen sapeva andare in moto, gliel'aveva insegnato sua madre appena compiuti i diciotto anni. Era da tempo che non faceva un giro sulla sua vecchia Ducati, da mesi l'aveva parcheggiata nel garage di casa, chissà quanti ragni ci abitavano. «Ho avuto un' avventura parecchio singolare con un mago in una stazione babbana, capisci a me.» Le fece l' orcchiolino. Non andò nei dettagli, anche perché erano cose private, ma le lasciò intendere che era stata una nottata di fuoco. Si leccò le labbra ricordando la passione con cui l'aveva presa, dominata e fatta sua. Era stata una delle migliori scopate della sua vita. Decisamente. E pensare che inzialmente l'aveva lasciato per andare con dei noiosi avvocati babbani, uno dei quali era diventato il ragazzo della su amica. L'altro invece le aveva scritto ma lei l'aveva ignorato, non era interessata. «Prima però ho cenato con una mia amica e i suoi amici, questo tipo non la smette di rompere.» Roteò gli occhi, se non la finiva l'avrebbe bloccato. Aveva già detto a Lily che stava esagerando, ma lei si era limitata ad annuire e a pregarla di avere pazienza, a quanto pareva non era uno che si arredeva al primo rifiuto. Peccato che fosse già al quarto.
    «Così ti piacciono gli occhi azzurri? Allora dobbiamo presentarti il cameriere di qui!» Mangiò un altro stuzzichino, erano quasi finiti dato che erano per una persona. Si guardò attorno sperando che il cameriere in questione fosse di turno, però non lo vide da nessuna parte. Pazienza, sarà per la prossima volta. Chiese, quindi, alla cameriera di nome Jo di portare altro. Le si era aperto lo stomaco, una volta a casa sarebbe andata direttamente a letto. «Ora come ora non cerco nulla di serio. Se poi dovessi perdere la testa allora le cose cambiano.» Era da qualche anno che stava da sola e si era abituata, aveva avuto dei flirt e qualche scopamico, ma niente di più. Erano solo una distrazione dal lavoro e un sfogo quando gli ormoni si facevano sentire, sopratutto prima del ciclo. Non aveva probemi a dire di voler fare sesso, infondo che male c'era? Anche le donne avevano dei bisogni. «Figurati, per questo ho ordinato altro poco fa. Non te ne sei accorta?» Rise di gusto. Aveva davvero la testa tra le nuvole quella ragazza. Però era simpatica e, sopratutto, non era una che rispondeva a monosillabi. Un vero colpo di fortuna. Ogni volta che parlava con qualcuno era lei a mandare avanti la conversazione, possibile che nessuno sapesse mai cosa chiedere? «Che paura! Beh, siamo tutti delle pedine in qualche modo.» Odiava i suoi superiori del San Mungo, erano tutti degli stronzi. Per non parlare poi del dottor Watson che ci provava con tutte le tirocinanti, un triste spettacolo che si ripeteva ogni anno. Preferiva andare a fare il lavaggio del cervello agli studenti di Hogwarts, loro si che erano divertenti. C'era sempre un gossip da raccontare in quella scuola, questo non era cambiato negli anni.
    Se valeva la pena vivere lì? Beh, la risposta era ovvia.«Si vive bene. A parte in inverno, ma io sono di parte perché amo l'estate.» E poi quello era il luogo in cui era nata, avrebbe sempre avuto un posto speciale nel suo cuore. Anche se l'idea di trasferirsi a Cuba era ancora lì, e poi i culi cubani la stavano aspettando. Magari ci avrebbe vissuto un anno, oppure tutta la vita, chissà. «C'è qualcuno che non riesci a dimenticare?» Eileen era un amante delle storie d'amore, così si mise comoda aspettando che Helena iniziasse a raccontare la sua. Le avrebbe dato qualche consiglio, era brava in quello. E poi lei aveva giò raccontato la sua. «Per me può marcire all' inferno.» Si riferiva al suo ex. Non voleva più parlare di lui, non ne valeva la pena. Vide che Helena alzava la sua Birra, fece lo stesso. «Alle donne con le palle!» Brindarono e bevvero tutto d'un fiato ciò che restava della loro Burrobirra. Ne avrebbero ordinata dell'altra, la serata era appena inziata.



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