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    Aveva preso la decisione più importante della sua vita. Era successo in poco tempo e le dimissioni erano arrivate sul tavolo dei suoi superiori, gettandoli nello sgomento totale. Che si aspettavano da uno spirito ribelle come il suo? Di intrappolarla per la vita dietro a una scrivania e dietro alle loro continue ricerche di attenzioni? Mai e poi mai. L’avventura americana si era conclusa nel peggiore dei modi ma, per quel che la riguardava, sentiva di essere rinata. Immancabilmente si era svegliata tardi ed, avvolta nella sua sottoveste, Helena, si aggirava per casa alla ricerca di qualche cosa di commestibile. La fame mattutina era considerata, da lei, il male del mondo. La colazione risultava, quindi il momento sacro da consumarsi in silenzio. E così fece. Guardò l’orologio e si ricordò che quel giorno avrebbe avuto inizio la fiera di cui tanto si parlava. Ne era entusiasta. Ottimo modo per fare nuove conoscenze per chi, come lei, stava per trasferirsi in pianta stabile. Si vestì velocemente, senza però tralasciare il suo impeccabile look e uscì alla volta della curiosità. Fece qualche passo, guardandosi a destra e a manca ed, infine, decise di raggiungere Tristan –uscito di casa molto presto per ultimare i preparativi per il suo stand, targato Tre Manici-. Sprecato. Si. Una mente sprecata per quel che la riguardava ma, da quel che aveva potuto notare, sembrava aver ritrovato il suo equilibrio andato perduto da una serie di eventi poco piacevoli. Non avrebbe cercato di riportarlo sulla strada che aveva tralasciato ma, prima o poi, avrebbe di certo tenuto un comizio sui pro che la carriera da Auror poteva donare.
    Carino. Aveva fatto un ottimo lavoro con il suo banchetto. Si avvicinò a passo lento e notò un gruppo di ragazzi intenti a mangiare e a bere tutti soddisfatti. Le scappò un sorriso, per via della mente proiettata al passato quando, ingenuamente, frequentava Hogwarts. Bei tempi, davvero. “Salve, ragazzi!” Li oltrepassò e focalizzò la sua attenzione verso il suo coinquilino. Sì, alla fine aveva optato per occupargli casa e, grazie a Merlino, Tristan, non aveva molto da dire a riguardo. “Buongiorno, bell’uomo!” Neanche era passato a salutare, che mancanza di affetto. Si era impegnata ad aiutarlo con le faccende domestiche e con le spese varie. Insomma, il tempo l’aveva trasformata in una donna adulta e responsabile, che poteva farci? “Vedo che ti sei dato molto da fare!” Constatò, osservando la sua piccola creazione. “Allora vediamo un po’…” Il menù offriva una vasta gamma di scelta e andare sull’alcolico a quell’ora del mattino, sembrava fuori luogo ma, in fondo, aveva lo stomaco pieno e un piccolo bicchiere, non avrebbe fatto, poi, così male. No. Avrebbe aspettato, altrimenti sarebbe arrivata a sera, strisciando per tornare a casa. Una torta di mele e un succo di zucca, per il momento, sarebbero andati più che bene. “Andrò con una fetta di torta di mele e un succo di zucca, mio caro!” Non le era bastata quella specie di colazione che aveva fatto in fretta e furia e, si sapeva, quel pasto era importante per ingranare durante la giornata. Rimase in piedi di fronte al suo vecchio amico. “Mi sei mancato stamattina!” Vero. “Sai, il tuo brontolare? Ci sto facendo l’abitudine!” Come poteva dirgli che le sue dimissioni erano state accettate e che, da quel momento, avrebbe vissuto da lui in pianta stabile. “Beh, sono venuta fin qui perché dovevo dirti una cosa importante. Beh, si, certo anche per la fiera, ovvio. Ma…” Se tergiversare fosse stata una disciplina olimpica, probabilmente, Hell, sarebbe stata la campionessa indiscussa. “Beh, vedi…” E dillo. Basta con le sceneggiate: “… ho rassegnato le dimissioni e, ora, resto qui!” Ok. Andata. Non si sarebbe potuto arrabbiare no. Glielo doveva. Lei non aveva fatto alcuna scenata quando, improvvisamente, aveva deciso di lasciare gli Stati Uniti per raggiungere quelle desolate lande. “Volevo farti una sorpresa. L’ho saputo ieri sera ma stavi già dormendo e non mi sembrava il caso di svegliarti!” Per una piccola stronzata come quella. “Mi troverò un lavoro, non ti preoccupare. Non sarò sulle tue spalle!” Anche perché aveva guadagnato abbastanza per permettersi quel colpo di testa. Sentiva che era la cosa giusta da fare, quello era il suo mondo e qualcuno l’aveva strappata via senza neanche chiedere il permesso. Doveva tornare e l’avrebbe fatto a qualsiasi costo.


    Salutato i ragazzi e interagito con Tristan. Ordinato torta di mele e succo di zucca perchè, Hell, arriva presto la mattina. Cià u_u
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    Lasciarsi andare alle confidenze, non le capitava da molto tempo. In terra americana, Hell, non aveva mai avuto modo di legare con qualcuno a tal punto da poterlo definire “amico”, fatta eccezione per Tristan, ovviamente. Chissà se nella sua vita precedente qualcuno, buon anima, era riuscito a scavare nel profondo della sua anima, entrando, così, a far parte della sua sfera privata. Poco importava del passato. Aveva bisogno di qualcuno che la sostenesse nel presente ed, Eileen, sembrava la candidata ideale. Ascoltò le sue avventure con ammirazione e un po’ di invidia. Roba da non poco. Un perfetto sconosciuto, incontrato per caso in qualche locale? Aveva tutta l’aria di essere l’inizio di una storia avvincente.
    “Una botta e via, insomma!” Niente di impegnativo. Niente amore. Niente di niente. Mica male. Per un attimo avrebbe voluto essere lei, senza alcun problema di legami e cazzate simili –che poi troppo cazzate non erano-. Il sesso era una parte importante della sua vita che mancava. Il sesso quello vero, quello che avrebbe portato a qualche cosa in più. Riuscire a farlo così, senza alcun problema le riusciva difficile ma, forse, a causa della mente occupata da qualcuno che, fondamentalmente, non sapeva neanche se avesse un occhio di riguardo per lei. Una situazione che considerarla “merdosa” era fin troppo gentile. “Ti sarai mica imbattuta in qualche mago oscuro? Sarebbe eccitante!” Ridusse gli occhi a fessura, consapevole della stronzata appena proferita. Che ci poteva essere di così eccitante in un possibile pluriomicida? Si scherzava. In fondo, sempre meglio dei ragazzi appiccicosi che, dopo un bacio, professavano amore eterno, cose se ci fosse qualche cosa di eterno sulla faccia della terra. Sbuffò al sol pensiero. “Meglio così. Non vorrei che il nostro prossimo incontro tu fossi fasciata da un bell’abito bianco, pronta a dire sì, davanti a chissà quale divinità!” Scoppiò in una risata sentita e bevve un altro sorso dal bicchiere. Il matrimonio, argomento tabù, per molti versi. Eppure, al momento del suo risveglio, Helena, portava una fede al dito alla quale, ancora, non aveva dato significato o, per meglio dire, l’aveva totalmente ignorata, sorvolando sull’argomento e passando oltre.
    “In tal caso sarebbe l’unica via percorribile, immagino!” Il motivo che spingeva qualcuno a porre in essere atteggiamenti di un certo tipo, non era comprensibile alla sua semplice mente ma, a quanto pareva, in molti riuscivano a far saltare i nervi a una donna, tampinandola di messaggi e chiamate indesiderate. Quanta tristezza e pochezza.
    C’era qualche cosa che la fotteva ogni volta che, intenzionalmente, mentiva spudoratamente e, ciò, non passò inosservato. Abbassò gli occhi azzurri e sorrise, colpevole. Le diede una delicata spinta, per portarla a dire la verità a riguardo di colui che lavorava all’interno del locale. Ammettere la sua conoscenza, avrebbe significato doverle raccontare il casino della sua vita e credeva fosse prematuro, così, per non farla fuggire dopo il primo incontro.
    “Io?” Lentamente, sembrava scivolare nel baratro dei non ricordi. “Io, purtroppo, non ho molti ricordi del mio passato!” Ammise. “Ho perso la memoria e sono rinata solo negli ultimi anni.” Ripercorrere quella disgrazia era, per lei, motivo di dolore ma anche di orgoglio per essere riuscita a ricominciare da capo una vita che, altrimenti, sarebbe stata spezzata troppo presto. “Non so di chi fossi innamorata! Ma, ad oggi, posso affermare con certezza di provare un sentimento forte verso una persona. Non ti so dire se è amore!” Di certo era qualche cosa di forte che la portava ad avere il pensiero sempre puntato verso di lui. Ed eccola lì, convinta di riuscire a sistemare tutti durante la sua permanenza in Inghilterra.
    “Immagino. La tua figura professionale mi è stata utilissima!” Non avrebbe mai pensato di poterlo dire e, nonostante ci avesse messo del suo, doveva anche molto a coloro che l’avevano aiutata ad uscire da quello schifo che l’aveva investita improvvisamente, arrecando danni irreversibili.
    “Ci conto.” Argomento America chiuso, anche per il fatto che non aveva la minima idea se avesse avuto modo di rivedere i suoi paesaggi. Dipendeva molto da ciò che il destino aveva scritto per lei.
    “Ebbene, sì! Era lui.” Mentire non sarebbe servito, soprattutto a causa della sua incapacità. Le si leggeva in faccia il suo stato d’animo e, quella discussione, virava proprio nella direzione che stava tentando di evitare con cura. “Sì. È quello che, qualcuno, definirebbe una specie di migliore amico, se così si può dire.” E si poteva dire così? Che ne sapeva. “In alto i calici.” Stava per scoppiare. Le scappava la pipì ma se avesse lasciato la sua postazione, avrebbe avuto difficoltà a non farsela addosso.

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    Ce l’aveva messa davvero tutta per arrivare lì, dove era arrivata. La fatica non stata ripagata in tutto e per tutto ed, in quel momento, poteva sbattere in faccia a tutti la sua felicità. Si era rimboccata le maniche, soprattutto a seguito della partenza di Tristan, lavorando sodo per costruirsi un futuro degno di essere chiamato tale. A distanza di parecchio tempo, si era accorta di esserci riuscita e, per questo, aveva sentito il bisogno di essere lì, in compagnia di colui che aveva contribuito in prima persona a ridarle quel senso che aveva perso dopo la disgrazia che si era riversata sulla vecchia lei.
    “Grazie ma…” Sentiva il bisogno di dire tutta la verità a riguardo. “Senza di te è stato difficile.” Già. Tanto. Troppo difficile. Per qualche tempo aveva temuto di non farcela, di mandare tutto a puttane e scivolare nel baratro. Si era sentita abbandonata e non riusciva a comprendere il perché fosse rimasta in quel Paese a lei estraneo, senza avere il coraggio di prendere le sue cose e partire alla ricerca del suo passato. No. Era rimasta in stallo, convinta che quella fosse la cosa giusta da fare per poi, un giorno, tornare al punto di partenza, così da non deludere le persone che avevano avuto i coglioni di prenderla sotto la propria ala e proteggerla dai fantasmi del passato. Ed eccola lì, cresciuta, cambiata e ancora una volta davanti ai suoi occhi indagatori. L’alcol le avrebbe dato una mano ma non si sarebbe aperta più di tanto. Non quella dannata sera.
    “Che vecchiette fortunate.” Ecco. Meglio così, aveva vita facile. “Stando a ciò, potrebbero arrivarmi delle bastonate da un momento all’altro, se mi vedono parlare con te!” Ah, la gelosia che piaga. Ottimo modo per vivere di merda. Scoppiò a ridere alla successiva affermazione del moro: “Non sarai mica geloso? Forse il ragazzo carino, mio caro, sei proprio tu!” E se fosse stato proprio così? Come ne sarebbe uscito? “Sai che ho occhi solo per te! Guarda quanti chilometri mi sono fatta per essere qui, vestita in questo modo, davanti a te!” Lo stava provocando e sapeva bene di poterselo permettere. Si trattava pur sempre del suo modo di fare e non l’avrebbe modificato per nessuno al mondo, neanche per lui. La stava osservando, centimetro per centimetro, pronto a rimproverarla per la scelta del vestito un po’, come dire, troppo provocante e vistoso. “Non mi dire che non ti piace ciò che vedi!” Andiamo, l’obiettività prima di tutto. Sapeva di essere una donna piacevole alla vita, un po’ meno, forse, una volta conosciuta ma, fino a prova contraria, l’aspetto fisico era ciò che saltava all’occhio per primo.
    “Mi sembri un po’ giovane per una badante. Ma forse, il tuo, è solo un problema di pesamento di culo, eh?” Replicò. Anche se un massaggio ai piedi non lo avrebbe disdegnato per niente. Tristan pigro? Una bella novità alle sue orecchie. L’aveva sempre visto scattante, dedito al lavoro e pronto ad intervenire ogni volta che qualcuno si trovasse in difficoltà. All’epoca leggeva nei suoi occhi la voglia di fare e ora? Quella luce sembrava essersi affievolita pian piano. La paura di Hell, risiedeva nel fatto che quello non fosse il lavoro adatto a lui ma non era di certo lei a dovergli fare la paternale. Aveva preso una decisione e lei lo avrebbe assecondato, qualsiasi cosa fosse successa in seguito, così come aveva fatto con la questione partenza. Sì, l’aveva accettata perché sapeva il bene che avrebbe potuto fargli, cambiare aria una volta per tutte. La sua determinazione era riuscita a convincerla, accettandone le conseguenze che il cambiamento avrebbe avuto su lei stessa.

    ”… nessuna è più bella di te.” Si trovava girato di spalle. Helena non poté, per questo, avere il privilegio di guardarlo dritto negli occhi per comprendere se quel che avevano appena udito le sue orecchie, fosse frutto di uno scherzo. Le sue labbra si inarcarono in un sorrisetto idiota ma non disse una parola.
    “No.” Secca. Diretta. “Se parli del mio passato, posso dirti con certezza che non mi manca proprio niente. Sapere il perché della mia amnesia? Cosa cambierebbe, oramai è tardi.” Non le pesava minimamente non aver le idee chiare sul chi fosse in un tempo lontano che, oramai, non aveva neanche più senso conoscere. “Però, sì. Fino ad oggi mi è mancato un pezzo. Mi sei mancato tu!” La sua spalla, la sua forza.
    “Ti stai offrendo come mia guardia del corpo? Accetto.” Insomma, non che ne avesse bisogno ma era pur sempre una scusa per rimanere vicino a lui.
    Bevute gratis? Come poteva rifiutare cotanta generosità? “Rinuncio all’idromassaggio per tutto il resto. Affare fatto.” Quella sera era stata proficua. Una casa, un uomo pronto ad aiutarla ad affrontare le avversità che la vita le sbatteva sotto il naso, cosa poteva volere di più dalla vita?
    “Andiamo. Non fare il timido. Il letto possiamo smezzarcelo. Tranquillo, non ho intenzione di molestarti ma se hai preso a russare, beh, allora divano immediatamente!” Non rimaneva che pensare bene alla decisione riguardante il suo lavoro. Lasciare tutto per ricominciare da capo, da un lato, faceva paura ma, in patria, non sarebbe stata da sola e si trattava di un pro che avrebbe abbattuto ogni contro possibile ed immaginabile.
    “Allora? Vista l’ora, direi che il locale è in chiusura!” Osservò l’orologio e, velocemente, tracannò anche l’ultimo goccio alcolico contenuto nel suo bicchiere. “Possiamo iniziare questa convivenza da stanotte?” Ed ecco che l’ordine cosmico si era ristabilito, senza neanche troppi sforzi.


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    Tracannare alcol, oramai, era diventato un gesto automatico. Sembrava di essere tra amiche di lunga data. Dopo il suo incidente, Hell, non si era mai sentita in quel modo con qualcuno che non fosse Tristan. Insomma, avere un’amica era la sua più grande aspirazione in quel periodo e il fatto che il suo desiderio si stava per esaudire, la lasciava alquanto spiazzata, così da sfoggiare tutta la sua possente logorroicità (?).
    Si stavano lasciando andare a confessioni poco morali. Helena scostò una ciocca di capelli e poggiò i gomiti sul tavoli, con tutta l’intenzione di godersi appieno quel racconto così dannatamente interessante. Dietro a quel faccino da brava ragazza cosa si nascondeva? Lei stessa non poteva vantare avventure di quel livello. Era stata più sobria nel scegliersi coloro che avrebbero dovuto distrarla dal “problema”. Tutti noiosi, comunque e non degni di rimanere al suo fianco per i più svariati motivi. “Cosa è successo?” Sì, voleva i particolari, insomma, cosa c’era di meglio delle confidenze tra donne. “Mi manca come luogo!” Ammise, fingendosi indispettita e un po’ invidiosa. Doveva essere un tipo interessante per portarla a esporre la mercanzia e a rischiare di essere visti. Un brivido non indifferente. “Quando è successo? Avete in programma di rivedervi?” Da quella sera si sarebbero tenute in contatto e, quindi, avrebbe ricevuto aggiornamenti piccanti, probabilmente. Almeno una delle due aveva una vita sessuale attiva, una magra consolazione.
    Sembrò stizzita quando tirò in ballo un certo tipo e una sua amica. Qualcuno di estremamente esagerato a quanto pareva. “L’insistenza. Che brutta cosa. Alcuni uomini non riescono a comprendere quando è ora di cambiare aria.” Capitava spesso che questi meccanismi si innescassero senza alcun motivo. Fissarsi su qualcuno che non ti vuole, arrecava solo problemi. Perché non comprendere il palese disagio provocato? “Levatelo dalle palle il prima possibile!” Giusto per evitare problemi.

    Occhi azzurri, neri o verdi. Non ci aveva mai fatto caso a dirla tutta. Il carattere era ciò che l’attirava di più in un uomo ma, certo, l’aspetto fisico era quello che arrivava per primo. “Cameriere? Quale cameriere?” Fece la finta tonta. Si stava riferendo all’uomo che, anni prima, aveva avuto il coraggio di gettarsi nelle fiamme per salvarle la vita. Che poteva dire? Sentì le guance calde e, sicuramente, il loro colore si avvicinava ad un rosso vivo, da colei che era colpevole. Un libro aperto. Gestire le emozioni non era il suo forte ma, d’altro canto, Eileen, prima di quella sera, non aveva idea di chi fosse e, quindi, non poteva sapere del legame che intercorreva tra i due. “Non vedo nessun cameriere che corrisponda alla tua descrizione!” Falsa, falsissima. Semplicemente non era di turno. Aveva studiato alla lettera i turni del suo amico e quella sera, strategicamente, era entrata per confondere le acque, senza rischiare di diventare una stalker di basso rango.
    "Ti è mai capitato?” Perdere la testa per qualcuno, tanto da non riuscire ad instaurare relazioni neanche a distanza di anni. Patetico da un lato ma denotava un’assurda fissazione per un futuro così come l’aveva sempre desiderato. “Di perdere la testa per qualcuno, intendo!” Forse avrebbe dovuto smettere di bere. Era lì per lavoro non per cadere in depressione ed una sbornia triste non l’avrebbe aiutata. Invece, disgraziatamente ma non troppo, Eileen ordinò dell’altro nettare e, la mora, non si tirò indietro di un centimetro. “Sei un mago.” Battuta idiota e ovvia. Un altro giro fu, così, assicurato con sua immensa gioia.
    “Dove lavori? Hai uno studio privato o al San Mungo?” Era stata ricoverata proprio lì, ai tempi dell’incidente e ricordava bene la professionalità con la quale era stata trattata, nonostante la confusione data dall’evento stesso. Chissà, forse avevano percorso lo stesso corridoio più e più volte, senza mai avere la possibilità di incontrarsi.
    Valeva la pena vivere lì, secondo la sua opinione e chi era lei per smentire una cittadina stanziata in quel posto da tanto tempo? “L’estate? In America è insopportabile. Il caldo raggiunge livelli intollerabili.” Per questo motivo non era la sua stagione preferita. Fortunatamente la sua casa era provvista di un impianto di ventilazione degno del suo nome, altrimenti non sarebbe sopravvissuta a quella tortura. “Sei mai stata in America?” Se la risposta fosse stata negativa, le avrebbe proposto un viaggio di piacere, verso nuovi orizzonti conoscitivi.
    “Già. Quel qualcuno l’hai nominato pochi istanti fa!” Ma che cazzo stava dicendo? Svelare così le sue carte. Pensò che forse l’avrebbe aiutata in qualche modo a trovare il coraggio di prendere una decisione una volta per tutte. Fece segno verso il bancone. “Già…” Era pronta a rispondere a qualsiasi domanda, grazie all’alcol e alla sua facile loquacità.
    “E ci marcirà, puoi starne certa! Il karma non perdona!” Ci credeva davvero. Alzarono i calici e brindarono alle donne con le palle, sempre più numerose degli uomini da quel che aveva estrapolato dalla loro discussione.

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    Stava parlando troppo, forse. Come al suo solito, risultando spesso logorroica e fastidiosa. Non era abituata a confrontarsi con le sue coetanee. No. Non aveva amiche. Da quando era stata ritrovata, Hell, non aveva avuto modo di vivere come Merlino comandava. La maggior parte delle volte aveva la sensazione di essere fuori posto e, per questo, si era rintanata in sé stessa, allontanando chiunque avesse avuto anche solo l’intenzione di entrare nel suo spazio personale. Già. Una scelta decisamente discutibile e stupida. Quella sera, però, aveva preso la decisione di uscire dalla sua comfort zone, alla ricerca di un legame che non fosse effimero e della durata di una serata, sotto effetto dell’alcol. Che male c’era? Un’amica, in quello che per lei era un luogo del tutto nuovo, avrebbe giovato alla sua mente. “Se non sono indiscreta: che ti è successo?” Chiese, sistemandosi comodamente sulla sedia, in attesa che la sua interlocutrice vuotasse il sacco. Se avesse elencato i suoi problemi esistenziali, sarebbe fuggita a gambe levate, senza guardarsi alle spalle. Come darle torto. La sua storia era considerata alquanto complicata e travagliata, degna di un film dalla trama avvincente. Insomma, un caso umano ambulante. Se non fosse stato per Tristan, Helena, si sarebbe ritrovata sola e abbandonata, senza una casa o, forse, peggio ancora, sarebbe morta nel rogo della sua casa, senza un possibile domani. La tristezza scivolò tra i suoi lineamenti ma, con abilità, acchiappò il bicchiere dove tuffò prontamente i suoi dispiaceri. No. Non sarebbe passata per la stupida patetica trovatella, senza memoria. Non quella sera, almeno.
    Eileen fece alcuni apprezzamenti rivolte al cameriere. Helena avvampò, facendo trapelare il suo palese pensiero sull’uomo. Bello ma non solo. “Gli occhioni blu. Fanno proprio per me!” Disse ammiccante. Sì, beh. Faceva per lei per tante altre cose, non solo per i suoi occhi. Ma non aveva intenzione di pensare a lui. Si trovava lì per divertirsi non per crogiolarsi nei dubbi sul da farsi. Lasciare o non lasciare l’Inghilterra? Quello era il dilemma principale ma pensarci avrebbe motivato una sua eventuale sbronza triste e no, non poteva permettersela, per il momento. “E tu? Che mi dici? Sei propensa per i camerieri o qualche cosa di più, come dire, impegnativo?” Che significava, poi? Impegnativo o meno, un uomo non sarebbe mai stata la perfezione. Quei pochi neuroni, spesso, cozzavano tra loro, lasciando dei vuoti incolmabili nelle loro menti semplici.
    La gioia nel vedere gli stuzzichini, le fece brillare gli occhi. Si accorse di avere una fame davvero potente. Azzannò il cibo come se non mangiasse da secoli. “Scusa. Ho saltato la cena e ora sono affamata.” Sì. Aveva dimenticato di mangiare per via della sua testa tra le nuvole. I suoi pensieri migravano da una parta all’altra, senza una linea logica ed, infine, aveva deciso di uscire per prendere una boccata d’aria che l’aveva condotta in quel luogo, ancora una volta.
    “Mi hai beccata. Sono una mangiamorte cattivissima!” Rispose alla divertente provocazione, mostrando i denti. Da un lato avrebbe voluto esserlo per davvero. Se solo avesse avuto fegato, si sarebbe spesa per trovare chi, anni prima, aveva avuto il coraggio di ridurla in quello stato, sottraendole la sua vita e i suoi parziali ricordi. “Invece sono solo una pedina nella mani di coloro che muovono le fila dall’alto.” Così poteva descrivere i suoi superiori che, ancora, non si erano degnati di passarle informazioni su ciò che avrebbe dovuto scovare in quelle lande desolate. Si era stufata e, per questo, stava seriamente prendendo in considerazione di trasferirsi definitivamente, così da avvicinarsi anche a colui che le stava più a cuore. “Te ne sarei grata. Vale la pena vivere qui?” Una domanda davvero stupida ma aveva tutta l’intenzione di comprendere a fondo i pro e i contro che avrebbe incontrato una volta presa la decisione definitiva. “Quando cerchi di dimenticare qualcuno, uscire con altri sembra la risposta a tutto. Invece…” Era ancora lì, in fissa e neanche sapeva il motivo. Il “chiodo scaccia chiodo” non aveva avuto i suoi effetti ed, Hell, sembrava essere ancora più confusa di prima. “Beh, è una soluzione del cazzo. Diciamocelo.” Ammise a malincuore. Che poteva dire? Sentiva di essere un fallimento da ogni lato e non aveva quel granché da rallegrarsi. “Già. Non penso esista aggettivo migliore per definire quel tipo…” Alzò lo sguardo azzurrino al cielo, arrendendosi alla cruda realtà.
    “Immagino. Personalmente, non riesco a reggere le mie problematiche, figuriamoci quelli degli altri. No. No.” Non stava per nulla scherzando. Quella giovane si era presa la briga di occuparsi delle persone, gettando su di sé un gran bel fardello.
    “Direi che è un’ottima idea. Allora? Brindiamo?” Alzò il bicchiere e sorrise per sottolineare la gran gioia di non essere più lì, sola, al bancone di un locale, alla ricerca di chissà cosa. “Agli stronzi senza palle?” Ottima idea, avrebbe potuto stilare una lista infinita di nomi.


  6. .

    Era passato così tanto tempo. Eppure, in un certo senso, sembrava non essere passato neanche un minuto. Sentiva in lui quella sicurezza che poteva essere ricondotta al concetto casa. Situazione strana per una come lei che, sfortunatamente, aveva incontrato ostacoli capaci di mettere in discussione anche qualche cosa che sarebbe dovuto essere scontato nella vita di un individuo. Quando i loro sguardi si incrociarono, Helena, ebbe la sensazione che volesse dirle qualche cosa senza, però, riuscirci. Non lo forzò, non era nelle sue corde estrapolare pensieri dalle menti altrui e, soprattutto, non le riusciva poi così bene. Sorrise, glissando abilmente su qualsiasi cosa potesse essere. Creare imbarazzo non era sua intenzione e neanche immergersi in discorsi che avrebbero finito per svelare le sue reali sensazioni. Insomma, mettersi in difficoltà da sola? Mossa stupida. Che poteva dire? Si vedeva dall’alto con quell’aria idiota stampata in faccia, senza davvero sapere cosa dire. Non era lì per sbaglio ma il passato non le usciva dalla testa. Ora aveva paura di un confronto. Lei ci credeva e non avrebbe permesso a nessuno di mandarla alla deriva. Aveva dato tutto il peggio ma aveva fatto del suo meglio per arrivare a quel punto, anche se non era solo merito suo. “Lo sapevi o lo speravi?” Chiese all’improvviso, lasciandosi scappare quel pizzico di ostilità verso la sua decisione di lasciarla da sola in territorio americano. Doveva capirlo da sola? Non aveva avuto scelta, così come era stata costretta a fingere, giorno per giorno, di non soffrire per la sua assenza. No. Avrebbe negato fino alla fine, lasciandolo nel dubbio ma, dalla sua espressione, pareva mortificato. La loro amicizia non poteva rappresentare un problema e, per questo motivo, Hell, lo aveva lasciato andare, per il suo bene. Questo è voler bene a qualcuno, no? Lasciarlo andare. Ma a quale prezzo? Si era persa per un periodo. Aveva vagato in lungo e in largo, alla ricerca di qualcuno che la distogliesse dal pensiero di essere stata accantonata dall’unica persona degna di fiducia. La rabbia, piano piano, era andata a scemare, lasciando un retrogusto amaro, ricco di nostalgia.
    “Grazie, Tristan!” Non ce l’aveva con lui ma con gli accadimenti avversi che, a quanto pareva, si divertivano ad arrivarle contro, gettandola al tappeto ogni fottuta volta.
    La discussione si alleggerì, grazie a Merlino. Di quel passo non avrebbe retto, rischiando di cadere nel patetico e nella melodrammaticità, come una fidanzata ferita che non era. “Un mini pony? Ti sei dato anche all’ippica? Santo cielo, ma come cambiano in fretta le cose.” Che si doveva aspettare ancora? Oramai poteva dirsi preoccupata alla grande. Fece una giravolta per mostrarsi in tutto il suo splendore. Certo, non gli si poteva dire assolutamente nulla. Lo aveva sempre reputato affascinante e, anche in quel momento, non poteva fare a meno di pensare a ciò. “Devi attirare l’attenzione di qualche tua cliente affezionata?” Lo prese in giro ma senza calcare la mano, visto l’outfit che aveva scelto per quella serata speciale che era, come dire, audace.
    Le successive battute sulla sua presunta vecchiaia la fecero sorridere. Lei vecchia? Meh. Manco per sbaglio. “Me lo hai fatto crescere tu.” Piegò le labbra in un sorriso del tutto forzato e volto alla presa, palese, per il culo. Niente di più facile. Per mesi si era domandata come stesse quell’uomo così enigmatico, senza ricevere alcuna risposta ai suoi dubbi. “Il bianco va di moda, comunque. Non staresti per nulla male brizzolato.” Prima o poi toccava a tutti ma, fortunatamente, dalla loro avevano quella cosina tanto utile, chiamata “magia”. Non si sarebbe mai permessa di andare in giro con un solo capello fuori posto, figuriamoci se fosse stato bianco, manco per scherzo.
    Addirittura.
    Sapeva di essere, abbastanza, impegnativa, ma non aveva mai pensato di sfiorare l’infernale. Meglio. “C’è sempre lo status da zitella. Comprami mille gatti e siamo a posto così.” Le erano bastate le avventure degli ultimi anni. Toccata e fuga, nulla che si avvicinasse a una possibile relazione seria e niente di particolarmente significativo ai suoi occhi. La testa era impegnata e al di là di un fottuto oceano ma, soprattutto, non aveva ben chiaro se la sua vita precedente le avesse dato una specie di consorte. Tempi passati che non sarebbero neanche tornati.
    “Capisco!” Picchiettò l’indice sul legno. Era certa che non ci fosse nessuna ragazza, specialmente di quel genere. Ma metterci la mano sul fuco? No. Il tempo lavava via tante cose, tante situazioni e, forse, anche le abitudini. Probabilmente neanche poteva più vantare la conoscenza che negli anni era stata coltivata con attenzione. “Spero sia più bella di me e più interessante della mia vasca idromassaggio.” Insomma, niente batteva un’ora di immersione in quello che poteva considerarsi il paradiso in terra. Suvvia. E più bella di lei? Fortemente improbabile, non con quel vestito che portava alla perfezione.
    ”Dopo aver visto l’inferno…” Come dargli torto. La sua sofferenza era stata motivo del suo punto di rottura e della sua conseguente “fuga”, alla ricerca di qualche cosa che lo distogliesse da quei pensieri drammatici. L’inferno. Niente si addiceva di più alla situazione che aveva colpito il povero Tristan. Helena abbassò gli occhi, incapace di controbattere alla sua affermazione. “Sai, a volte sono grata di non ricordare nulla del mio passato.” Ammise. Non tutto il male era giunto per nuocere, in fondo. No che gli augurasse la stessa cosa ma, una parte di lei, era grata per quella amnesia, tanto da sperare che sarebbe rimasta tale. “Almeno non sono costretta a sbattere la mente sempre lì.” Anche se convivere con quel vuoto non era propriamente facile, come poteva sembrare.
    “Quello che mi rende felice? Beh, ammetto di essere ancora lontana da ciò che reputo la perfezione per me.” Era forse giunto il momento di mettere la testa a posto ma non aveva il coraggio di crescere. Una problematica, uno scoglio che sentiva di non essere in grado di superare da sola, dall’oggi al domani. Alzò lo sguardo, ricolmo di tristezza per la piega che aveva preso il discorso. Faceva male ma con lui, un po’ meno.
    “Una sola? Dai. So che puoi fare meglio.” Anche se conoscendolo, probabilmente, avrebbe trovato il modo per sputtanarla e di materiale ne aveva da vendere. Soffocò nell’ennesimo sorso, una risata grottesca.
    “Ho deciso di godermi a pieno la mia permanenza qui.” Fare festa, insomma. “Se decidessi di rimanere? Nel senso, potrei andare incontro al mio peggior incubo. In fondo questo posto è l’inizio di tutto!” Avrebbe voluto soffocare tutto nell’alcol e non sapeva neanche il perché la sua bocca non riuscisse a chiudersi. “Non voglio rischiare di ricordare qualche cosa di, non so, scomodo! Dammi un consiglio.” Zitta. Zitta. Era scappato per evitare problemi, che stava facendo? Esportarli non era di certo la risposta adatta.

  7. .

    Non le dispiaceva per nulla quel posto. Il tipico locale che avrebbe frequentato anche oltre oceano, se solo avesse avuto la compagnia che tanto desiderava. La realtà, però, la vedeva sola, senza amici e senza un passato certo sul quale fondare le proprie credenze e speranze. Tornare indietro era, matematicamente, impossibile per lei che aveva dovuto rinunciare ad ogni tipo di ricordo. Se da un lato ci soffriva, dall’altro aveva imparato ad accettare la sua condizione, voltando pagina e rimettendosi in gioco. Affrontare una nuova vita per chi, come lei, vantava ben ventotto primavere sulle spalle, non era di certo una bazzecola ma l’alternativa sarebbe stata, di gran lunga, peggiore, annullando la persona che era, mettendo paletti che l’avrebbero limitata in modo irreversibile.
    “Figurati. Anzi, grazie a te! Di questo passo sarei finita ad affogare i miei dispiaceri in una serie di drink, finendo poi a dover affittare una camera qui sopra.” Reggere l’alcol non era una delle sue migliori qualità. Si toccò la testa e sorrise. Da quando era giunta in Inghilterra, ancora, non aveva combinato cazzate ma, il suo carattere decisamente ribelle, a breve, l’avrebbe portata sulla cattiva strada, senza neanche rendersi conto. In un modo o nell’altro. Una prospettiva allettante. Era lì per lavoro, cagare fuori dal vasino, sarebbe stato stupido e, così, avrebbe perso non solo la sua missione ma anche il ben di Merlino che le era stato offerto per quel viaggio. “Trovo questo posto, come dire…” Ripensò all’incontro di qualche sera prima con Tristan. Si era sentita, nuovamente, a casa. Non poteva esprimersi diversamente: “… familiare ed accogliente. Niente di impegnativo ma, di certo, qualche cosa che lascia il segno e invoglia a tornare!” E lei ne aveva più di un motivo. Avrebbe avuto il coraggio di tornare da dove era venuta, una volta giunta alla fine del suo dovere? Probabilmente no. Le mancavano le palle. Picchiettò le dita sul legno e rivolse il suo azzurrino sguardo verso la rossa che, a quanto pareva, non aveva intenzione di mandarla a cagare e ne fu felice. “Non saprei.” Stava per raccontare la storia della sua vita in poche parole e, probabilmente, anche confuse. “Credo di essere nata da queste parti. Poi ho avuto un incidente, ho perso la memoria e mi sono trasferita in America, li sono rimasta per due anni. Ora sono qui per lavoro.” Come se fosse una cosa del tutto normale. Chi, almeno una volta nella vita, non è uscito indenne dall’incendio della propria casa? Andiamo. Sembrava fantascienza e, invece, era stata tanto fortunata. “Sono una spezza incantesimi. Lavoro per il Ministero della Magia americano. Mi hanno cacciata qui per una missione top secret. Talmente top secret che ancora non ho compreso che cazzo dovrei fare!” Iniziava a sospettare che fosse un elemento problematico per i suoi superiori e che, quindi, avevano preso la decisione di allontanarla a tempo indeterminato per tenerla buona e non passare per gli stronzi che si liberavano della trovatella senza memoria. Sua impressione ma pur sempre motivo di preoccupazione. Rimanere senza lavoro, l’avrebbe gettata nello sconforto più totale. “Bellissimo nome. Tu devi conoscere bene Hogsmade, vero?” Aveva l’aria di chi sapeva il fatto suo e non poteva che esserne grata. Stringere amicizie, però, quasi sicuramente, sarebbe stato motivo per rimanere.
    Sembrava scottata da esperienze poco felici da come parlava degli uomini. “Sedurre e abbandonare. Insomma potrebbe essere il resoconto della mia vita sentimentale degli ultimi due anni.” Eppure non aveva mai smesso di credere che, da qualche parte, nel mondo, esistesse qualcuno in grado di amare lei e la sua stranezza. Una sognatrice nata. Erano stati tanti i tentativi ma nessuno aveva avuto la meglio. “Che stronzo!” Ops. Le era sfuggito. “Scusa. Non volevo essere volgare ma è stato proprio stronzo!” Eileen poteva considerarsi fortunata di aver perso così un elemento tossico, potenzialmente dannoso per la sua intera esistenza. “Meglio così. Mi spiace un po’ per la nuova fiamma!” Era convinta che il vizio non era facilmente perdibile per questi soggetti. Una forma di recidiva della quale, mai e poi mai, avrebbero fatto a meno. “Sei abituata? Lo fai per lavoro? Sei una psicologa?” Ci avrebbe scommesso. In fondo ne aveva frequentate molte, dopo l’accaduto e le avrebbe riconosciute in mezzo a mille.

  8. .

    Era un po’ come sentirsi, nuovamente, a casa. La sua presenza riusciva, come sempre, a tranquillizzarla anche senza un vero e proprio perché. Il legame che avevano instaurato, nonostante la lontananza, non si era affievolito, portandola a chiedersi se fosse giusto rimanere in America quando, colui che le aveva restituito la vita, si trovava oltreoceano, solo. O magari no. Che gli anni avessero portato novità? Beh. Di lì a poco avrebbe avuto la possibilità di aprire una panoramica sulla vita di Tristan, senza chiedere più di tanto. La curiosità l’aveva spinta a raggiungerlo. Sì, anche il lavoro ma Hell, non aveva fatto nulla per cercare di rifiutare quel trasferimento repentino. Una paraculata, costi compresi. Come farsi scappare quell’occasione d’oro? Scema fino a un certo punto.
    Bella domanda. Uscire così, allo scoperto. Ne valeva davvero la pena? Non sarebbe stato meglio lasciarlo nel dubbio ancora un po’, godendo nel vederlo arrovellare, senza nessuna pietà? “Anche se fosse non te lo direi! Dovresti conoscermi abbastanza, Signor Wolf!” Alzò il suo sguardo azzurrino dal bicchiere, spostandolo repentinamente su di lui, inchiodandolo ad una cruda verità. Se tutto si poteva affermare sul suo conto, la ventottenne, di certo, non rispondeva all’appellativo “romantica”. Non aveva ben chiaro il concetto di “amore” e non ricordava di aver provato qualche cosa di simile prima del suo incidente che l’aveva resa priva di memoria. Poco male. Ricominciare da capo, le avrebbe dato gli strumenti adatti per divenire una persona normale e degna di essere chiamata tale, gettandosi alle spalle qualsiasi cosa l’avesse resa vittima di quel deficit che spesso riusciva ancora a farla sentire fuori luogo. “Nostalgica. Sì. Non ero abituata a stare sola quando hai deciso di andartene.” Lo stava velatamente rimproverando. Aveva sofferto ma mai si sarebbe interposta tra quello che era il suo amico e le decisioni migliori che riguardavano la propria esistenza. L’egoismo era stato messo da parte e, con impegno, si era arrangiata a continuare come se nulla fosse accaduto, nonostante la palese assenza e il vuoto che si era creato nella quotidianità. “Ma sono sopravvissuta. Che dici? Me la sono cavata abbastanza bene?” Sorrise, trangugiando ancora un sorso del suo nettare preferito. Avrebbe omesso il suo periodo oscuro a tutti i costi. Chiusa in casa, in solitudine, sfiorando la depressione ed, ogni tanto, saltando da un letto all’altro per dimenticare di essere sola al mondo. Patetica. Si era maledetta per quel frangente di tempo, passato a piangersi addosso, senza un apparente motivo e, soprattutto, valido. Era, però, riuscita a mettersi in careggiata una ed, una volta ripresa in mano la propria esistenza, si era fatta largo in mezzo a quelle mezze seghe che, con lei, animavano il Ministero della Magia. Il suo lavoro era diventato tutto ma, si sa, non si può vivere solo di quello.
    “Cucinare? Stai scherzando?” Alzò il solito sopracciglio, in segno di sdegno verso quell’affermazione davvero ridicola. Non era mai stata una donna di casa e, l’arte culinaria, si riduceva a scongelare cibi pronti o ordinare qualche cosa al ristorante italiano stanziato sotto il suo appartamento. La comodità. Fortuna che il suo corpo permetteva sgarri di quel tipo, altrimenti sarebbero stati guai. “E poi tu sei più bravo. Un uomo da sposare!” Ammiccò, sperando si lasciasse sfuggire qualche cosa sui suoi ipotetici flirt. Era davvero curiosa ma, in fondo, aveva la certezza che sarebbe stata infastidita se avesse avuto qualcuna con cui dividere il letto. Gelosa? No. Forse un po’ di possessività che portava appresso dalla sua vita precedente. “Ohhhh, andiamo. Ci stava mettendo troppo quello stupido the. Ti pare che avevo tutto il giorno per attendere che facesse da solo. Gli ho solo dato una mano!” Si stava lamentando. Il tono cantilenante non proveniva, però, solo dal suo apparire bambina ma anche un po’ dall’alcol che scorreva nelle sue vene in quantità maggiore del consentito.
    La sua bambina. Certo. Se solo avesse saputo. Un fondo di verità c’era. Era cresciuta e si era trasformata in una donna responsabile. O quasi. “Cosa mi dai in cambio?” C’era sempre un prezzo da pagare e il suo idromassaggio non poteva di certo essere alla portata di tutti. “Lo adoro. Non puoi capire che gioie immense che mi regala ogni sera, dopo una giornata estenuante di lavoro.” Era, a dir poco, euforica, per quella parte di giornata che riusciva a rigenerarla completamente, distogliendola dalle preoccupazioni date dalla sua occupazione.
    “Mi sembri più alto. Hai mica i tacchi?” Lo stava prendendo in giro e le piaceva assai. Il loro rapporto era fatto così, ricco di sfaccettature e burle che solo loro erano in grado di decifrare fino in fondo.
    Le scappò una risata. Una di quelle incontenibili e sincere. Le era mancato. Sì, senza ombra di dubbio la sua assenza aveva suscitato in lei sentimenti contrastanti. Spesso si era sentita spaesata e senza possibilità di andare avanti da sola. La consapevolezza di non poter continuare su quella strada, però, le diede quella scossa utile al cambiamento. “Si. Per qualche tempo ho cercato un coinquilino ma poi ho compreso che nessuno sarebbe stato in grado di affrontare la mia eccentricità, uscendone sano di mente. Ho lasciato stare.” Fece spallucce. Si era più che annoiata. “Vivere con me, come ben sai, non è così facile!” Ridusse gli occhi a fessura, pronta ad elaborare le eventuali battute sul suo pessimo carattere.
    La sorella del ragazzo carino. Stava praticando terrorismo psicologico su di lei ma non ci sarebbe cascata facilmente. “Sono spiacente. Non sono ammessi estranei. Ma, per ovviare, potremmo fare una bella uscita in quattro. Potremmo fare faville, non credi?” Sogghignò. Non poteva permettersi di risultare gelosa davanti ai suoi occhi. No. Mai. Sarebbe stata felice per lui in ogni caso, se una relazione era ciò che cercava anche se, conoscendolo, dubitava della cosa.
    “Tranquillo? Avresti potuto esserlo anche in America. Sei volato oltre oceano solo per la tranquillità. Non farmi ridere.” L’apostrofò. Non poteva credere del tutto a quella semplice scusa, buttata lì per sviare il discorso. Le motivazioni dovevano essere svariate ma, di certo, non aveva fatto tutta quella strada per proporre domande scomode.
    “Io?” Attese qualche istante, abbassando gli occhi. “Ora posso dire di esserlo!” Lo sarebbe stata fino a quando sarebbe rimasta lì, con lui.


  9. .

    Stava diventando un’abitudine. I giri di rum non sembravano essere mai abbastanza. Sapeva che doveva darsi una regolata, un giorno ma non era QUELLO giorno. Aveva terminato la giornata all’insegna di un gran bel fallimento ed, Hell, altro non faceva che pensare al momento in cui l’alcol fosse scivolato lungo la sua gola, finendo nel suo stomaco, scaldandola e facilitandole il compito di gettare nel dimenticatoio quelle stupide ventiquattro ore che le avevano ucciso il solito mood. Una vasta gamma di parolacce avrebbe riservato al primo che le avesse rivolto la parola in modo arrogante o che non rientrasse nelle sue grazie. Entrò nel locale e si guardò in giro, convinta di trovare lì, da qualche parte, la figura amica di Tristan, magari immerso in qualche sua faccenda. Niente. Che avesse cambiato turno? Possibile ma un dubbio iniziava a insinuarsi nella sua testa. Abilmente riuscì a reprimerlo. La riconoscenza che nutriva per quell’uomo le stava sfuggendo di mano e, doveva ammettere che la cosa era motivo di turbamento. Niente di ingestibile, soprattutto se, a portata di mano, vi era una bella bottiglia di rum. Alzò la candida manina, attirando l’attenzione di colui che stava al di là del bancone e, sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori, ordinò la sua deliziosa bevanda, la quale non tardò a giungere a lei. Poteva dirsi contenta, in qualche modo. Il suo soggiorno in Inghilterra si stava rivelando più interessante del dovuto, gettando le basi per un possibile allungamento della sua permanenza. I suoi ricordi, ancora compromessi, non le permettevano di conoscere la vita che, qualche anno prima, aveva condotto proprio in quei luoghi ma, in fondo, non riusciva a sperare che riaffiorasse il tutto, per paura che non fosse ciò che sperava per sé. Si crogiolava nella sua ignoranza, tralasciando domande e risposte che avrebbero potuto consegnarla alla sua esistenza pre incidente. Giocherellava con il bicchiere, facendo ondeggiare quel liquido color oro, intendo ad infrangersi lungo i bordi del suo contenitore. Divertente. Certo. La testa stava ancora persa tra i meandri dei pensieri più intimi quando, improvvisamente, una voce femminile la riportò alla cruda realtà, facendola trasalire. Si voltò e lì, davanti ai suoi occhioni azzurri, se ne stava una giovane donna, intenta a fissarla. Non aveva compreso bene il quesito posto ma lo intuì. “Ma certo. Accomodati.” Assentì, cercando di assumere un’aria diversa da quella stralunata di poco prima, così da non sembrare una perfetta idiota. “Scusami. Ho avuto una giornata di merda ed ero sovrappensiero.” Che signora. Usare le parolacce come punteggiatura, almeno, le confermava di non essere una suora nella vita precedente. Già era qualche cosa. “Sono Helena. Molto piacere.” Allungò la mano, sperando di non essere indiscreta. Fare nuove conoscenze non avrebbe fatto altro che aumentare il suo desiderio di stabilirsi lì, senza più fare ritorno in quella che, per lei, era pur sempre una terra estranea. Doveva molto all’America e a coloro che le avevano dato modo di ricominciare da zero ma, da lì in avanti, avrebbe scelto per sé stessa, anche andando contro al volere altrui. “Stai aspettando qualcuno o anche tu single e in attesa di un principe azzurro che ti offra un drink, per poi sedurlo, illuderlo e abbandonarlo sul posto?” Un fiume di parole senza senso e neanche aveva finito il primo bicchiere. Insomma, quella serata non prospettava nulla di buono, vista la sua non proprio sobria allegria, mista alla delusione rifilata dalla giornata passata. “Scusa. Sono logorroica.” Niente di nuovo, sempre stata. Altro punto che avrebbe potuto spiegare la sua complessa natura a lei, ancora sconosciuta. Sbuffò e poggiò i gomiti sul legno, convinta che la sua interlocutrice l’avrebbe trovata strana.

  10. .

    Poteva dirsi soddisfatta sia del panorama che nel vederlo. Dietro la sua aria da dura, Hell, aveva sofferto abbastanza per comprendere quanto quell’uomo era stato importante nel contesto della sua rinascita. Le era mancato immensamente anche se non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura. Essere lì significava molto per un tipo come lei, incapace di esternare i suoi sentimenti anche davanti a colui che, oramai, conosceva come le sue tasche. Un ampio sorriso si disegnò sulle sue labbra, rigorosamente truccate e perfette. Si era rivolto a lei come sempre, come se il tempo non avesse avuto modo di scalfire il rapporto costruito a fatica tra due individui, potenzialmente opposti ma costretti a convivere a causa di forza maggiore. Alzò un sopracciglio e lasciò scappare un risolino divertito. Satana, era davvero divertente. “Preferirei essere chiamata Ade! È più elegante!” Prese la palla al balzo, sicura che quello scambio di battute non sarebbe terminato tanto facilmente. Neanche aveva ancora incrociato il suo sguardo azzurrino ma già aveva ben chiaro, a chi appartenesse quella voce da fringuello (?). Come dimenticare così facilmente il loro vissuto? Il suo essere sopravvissuta all’incidente, le aveva tolto ogni cosa, ogni certezza, gettandola in un baratro oscuro, costellato da ricordi sporadici e senza senso ma, nello stesso tempo, le aveva regalato un amico, sul quale sapeva di poter contare anche a ventimila leghe sotto il mare di distanza.
    Finalmente scorse un sorriso sinceramente compiaciuto da parte dell’uomo. Sembrava scosso, come se non credesse ai propri occhi. Averla lì davanti, però, avrebbe potuto essere uno shock, un tuffo nel passato che non aveva bisogno di compiere. Quel timore le provocò una forte morsa allo stomaco. Non aveva intenzione di essere la causa di un possibile dolore. Se era andato via, una ragione doveva pur esserci da qualche parte, in fondo a quel cuore di ghiaccio che spacciava come funzionante. “Ricordi molto bene.” Si limitò ad assentire mentre, con impazienza, picchiettava le dita sul bancone, in attesa di quel delizioso nettare. “Rum di ribes nero. Il migliore!” Soprattutto se nessuno le diceva quando smettere. Bere in santa pace era il massimo dell’aspirazione che sperava riserbasse la serata. Assaporò avidamente il contenuto del bicchiere ed, una volta svuotato, prese a giocherellarci, attenendo di potere richiedere un secondo giro, senza essere giudicata o ripresa per via della sua esigenza. Era da tempo che non trovava il tempo per sé stessa, per il divertimento e per curare un po’ la sua immagine. Si sentiva sciupata e consumata dal lavoro intensivo che, anche se fuori sede, la toccava, senza lasciarle un attimo di respiro. No. Non quella sera. Quella sarebbe stata la notte dei pensieri e dei ricordi. Una notte capace di riportarla indietro nel tempo, ma anche la notte che l’avrebbe rassicurata sul livello di salute mentale di Tristan. Da buona amica, Hell, si preoccupava ed era lì per sincerarsi delle sue condizioni e sul come avesse vissuto lontano dal suolo americano.
    “Sono qui per lavoro!” Ammise, senza troppa enfasi. “In realtà mi sono offerta volontaria. Credevo sarebbe stato carino venire a trovare il mio vecchio amico musone.” Scherzò. “Senza di me ti sarai sentito solo!” O forse era riuscito a rilassare le orecchie e il sistema nervoso, lontano dai guai che, puntualmente, la mora si trascinava appresso, come il polo negativo cerca il suo opposto positivo. Inizialmente, quando venne a conoscenza della partenza del suo interlocutore, si colpevolizzò a morte. Doveva averne abbastanza di lei e delle sue problematiche che avrebbero traumatizzato anche il più esperto degli strizzacervelli. Pian piano comprese che la realtà era ben diversa e molto più complessa per essere ridotta ai minimi termini, in quel modo. “Guarda il lato positivo. In caso ti piombassi in casa, ad oggi, potrei pagarti l’affitto. Niente più ospitalità a scrocco!” Quasi quasi. Avere un appoggio non sarebbe stata una cattiva idea ma, di certo, non avrebbe mai più imposto la sua presenza quotidiana al povero malcapitato. “Comunque il Ministero ha pensato ad ogni cosa. Ho una suite tutta mia, con idromassaggio. Il tutto a tempo indeterminato!” Forse gli avrebbe concesso di farle visita nei giorni seguenti e di usufruire a piacimento di quel ben di Merlino. “Tre giorni fa. O due? Non ricordo. Sono passata anche ieri ma, un ragazzo tanto carino mi ha informata che non fossi in turno e mi ha offerto da bere, per non rendere vano il mio viaggio fin qui!” Lo stava provocando più del dovuto, puntando sulla sua residua iperprotettività. Doveva ammettere di essere affascinata da quel lato del suo carattere. Teneva conto di ogni particolare e aveva condotto il suo lavoro da bodyguard minuziosamente, innalzandola su una sorta di piedistallo, dal quale ancora non era scesa.
    Casa.
    Spesso dimenticava di far parte di quel luogo, più di quanto ne avesse memoria. “Grazie!” Non andò oltre per non lasciar trapelare le sue sensazioni ma, soprattutto, non si trovava nella condizione di ammettere di non voler recuperare la memoria in nessun caso. Lo osservò, in tutta la sua bellezza, per qualche secondo senza proferire parola alcuna. “Fino a ieri ero convinta che sarei tornata al di là dell’oceano, il prima possibile.” Si sporse in vanti e allungò la mano verso l’ex coinquilino, andando a scompigliargli i capelli come se fosse un moccioso. “Ma so che mi mancheresti. Tu e la tua destrezza nel versare i drink.” Già. Avrebbe voluto svuotare il sacco e ammettere di sentirsi sola e dimenticata dal mondo ma, il contesto, esulava da quello adatto. “Rimango. Non so per quanto ma per ora non è previsto il mio rientro!” Già Se fosse un bene o un male lo avrebbe compreso solo vivendo.
    “Ti sei sistemato bene, a quanto vedo!” Fece una breve panoramica del locale, notando in molti particolari la sua personalità spiccata. “Stai bene? Sei felice?” Era tutto ciò che avrebbe voluto sapere da lui. Non aveva mai avuto il coraggio di porre questa domanda, ma ora, faccia a faccia, il coraggio arrivò inaspettato. Assunse, per la prima volta da quando aveva messo piede lì dentro, un’aria seria e diretta. Doveva ricavarne delle risposte, anche spiacevoli ma avrebbe nutrito la sia voglia di sapere.

  11. .

    Sorrideva, persa nei meandri dei suoi più reconditi pensieri. Sembrava trascorsa un’eternità da quando, una sera, Tristan aveva preso la drastica decisione di patire alla volta del continente europeo. Cambiare vita. Un coraggio, davvero, non comune e, per questo, si era schierata a suo favore, sostenendolo nonostante il timore di rimanere sola, che le martellava il cervello e la mente. L’egoismo, però, non aveva posto nel suo modo di essere e nei suoi atteggiamenti. Si era limitata ad augurargli buona fortuna, promettendo di non perdere mai, per nessuna ragione al mondo, i contatti, nonostante i chilometri che, oggettivamente, li avrebbero divisi. Due anni erano trascorsi e quell’acqua trascorsa sotto il ponte l’aveva portata a un possibile ricongiungimento, e tutto grazie al suo lavoro. Dalle lettere scambiate con il suo ex inquilino, Hell, tra le righe, leggeva una profonda realizzazione dell’uomo e di ciò non poteva che esserne felice. La stabilità mentale, compromessa dagli avvenimenti, stava lasciando spazio a una sorta di equilibrio, liberandolo dal fardello americano.
    Era giunta a Londra da una settimana. Il Ministero della Magia le aveva assegnato dei compiti ben precisi ed il suo dovere, corrispondeva al mero svolgimento di questi ultimi, senza troppe distrazioni. Certo. Ma chi le impediva di rifocillarsi e godere di qualche ora di relax, lontana dalle pressioni insistenti della sua devozione.
    Dalle ultime notizie, la mora, era venuta a conoscenza del luogo di lavoro del solitario Wolf e, proprio lì, avrebbe fatto il suo trionfale ingresso, avendogli palesemente celato la notizia della sua presenza nel paese.
    Si alzò dal letto, dopo un buon sonno ristoratore e si avviò verso il bagno, lasciando cadere la vestaglia che, pochi istanti prima, avvolgeva delicatamente la sua pelle diafana. Si sporse verso il rubinetto miscelando l’acqua e, in pochi minuti, riempì la vasca da bagno per immergersi al suo interno. Si coccolò per circa un’ora ed, in seguito, scelse gli abiti più sexy –dal suo punto di vista- e attinente ad una possibile serata inglese. Soddisfatta e felice, Helena, lasciò la stanza del suo albergo, stretta in uno striminzito giubbottino di pelle e prese a camminare per la strada principale, studiando il linguaggio del corpo di coloro che incrociava sul suo cammino. Sentiva di non appartenere a quel luogo ma, di certo, non avrebbe fatto fatica ad integrarsi, se solo ci avesse messo un po’ di impegno.
    Lo sguardo, repentino, si innalzò verso l’insegna del locale che, da prima, aveva puntato e, con sua grande sorpresa, si accorse di essere giunta alla meta, senza dover ricorrere a figure di merda per chiedere indicazioni a riguardo. Tutta questione di fortuna ma non si era posta il problema della possibilità che Tristan, lavorando su turni, potesse trovarsi da qualche parte lontano da lì. Tentare non le avrebbe cambiato la vita. Fece spallucce e oltrepassò la soglia del pub più rinomato di Hogsmeade. L’ampiezza del locale la sorprese, così come la sua luminosità, nonostante l’ora notturna. Sentiva le guance riscaldarsi, piano piano e le sue mani, iniziavano a riprendere sensibilità. Si sentì a suo agio, anche quando, con movenza provocante, fece la sua sfilata per raggiungere il bancone. Proprio lì, dove la figura conosciuta, attirò la sua attenzione. Sedette con eleganza, osservando le spalle del mago, osservando un silenzio religioso. “Mi scusi, cameriere? È così che tratta la sua clientela? Dandole le spalle?” Esordì con tono fintamente di rimprovero. Poggiò i gomiti, mettendosi comoda. Aveva taciuto tutto per prenderlo alla sprovvista e godersi la reazione. “Beh. C’è da dire che offre un bellissimo spettacolo. Non che ci si possa lamentare!” Ai suoi occhi, Tristan, altro non era che una personalità forte, decisa, sempre pronta a dare una mano. L’aveva letteralmente salvata dal punto di non ritorno, accettando, con tutte le conseguenze, di occuparsi di lei e della sua memoria. Non si era mai sottratto alla sua promessa e, soprattutto, l’aveva sostenuta nelle sue decisioni riguardanti la nuova esistenza creata dal nulla. Doveva molto a quello che considerava l’unico amico vero che aveva. “Che fai lì impalato? Non offri qualche cosa ad una donzella spaesata?” Insomma, la galanteria prima di tutto. Spalancò i grandi occhi azzurri e si stampò un dolce sorriso, ricolmo di nostalgia dei tempi passati e, oramai, troppo lontani.

13 replies since 26/1/2022
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