Rose era esattamente la definizione di
snervante ai suoi occhi. Sembrava non ascoltare e, peggio ancora, sembrava non riuscire davvero a comprendere cosa le stava chiedendo e dove volesse portarla con i ragionamenti. Era ferma sulla sua assurda e patetica posizione con l’estenuante decisione, per ambo i lati per motivi del tutto differenti, di rimanervi. Snervante, per l'appunto. Se solo avesse ascoltato anche un decimo di quanto stesse cercando di dirle ma era, banalmente, fiato sprecato e Dylan non era rinomato di certo per la pazienza o l’inclinazione alla tolleranza. Il mago era quanto di più vicino ad un tiranno ci fosse sulla faccia della terra ed esigeva, dalla ragazzina e/o da chiunque lo circondasse, nientemeno che la perfezione. Peccato che Rose, in quanto adolescente, non vi si avvicinasse nemmeno lontanamente. Aveva una testa Rose e dei principi, dalla quale il mago si dissociava sentitamente, fin troppo radicati nel suo io. Chi diamine le aveva inculcato quelle cose malsane? Chi? Amelia? Fosse stata lei, beh, in quel caso avrebbe dovuto ucciderla molto, molto tempo prima. In quel caso avrebbe accettato di prendersi lui l’errore della valutazione di quel gesto. Avesse pensato prima a sbarazzarsi della donna forse le cose con sua figlia non sarebbero evolute in quel modo e forse, adesso, Rose, sarebbe stata esattamente la perfezione che bramava ma che non era. Sì, sbarazzarsi di Amelia così tardi era stato decisamente un errore. Tornò con l’attenzione alla giovane che allo stesso modo sembrava stare degnando della stessa attenzione l’avversario, squadrando e carpendo quanto ci fosse di celato nel linguaggio non verbale espresso dal corpo. Rose non avrebbe potuto leggere nulla di lui. La posizione era rimasta invariata. La schiena dritta come un fuso perfettamente poggiata contro lo schienale della sedia, le gambe composte al di sotto del tavolo e, al di sopra, le dita intrecciate sul piano lucido. L’espressione seria ed impassibile che non lasciava intravedere la benché minima emozione di quelle che si agitavano all’interno della mente di Dylan White.
«[...] Forse solo un piccolo ricordo, insomma mi sembra il minimo dopo tutto. Sono una persona gentile, io!» Patetica. Quanto avrebbe voluto riderle in faccia sbeffeggiandola. Un ricordo. Era seria? Davvero non riusciva nemmeno ad intuire quali fossero i pensieri di uno come David Harris? Serviva il suo dono per comprendere l’ovvio? Le sopracciglia del mago si sollevarono impercettibilmente. Un caso perso, ecco cos’era Rose. Nonostante quanto avesse dato al maggiore degli Harris, nonostante quanto avesse poi perso, lei ancora sperava in qualcosa da parte del ragazzo. Incommentabile il livello di passività raggiunto dalla ragazza che si limitava ad accettare che lui l’avesse usata e gettata come carta straccia senza il minimo sentimento di vendetta, senza che la minima vena di rancore esacerbasse il sangue nelle sue vene istigandola a fare qualcosa – a quel punto – qualsiasi cosa. Invece niente, lei si limitava a sperare di lasciargli un ricordo, anche piccolo perché lei era gentile. No, lei era
patetica! Una stupida ragazzina debole che alla prima parvenza di attenzioni si donava anima e corpo finendo per essere unicamente usata e gettata quando lo scopo era stato raggiunto. David cosa aveva ottenuto poi? La sua verginità? Forse quella meditata dal ragazzo era una sorta di rivincita sull’uomo, questo doveva credere a giudicare dai pensieri ostili che gli rivolgeva. Essersi presa l’onore di sua figlia doveva rappresentare per lui una sorta di vendetta e/o rivincita per il trattamento che gli veniva riservato. Povero illuso. Avrebbe pagato quell’arroganza, eccome se lo avrebbe fatto soprattutto nella sua aula.
Logorato da quei discorsi finalmente ebbe una reazione e quella reazione si convertì esattamente nella palesazione della sua frustrazione nei confronti della figlia. Era stufo che quello schema si ripetesse all’infinito e proprio per quel motivo, nel loro ultimo incontro seppur a lezione, Dylan aveva posto quella condizione sbattendola fuori dalla famiglia, relegandola all’oblio sperando che in quell’ultimatum Rose si risollevasse comprendendo davvero cosa stava facendo di sé stessa e cosa volesse ottenere dal suo futuro. Un gesto estremo quello del mago ma dettato unicamente dal comportamento remissivo e fiacco di lei e ancora una volta lo aveva deluso. La Tassorosso aveva accettato il suo destino e, arresa a sé stessa ed alla vita, aveva continuato ad esistere mettendo un passo davanti all’altro cercando di sopravvivere ma non di vivere. Si era tenuta in piedi ma ciò che il mago oscuro aveva davanti era unicamente un involucro svuotato dalle intenzioni. Rose si atteggiava a forte, cercava di mostrarsi ai suoi occhi come risoluta, come cambiata, ma era proprio quando apriva bocca che tutto il meraviglioso castello di apparenze cadeva in pezzi sfasciandosi come delicato cristallo. Non era niente se non macerie.
«Voglio rispondervi con sincerità. Vi dirò tutto quello che vi voglio dire e poi decideremo.» Decideremo? E cos’era il suo consulente? Non c’era nessun “noi” tra i due ma semplicemente un padre, che era Dylan, ed una figlia, Rose, che avrebbe semplicemente dovuto obbedire, obbedire e basta. Non avrebbe mai dovuto fare diversamente. Lui l’aveva sempre protetta ma le cose decadevano se lei non faceva la sua parte e la sua parte era proprio obbedire ai suoi comandi e lasciare che fosse lui a guidarla, non prendere sciocche iniziative che avrebbero danneggiato il loro casato! Eppure, da come parlava – e quanto parlava, non finiva più! – non sembrava comprendere un concetto così banale come quello espresso dal mago. Dylan le aveva chiesto di reagire, di smetterla d’essere così passiva e di lasciare che lui la plasmasse nella strega che avrebbe dovuto essere. Di forgiarla facendola rinascere dalla crisalide di quel corpo pesante, di quella forma mentis ottenebrante che la portava solo verso la distruzione per evolvere nella sua forma migliora indurita da una corazza che l’avrebbe preservata dal mondo e che le avrebbe dato gli strumenti per combatterlo e rispondere alle ingiurie utilizzando la stessa potenza di fuoco contro le offese alla sua persona se non addirittura maggiore ma lei no, lei parlava e blaterava di cose che non c’entravano nemmeno nulla con quanto le aveva detto. Completamente fuori luogo e contesto.
«Hai finito?» Sentenziò alla fine del lungo monologo privo di interruzioni che aveva concesso alla Tassorosso. L’aveva lasciata parlare, l’aveva lasciata sfogare, aveva persino lasciato che il filo del discorso e la pertinenza verso quanto le aveva proferito in precedenza si perdesse in quello sproloquio senza freni. Era rimasto fermo, impassibile, gli occhi fissi sulla sua figura e, nei suoi stessi occhi, quando lei aveva l’ardire di sollevare lo sguardo nel suo in tutta quella pantomima – almeno per lui – appena andata in scena. Sciolse l’intreccio delle mani per poggiarle compostamente una sull’altra, l’indice che andò sollevandosi, e, attraverso un
accio non verbale richiamò al palmo la bacchetta.
«Imperio!» Comandò roteando velocemente la bacchetta in direzione della figlia che immediatamente venne schiacciata dal peso della Maledizione Senza Perdono, nello specifico quella che privava la vittima del libero arbitrio. Rose sarebbe rimasta immobilizzata pronta a muoversi e aprire bocca – come un burattino. Ironico, no? – unicamente quando Dylan glielo avrebbe concesso. Avrebbe potuto utilizzare un qualsiasi altro incanto adibito allo stesso scopo ma questo era l’uomo: un mago oscuro, contaminato fin nelle ossa la cui possibilità di redenzione era pari allo zero. Ma Dylan non voleva essere redento, non gli importava e non aveva nemmeno mai preso in considerazione quella volontà. Lui era questo: malvagità, superbia e boria e non aveva la minima intenzione di cambiare, non gli interessava di cambiare e men che meno gli importava del parere della figlia o di quelle che erano le miserabili richieste di una bambina capricciosa incapace di rispondere al contesto. Sorrise, l’ironia del suo pensiero con quanto ne era poi scaturito lo divertiva, fin troppo. Rose era lì, spinta dall’incantesimo a prendere finalmente posto mentre le sue labbra rimanevano premute nel silenzio.
«Te lo ripeterò un’ultima volta Rose poiché, evidentemente, non sono stato sufficientemente chiaro poco fa e in questi anni. Tu non puoi sbagliare. Non ti è concesso. Non puoi essere la stupida ragazzina che sei e fare gli stupidi errori privi di qualsivoglia valutazione che fai. Non puoi. Perché questi si convertono in un danno a noi, alla tua famiglia, alla tua immagine. Ora, è lampante che del tuo casato non t’importi nulla e diseredarti non abbia portato alla minima riflessione da parte tua sulla tua condotta ma Rose... Davvero, lo dico per te. Ti rendi conto di quanto sei patetica? Ti rendi conto di aver scelto tu di essere usata e gettata?» Sollevò un sopracciglio. Lui la risposta la conosceva già ed era stata decretata dalle stesse azioni della giovane.
«Noi non dobbiamo né vedere né decidere nulla insieme perché l’opzione che ti ho dato è una ed una sola soltanto.» Si alzò, sfilando elegantemente con la bacchetta penzolante al fianco per raggiungere lei, immobilizzata sulla sedia ed ora con la bacchetta dell’uomo puntata alla gola, lo sguardo folle di un aguzzino che provava giovamento nel torturare fisicamente e mentalmente le sue vittime a dispetto di chi fossero.
«Mi sono stancato di te. Mi sono stancato di questi tuoi sciocchi tentativi di ribellione. Sei una nullità. Una buona a nulla che non ha costruito nulla e che è stata solo in grado di piangersi addosso minacciando cosa? Di ucciderti?» Lo sbuffo di una risata abbandonò le sue labbra.
«Fallo.» Sentenziò.
«Se è così che devi vivere piangendoti unicamente addosso per l’esito delle tue stesse scriteriate scelte. Fallo. Ma io ti ho chiesto altro, ti sto offrendo altro.» Le afferrò il viso stringendo le guance nella sua stretta.
«Ti offro il mondo Rose. Ti offro la forza e ti offro la guida per non essere più oppressa. Questo fa un padre. Ti offro la grandezza ma, la clausola, è che tu mi obbedisca. Tu faccia esattamente come ti dico e mai nessuno si prenderà gioco di te. Non vuoi? Vattene. Posso» Fece una smorfia, allontanandosi.
«Concederti questo ma villa White, poi, chiuderà definitivamente le sue porte. Sarai sola davvero questa volta. Non ci sono vie di mezzo. Non ci sono alternative. O fai come ti dico o te ne vai. Prova a tediarmi con le tue chiacchiere e la prossima» giocherellò con la bacchetta,
«sarà una maledizione diversa.» Semplice. Lapidario.
Mortale.