Era snervante.
Era snervante aspettare a casa un uomo che, molto probabilmente, non avrebbe mai più varcato la soglia di casa. Eppure se lo era scelto lei, lei si era innamorata di un Auror e con lui ci aveva fatto due figli, di conseguenza aveva poco di cui lamentarsi. Detestava il buonismo di Aeneas, quel suo desiderio costante di essere il paladino del mondo nonostante avesse promesso che per lei ed i bambini ci sarebbe sempre stato, che erano la sua priorità.
Dorothea era però egoista, egocentrica e non accettava che altri fossero addirittura più importanti di lei. Era
inaccettabile.
Silenziosamente e passivamente accettava quello che per lei era
un affronto, sfoggiando dolcissimi sorrisi e parole suadenti per dire al marito che andava tutto bene. Tuttavia, sapevano entrambi che non era così, che Dorothea voleva che il
suo uomo restasse a casa ad occuparsi di lei, dei suoi figli, che la coccolasse ma quel suo senso del dovere era troppo grande e radicato per costringerlo a non lavorare più.
«Mamma... Quando torna il papà?» il lamento del maggiore dei figli arrivò puntuale alle sue orecchie, il suo musino dolcissimo fece capolino sul divano ricercando l'abbraccio della madre che non tardò ad arrivare.
«Presto, ormai ci siamo.» poggiò il suo libro sul tavolino, accoccolando a sé il piccolo Arthur guardando l'ora sull'orologio: era tardi, anche troppo e Aeneas non tornava.
«Però a me mi manca tanto...» fu la vocina squillante di Lorelai a raggiungerla questa volta, la bambina pure voleva la sua dose di coccole dalla madre e la raggiunse a fatica sul divano. Dorothea coccolò anche lei, si mise comodamente seduta e le stampò un bacino sulla fronte lasciando che la piccola la abbracciasse forte.
«Su Lorelai, abbi un po' di pazienza.» mascherò la sua preoccupazione dietro un tono di voce dolce, dietro l'amore che solo una madre poteva dare alla propria bambina. Detestava quando accadeva ciò, detestava sentirsi preoccupata e di doversi aspettare un gufo dal Ministero che le avrebbe comunicato quella notizia che le avrebbe ucciso il cuore per sempre. Era una sensazione sgradevole, uno dei motivi per cui odiava il lavoro che facevano suo marito, suo zio e Sabrina: tre maledetti Auror che ci tenevano tanto a suicidarsi in modo fantasioso.
O almeno, Dorothea la pensava così.
«Vogliamo disegnare ancora un po' prima che torni?» rivolta ad entrambi, la donna fece fluttuare con la bacchetta i fogli bianchi e la scatola dei pastelli a cera per raggiungere il salotto in cui madre e bimbi erano. La risposta fu entusiasta da parte di entrambi, amavano entrambi disegnare e si sarebbero presto dimenticati che il loro padre ci stava mettendo un po' a tornare. Nel frattempo, dato che stava iniziando ad avere fame, Dorothea chiese alla sua elfa domestica Coco se poteva preparare la cena che avrebbe compreso dell'ottimo pollo al curry con riso.
Dopo un po', si sentì lo schiocco della smaterializzazione e la porta si aprì.
«E' TORNATO IL PAPA'!!!» la voce allegra di Arthur annunciò il ritorno del padre nel modo più trionfale e felice possibile. Lo raggiunse assieme alla sorellina che con un sorrisone a trentadue denti, gli mostrò il suo capolavoro fatto con i pastelli a cera.
«Papà papà guarda! Ho fatto un disegno bellissimo, ci sei anche tu!» sul foglio erano ritratti, in un modo che soltanto una bambina potrebbe ritrarre, il castello di Hogwarts, la città di Hogsmade, Aeneas, Arthur e sua madre che le teneva la mano. Lorelai sembrava estremamente fiera della sua creazione, infatti fece in modo che il padre la vedesse tutta per bene per poi essere interrotta sul più bello dalla madre.
«Glielo mostrerai dopo, Lorelai. Andatevi a lavare le mani o si fredda la cena.» entrambi fecero di sì con la testa e come dei furetti scattarono verso il bagno per lavarsi le mani sotto lo sguardo vigile di Dorothea. Ora soli, la donna si avvicinò sensuale al marito accarezzandogli la circonferenza del viso con le dita laccate di smalto, lasciando che le piume del suo
abito da casa arancione lo sfiorassero.
«Finalmente siamo a casa...» sorrise con malizia, avvicinandosi poi all'uomo per baciarlo, assaporarlo, lasciando scivolare le mani sul suo petto. Amava le sue labbra, amava il calore della sua pelle, il suo odore che la faceva sentire al sicuro, protetta.
Maledetto il giorno in cui si era innamorata del suo cretino.«Abbiamo fatto tardi oggi, che è successo?» quando la donna interruppe quel dolce contatto, il suo sguardo si fece più severo. Come mai era rientrato tardi? Cosa era successo?
Doveva assolutamente sapere e lo voleva sapere ora.