Side EffectEdmund

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    Ruby Elise Duvall

    Chiuse il tomo e crollò su di esso, consapevole di non aver incamerato un bel niente di quel che aveva studiato fino a quel momento. Tempo perso che avrebbe potuto investire in altro. Sbuffò e raccolse la testa tra le braccia, sconsolata. Che poteva fare per risolvere il suo piccolo problema con quella materia ostica? Odiava sentirsi inferiore in qualche cosa. Il livello della sua ambizione toccava l’apice e i suoi sogni di gloria, contribuivano ad incentivare quel meccanismo che la vedeva spendere tutte le sue energie nel migliorarsi, giorno dopo giorno. Qualche cosa, però, negli ultimi tempi non andava nel verso giusto. Si era dovuta scontrare con alcune difficoltà che l’avevano resa suscettibile. La sua perdizione aveva avuto inizio dopo la lezione di Difesa quando, durante un semplice esercizio, si era ritrovata immersa in un vero e proprio incubo. Un brivido le percorse la colonna vertebrale mentre, sul suo volto, comparve un tratto sofferente. Tornò in posizione eretta, osservando il via vai degli studenti che, diligentemente, si apprestavano a portare a termine i compiti assegnati per l’indomani. Da bravi soldatini ben istruiti. La biblioteca era uno dei suoi luoghi preferiti. Il suo silenzio conciliava la frenesia della sua mente, instancabile e bisognosa di nuove informazioni da elaborare. Una fame di sapere insaziabile, quasi imbarazzante che la portava, spesso, ad ignorare che intorno a lei ci fosse un mondo intero, fatto di relazioni interpersonali e molto altro. Raccolse le sue cose e si alzò, ponendo fine alla sua sessione di studio in solitaria. Con un cenno del capo si congedò dai compagni di tavolata e prese a camminare verso l’uscita, scomparendo subito dopo. I corridoi erano affollati quanto bastava per fiutare presenze poco gradite e, per questo motivo, prese la decisione di levare le tende, senza temporeggiare. Nessuno era a conoscenza del suo piccolo segreto e, Ruby, si guardava ben bene di lasciarsi sfuggire qualche cosa. Le apparenze contavano parecchio, ne era consapevole, soprattutto per chi, come lei, aveva tutta l’intenzione di scalare i gradini della fama. Posò lo sguardo azzurrino sul libro di erbologia e si chiese quanto potesse essere folle un confronto con colui che, forse, avrebbe potuto aiutarla con i suoi dubbi. Il Signor Blackwood. Un uomo capace di mettere in soggezione, certo, forse anche un tantino sadico nel suo modo di insegnare, ma lì dentro, senza alcun dubbio, il più preparato. Si fece coraggio, non tanto per l’incontro con il professore ma per via del fatto che, di lì a poco, avrebbe dovuto ammettere a sé stessa di essere impreparata in quel tipo di ambito. Un duro colpo per il suo orgoglio che, mai prima di quel momento, aveva ceduto. Era abituata a fare da sola. Tutto ciò che aveva appreso al di fuori delle lezioni, infatti, era stato possibile grazie alle continue ricerche, volte a migliorare il suo bagaglio culturale. Forse è per questo che non ho molti amici. Bella scoperta. Utilizzava il tempo libero chiusa in sé stessa e, raramente, si preoccupava di coltivare le conoscenze che, per forza di cose, aveva fatto all’interno di quello spazio ristretto. Pace e amen. Un piccolo prezzo da pagare se paragonato alla sua ambizione. Se ne sarebbe fatta una ragione velocemente, sicura di non aver rimpianti in futuro. Consultò l’orologio ed, infine, decise che quello poteva essere il momento giusto per far visita al professore. Che poteva inventare per mascherare le sue evidenti lacune? Non aveva alcuna intenzione di risultare idiota ma, in fin dei conti, non esisteva un modo di chiedere aiuto, senza che l’altro ignorasse il vero motivo. L’unica soluzione era lì davanti ai suoi occhi: svuotare il sacco e provare ad essere umana anche per un solo giorno. Più facile a dirsi che a farsi.
    Percorse il corridoio e, dopo essersi assicurata di essere davanti all’ufficio giusto, la Tassorosso, fece in modo di bussare con discrezione, così da non ucciderlo sul posto. Sono proprio una brava ragazza! Posò la mano sulla maniglia e spinse il pesante legno di cui era fatta la porta, facendo il suo ingresso nel luogo, tempio di Blackwood. “Buongiorno, Professore.” Lo salutò cordialmente. “La disturbo?” Sicuro avrebbe preferito fare altro che aver a che fare con una mocciosa in crisi esistenziale. “Avrei bisogno di parlarle, se ha qualche minuto.” Si piazzò davanti agli occhi del docente, osservandolo e cercando di non apparire una povera sfigata alla ricerca di un’ancora di salvezza. Un’impresa assai ardua.
     
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    Il tentativo di avvicinare alle nostre fila quello sciocco ragazzino Serpeverde era fallito miseramente. Dopo Halloween avevamo seguito perfettamente il copione che sia io che il White ci eravamo prefissati, lo avevamo portato avanti con cura tassello dopo tassello, ma quando era stata l'ora di sorprendere il colpevole dell'orribile scherzo che era costato la sanità mentale di molti il ragazzo aveva dato di matto... non si parla del vero colpevole chiaramente, non raccontiamoci fesserie, solo quello che avevamo scelto si sarebbe preso le colpe al posto nostro, e beh, quando il momento era giunto quello sciocco bambino capriccioso era venuto meno ai patti e aveva cominciato a vantare pretese decisamente poco piacevoli che avrebbero rischiato di mettere a rischio il nostro piano. Era stato allora che avevamo capito che avremmo dovuto agire diversamente per salvaguardare le nostre preziose natiche nascoste da eleganti abiti di sartoria e lo avevamo fatto nel miglior modo che conoscevamo. Veloce e indolore, circa, quasi, non troppo in effetti, ma questa era un'altra storia, quella che racconterò oggi è ben diversa. Era un pomeriggio di Dicembre freddo e nuvoloso, la neve minacciava di ricoprire presto buona parte della tenuta e non appena i compiti sulla mia scrivania fossero stati corretti, cosa che purtroppo per me non erano in grado di fare da soli, mi sarei dovuto dirigere verso le serre di mia competenza. Esse erano stregate, certo, tutto in quella scuola lo era e questo non era di certo un segreto, ma le serre necessitavano di qualche accortezza in più. Le fragili e preziose piante al loro interno soffrivano particolarmente gli sbalzi climatici e se alcune temevano il caldo soffocante che raramente colpiva il suolo Inglese, altre soffrivano il freddo e di quello ce ne era abbastanza per tutti. Persino io che di certo non ero una fragile piantina lo soffrivo e il cappotto pesante che indossavo al di sopra del mio elegante completo di sartoria Italiana, ne era la prova. A differenza mia le mie amate piante non erano purtroppo in grado di provvedere a loro stesse e Merlino in persona solamente avrebbe saputo dire quanto avrei dato di matto se anche solo un esemplare della mia collezione, anche dettasi "collezione della scuola", fosse morto a causa di uno sbalzo improvviso della temperatura dato da una possibile falla nel sistema magico di gestione delle serre. Era quasi sicuro al cento per cento, quasi appunto ed erano esattamente quelle poche probabilità che ciò accadesse che dovevo evitare. Nulla meglio del controllo umano sarebbe servito a quelle piantine e per quanto io fossi di natura pigro e menefreghista, quando si trattava del mio lavoro, della mia passione, diventavo particolarmente preciso e meticoloso.
    Tu meriti una misera A, ma sei un noioso e pieno di se Grifondoro perciò diciamo che per oggi ti darò una bella S. Gongolai mentalmente all'impossibilità dei ragazzini di quella scuola di contestare il giudizio di un professore, troppo ligi alle regole per farlo e ciò significava decisamente meno gatte da pelare per me. Che goduria. Conclusi di correggere i restanti compiti facendomi guidare per lo più dell'umore del momento e dalla lunghezza della gonna delle proprietarie dei vari riassunti sulla mia scrivania. Chissà perché nella mia materia le femminucce sembravano essere nettamente più portate dei maschietti. Chissà perché. Già.
    Poggiai la piuma ancora sporca dell'inchiostro con il quale avevo appena concluso di correggere i compiti sulla scrivania ed esattamente mentre stavo per recuperare il cappotto posto sull'attaccapanni al lato opposto della stanza qualcuno bussò. Incoraggiai l'inutile essere che aveva osato disturbarmi ad entrare, la cortesia prima di tutto, e quando si rivelò essere un avvenente studentessa del quinto anno il fastidio provato pochi attimi prima parve decisamente calare. Peccato solo che la studentessa in questione era tanto appetibile quasi quanto era negata nella mia materia, ma beh, non si può sempre vincere su tutti i fronti, no? «Mi dica signorina» Feci cenno alla ragazza di sedersi in una delle due poltroncine color rubino poste difronte alla scrivania che dominava la stanza. «A meno che lei non mi voglia seguire nelle serre però non potrò dedicarle più di un paio di minuti quest'oggi La avvertii tornando a sedermi sulla mia imponente poltrona in pelle scura. «Purtroppo il tempo minaccia di fare bufera e quelle povere piante non sono propriamente in grado di badare a loro stesse» Precisai con un cordiale sorriso sulle labbra che stava a nascondere un sonoro "non mi stressare troppo che ho da fare", anche se, nel caso in cui la ragazza si fosse voluta unire a me nella passeggiata verso le serre, non avrei di certo rifiutato. Chi poteva sapere se poi nel corso del tragitto i miei istinti più impuri sarebbero comparsi violentemente a disturbare la quiete della giornata. Amavo quando lo facevano.
     
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    Ruby Elise Duvall

    Nella sua testa vi era un obiettivo ben preciso. Da sempre. Non aveva ben chiaro il percorso che l’avrebbe condotta ad ottenere un risultato accettabile ma, in cuor suo, sapeva che rimboccandosi le maniche e tenendo la mente lontana da possibili distrazioni, l’avrebbe spinta verso la scalata al successo. L’umiltà, un tratto del tutto assente nella personalità della giovane Tassa che, al contrario, faceva leva sulla sua sicurezza per riuscire a superare le difficoltà. Almeno, fino a quel momento aveva funzionato. Lo stesso non poteva dire per Erbologia, purtroppo. Le carenze che aveva maturato in quella materia, erano frutto di anni passati ad ignorare completamente l’importanza di una cultura a trecentosessanta gradi. Aveva dato per scontato di riuscire lì dove aveva poche nozioni disponibili. Una leggerezza che ora, al quinto anno, si trovava a dover fronteggiare. Niente di insormontabile ma, allo stesso tempo, era chiaro che da sola non ce l’avrebbe mai fatta. Ammetterlo a sé stessa, risultava assai complicato ma non vi era alternativa alcuna. I voti erano ciò di che più caro aveva al mondo. Teneva al suo curriculum e non avrebbe corso il rischio di vederli sprofondare nell’abisso della sua ignoranza. Giammai. Tutto sto ragionamento contorto, l’aveva portata ad essere lì, in quel dannato ufficio in compagnia del Signor Blackwood il quale, gentilmente, l’aveva invitata ad accomodarsi su una delle poltrone, asserendo la sua impossibilità di dedicarle il tempo necessario per approfondire il suo problema.
    “Mi farebbe piacere darle una mano!” Affermò, subito dopo che ebbe finito di proporle di seguirlo nelle serre. Perché no? Sarebbe stata l’occasione giusta per imparare qualche cosa. Insomma, da qualche parte doveva iniziare e, forse, sarebbe stato meglio muovere il culo, senza perdere tutto quel tempo in chiacchere inutili. Il lavoro sul campo? Il migliore a detta di molti, no? Non le rimaneva che provare, sempre che l’insegnante avesse accettato la sua disponibilità. “Cercherò di non intralciare il suo lavoro.” Certo, non voleva essere di troppo e, soprattutto, non era sua intenzione ostacolarlo nel tentativo di salvare quelle povere cerature da una fine miserabile. Effettivamente il cielo minacciava tempesta, una gioia per i suoi occhi, visto e considerato che, il meteo si intonava esattamente con il suo morale nero. “Sono certa che con il mio aiuto, si troverà a fare ritorno al castello in un baleno.” Affermazione supponente ma, in fin dei conti, quattro mani, erano sempre più di due. Sfoggiò un sorriso dalla sfumatura furba, forse un tantino fuori luogo ma la sua sicurezza, non perdeva occasione di fuoriuscire, anche senza che Ruby ne fosse consapevole. Una personalità difficile da gestire, soprattutto a causa del suo lato più oscuro che, se fosse trapelato, l’avrebbe etichettata per sempre. Un pericolo che non poteva correre, così da poter mantenere un certo profilo fatto di apparenza.

    Fece mente locale e cercò le parole adatte per spiegare, in breve, il problema che l’affliggeva. “Come avrà notato, purtroppo, non mi trovo ferrata nella sua materia.” Ahia. Che mortificazione. Via il dente, via il dolore. Non era certo una novità. L’uomo si doveva essere accorto, per forza di cose, del suo andamento altalenante e, quindi, non riportava nulla di nuovo. Eppure ammetterlo a voce alta, portava con sé una buona dose di rammarico. “… e mi creda! Ce la metto tutta.” Poteva considerarlo una sorta di limite mentale. Un’avversione inspiegabile? Insomma, qualche cosa di simile e che le permetteva di applicarsi adeguatamente. Un nodo che avrebbe dovuto sciogliere per forza di cose per fare strada nella vita. La sua convinzione stava nel fatto che, per avere successo, necessitava di una buona base scolastica a trecentosessanta gradi. “Vorrei sapere cosa le ha permesso di avvicinarsi alla sua materia?” Una domanda stupida. Probabilmente l’avrebbe presa per idiota e cacciata dall’ufficio ma, Ruby, non aveva la benché minima idea di dove iniziare per rigare dritto. Aveva compreso che passare tutto quel tempo sui libri, non dava frutti. La sua grande ambizione la faceva sentire una perfetta incapace. L’idea di presentare voti mediocri ai suoi genitori le metteva i brividi. La facciata che manteneva era quella di una persona ligia la dovere ma, sotto sotto, la sua insofferenza, rischiava di fare capolino, rivelando la persona che in realtà era. Sospirò. Ce la poteva fare, certo, ma non senza sacrificare una parte di sé stessa e di ciò che aveva più caro nella vita: la dignità. “Voglio dire, è una specie di inclinazione naturale?” E io sono una dannata bestia e non riuscirò mai, neanche se verso tutte le mie lacrime. “Ho come l’impressione di sprecare tempo!” Ammise senza, però, abbassare lo sguardo. Sentiva di essere pronta, anche se ciò l’avrebbe vista impegnata a sporcarsi le mani con quello stupido terriccio che non era mai stato così apprezzato dalla bionda tassa. Insomma, sempre pronta ad ampliare il suo bagaglio culturale, con tutti i mezzi possibili.
     
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    Che fortuna, la Tassorosso era ben disposta a seguirmi nelle serre e già che c'era poteva promettere di farlo fino in capo al mondo, no? Magari così mi avrebbe convinto a passarle sotto banco un voto che superasse la "A" di: anche oggi hai fatto schifo. «Molto bene signorina, fra pochi minuti potremo scoprire se ci riuscirà» Allargai le labbra in un sorriso cordiale che non raggiunse gli occhi. Dire che ero pessimista su quanto appena promesso dalla biondina difronte a me era dir poco. Ahimè ero pienamente cosciente delle capacità, nonché dei limiti, della Duvall e nulla di buono si prospettava davanti a noi. Se avesse accidentalmente fatto prendere fuoco a dei giovani esemplari di Mandragora non mi sarei particolarmente stupito, ma speravo sinceramente che quel giorno avremmo avuto la fortuna di osservare un miracolo. “Sono certa che con il mio aiuto, si troverà a fare ritorno al castello in un baleno.”... Sì, come no. Le sopracciglia tradirono la mia espressione sollevandosi lievemente verso l'alto in un chiaro sentore di sfiducia verso tali parole. Diciamo che se fossi stato io a dirle sarebbero risultate certamente più credibili e rassicuranti, ma uscite dalle labbra color pesca della ragazzina avevano quel non so che di minaccioso. Apprezzavo però la sicurezza sprezzante con la quale aveva deciso di dirle nonostante sapesse bene pure lei che nella mia affascinante materia era tutt'altro che brava. «Ah, davvero signorina?» Domandai sarcastico posizionando una mano aperta sotto al mento per sostenerlo mentre la guardavo con aria decisamente divertita. «Non me ne ero accorto sa...» Proseguii punzecchiando la giovane donna nell'animo, nessuno amava che gli si facessero notare i propri fallimenti, ma chi ero io per non approfittarmi del mio ruolo per far soffrire e imbarazzare un po' le giovani menti che abitavano il castello? Che ce la stesse mettendo tutta non potevo esserne sicuro e detta fra noi lo dubitavo abbastanza visto l'accenno di ribrezzo che le si percepiva in volto ogni qual volta che la lezione verteva verso qualcosa che riguardava il terriccio o i fertilizzanti di drago, ma le avrei riservato il beneficio del dubbio. Erbologia non era una materia "pulita", certo che no, aveva i suoi lati scomodi e poco affascinanti, nemmeno a me riempiva il cuore di gioia fertilizzante il terriccio delle madragore con guano proveniente da svariate creature magiche, ma per avere il potere bisognava sporcarsi le mani e beh, l'erbologia costudiva in sé molto potere. Osservando le piante magiche crescere si poteva ammirare passo dopo passo l'avvicinarsi del potere, l'imminente tracollo dei propri nemici dovuto a un piccolo seme di una pianta velenosa posto accuratamente all'interno di una loro pietanza, o l'avanzare di una malattia incurabile in seguito all'assunzione prolungata di una pozione che non lasciava tracce, perché sì, cos'erano le pozioni senza le materie prime che servivano per la loro preparazione? Nulla e caso vuole che tali ingredienti siano spesso piante, semi, o parti vegetali di ciò che le mie sapienti e abili mani erano ormai in grado di far crescere ovunque. Un pizzico della pianta giusta polverizzato dentro una bevanda ristoratrice e persino il preside di Hogwarts sarebbe lentamente caduto verso il declino delle proprie forze mentali e fisiche. «Vede signorina...» Cominciai facendo schioccare la lingua prima di alzarmi in piedi e avanzare di qualche passo avanti e indietro per la stanza con le braccia raccolte al petto. «Dovrebbe provare a vedere l'erbologia come un mezzo per raggiungere un fine, più che un susseguirsi di scomodi compiti da svolgere per il mantenimento e la crescita di una noiosissima pianta...» Non era facile spiegarsi senza cadere in esempi decisamente non adatti alle orecchie di quei cari ragazzi ancora attaccati al seno della madre. «Storia della magia ad esempio è senza ombra di dubbio una materia interessante, ci fa conoscere frammetni di passato che altrimenti rimarrebbero a noi sconosciuti, ma concretamente cosa le può offrire oltre a una conoscenza teorica della storia e buoni voti a scuola?» Domandai cristallino alla ragazza cercando il suo sguardo ancora illuminato dalla scintilla della gioventù per incatenarlo al mio, color ebano. «So bene che voi Tassorosso non ambite quasi mai al diventare grandi, potenti o particolarmente temuti per le vostre capacità e con questo non voglio togliere nulla alla vostra nobile casa, avete certamente altri pregi» Tipo quelli di saper fare adorabili coroncine di fiori da poter posare sulle vostre sciocche testoline vuote, ahhh... cari dolci e inutili Tassorosso, almeno erano più sopportabili di quei petto gonfio dei Grifondoro, loro sì che erano famosi per essere la piaga del mondo magico con le loro manie di grandezza quando stando ai fatti valevano spesso meno di un avvincino senza tentacoli. «Ma se ci rifletterà un attimo potrà sicuramente giungere da se a ciò che l'erbologia può portare. Da dove vengono gli ingredienti per le pozioni più potenti e per gli antidoti più sorprendenti? Cosa potrebbero i guaritori con il solo sventolio della bacchetta? Purtroppo la magia da sola ha i suoi limiti, limiti che piccole foglie o radici sminuzzatte della pianta giusta possono abbattere per sempre!» Ogni volta che parlavo della materia che insegnavo mi si illuminavano gli occhi di una luce strana, era pura passione quella che provavo per ciò che facevo ed era persino in grado di cancellare quella fastidiosa parentesi che riguardava il dover sopportare quei noiosi bambini ogni giorno dell'anno. «Dubito sia un inclinazione naturale, può esserci qualcuno più portato di altri, ma con impegno e duro lavoro tutto si può ottenere e non siete forse famosi per questo voi Tassorosso?» Per una sola caratteristica erano ammirabili quei mollaccioni, non aveva senso sprecarla così. «Posso assicurarle signorina Duval che ora come ora lo sta perdendo eccome, è al suo sesto anno di studi e non ha ancora fatto tesoro di ciò che tale materia ha da offrirle, non le resta molto tempo. Ha già pensato a cosa vorrà fare una volta usicta da qui?»
     
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    Ruby Elise Duvall

    Quello scetticismo, insinuatasi sul volto del Professore, altro non era che un chiaro indice dell’inettitudine appartenente alla Tassa in riferimento alla disciplina in questione. Nonostante ciò, però, il docente non so sottrasse al suo dovere e accettò l’aiuto che gli era stato, gentilmente, offerto dalla Duvall. La prospettiva di rimboccarsi le maniche e, finalmente, giungere alla causa che limitava le sue conoscenze, riusciva ad esaltarla non poco ma, d’altra parte, non vi era nessuna certezza sulla sua riuscita e questo lato della medaglia la preoccupava. Si sforzava di sorridere, cercando di apparire disinvolta e sicura delle capacità che avrebbe messo in gioco, pur di mettersi alla prova ma, dietro, nascondeva una certa quantità di insicurezza. Correva il rischio di mandare in frantumi i suoi sogni e tutto per la sua stupidità, mista ad ignoranza pura. Beh, tutto sommato, però, si trovava in quella dannata scuola proprio per quel motivo: imparare. Sapeva che la possibilità di eccellere in tutte le materie, rasentava lo zero ma così, in modo eclatante? Un po’ troppo. Quegli sguardi ricolmi di poca speranza, la misero a disagio ma, con tutta la buona volontà, mantenne un comportamento consono al contesto nel quale si era ficcata, quando aveva deciso di andare a chiedere aiuto, dritta nella fossa del leone.
    ”Non me ne ero accorto sa…” Ruby si mise a braccia conserte, incassando quel sarcasmo ed, addirittura, trovando pseudo divertente quell’intervento volto a schernirla –o forse per smorzare il disagio-. Più probabile la prima opzione ma glissò, lasciandosi scivolare addosso quelle insinuazioni. L’educazione gliel’avevano inculcata e, per questo motivo, non avrebbe mai e poi mai risposto a tono a qualcuno gerarchicamente posizionato sopra di lei. Mica scema. Alla fine le faceva comodo sfruttare le conoscenze di Blackwood per ampliare lei sue. A sua discolpa poteva sostenere di non essere abituata a sporcarsi le mani ed, verso quella materia, provava un gran ribrezzo viste e considerate le molteplici quantità di piante capaci di risultare alquanto vomitevoli sia sotto forma di esseri viventi che non. Alcune sostante estratte da esse, utili per le pozioni, odoravano di marcio, uno toccasana per il suo stomaco già, di per sé, delicato. Rabbrividì per qualche istante senza, però, darlo a vedere. Sua nonna aveva il pollice verde. Una povera pazza, l’aveva sempre pensato ma che poteva dire? Che anche il Professore non fosse nel suo? Non restava che ascoltare le sue spiegazioni.
    “Potrebbe essere un ottimo inizio per me! Andare oltre a quella che era sempre stata una mia ferma convinzione.” Affermò distrattamente, assumendo un’aria pensierosa e curiosa. “Riducendo il tutto alla mera cura di una pianta, beh, potrebbe essere un problema. Non essendo in grado neanche di provvedere a me stessa, come potrei prendermi cura di un altro essere vivente!” Umano, pianta o animale. Tutti uguali. Era troppo incentrata su sé stessa per dare spazio ad altro ma, soprattutto, in pochi riuscivano a non schifarla. Ed ecco la sue espressione disgustata fare capolino sul suo volto. “Ad esempio potrei vedere una pianta come una potenziale arma.” Ci pensò su. “Se avessi come obiettivo quello di eliminare un mio ipotetico avversario, l’erbologia potrebbe, tranquillamente, rivelarsi il mezzo per arrivare al mio scopo!” Ruby si perse nei suoi piani megalomani per qualche istante, estraniandosi pericolosamente dal contesto nella quale si trovava inserita. Eh eh eh. Sveglia. No. Urgeva mentire. Subito e spudoratamente. “Se fossi quel tipo di persona, certo, sarebbe anche interessante. Sapere tutto sulle piante mi porterebbe ad utilizzarne una in grado di non lasciare tracce.” Rise nervosamente, grattandosi il naso –segno di un chiaro disagio- e posando gli occhi azzurri sul docente, regalando un sorriso innocente, sottolineando che le apparenze dovevano pur contare qualche cosa. Andiamo.
    L’esempio di Storia della Magia, calzava a pennello. “Non so, una carriera nell’insegnamento? Meglio di niente. Se si è il cassico tipo arrendevole! Basterebbe sapersi accontentare.” Puntare in alto era stata l’unica certezza che aveva avuto da che ne avesse ricordo. Quando aveva saputo della sua natura, Ruby, si era concentrata sull’affinare le sue abilità senza farsi mancare qualche lacuna, come era giusto che fosse. Non si credeva onnisciente ma avrebbe voluto potersi definire in quel modo e, proprio per questo motivo, aggrottò la fronte in seguito alla successiva asserzione da parte di Blackwood. Cosa cosa? Come era possibile che vi fossero alcune credenze così radicate da non poter essere estirpate, dopo tutti quegli anni passati? “Sono spiacente, Signor Blackwood. Non credo di condividere la sua affermazione.” Ma proprio per nulla. Sentiva di essere stata punta nel vivo ma, con grande fatica, cercò di limitare i danni inflitti al suo ego. “Generalizzare è quasi sempre sbagliato. Ci potrebbero essere dei Tassi anomali in questo castello!” E io sono una di quelli! Ancora si domandava come il Cappello Parlante avesse optato per quella soluzione quando ne aveva un’altra davanti agli occhi ma meglio così, sarebbe potuta passare inosservata, senza destare sospetti.
    Annuì in seguito agli altri esempi portati per farle comprendere l’importanza della materia insegnata.
    ”… ma con impegno e duro lavoro tutto si può ottenere e non siete famosi per questo voi Tassorosso? Ruby fece spallucce. Se avesse potuto ottenere i risultati senza muovere un dito, beh, sarebbe stata grata a Merlino ma, ahimè, aveva ben chiaro che non avrebbe ottenuto niente aspettando la manna dal cielo. “Credevo di averci messo tutta la buona volontà di cui disponevo ma i risultati non sono stati quelli sperati. Ed eccomi qui, costretta a chiedere aiuto. Mi creda, è l'ultima cosa che avrei voluto.” Non che ci fosse qualche cosa di male ma si trattava pur sempre di una botta, imperdonabile, al suo ego.
    Una volta uscita di lì. Le stava mettendo il pepe al culo. Certo, vuotare il sacco l’avrebbe dipinta come la ragazzina presuntuosa e, per questo, decise di rimanere sul vago: “Direi di avere un obiettivo e un piano di riserva in caso il primo non andasse a buon fine.” Non aveva mai dato voce ai suoi progetti. “Vorrei tentare una carriera al Ministero.” E possibilmente sbarazzarmi di quegli inutili mezzosangue. Che gran bel sogno. Abbozzò un mezzo sorriso compiaciuto ma, in fondo, fino a quel momento non poteva vantare basi solide per avere la certezza di riuscire ad esaudire il suo tormentato sogno.
     
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    L'affermazione riguardante l'incapacità di provvedere a sé stessa che la ragazza esternò senza troppo disagio nel tono mi strappò un sorriso, e chi di noi poteva realmente dirsi capace in tutto e per tutto di provvedere a sé stesso? Io per primo talvolta peccavo ancora in svariati aspetti della mia vita e paragonati agli anni che la Tassorosso aveva ancora davanti a sé prima di raggiungere la mia età, al posto suo avrei tirato un sospiro di sollievo, lei almeno era già giunta a una tale consapevolezza da riuscirlo ad ammettere, io al contrario lo avevo sempre negato sostenendo di essere perfettamente in grado di provvedere a me stesso e ai miei bizzarri bisogni, salvo poi lasciarmici travolgere violentemente e compiere azioni avventate che al mattino seguente mi pentivo di aver compiuto. Dire che non andavo fiero dell'uomo che ero diventato sarebbe stata una grande bugia, ma sapevo bene di non essere l'esempio lampante di persona equilibrata e ragionevole che tanti altri potevano invece vantarsi di essere. «Le assicuro che certe piante sono spesso più in grado di noi di provvedere a loro stesse, noi serviamo loro solo per conpiere quelle azioni che da sole non sono in grado di compiere» Cominciai allargando un sorriso e pizzicandomi il mento con la punta delle dita cercai un esempio pratico da esporle. «Veda le Madragore per esempio, sono in grado di organizzare festini, sono in grado di procurarsi cibo e talvolta persino alcolici quando entrano nella loro fase adolescienziale, ma non sono capaci di travasarsi da sole in tenera età ed è nostro compito colmare tale lacuna. Le veda un po' come dei bambini, che in tenera età non sono capaci di badare a loro stessi e necessitano delle cure dei loro genitori, ma che poi, crescendo, cominciano a camminare sulle loro gambe e si allontanano sempre più dai loro creatori per vivere la loro vita» Io almeno lo avevo fatto eccome, fin quando non ero stato in grado di provvedere a me stesso mi ero affidato alle cure di quella sgualdrina di mia madre, che sputando su tutto ciò che significava famiglia aveva ben pensato di farsene una parallela venendo meno ai suoi doveri di consorte nei confronti di mio padre, ma crescendo, crescendo col cazzo che avevo continuato a correre verso la sottana di quella donna per piangere acerbe lacrime di disperazione, niente affatto, avevo preso in mano la mia vita nel modo che più ritenevo utile in quel periodo e avevo cominciato a muovere i primi passi in solitaria. Non sempre mi avevano portato nella giusta direzione, talvolta ero inciampato, caduto a terra, ma ad ogni caduta seguiva un rialzarsi da terra e proseguire più determinati di prima per raggiungere quella porzione di mondo che avevo sempre ritenuto di meritare e diamine, guardatemi ora, se togliamo questo fastidioso asterisco che riguarda il dover insegnare a dei marmocchi troppo lenti di comprendonio ero arrivato veramente in alto, ma non mi sarei sicuramente fermato ora, nient'affatto. «Ad esempio, sì!» Sorrisi incoraggiante con un leggero brillio negli occhi scatenato da quell'inaspettata esternazione della Tassorosso. Per un attimo, per un breve attimo, visto come prontamente aveva poi tentato di ritrattare il tutto allontanandolo da sé, avevo creduto di aver trovato un anima affine che come me cominciava a individuare le vere potenzialità di tale materia, ma non mi sarei esposto troppo in merito, almeno non fin quando non sarei stato certo del reale pensiero della ragazza, che se si fosse rivelato concorde col mio avrebbe significato che a quella Tassorosso avrei potuto insegnare molto più di quanto la sua giovane mente avrebbe mai potuto immaginare. «Se fosse quel tipo di persona immagino l'erbologia potrebbe darle tanto, sì...» Come io d'altronde, la sua personale fonte di indispensabili nozioni per padroneggiare con sicurezza l'arte dell'Erbologia. «Non che sia una materia prettamente concentrata su tali scopi, questo è ovvio, come ogni cosa nella vita può essere utilizzata per fare del bene come per fare del male, anche se direi che la via del male non è uno di quegli argomenti raccomandati per un programma di studi» Sorrisi a mia volta con aria innocente, beh, innocente nei limiti di una faccia che ormai di fanciullezza non ricordava più nulla. «Sta forse insinuando che io sia un tipo arrendevole?» Domandai retorico in risposta all'uscita della ragazza, che determina le circostanze non avrei potuto lasciar capire che condividevo appieno. Chi vorrebbe insegnare quando il mondo esterno ha da offrire così tante opportunità, ma sono umile in fondo e capisco che questo è solo un piccolo impiccio da sopportare prima di continuare a scalare la vetta del successo personale. «Non ne dubito signorina, per questo ho deliberatamente deciso di utilizzare quel "quasi", sa ho conosciuto Tassorosso che grazie al loro duro lavoro sono andati molto lontano, il che va da se dovessero avere in loro pure tanta ambizione. La storia ci racconta persino che alcuni membri di tale rispettosa casa sono stati ammessi tra le fila del signore oscuro durante le guerre magiche, insomma, come dicevo prima, niente e nessuno è del tutto buono o cattivo, siamo composti da tante sfumature che ci rendono unici» Ora giuro che mi metto a vomitare arcobaleni, sarà meglio cambiare discorso. «Ministero eh? Molto interessante, non le nego che persino io punto prima o poi a riuscire ad entrare al ministero, sa applicare leggi, controllare che esse vengano rispettate, per non parlare poi dell'ufficio misteri, dentro quegli uffici si nascondono meraviglie che noi comuni maghi non possiamo nemmeno immaginare, tutte cose molto interessanti, non trova?» Domandai alzandomi e facendo segno alla ragazza di seguirmi mi diressi verso le serre per cominciare ciò che dapprima l'avevo informata avrei dovuto fare, ma essendo un signore, durante il tragitto che portava dal mio ufficio alle serre, dove il porticato del castello si interrompeva lasciandoci esposti alle intemperie esterne, feci comparire un ampio ombrello incantato sulle nostre teste per proteggerle al meglio durante il tragitto.

    Se vuoi citare l'arrivo alle serre puoi decidere te in quale entrano, mi adeguerò di conseguenza ehehe.
     
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    Ruby Elise Duvall

    Stava sorridendo? Certo, sei ridicola! Se fosse stata in lui, avrebbe reagito allo stesso modo, compatendola silenziosamente. Altro non era che una ragazzina in preda al panico per via di una mancanza che sarebbe potuta essere facilmente colmabile, se solo fosse riuscita a smetterla di piangersi addosso come una perfetta idiota. Il duro lavoro l’aveva ripagata in svariati ambiti, perché sarebbe dovuta andare diversamente con Erbologia? Ok, forse non si trattava esattamente della sua confort zone ma, in fin dei conti, neanche Divinazione –che trovava addirittura inutile- rispecchiava esattamente i suoi interessi, eppure leggendo e studiando quella miriade di stronzate era riuscita ad ottenere dei buoni risultati. Dove stava il problema, allora? Nella sua testa di cazzo, probabilmente.
    Ascoltò la replica del professore con molta attenzione, scontrandosi con una realtà avvilente. Una mandragola sarebbe riuscita a badare a sé stessa, meglio di quanto potesse fare lei. Un brivido. Manco l’alcol sapeva andarsi a procurare per via del suo grande limite che consisteva nello schifare la maggior parte delle persone che la circondavano. “Certo, certo.” Forse sarebbe stato meglio lasciar cadere nel nullo quel discorso per evitare di sentirsi ancora più un fallimento. “Affascinanti creature.” Di quelle piante sapeva esclusivamente che, una volta raggiunta la maturità, se la radice veniva portata alla luce, il loro pianto avrebbe potuto uccidere una persona. “Così dannatamente letali.” L’affermazione uscì con un po’ troppa enfasi ma così velocemente da non poter essere rimangiata. Rimase in silenzio, fingendo si prendersi qualche istante per riflettere su quanto detto fino a quel momento. Trovava davvero strano come avesse potuto ignorare quella potenzialità derivata da una semplice materia che trattava di piante. Forse avrebbe aperto gli occhi verso nuovi orizzonti e tutto grazie a un semplice confronto con chi vantava un’ampia esperienza a riguardo.
    ”Se fosse quel tipo di persona, immagino l’erbologia potrebbe darle tanto, sì…” Non aveva la benché minima idea di quanto, la mente di quella giovane, fosse deviata. Quel faccino celava una natura profondamente disturbata, mascherata da un sorriso fanciullesco e un briciolo di astuzia a contornare il tutto. “Il bene e il male. Le due forze che muovono l’umanità!” Stava, di nuovo, dando voce a pensieri che sarebbero dovuti rimanere confinati nei meandri della sua mente. Rinchiusi e deliberatamente abbandonati per non creare dubbi in chi aveva il piacere di interloquire con lei. “Immagino che dovrei essere d’accordo.” Sì, avrebbe dovuto ma tutta l’accondiscendenza del mondo, le metteva la nausea. “O forse sono meri punti di vista.” Non aveva ancora chiara la cosa ma stava andando fuori tema, tergiversando e toccando punti che andavano ben oltre il suo interesse per la disciplina in questione. Ciò che era emerso, si rifletteva sulla sua vita, sul suo vissuto e sul futuro che sperava per la sua persona. Insomma, troppa carne al fuoco per essere analizzata in così poco tempo. L’unica cosa certa era che doveva chiudere quella dannata bocca per non lasciarsi sfuggire la perversione.
    ”Sta forse insinuando che io sia un tipo arrendevole?” Lo scrutò attentamente, con aria apatica. “Non mi permetterei mai di insinuare una cosa simile, Professore.” Aveva troppo rispetto per coloro che sprecavano il loro tempo appresso a ragazzini menefreghisti. “Se mi permette, una domanda…” Stava per schiaffare un colpo basso? “… si sente appagato nel suo ruolo qui, ad Hogwarts?” Una domanda lecita, vista la piega che stava prendendo la discussione.
    Ruby era, da sempre, convinta che Serpeverde fosse più nelle sue corde ma così non era stato. Croce sopra. Non le importava minimamente di dove sarebbe finita, in realtà, l’unica cosa che premeva era la presenza dei mezzosangue e dei nati babbani, poco tollerati a causa del suo pensiero alquanto radicale in merito. “Ne sono a conoscenza. Tutte e quattro le casate hanno formato maghi oscuri. Sono appassionata di questo argomento da molti anni.” Appassionata, ossessionata, faceva qualche differenza? “Mi rimboccherò le maniche, penso sia la soluzione più saggia per arrivare a risultati accettabili, per il mio standard!” Da psicopatica.
    Le leggi. Fosse stato per lei avrebbe ribaltato il mondo magico, ricominciando dal giorno zero. Un sogno praticamente irrealizzabile ma pur sempre il suo più grande volere. Giunse il momento di recarsi nelle serre. “Avere le redini del potere. Deve essere estremamente gratificante.” Percorsero il porticato e, alla fine, si trovarono esposti alle intemperie ma, prontamente, il Signor Blackwood fece apparire un ombrello sopra le loro teste per ripararli adeguatamente. “Grazie, mille. Adoro questo tempo e questo clima.” Ma adorava forse di più i suoi capelli e la piega che ogni mattina, con pazienza, dava loro. Si strinse nel mantello e prese a camminare lungo il sentieri che li avrebbe portati alle serre. “Ha ragione. Gli Indicibili, personalità interessanti.” Per quel che ne poteva sapere. “Le auguro di riuscirci. Sarebbe una gran bella svolta.” Effettivamente, nonostante il ruolo di insegnante fosse sicuro e –probabilmente- ben remunerato, non aveva nulla a che vedere con i benefici che un lavoro al ministero poteva dare. “Cosa l’ha portata ad Hogwarts, se non sono indiscreta?” Un modo per far passare il tempo e conoscere un po’ meglio la personalità dell’uomo che le stava accanto durante il tragitto.

    Ed eccole. Le serre, proprio davanti ai loro occhi. Si portarono verso la numero otto e si infilarono al suo interno. Adorabile, davvero. La temperatura ambientale si aggirava sui trenta gradi, non poteva chiedere di meglio. Si sbarazzò del mantello e si guardò intorno meravigliata. Era la prima volta che osservava con attenzione quello spazio. “Mi dica come posso essere utile!” Domandò di getto, cercando di comprendere cosa avrebbe potuto fare per non risultare una completa imbecille.
     
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    “Affascinanti creature. Così dannatamente letali.” Un sorrisetto appena accennato mi smosse gli angoli della bocca. Riflessione a dir poco originale per una giovane ragazza come quella che mi ritrovavo davanti. Aveva lineamenti dolci e fanciulleschi, ma sembrava nascondere una qualche passione repressa per ciò che altri avrebbero ritenuto inopportuno pensare. «La invito a prestare attenzione a ciò che dice in giro, persone un po' limitate e bacchettone potrebbero farsi un idea sbagliata di lei...» Questa volta sorrisi più apertamente in un espressione allusiva che non lasciava spazio a fraintendimenti. Il mio era un vero e proprio avvertimento, non un giudizio o un rimprovero, solo un: Fai attenzione, non tutti potrebbero capirti. Io per primo alla sua età avevo cominciato a mostrare un certo interesse per tutto ciò che poteva essere moralmente di dubbio gusto, guadagnandomi così parecchie occhiatacce da professori mentalmente ottusi e una leggera diffidenza da parte di adulti e ragazzi in generale. Col tempo avevo imparato a far trasparire di me soltanto il "meglio", ovvero la versione noiosa e accettabile dai più, mi ero fatto furbo e avevo smesso di condividere con chiunque il mio punto di vista o la mia curiosità e difatti le occhiatacce avevano cessato di seguirmi come pure la diffidenza generale che le persone provavano nei miei confronti. Ora questo poteva forse non essere il caso della ragazza, non potevo saperlo con certezza e farmi un idea su di lei e sulla sua mente basandomi solo su poche frasi buttate lì sarebbe stato sciocco e presuntuoso, ma avvertirla di diffidare dei pareri altrui non avrebbe potuto farle alcun male, al più l'avrebbe potuta prendere come un fraintendimento da parte mia, nulla di strano insomma. Comprensibile. «Sa... non saprei dirle se nella vita mi sia mai sentito realmente appagato, temo di essere una persona fin troppo ambiziosa, ad ogni traguardo si crea immediatamente un nuovo obbiettivo da raggiungere, quindi no, temo non sarò mai abbastanza appagato o soddisfatto della posizione che mi ritroverò a ricoprire» Le confidai sincero non vedendoci nulla di male nel piantare il seme dell'ambizione in giovani maghi che altrimenti avrebbero potuto decidere di vivere una vita banale e sciapa come un piatto di minestra preparata da mani poco capaci, un gran schifo insomma. “Ne sono a conoscenza. Tutte e quattro le casate hanno formato maghi oscuri. Sono appassionata di questo argomento da molti anni.” «Cosa nello specifico l'affascina?» Domandai curioso questa volta senza ricordarle l'avvertimento di poco prima, essendo ormai chiaro che io non ero uno di quei docenti che avrebbero visto di cattivo occhio una simile curiosità da parte dei propri studenti. Quella era una scuola e come tale era giusto che le loro curiosità, moralmente accettabili o meno che fossero, venissero nutrite ed io sarei stato per loro la responsabile figura che li avrebbe spinti a percorrere sempre a testa alta tali vie del sapere. Il loro eroe senza macchia insomma. Questo si che mi appagava. «Non dispiace nemmeno a me, ma purtroppo ai miei abiti di sartoria non piace affatto temo» Affermai divertito coprendo con l'ombrello incantato il capo di entrambi per evitare che la pioggia ci bagnasse.
    Feci strada alla Tassorosso fino alla serra numero otto, quella che fra tutte nascondeva più piante in grado di alterare lo stato mentale di chi ci entrava, una di quelle serre che amavo definire "interessante", perché lì si che il potenziale della mia amata materia era visibile persino all'occhio meno allenato. «Cosa mi ha portato qui ad Hogwarts chiede? Beh... non è forse qui che le vostre giovani menti vengono più... hum... condizionate nel bene o nel male?» Domandai a mia volta retorico fissando la ragazza con i miei penetranti occhi scuri come la pece. «Non voglio certo vivere in un mondo magico popolato da ignoranti...» Esclamai poi con disinvoltura per potare la ragazza a credere che le mie intenzioni fossero pure e forse solo un pelo presuntuose. «Qualcuno dovrà pur formarvi a dovere, non trova?» Continuai scherzando con tono leggero mentre aprivo la porta della serra per lasciar entrare la ragazza facendomi precedere di pochi passi. «Non abbia fretta» Le sorrisi amichevolmente prima di farle cenno di seguirmi verso il fitto della serra. «Qui potrà avere prova di quanto l'erbologia possa essere sottovalutata da molti. Vede quelle piante?» Indicai un punto non troppo distante da noi sulla sinistra dove, bellissime e sinuose, si ergevano un paio di esemplari di Calea Casus. «Quelle che paiono muoversi pur non essendoci vento» Uniche nel loro genere e incredibilmente sottovalutate. «Fra non molti minuti completeranno il loro ciclo di "ricarica interiore" e rilasceranno delle spore in grado di confondere a tal punto la mente umana da convincerci di star vivendo un qualcosa che in realtà avrà luogo solo nelle nostre teste, non le trova affascinanti?» Chiesi fissandole con occhi carichi di meraviglia. «Come tutto del resto potrebbe venir usata per scopi benevoli o malvagi, sta a noi decidere che uso farne, di base è solo una pianta con strabilianti capacità magiche, ma siamo noi maghi a scegliere come usarle» Tutto il potere era nelle nostre mani quando decidevamo di utilizzare mezzi magici tendenzialmente neutri, ma decidere di manipolarli affinché mostrassero il loro vero potenziale non era da tutti, serviva un mago deciso e sicuro delle proprie idee per farlo, altrimenti si rischiava che le piante stesse o gli oggetti magici vari tentassero di ribellarsi a noi facendoci diventare non più i carnefici bensì le vittime della loro magia.
     
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    Ruby Elise Duvall

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    Mordersi la lingua. Prima regola quando la mente iniziava a dare voce a pensieri potenzialmente pericolosi, capaci di esporla a giudizi non richiesti. Un errore che, spesso, l’aveva indotta a seminare il dubbio in coloro che, sfortunatamente, si trovavano ad avere un qualsiasi tipo di scambio di opinioni nel bene o nel male. Lasciava che l’apparenza determinasse la sua vita. Una comodità della quale si serviva per mascherare abilmente una personalità, per molti versi, deviata da un’ideologia non propriamente condivisa dalla comunità. ”Tutti ti valutano per quello che appari. Pochi comprendono quel che tu sei.” Lo ripeteva spesso sua nonna e, questa citazione, le era rimasta impressa così tanto da prendersi la briga di seguirla alla lettera per pararsi il culo, mantenendo all’ombra la sua propensione per l’oscurità. ”… persone un po’ limitate e bacchettone potrebbero farsi un’idea sbagliata di lei…” Ops. Sbagliata. Una parola grossa. Fingere, ogni giorno della sua vita, di tollerare elementi che mai e poi mai avrebbe voluto intorno a lei, sembrava essere già una punizione sufficiente. Blackwood, però, sembrava volerle lanciare una sorta di avvertimento, così da non incappare in problemi ben più grandi in un futuro. Niente di più vero. Quel mondo ospitava individui pronti a sputare sentenze sul prossimo senza conoscere, a fondo, le motivazioni che lo spingevano a nutrire certe convinzioni personali che, fino a prova contraria, non facevano male a nessuno. “Lo terrò a mente!” Affermò, accogliendo il consiglio senza, però, correre ai ripari. Essere strani non poteva essere un reato, così come avere una concezione del mondo diversa da coloro che avevano la presunzione di definirsi normali –un concetto davvero effimero-. “Sono lieta di non trovarmi ad interloquire con un bacchettone! Anche se credo che lei mi trovi, alquanto, strana!” Cercò di smorzare l’atmosfera, gettando sull’ironia quello che si sarebbe trasformato in un episodio, per Ruby, di imbarazzo puro.
    La successiva affermazione del professore la ammutolì. Conosceva alla perfezione quelle sensazioni che la seguivano fin dall’infanzia, creandole non pochi problemi a livello personale. Isolamento, pregiudizi e tutti quegli atteggiamenti volti ad affossarla in ogni maniera, non l’avevano cambiata di una virgola, irrigidendola ed allontanandola dalle persone che in tutte le maniere, tentavano di frenare la sua spiccata ambizione. “Non credo sia un male pretendere di più da noi stessi.” Il problema si veniva a creare quando l’ambizione iniziava a soffocare la ragione, portando a compiere azioni avventate. “Ma ho il terrore che, a lungo andare, si finisca ad accettare una posizione solo a causa della frustrazione.” Un circolo vizioso dal quale non cavarci un ragno da un buco. Sospirò, lasciando andare tutta la preoccupazione immotivata, vista la giovane età. Un futuro incerto e ricco di ostacoli, ne era ben consapevole, l’aspettava, comprendendo anche la probabile delusione da parte dei genitori, una volta trapelata in toto la sua vera natura che non sarebbe stata quella che tutti avrebbero voluto.
    ”Cosa nello specifico l’affascina?” Indorare la pilla. “La vita dei maghi che hanno cambiato, definitivamente, il mondo magico. Nel bene o nel male.” Il loro percorso per diventare grandi. Avrebbe voluto conoscerne i dettagli, così da poter prendere spunto e imparare come muovere i primi passi in quel mondo che tanto aveva da offrire. “La storia, una grande fonte di ispirazione. Ci tengo particolarmente. È una specie di fissazione.” Aveva passato in rassegna ogni libro della sua biblioteca personale. “Imparare dal passato per migliorare il futuro.” Evitando di commettere gli stessi errori, insomma. Più facile da dirsi che da farsi, certamente ma perché non tentare? Da qualche parte di doveva pur iniziare per dare una svolta nuova. Le sembrava di vaneggiare ma la discussione aveva preso una piega più interessante del previsto.

    Dopo qualche battuta sulle preferenze di clima, finalmente, raggiunsero la serra numero otto, una delle più affascinanti per quel che riguardava i suoi gusti personali. Si guardò intorno, convinta di trovare chissà quale indizio che la inducesse a comprendere quale sarebbe stato il suo compito da svolgere. “Effettivamente. La maggior parte di noi se dovesse schierarsi dalla parte del male, sarebbe in grado di consegnarsi alle autorità, senza neanche accorgersene. Rovinandosi con le proprie mani.” Questo la diceva lungo della furbizia che regnava tra quelle mura. “Una generazione che ha bisogno di essere forgiata per bene.” Un esempio come tanti altri ma non vedeva di buon occhio i suoi coetanei, incentrati solo sull’ascolto degli ormoni in subbuglio. “Pensa di essere sulla buona strada, in base alla sua esperienza? C’è speranza?” Quell’uomo aveva un non so che di inquietante ma, allo stesso tempo, era il primo docente con il quale poteva tenere un discorso costruttivo che andasse oltre alla materia insegnata.
    Giunsero al punto.
    ”Vede quelle piante?” Ruby si sporse in avanti, così da poter avere una visuale migliore della precedente. Sì. Chiaro. La spiegazione la lasciò a metà tra il preoccupata e affascinata. Quella che all’apparenza sembrava una normalissima piantina innocua, possedeva un potere immenso. “Non è pericoloso? Potrebbe causare dei danni permanenti alle nostre menti?” Domande più che lecite viste le circostanze. Si avvicinò cautamente riducendo gli occhi a fessura e assumendo un’aria dubbiosa. ”… siamo noi maghi a scegliere come usarle.” Ciò voleva dire che la loro pericolosità era più che palese. “Quindi potrebbe accadere da un momento all’altro? Sarà come essere sotto l’effetto di una qualche sostanza stupefacente?” Negli occhi del professore non vi era traccia di timore. Un buon segno che fece sentire al sicuro la novellina. Che poteva succedere di brutto?
     
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    «Strana? No, non la definirei strana» La rassicurai poggiandole con leggerezza una mano leggermente segnata da sottili rughe gentilmente concesse dalla mia età che pian piano avanzava. «Non in modo dispregiativo almeno, non credo ci sia nulla di male ad essere un po' strani. Pure io lo sono» Le rivolsi un sorriso smagliante e leggermente sghembo mente mi afferravo i lembi del tessuto della giacca che indossavo per tirarli verso il basso cercando di assumere un aspetto più ordinato. Ero strano, tutte le menti più brillanti erano un po' strane a modo loro, non osavo immaginare la noia e la desolazione delle menti più comuni, quelle che non erano mai state realmente in grado di partorire un pensiero loro per plasmarlo e viverlo appieno. Doveva essere demotivante realizzare di essere solo un comunissimo spettatore delle grandezze altrui e io solo sapevo quanto avrei preferito le calde e avvolgenti braccia della morte strette attorno a me piuttosto che il vuoto dentro. «Oh beh, se la rassicura le posso assicurare che la mia presenza qui non ha nulla a che fare con la frustrazione» Alzai le spalle con naturalezza nell'ammettere ciò che per me era così ovvio. Non mi sarei mai chiuso fra le opprimenti mura di un lavoro stabile e nemmeno troppo ben retribuito se non avessi avuto dalla mia un ampio margine di guadagno. Trovarsi lì in quel momento avrebbe concretizzato per sempre l'inizio dei miei sogni di grandezza, il primo passo da compiere per poter raggiungere i più alti piani dell'elite del mondo magico, l'unica via percorribile per svoltare la mia vita in maniera del tutto positiva. Non importava quanto di me avrei dovuto sacrificare nel mentre o quanto mi sarei dovuto trattenere affinché nessuno potesse sospettare dei piani che sia io che il professor White avevamo in mente per il futuro del mondo magico, ne sarebbe valsa la pena. «Mi trova pienamente daccordo su tale punto di vista, credo che conoscere la storia per non commettere gli stessi errori dei nostri predecessori sia di vitale importanza se si ambisce a fare grandi cose» Voldemort, quello sciocco e ottuso uomo troppo pieno di sé aveva fatto una figura pietosa dinnanzi alla storia dei suoi predecessori, certo, era riuscito a fare ciò che nessuno prima di lui era stato in grado di fare, ma era stato pure così ottuso da non vedere oltre il suo naso e troppo pieno di sé e convinto della sua superiorità verso chiunque da non capire che dietro di sé stava lasciando tante briciole utili ai suoi nemici per sconfiggerlo. Forse aveva peccato di superbia perché definirlo soltanto ingenuo mi pareva riduttivo e tale peccato gli era costato prima la vita e poi la fama, finendo per essere ricordato come lo sciocco che si sconfisse con le sue stesse mani in seguito a errori così sciocchi e da sprovveduti che facevano dubitare persino della sua intelligenza, perché era da stupidi ignorare certi dettagli cruciali alla riuscita dei suoi grandi piani. Non mi sentivo migliore di lui, pure io ero umano e pure io commettevo errori, potevo tralasciare fattori cruciali e non vedere ciò che per altri menti era invece ovvio, ma era per questo che il nostro modo di vedere il futuro del mondo della magia era più infallibile di quello del grande signore oscuro, perché non si affidava a una sola mente o a una sola persona, bensì a una rete di persone con il desiderio di percorrere la medesima strada unite contro tutti coloro che si sarebbero potuti opporre a una simile scuola di pensiero. «Voglio essere sincero con lei, per ora non posso dire di aver ottenuto i risultati sperati con voi ragazzi» Strinsi leggermente il nodo della cravatta e mi sistemai il colletto in un compulsivo gesto di insoddisfazione. Quegli stupidi ragazzi proprio non riuscivano a percepire quanto le lezioni mie e di alcuni miei colleghi sarebbero potute servire loro se solo si fossero applicati seriamente. «Io tento di prepararvi alla vita, ai pericoli che potreste correre» Che io vi potrei far correre se solo volessi. «E invece che esserne grati sento spesso colorite lamentele riguardanti i miei metodi a volte controversi» Li avevo avvelenati, questo era vero, ma lo avevo fatto per loro, volevo vedere chi fra tutti se la sarebbe cavata meglio e chi -nel mondo reale- sarebbe riuscito a sopravvivere a una simile minaccia, ma salvo pochissime eccezioni si erano lasciati quasi tutti sopraffare dagli effetti del veleno e molti, spalleggiati spesso dai loro genitori impiccioni, avevano avuto persino il coraggio di lamentarsi di ciò, come se alla loro fottuta portata non avessi tenuti pronti e ben in vista antidoti già ultimati da somministrate loro al bisogno. Pff, sciocchi bambini ingrati. Certe premure non le meritavano affatto. «Ooh... potrebbero farlo eccome...» Risposi sinceramente non appena ci trovammo a pochi metri dalla pianta in questione. Uno splendido esemplare di Calea Casus. «Se una persona non riuscisse ad uscire dall'allucinazione che tale pianta le ha inditto potrebbe rischiare di perdersi per sempre, potrebbe non essere più in grado di trovare la porta d'uscita della sua mente se non soccorsa in tempo da qualcuno» Era per questo e per svariati altri motivi che quella serra aveva svariati incanti protettivi a guardia di tutta la sua superficie, se solo qualcuno si fosse trovato in seria difficoltà la serra avrebbe cominciato a far suonare svariati campanelli d'allarme nel mio ufficio e in caso del mio mancato arrivo per un motivo o per un altro dopo pochi minuti l'allarme sarebbe stato diffuso ad altri docenti e personale di supporto del castello, cosicché nessuno sciocco ragazzino rischiasse danni irreversibili dentro le sicurissime mura di Hogwarts. Che noia. «Sa... se volesse mettere alla prova le sue capacità potremmo provare ad addentrarci dentro una delle allucinazioni che la pianta è in grado di procurare» Sibilai tentatore come il serpente che trasse Eva in inganno. «Potrei stare un passo dietro a lei per darle l'occasione di mettersi alla prova... potrei farlo eccome...» Continuai attirando la dolce mosca davanti a me sempre più vicina all'ordinanza e precisa tela di ragno che avevo appena terminato di tessere. Si sarebbe potuto rivelare interessante e per forse la prima volta dal mio arrivo al castello averi avuto l'occasione di valutare al meglio le reali doti di uno studente preso a campione per cercare di capire se poteva realmente valerne la pena di attirare quanti più ragazzini dalla nostra parte per fortificare in solido fronte dei nostri ideali magici. «Se vorrà le basterà fare qualche passetto avanti ed io la seguirò senza protestare, se si rivelasse particolarmente capace potrebbe persino far ottenere qualche punto alla sua casa, cosa ne pensa?» Le domandai infine attendendo una sua mossa per poi muovermi di conseguenza. In ogni caso il risultato si sarebbe potuto dire interessante per me, nel bene o nel male.
     
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    Ruby Elise Duvall

    Strana forse lo era sin da quando aveva iniziato a muovere i primi passi in quel mondo che, per certi versi, neanche le apparteneva. Una ragazza al di fuori di quell’ordinario e molto lontana dalle ideologie condivise dalla maggior parte della società. La normalità, quell’utopia nella quale faceva comodo sguazzare. Quella mediocre esistenza, a Ruby, non interessava minimamente ma, in cuor suo, sapeva che quel che risultava normale per lei, significava caos per la maggior parte degli individui troppo indaffarati a ricercare l’accettazione da parte dei loro simili. Una tristezza infinita alla quale non vi era rimedio, visto il grado di arrendevolezza della gente comune. Si lasciò sfuggire un ghigno, risultato dei suoi pensieri poco puri ma, immediatamente, si rese conto che urgeva riprendere le redini della sua stabilità mentale o, almeno, fingerne una. Le parole di Blackwood, comunque, la consolarono, dandole quella speranza in più di non essere proprio, totalmente, incompresa. Accolse il sorriso dell’uomo, ripagandolo con la stessa cordialità. Certo, prima di quell’incontro, la Duvall, non avrebbe mai scommesso una falce sul fare affabile del professore di Erbologia, sempre così enigmatico e distaccato dai suoi allievi. Si era davvero sbagliata su tutta la linea o, in realtà, il suo modo di comportarsi derivava esclusivamente dal fatto che la riteneva, sul serio, una bambina bisognosa di essere tutelata, per via delle sue gravi lacune nella materia da lui insegnata? Vi era anche una terza opzione, pressoché impossibile: la trovava così strana da essere un soggetto meritevole di attenzione. Perché no? In fondo, fino a quel momento, aveva dichiarato apertamente di essere una persona incapace di accontentarsi e fuori da ogni possibile schema. Una buona cavia da laboratorio, una vittima sacrificabile per cibare le sue piantine o, peggio ancora, una persona senza un futuro, destinata da fargli da schiavetta ed occuparsi delle serre a tempo indeterminato, senza un salario. Ma che pensava? Avrebbe davvero affidato le sue amate creature a una ragazzina tanto stupida? Ma che cazzo pensi? Limitarsi alla realtà.
    “Sono davvero lieta di sentirglielo dire.” Il timore, però, non sarebbe svanito così facilmente. Spesso, sotto i suoi occhi, erano passate esperienze di quel genere. Amici, parenti, amici di amici, costretti ad accettare posizioni che non corrispondevano al loro gradimento ma, in un modo o nell’altro, erano stati costretti ad accettare compromessi per la mera sopravvivenza. Una magra consolazione, cero, ma pur sempre meglio di finire per strada a mendicare qualche spicciolo. Se fosse accaduto a lei? Sarebbe riuscita a soprassedere e ad ampliare i suoi orizzonti. No. Finché avrebbe avuto fiato e forze, Ruby, avrebbe ricercato sempre quella perfezione tanto bramata durante gli anni.
    Vi era della sintonia. Non sapeva come e perché ma il disagio provato all’inizio aveva lasciato il posto ad una ritrovata calma interiore nella quale non avrebbe mai sperato. Riusciva a seguire una linea ben definita di pensiero e la discussione avanzava su binari condivisi. Annuì. La storia risultava essere affascinante, sotto molti aspetti e preziosa per prevedere il futuro. “Creare un futuro migliore. Una bella utopia, dopo tutto!” Non nutriva molte speranze in merito anzi, proprio per niente. Sbuffò, come se si stesse arrendendo a quella tragica consapevolezza. “Ci vorrebbe impegno e menti estremamente brillanti, disposte ad andare oltre a quei limiti che impediscono di progredire.” Non di certo vivere con i paraocchi, fingendo che tutto fosse perfettamente al suo posto. Stava divagando, eppure credeva fermamente nella causa, nonostante non vantasse alcun tipo di esperienza e, tantomeno, l’età adatta per entrare in quelle argomentazioni più grandi di lei.
    ”… non posso dire di aver ottenuto i risultati sperati con voi ragazzi.” Che novità. Lei per prima sapeva di non aver raggiunto neanche lontanamente gli obiettivi prefissati e, per questo, non si sorprese affatto della cosa. Che non si fosse impegnata abbastanza? Probabile ma gli ostacoli posti sul suo cammino l’avevano, senza ombra di dubbio, rallentata, costringendola a prendere tempo e ad elaborare possibili risoluzioni per quel tipo di problematica. “Prendendo in esame il mio caso, non posso dirmi sorpresa.” Fece spallucce, letteralmente sopraffatta dai sensi di colpa. Effettivamente, chiacchiere da corridoio, dipingevano il professore come un uomo senza scrupoli che si divertiva a mettere i propri allievi nelle situazioni più disparate e pericolose, senza provare alcuna empatia. “Quanto colorite? Smidollati e ingrati, per lo più. Con genitori incapaci al seguito, immagino.” Si lasciò sfuggire il giudizio, senza neanche rendersene conto. Vivere la realtà, anche tra le mura protette di una scuola, avrebbe fornito la giusta preparazione in vista di un futuro che non sarebbe potuto essere evitato e, allora, perché lamentarsi di quel privilegio? Imbecilli. Se li immaginava, correre da mamma e papà a lamentarsi dell’accaduto, da bravi coniglietti. Mezzosangue. Colpa loro, sicuro! Faceva di tutta l’erba un fascio ma, in fondo, non riusciva proprio a fare meno di classificarli come il male del mondo magico e non. Un brivido di orrore e fu costretta a tornare vigile, per non perdersi appresso alle sue ideologie deviate da una mente disturbata. “L’ho rifatto. Non riesco proprio a moderare il mio istinto.” L’impulsività era quel lato del suo carattere che, con un po’ di fortuna, il trascorrere degli anni, avrebbe smussato. Forse sì. O anche no, per quel che ne poteva sapere in quel momento.

    ”… potrebbero farlo eccome!” Bene ma non benissimo. Inquietante, niente da dire ma, in egual misura la notizia esercitava su di lei un certo fascino. Perdersi all’interno di un qualche cosa di fittizio provocato da una semplice ed, all’apparenza, innocua pianta. Qualcuno avrebbe potuto, addirittura, apprezzare il fatto di allontanarsi da quel posto orribile e vivere immerso nella più totale follia. I gusti erano pur sempre personali. “Per sempre? È orribile.” Commentò, sporgendosi in avanti per cercare di entrare in contatto visivo con quella creatura dalle devastanti capacità.
    Una proposta allettante, suonava alle orecchie della Duvall come un tentativo di sfidarla a mettere alla prova le sue capacità mentali. Mi dica di più. I suoi occhi azzurrini indugiarono sul Signor Blackwood. Aveva tutta la sua attenzione. Le sarebbe davvero bastato così poco per addentrarsi nei meandri della sua psiche, combattendo contro di essa per cercare di uscirne vincitrice? “Se non dovessi riuscirci, ovviamente, ci penserà lei a tirarmi fuori da…” Da dove? “… qualsiasi cosa sia, insomma. Posso stare tranquilla?” Anche se la risposta poteva sembrare ovvia, Ruby, preferì assicurarsene di persona, sentirlo dire dava quella marcia in più di cui aveva bisogno. ”… e si rivelasse particolarmente capace potrebbe persino far ottenere qualche punto alla sua casa, cosa ne pensa? Un colpo davvero basso. Metterla su quel piano a una come lei, competitiva fino al midollo? Significava vincere a mani basse. Perché no? Movimentare quella routine non sarebbe stato affatto male. “Probabilmente me ne pentirò…” E magari prima del previsto. Si mosse decisa verso il vegetale, inconsapevole del destino che l’avrebbe avvolta tra le sue braccia. Tornare indietro? Troppo tardi.
     
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    «Si immagini un arcobaleno pieno di colori e più o meno si avvicinerà a ciò che intendo dire con "colorite"» Sorrisi amaramente incrociando le braccia al petto con fare disinvolto. Non avevo mai sperato che gli studenti mi eleggessero professore dell'anno o che per loro potessi essere un porto sicuro sul quale approdare ogni qualsivoglia volta ne avessero sentito la necessità per farsi dare pacche sulla schiena e ricevere consigli paternali, ma un minimo di gratitudine per quanto insegnavo loro l'avrei gradita. Non ero il tipo da pacche sulle spalle e mi sarei sentito a dir poco un coglione a riservare loro certi trattamenti, a quel punto mi sarebbe bastato indossare abiti di panno rossi e piazzarmi una bella barba finta color bianco ottico in faccia e il gioco sarebbe stato fatto, mi sarebbe mancato poi solo indurre bambini a sedersi sulle mie gambe e far loro regali e nessuno mi avrebbe più distinto da quella figura tanto pacchiana dei babbani al quale invidiavo di fatto solo la parte riguardante ragazze in braccio a lui, si... ragazze, perché un minimo dovevano averlo conosciuto il mondo prima di diventare interessanti per me, dopotutto l'odore di latte non mi era mai piaciuto molto e si sa, gli infanti piangono, piangono molto ed è tipo impossibile spegnerli, perciò sì, decisamente meglio più grandicelle. Feci spallucce al commento sui genitori incapaci, come darle torto d'altronde? Tuttavia mi limitai a ciò perché farle capire che ritenevo la stragrande maggioranza degli studenti e dei genitori dei veri e propri imbecilli mi sarebbe sembrato come espormi troppo. «Non lo moderi signorina, non con me almeno, certe lingue affilate dovrebbero rimanere sempre tali» Certo quello non era il modo più facile di farsi tanti amici, ma ci si sarebbe potuti vantare davanti allo specchio di essere sempre rimasti noi stessi nonostante le occhiatacce delle persone.

    «È orribile, ha ragione, ma lei non dovrà temere nulla di tutto ciò» La guardai rivolgendole quello che doveva essere un sorrisetto rassicurante, un qualcosa di così estraneo al mio volto che mi fece sentire parecchio a disagio, brrr... come facevano certe persone a compiere simili interazioni per la maggior parte della loro giornata senza sentirsi dei completi idioti?
    La guardai fare silenziosamente un piccolo passo in avanti verso la pianta in attesa di rilasciare le sue spore velenose e poi un altro e un altro ancora fino ad arrivarle davanti. Bastò attendere una manciata di secondi e subito dalle foglie della Calea Casus venne rilasciato un gas vaporoso incolore che fece immediatamente perdere i sensi alla ragazza davanti a me. Attesi che il getto di gas fosse quasi terminato prima di seguirla, assicurandomi così una confusione mentale ben più leggera rispetto a quella della Tassorosso che al contrario aveva inalato quel ciclo di spore per intero, un trucchetto imparato col tempo dopo tanta esperienza e tentativi andati non sempre a buon fine dove cercavo di apprendere il modo migliore per affrontare le visioni che tale pianta inviava al nostro cervello umano, una magia così curiosa e potente della quale non avrei potuto fare a meno di interessarmi. Ahh, la ricerca del potere, quale bevanda avvelenata tanto dolce e corrosiva al tempo stesso.

    Ci ritrovammo catapultati in un'altra epoca, un epoca lontana e pericolosa. Mi vidi bene dal farmi notare dalla Tassorosso già stretta fra le mani forti e vincolanti di due uomini corpulenti che la trascinavano contro la sua volontà verso la sua fine. Mi mischiai guardingo e silenzioso fra la folla con un cappello scuro a coprirmi in parte il volto mentre la osservavo per capire ciò che alla fine avrebbe fatto, quanto il suo spirito si sarebbe rivelato combattivo e quanto fino all'ultimo avrebbe vantato o meno la sua vera natura. Capii che ci dovevamo trovare in uno di quei tanto ignobili e immondi processi alle streghe non appena vidi svariati pali di legno ergersi al di sopra di pile ordinate di legna secca altamente infiammabile. Che poi, definirli processi era piuttosto inesatto visto che chi veniva legato a uno di quei pali difficilmente ne sarebbe mai disceso sulle sue gambe, non per camminare almeno, no, quelli non erano processi, erano vere e proprie condanne a morte prive di una qualsivoglia reale giustificazione e per cosa poi? Paura? Ahh, un giorno noi maghi saremmo finalmente riusciti a raggiungere ciò che da sempre ci sarebbe dovuto appartenere, il potere di dominare sui poveri umani privi di magia che per quanto si sforzassero di stare al nostro passo o addirittura superarci grazie a ingegnose scoperte scientifiche e tecnologiche, non avrebbero mai e poi mai potuto competere realmente contro di noi, un po' come se le loro gambe fossero state legate giusto poco prima di dare il via alla corsa per la supremazia di razza. Poveri illusi, apprezzavo ciò che erano in grado di fare senza l'ausilio della magia, si erano da sempre parecchio ingeniati, ma da qui a definirli nostri pari la strada era veramente molto lunga e tortuosa, una salita troppo ripida per poterla risalire. «Lei si trova qui oggi perché accusata di stregoneria» Strillò una voce maschile sovrastando il vociferio della folla che subito parve come ammutolita dinnanzi l'imponenza del suo tono. La Tassorosso che soli pochi attimi prima si era incamminata verso l'ignoto era ora legata stretta a un palo verticale dal quale non si sarebbe mai potuta liberare se fosse stata una babbana qualunque. Mi avvicinai di qualche passo rimanendo però nell'ombra per lasciar affrontare la situazione alla ragazza, ero curioso, molto curioso di vedere come si sarebbe comportata. «Come si dichiara?» Pfff, che domanda sciocca, come se qualsiasi cosa dicesse non fosse già condannata a morte. «Suo padre sostiene lei non sia una vera strega e che ci sbagliamo ad averla processata per stregoneria...» Indicò con una mano un signore smilzo e pallido già in ginocchio a pochi passi da lui intento a implorare silenziosamente pietà per la figlia. Una risata sprezzante si diffuse fra le fila di persone che ora avevano ripreso a vociferare fra loro indicando Ruby con fare di scherno. «bruciatela viva!» Gridò una donna paffuta dalla chioma color mogano. «È una schifosa strega! Uccidetela» Le diede manforte un vecchio rugoso che a malapena riusciva ancora a sostenere il suo peso sulle ricurve ginocchia avvizzite. «Ebbene? Vuole professarsi innocente in un qualche modo?» Domandò l'uomo che da prima aveva messo a tacere la folla con la sua sola presenza e che ora, limitandosi a pacati gesti con la mano destra, li invitava a calmarsi per far parlare la strega prima di ardere della fanciulla corpo e anima. Come si sarebbe dichiarata? E quanto a caro avrebbe avuto la sua vita? Magari pur di sopravvivere avrebbe dichiarato il falso sperando in un'assoluzione delle sue presunte colpe, forse pur di salvarmi io stesso lo avrei fatto, per poi attendere il momento migliore per far pagare a tutti i loro peccati come se la mano che si sarebbe mossa contro di loro munita di catalizzatore fosse la mano stessa del signore.
     
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    Ruby Elise Duvall

    ”… le lingue affilate dovrebbero rimanere sempre tali.” Come dargli torto. Apprezzava coloro che, senza peli sulla lingua, riusciva ad esprimere il proprio parere anche andando contro a quelle credenze condivise dalla maggior parte della società Le così dette pecore nere. Gente come lei che non aveva nulla da perdere ma con la grande speranza che le cose, prima o poi, sarebbero cambiate in meglio, apportando modifiche allo stile di vita di maghi e streghe di tutto il mondo. Una mera utopia che sarebbe rimasta tale per una quantità di tempo indefinito, fino a quando qualcuno non avesse avuto le palle di dare una svolta a quel contesto che faceva acqua da tutte le parti. Si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto, sentendosi per la prima volta, dopo mesi, apprezzata da qualcuno per ciò che era in realtà Sì, nessuno aveva mai avuto la premura di chiederle qualche cosa in merito alle sue opinioni e in genitori si guardavano ben bene a scavare nella sua mente alla ricerca di quella perfezione che, evidentemente, non era la stessa di cui avevano bisogno per sentirsi realizzati. Meglio così, almeno non sarebbero entrati a conoscenza delle turbe che albergavano in quella piccola scatola cranica.

    Se ne sarebbe pentita. Amaramente, come mai aveva fatto prima in nessun ambito. Non aveva la benché minima idea del perché avesse accettato un esercizio del genere, in grado di metterla nei guai anche da punto di vista fisico. Se le cose fossero andate a puttane, Ruby, sarebbe rimasta intrappolata in una di quelle visioni provocate da chissà quale strano vegetale, senza possibilità di uscirne sana di mente. Eppure, quando il Professor Blackwood si era azzardato a proporre quella specie di avventura, la Tassa, non aveva speso troppo tempo ad elaborare i pro e i contro che essa avrebbe portato con sé. Così aveva compiuto quel passo in avanti verso l’ignoto, convinta che qualsiasi cosa sarebbe successa, l’uomo l’avrebbe aiutata a togliersi dai guai, da bravo insegnante ligio al dovere. Il cuore le saltava nel petto, come impazzito. Tornare indietro le avrebbe assicurato la figura della coniglia davanti al docente il quale, in tutta risposta, non l’avrebbe mai più presa sul serio neanche sforzandosi. Le foglie della pianta in questione, pochi istanti dopo, rilasciarono la sostanza prima descritta ed, immediatamente, le forze vennero meno e gli occhi azzurri si socchiusero, trascinandola nel baratro, quello che si era voluta ardentemente per mettere alla prova le sue abilità. Si sentiva leggera, come se la sua anima fluttuasse dopo aver abbandonato il suo corpo. Cadde in quello che doveva, per forza, essere un sonno profondo. O forse no.
    Lo stordimento si fece sentire anche nel momento in cui riuscì a tornare vigile. Sbatté le palpebre, una due e tre volte, convinta che compiere quel gesto avrebbe contribuito a cambiare l’immagine che le si era parata davanti. Un scena senza alcun senso, come una stupida illustrazione di qualsiasi libro di storia della magia, aperto sul capitolo della caccia alle streghe. Di male in peggio. Non ricordava neanche il suo nome, così come la sua provenienza o il perché fosse lì, in quel contesto così macabro e triste. Pochi istanti, certo, ma interminabili. La memoria balenò lì, proprio davanti ai suoi occhi ma le circostanze, al contrario, non risultavano ancora chiare a tal punto da potersi rilassare.
    “Che cosa volete da me?” Iniziò a bassa voce, con lo sguardo puntato sui due energumeni che, con una forza sovraumana, la trascinavano verso dove? Che ne sapeva. Un odio improvviso la pervase, percorrendole ogni terminazione nervosa, arrivando al cervello pronto a scattare verso una crisi di nervi in piena regola. Una sensazione assurda che mai prima d’ora aveva provato. Si dimenò con violenza, nel tentativo di liberarsi da quella morsa mortale che non lasciava presagire nulla di buono. I due la costringevano ad avanzare, con estrema facilità vista la differenza di stazza. “Lasciatemi andare. Chi siete?” Tutto molto confuso fino a quando alcuni indizi la indussero a pensare al peggio. Idea che trovò riscontro in un’unica frase, pronunciata con arroganza estrema. ”Lei si trova qui oggi perché è accusata di stregoneria. La folla in visibilio fu sovrastata e il silenzio calò, come se tutti fossero sotto l’effetto di un incantesimo. Io? Accusata di stregoneria? Bella scoperta. Aspetta! Cosa? Non fece in tempo a proferire parola che i due scimmioni la legarono al palo, contornato da rami in attesa di prendere fuoco –e lei con loro-.
    Quelli che la stavano mettendo in croce, altri non erano che degli stupidi babbani, senza alcun potere e voce in capitolo. ”Come si dichiara?” Iniziò ad agitarsi. Cercò di sciogliere i nodi mentre il panico spingeva per farle dare di matto, cosa che sarebbe successa da un momento all’altro. Schifosi. Ecco i piccoli, indifesi babbani intenti ad insabbiare una scomoda verità. Mai avrebbe dato la soddisfazione a quegli insulsi omuncoli. Rimase in silenzio, elaborando mentalmente tutte le possibilità per fuggire da quell’incubo senza riportare danni di un’entità accettabile. Niente. Il buio pesto. Avrebbe voluto fare saltare la testa a tutti i presenti, ascoltarli mentre imploravano pietà e invece? Avevano il lusso di vederla davanti a loro, inerme e ad un passo dalla morte. Una donna dalle forme pronunciate la indicò, senza alcuna vergogna, additandola e urlandole; “È una schifosa strega! Uccidetela!” Fu proprio a quella affermazione che il suo buon senso si oscuro, lasciando trapelare il peggio di lei, la Ruby che detestava a morte coloro che si differenziavano dai maghi per via della loro spiccata inutilità. “PREFERIREI MORIRE TRA ATROCI SOFFERENZE, PIUTTOSTO CHE MESCOLARMI A VOI SUDICI.” Morire per morire, tanto valeva far fuori le proprie ragioni e chiarire la sua posizione una volta per tutte, senza lasciare spazio a quelle domande retoriche poste meramente per una sadica prassi.
    ”Ebbene? Vuole professarsi innocente in qualche modo?” Anche no. Non avrebbe ceduto a quelle finte lusinghe. Seguire le sue credenze, in fondo, veniva prima di ogni cosa. “BRUCERÒ! ALMENO NON SARÒ COSTRETTA, UN GIORNO, A PORTARE IN GREMBO LA VOSTRA MOSTRUOSA PROGENIE.” Scatenata e senza mezzi termini. Il disgusto verso quella razza, oramai, si era palesato senza che avesse il tempo di riflettere sul da farsi. Non le importava. Quella possibilità le dava il volta stomaco. “FATE QUELLO CHE DOVETE FARE. COSÌ CHE POSSA LIBERARMI DALLA VISTA DELLE VOSTRE FACCE DA EBETI.” Non aveva più fiato, l’aveva sprecato tutto per colpa di quelle pecore che seguivano il gregge, senza un vero scopo e senza avere una propria idea. Vivevano in un modo fatto di pura ignoranza e guidato da personalità che non avevano alcun merito per ricoprire certi ruoli di spicco. “Mi fate schifo.” Si lasciò andare, convinta di essere a un passo dalla morte. Fino alla fine però non abbassò mai lo sguardo, sostenendo le insulse occhiatacce derivate da ogni angolo di quello spazio aperto al pubblico.
     
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    Mettere alla prova le persone mi era sempre piaciuto, trovavo affascinante osservare ciò che facevano se messe alle strette, capire cosa avrebbero scelto se pensavano che da una loro decisione sarebbero potute dipendere le sorti della loro vita. L'essere umano era così fragile e incline alla rottura sia mentale che fisica alla minima pressione che nulla mi dava più piacere che osservare i miei simili brancolare nel buio alla ricerca di una soluzione ai loro problemi. Per tutto il pomeriggio avevo messo alla prova la Tassorosso presentatasi nel mio ufficio e per tutto il pomeriggio avevo scorto in lei un qualcosa di singolare, una fiammella che le illuminava lo sguardo in un modo così simile a quello che ricordavo di aver percepito in me in giovane età che mi aveva in un qualche modo incuriosito. Volevo capire se era stata solo la mia immaginazione mista alle sue parole ambigue a farmi immaginare il tutto o se invece in lei poteva esserci realmente del potenziale e che quindi poteva valere la pena lavorarsela un poco affinché si fidasse prima di me e poi perché no del credo che mi ero ripromesso avrei portato avanti. Il nostro era ancora un lavoro in alto mare, un cantiere con dalla sua solo solide basi sulle quali piantare le fondamenta e poco più, ma eravamo decisi e agguerriti a prendere il controllo del mondo magico in un modo o nell'altro. Avremmo allargato la nostra rete di contatti e adepti e se per farlo bisognava portare dalla nostra perfino dei marmocchi o troppo stupidi da riuscire a pensare con la propria testa, o abbastanza intelligenti da capire cos'era meglio per il futuro della magia, beh, lo avremmo fatto. Quello era il nostro bene superiore e sarebbe valsa la pena di tentare il tutto e per tutto pur di vederlo risplendere. Ironia della forte o fortuna sfacciata la pianta dalle spore velenose parve spalleggiarmi in quella mia ricerca tanto singolare e decise di portare entrambi in una qualche epoca passata dinnanzi una delle barbarie più disgustose di sempre. Decisi di mischiarmi fra la folla per vedere cosa la ragazza dai biondi capelli avrebbe deciso di fare e non mi mossi di un solo passo quando con modi bruschi e frettolosi la legarono ben salda a un palo ricavato dal legno di chissà quale albero con una corda altrettanto resistente affinché la fanciulla sospettata di stregoneria non si potesse liberare. Lo trovavo ironico come metodo di imprigionamento, perché avrebbe funzionato realmente solo su streghe ancora troppo deboli e inesperte per castare incanti non verbali senza l'uso di bacchetta o non streghe, il che era a dir poco divertente se si pensava che quei coglioni per la stra grande maggioranza del loro tempo si erano divertiti ad abbrustulire loro simili ignari che le vere streghe stavano probabilmente bevendo calici ricolmi di whisky incendiario alla faccia loro al calduccio nei loro ripari improvvisati del tempo. Babbei. Gli umani non magici erano tanto intelligenti quanto stupidi e senza un benché minino briciolo di buon senso alle volte. Osservai ancora guardingo e silenzioso lo svolgersi degli eventi e non mi sorpresi affatto quando dalla folla cominciarono ad alzarsi insulti e incitamenti alla morte della sospetta strega e non mi stupii neppure quando il padre di lei -o almeno quello che l'allucinazione aveva deciso di appiopparle- si inginocchiò ai piedi dell'esecutore della sentenza per implorare pietà per la figlia. «La prego signore, la prego» Biascicò piangendo tirandosi i capelli stretti fra le ricurve dita. «Ha solo dei modi di fare un po' eccentrici, ma non è una spostata, non sa cosa sta dicendo ora, è agitata» Disse il vecchio nel tentativo di appianare gli animi decisamente riscaldati dalle parole inaspettate della giovane donna che con ferocia e grinta aveva abbaiato a tutti quanti quanto fosse disgustata da loro e che piuttosto che portare i loro figli in grembo avrebbe preferito morire. Interessante. Veramente molto interessante e inaspettata come reazione da parte di colei che stando agli stereotipi delle case di Hogwarts sarebbe dovuta essere molto più pacata e sensibile nei modi di fare, ma che invece ora sarebbe stata in grado di tenere testa al più sfacciato dei Grifondoro e al più spietato dei Serpeverde. Interessante. Mi ripetei silenzioso in testa continuando a osservare rapito la sua spassosa scenetta di fuoco e fiamme. Presto a bruciare non sarebbero stati loro però e quindi sarebbe stato particolarmente interessante scoprire se ciò che sosteneva ora sarebbe stata in grado poi di mantenere mentre le fiamme calde e ustionanti avrebbero cominciato a bruciarle le caviglie. «Tesoro mio, ti prego, di loro la verità, di loro che si sbagliano, tu non sei uno scherzo della natura, tu sei come me sei una persona qualunque come tutti noi, non una spostata, diglielo» La supplicò questa volta direttamente rivolgenole uno sguardo apprensivo degno di un vero e proprio genitore, non che io ne avessi mai visto uno rivolto a me, ma quelli che di tanto in tanto avevo visto sul volto dei genitori di un qualsiasi moccioso gli somigliavano abbastanza.
    La folla ricominciò a inveire contro la giovane donna e incurante delle preghiere del padre l'uomo designato per emettere la sentenza prese in mano una fiaccola e dopo averla accesa la mostrò alle svariate dozzine di persone presenti in piazza chiedendo loro se fosse giunta l'ora di bruciare la strega. Dalla folla si innalzarono solo urli d'assenso e la fiaccola si abbassò fino a sfiorare i primi legnetti alla base della struttura che subito presero fuoco risalendo lenti e minacciosi verso le punte dei piedi nudi della ragazza. Che avrebbe fatto? Ero così curioso che quasi quasi avrei atteso un altro po'.
     
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    Ruby Elise Duvall

    Riprese fiato, con grande difficoltà. Sentiva fame d’aria, una sensazione tremendamente frustrante ma impossibile da esaudire. Cercò ancora una volta di divincolarsi, nella speranza che quelle corde di bassa qualità si sfilacciassero quel tanto che bastava da permetterle di liberarsi da quella prigionia immotivata. Che si credevano? Che il mondo appartenesse davvero alle loro stupide menti semplici? Illusi. Il potere era tutto. Il potere doveva essere tutto e nella loro banalità, non avrebbero mai e poi mai raggiunto risultati anche lontanamente accettabili. Li osservava, attentamente, ne studiava i movimenti, le affermazioni e le accuse mosse in sua direzione. Niente di nuovo, la solita ignoranza tipica di quelli che aveva sempre considerato idioti, privi di aspirazioni e concentrati a voler distruggere quelle di chi, per natura, risultava più dotato e fortunato. Le streghe. Un conato di vomito raggiunse il suo stomaco, trattenendo l’istinto di vomitare altro oltre le parole proferite fino a quel momento. Disgustosi. Beh, il messaggio sembrava aver raggiunto il destinatario forte e chiaro, senza lasciare spazio a dubbi. Quelle persone la nauseavano, così come i loro sciocchi ideali con i quali facevano crescere generazioni intere, destinate ad una clamorosa estinzione prima del dovuto. Almeno, ciò era quello in cui sperava ardentemente. ”La prego signore, la prego!” Cosa, scusa? Stava davvero pregando quella razza inferiore di che? Di salvarle la vita? Come se non potesse farlo con le sue sole forze. Andiamo, che uomo di poca fede. Piegò la testa di lato e lo squadrò, come si quadra un mosca fastidiosa appena posata sulla parete, in attesa di essere brutalmente spiaccicata. Nei suoi occhi regnava il nulla più totale, cosi come nella sua anima spenta e devota a quella causa che l’aveva portata al patibolo, anche se ancora si chiedeva il perché. ”Ha solo dei modi di fare un po’ eccentrici.” Oh, poteva dirlo ma non era di certo a causa del suo modo di pensare e vedere la realtà. Avrebbe donato loro i suoi occhi, per qualche istante, giusto il tempo per farli rendere conto della loro pateticità imbarazzante. Loro dovevano stare lì, al suo posto e lei dall’altra parte della barricata, impegnata a scuotere il capo ad ogni richiesta di clemenza. Tutto gira al contrario! Sospirò, ancora lontana dalla consapevolezza che le fiamme, molto presto, l’avrebbero avvolta al punto tale da non lasciarle alcuno scapo. “STAI ZITTO.” Esclamò lapidaria. Quelle stronzate non facevano altro che peggiorare il suo malumore e astio nei confronti di coloro che se ne stavano lì, imbambolati, come pecore al pascolo mosse da una sola persona convita di essere in possesso del bene assoluto. Una presunzione enorme per un semplice essere umano, privo di magia. “SO BENISSIMO QUELLO CHE DICO!” Spazzò via la più piccola incertezza da quelle menti inferiori. “NON HO BISOGNO DI ESSERE DIFESA DA TE.” Un coraggio da vendere ma, tutta quella caciara, sarebbe servita a qualche cosa? O l’avrebbe resa una martire inutile, morta come molte delle sue antenate solo per la gloria? Quella stupida inquisizione non aveva il benché minimo senso. La sua sorte era già stata segnata sin dal primo momento e quel teatrino non faceva altro che alimentare la diversità tra razze che, mai e poi mai, secondo il suo punto di vista, si sarebbero potute trovare sullo stesso piano, perseguendo l’assurda strada dell’integrazione. Quell’utopia.
    ”Tesoro mio…” Marcava male. Altra stronzata in arrivo. Se lo sentiva. Quella sensazione di intolleranza che saliva ogni fottutissima volta che qualcuno stava per scendere nelle più banali ovvietà, per tentare di pararsi il culo. Ma poi da chi? ”… non sei uno scherzo della natura.” Nonostante si trovasse in bilico tra la vita e la morte, Ruby, non riuscì a mascherare quel disprezzo, indossando una delle tante maschere a cui era abituata. No. Quel giorno si giocava con il fuoco, nel vero senso del termine e quelle fiamme, se le cose si fossero messe male, l’avrebbero purificata e strappata a un mondo al quale non era mai appartenuta. Vedere il lato positivo della cosa, però, non riuscì a calmare il suo animo inquieto e desideroso di sputare veleno contro quel branco di stolti lasciati in circolazione a tradimento. “Questa piazza è gremita di scherzi della natura, eppure nessuno sembra accorgersene.” Abbassò il tono della voce, convinta che potessero comunque deliziarsi delle sue fantastiche battute. “PARLI TU? CHE GARANZIA.” Lo schernì, senza pietà, gettandolo ancora più verso il baratro della disperazione. Non le importava nulla di quell’uomo. “CHIUDITI QUELLA BOCCA LURIDA.” Il suo bersaglio si estendeva a tutti quanti, senza differenza di sesso, età o colore della pelle. Tutti uguali davanti ai suoi occhi azzurrini. La folla tornò ad inveire mentre in lei iniziava a farsi largo l’assurda idea di lasciarsi andare una volta per tutte. Finire lì quello schifo. Se avesse esalato l’ultimo respiro prima che le fiamme la martoriassero, si sarebbe levata quella deplorevole immagine da davanti. “URLATE PURE!” Abbaiò mentre le fiamme iniziavano ad ardere dal basso.
    Avvertì in lei esplodere una forza bruta. Inarrestabile. Freddafiamma! Ed eccole, puntuali, le lingue di fuoco giungere alle caviglie. Un leggero solletico si stava lentamente irradiando lungo tutto il corpo, fastidioso, sì, ma per lo meno la sua carne risultava ancora intatta. Scoppiò in una risata sorda, gutturale e inquietante. “SIETE SOLO DEGLI INUTILI INSETTI!” Lo show era appena iniziato. Tocca a lei avere il suo momento di gloria, il loro aveva anche stufato. “VI SCHIACCERÒ TRA IL POLLICE E L’INDICE, UNA VOLTA LIBERATA DA QUI.” Oh, sì. Perché l’avrebbero fatto, sciogliendo quei dannati nodi che le stavano irritando i suoi delicati polsi. “E POI…” Sarà come morire. “NON MI LIMITERÒ A METTERVI IN GINOCCHIO. AD UNO AD UNO.” Oh, nossignori. “VI CANCELLERÒ DALLA FACCIA DELLA TERRA.” Per loro non vi era alcun posto. Le sue iridi si fecero nere come la pece a causa dell'eccessiva dilatazione delle pupille, e la sua testa scattò verso una delle guardie. “LIBERAMI DA QUESTE CORDE E TI PERMETTERÒ DI FARE CIAO CIAO ALLA TUA MOGLIETTINA.” Non provava assolutamente nulla. La sua vera natura era uscita, così come le sue ideologie che aveva sempre tenuto per sé, in gran segreto, convinta rischiare troppo grosso, senza essere pronta a fronteggiare le conseguenze che sarebbero franate su di lei.
     
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