be careful, thanks.

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    Dopo aver salutato Matt William, un tassorosso del terzo anno che soffriva d'ansia, Eileen portò le braccia verso l'alto, un movimento di stretching che le servì a rilassare i muscoli della schiena, stare seduti per sei ore di fila su una sedia, per quanto comoda, era dannoso per il suo fondoschiena. L'ufficio che le avevano dato non era male, ma ancora doveva ambientarsi e soprattutto abituarsi alla marea di studenti che ogni giorno la visitava, erano molto più traumatizzati di quanto pensasse. Aveva deciso di lavorare nella scuola che, anni fa, aveva frequentato su consiglio di suo padre, secondo lui una psicologa non poteva mancare il quelle quattro mura e aveva ragione. Aveva riflettuto molto prima di fare richiesta e sostenere il colloquio, stava lasciando una carriera già avviata nel mondo babbano per dedicarsi completamente a quello magico, non era una scelta facile perché stava lasciando una parte di lei. Tuttavia, da rientro dalle vacanze aveva conosciuto una bambina di undici anni, una nata babbana per la precisione, che spaesata le aveva chiesto dove potesse comprare quello che le serviva per iniziare il suo primo anno ad Hogwarts visto che i suoi genitori l'avevano ripudiata perché era una strega, lasciandola nelle mani di una zia magonò che si era offerta di prenderla con sé, peccato che l'avesse mandata ad Hogsmeade da sola. Così Eileen le aveva dato una mano e Mary, quello era il suo nome, si era aperta con lei raccontando tutto quello che le era successo e la rossa aveva già captato i segnali di un possibile trauma. Aveva deciso di essere una psicologa per aiutare le persone, soprattutto i ragazzi, e quale modo migliore per farlo se non in una scuola? Così, aveva lasciato al suo collega i pazienti che, per mesi, aveva seguito nel mondo babbano e aveva fatto le valigie per tornare a quella che, un tempo ,era stata casa sua. Il vicepreside era un tipo molto rigido, ma Eileen sapeva che dietro quell'apparente controllo c'era ben altro, quelle come lei andavano oltre le apparenze, era suo lavoro. Il preside, invece, era un vecchietto arzillo e pieno di energie nonostante la malattia che, lentamente, lo stava logorando. Un uomo da ammirare.
    Si alzò, chiamando un elfo domestico e chiedendo un caffè macchiato. Aveva bisogno di una pausa, ascoltare i problemi della gente poteva essere alquanto stressante, se poi molti di questi avevano a che fare con la sfera sessuale beh, era anche peggio. Avere un sessuologo sarebbe stato utile ma dubitava che in quella scuola fossero arrivati a un livello di apertura mentale tale da assumerlo. I maghi erano dei gran bigotti a differenza dei babbani, quelli vecchi almeno. Quando l'elfo apparì con la sua ordinazione, lo ringraziò e non perse tempo nel bere la bevanda che tanto amava. Con il bicchiere tra le mani, uscì dalla stanza per prendere un po' d'aria, avvicinandosi ad una delle grandi finestre che dava sul cortile. Le temperature si erano abbassate e le foglie degli alberi erano ormai ingiallite, segno che l'autunno era arrivato. Si sentiva un po' sola, Helena non si era fatta più sentire, Lily si era trasferita in Germania con il suo ragazzo e i suoi genitori erano in giro per mondo, come sempre. Sua madre era un'avventuriera, in quello aveva preso da lei. D' un tratto sentì qualcuno urlare, si girò di scatto e, non volendo, urtò qualcuno così forte che il bicchiere che aveva tra le mani cadde, rovesciando tutto il contenuto a terra. «Che diamine!» La sua pausa era rovinata. Guardò diritto negli occhi la persona che le era andata addosso: un uomo sulla quarantina, alto, biondo e muscoloso. Aveva sentito parlare di lui da alcune studentesse, ed ecco qui il famoso infermiere che aveva fatto perdere la testa a tutte quelle ragazzine. E le poteva capire, alla loro età avrebbe fatto lo stesso, ma adesso di anni ne aveva trentuno e non si faceva più ingannare da un bel faccino. «Può stare un po' più attento la prossima volta?» Sarebbe stato meglio lasciar perdere, non era successo nulla di grave, ma Eileen era sempre stata un' impulsiva che diceva tutto quello che pensava. «Sa, mi ha appena rovinato la pausa.» Appunto.




    Edited by Eileen - 18/9/2022, 23:41
     
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  2. Siegfried
     
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    Anche quella giornata stava ormai arrivando alla sua conclusione, malgrado mancassero ancora un paio di ore alla cena in Sala Grande. Gli unici pazienti avuti quel giorno, stavano riposando – sedati – in seguito ad un importante intervento, effettuato loro dopo due rovinose cadute durante un allenamento di quidditch. Le fratture scomposte (alcune addirittura esposte) che avevano riportato, erano state trattate con diversi Brachium Emendo, ciascuno dei quali necessitarono di una concentrazione davvero elevata. Per chi non fosse del mestiere, tale incanto della medimagia non solo richiede di mantenere un alto livello di concentrazione (durante l'esecuzione), ma il medimago che lo effettua deve aver ben impresso nella mente l’effetto che vuole ottenere dalla sutura delle ossa rotte. Malgrado non fosse la prima volta che effettuavo simili procedure, sapere di non avere almeno un altro medimago ad affiancarmi, raddoppiava il carico sulla mia lucidità. Alla fine andò tutto per il meglio, tanto da sorprendermi io stesso dell'aver pronunciato in modo corretto la formula, specie nelle ultime operazioni: quelle sulle fratture composte. Grondante di madore e con l'ambiente di degenza (tutto sommato) tranquillo, decisi di andare a farmi una doccia, giusto per non presentarmi in Sala Grande in condizioni pietose. Avevo tante idee per la testa, ma da solo non sarei mai riuscito a realizzarle; iniziai così a pensare a cosa avrei potuto fare e a chi avrei potuto chiedere. Il preside non sembrava essere nelle condizioni per accollarsi altre problematiche (aveva ben altri problemi a cui pensare) ed il vicepreside...beh, non sembrava uno molto aperto alle novità, per così dire. Non mi restava altro da fare che imbastire – autonomamente – una bozza, nella quale avrei riassunto tutta la serie di migliorie che avrei voluto apportare alla zona del castello di mia competenza, così da presentarle al sig. Edavane senza complicanze di sorta. Portai i palmi delle mani sul mosaico che ricopriva la parete difronte a me, lasciando che l'acqua bollente fluisse sul mio capo, mentre i miei occhi continuarono a fissare i rubinetti in metallo. Avrei voluto dargli una mano, ma avevo saputo che aveva già di chi si occupava di lui e non volevo di certo fare la figura del luminare, essendo arrivato da pochissimo ad Hogwarts. Chiusi i rubinetti, non prima di un lungo quanto preoccupato respiro, andando quindi a prendere un ampio asciugamano per poi avvolgerlo attorno alla parte inferiore del mio corpo, inserendo un lembo tra il tessuto e l'obliquo esterno sinistro. Dopo essermi asciugato del tutto e vestitomi con abiti puliti, uscii dal mio studio gettando subito uno sguardo sui due ricoverati, per poi avvicinarmi agli studenti. Per quanto la loro condizione clinica non destasse più alcuna preoccupazione (in quanto già guariti), avrebbero avuto comunque bisogno di riposare per via del fattaccio vissuto, nonché del dolore provato lungo il tragitto dal Campo di Quidditch all'Infermeria. L'effetto del calmante che diedi loro ore prima, li avrebbe fatti risvegliare all'incirca all'ora di cena, così da permettere loro (senza strafare) di unirsi ai loro compagni di squadra e di casa, così da far guarire anche il loro umore. D'altronde, nessuno avrebbe preferito cenare in un luogo di ricovero, piuttosto che in Sala Grande. Ad ogni modo, approfittando della situazione tranquilla, decisi di prendermi una piccola pausa, dirigendomi verso le cucine per farmi preparare qualcosa...un tonico, per esempio. Malgrado mi fossi dato una ripulita, l'espressione sul mio volto parlava piuttosto chiaro: ero visibilmente provato dallo sforzo che c'era voluto per quelle delicatissime operazioni, ma era chiaramente la mente ad aver accusato i postumi, in quanto fisicamente mi sentivo in perfetta forma. Portai una mano all'altezza della fronte, iniziando con le dita a massaggiare le meningi, finendo tuttavia per oscurare parzialmente la mia vista. Fu per questo motivo (nonché per gli innumerevoli pensieri che attanagliavano la mia mente) che non mi accorsi – in tempo – della persona dalla chioma color fuoco stante difronte a me. Sarei sicuramente riuscito ad evitarla all'ultimo, qualora avesse mantenuto la sua andatura, ma d'improvviso s'arrestò. Un urlo, probabilmente di uno studente a cui era appena stato fatto uno scherzo (considerate le risate di sottofondo e la voce alterata della stessa vittima dello scherzo), fu sufficiente per farla fermare – come vi dicevo. Lo scontro fu inevitabile, così come la caduta del bicchiere nonché del rovesciamento del suo contenuto.
    Le...le domando scusa.
    Le dissi, mentre il mio sguardo stanco planò fino ad osservare il bicchiere, così da comprendere cos'era appena accaduto e piegare le ginocchia in modo da prenderle l'oggetto da terra, riconsegnandoglielo poco dopo l'aver identificato l'aroma.
    Mi spiace per averle rovinato la pausa miss...Eileen, giusto?
    La osservai con espressione rammaricata, abbozzando un sorriso tendente al dolce, mentre i miei occhi smeraldini rimasero per qualche istante sui suoi. Ricordavo di lei dal Banchetto d'Inizio Anno, quando la dirigenza aveva informato l'intera scuola dell'inserimento di una psicologa tra le mura di Hogwarts. Era indubbiamente una donna bella quanto affascinante, ma dopo essermi scontrato con lei, immaginavo fosse anche molto arrabbiata.
    Probabilmente non sono la persona con cui desidera parlare, al momento, ma...mi stavo domandando se, per caso, non le andasse di accompagnarmi nelle cucine per salvare il recuperabile della sua pausa.
    Allargai per un istante il sorriso, indicandole il bicchiere che le avevo appena restituito.
    Ho bisogno di caffé per il turno serale, come ha potuto constatare, e potremmo dividerci quello rimasto...
    Al tatto, la tazza era ancora piuttosto calda, segno che gli elfi avevano preparato la bevanda da poco. Detto ciò, non era poi così insolito che i domestici scaldassero un quantitativo maggiore, così da poter servire un numero maggiore di persone. Doveva, quindi, esserci rimasto un quantitativo di caffé tale, da poter riempire almeno un paio di mezzi bicchieri.
    ...sempre se le fa piacere, s'intende.
    Attesi il verdetto da parte della donna difronte a me, salutandola – qualora avesse rifiutato l'invito – o facendole strada verso le cucine, qualora lo avesse accettato. In tal caso, mi sarei rivolto a lei con fare meno formale, guardando dritto davanti a me, per la maggior parte del tempo (non si sa mai), ma dedicandole comunque qualche fugace occhiata, nel momento in cui le avrei parlato.
    La ringrazio per aver chiuso un occhio per l'incidente appena avvenuto, è davvero gentile come mi raccontano spesso i ricoverati in Infermeria.
    Malgrado la stanchezza, il sorriso che emerse sul mio viso emanò sincerità e gratitudine per il ruolo importante che stava ricoprendo.


     
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    Per Eileen la pausa caffè era sacra, era l' unico momento della giornata in cui poteva pensare a se stessa e ai problemi che, sfortunatamente, nessuno avrebbe risolto per lei. Amava il suo lavoro, fin da piccola si era fatta in quattro per aiutare la gente, dando consigli praticamente a chiunque, anche a chi le stava sulle ovaie. Non a caso, anni fa, il Cappello Parlante aveva pensato di metterla tra i tassi ma, alla fine, il suo carattere testardo e orgoglioso l'aveva fatta finire tra i grifoni. E non si era sbagliato, era una grifondoro nell'anima. L' infermiere, infatti, doveva fare molta attenzione a come si poneva, rischiava di essere schiantato seduta stante. Per sua fortuna, l' uomo ammise l'errore, raccogliendo il bicchiere da terra e scusandosi per l'accaduto. Ricordava anche il suo nome, non male. Rilassò i muscoli delle spalle, prese aria e si ricompose, non era il caso di mostrarsi ostile, era stato educato nei suoi confronti. «Non importa, me ne farò portare un altro. Il suo nome?» Sorrise cordialmente. Gli occhi azzurri del collega non avevano mai lasciato i suoi, le sembrò un uomo deciso e diretto, un buon inizio. Le piacevano le persone che le tenevano testa, non riusciva a fare amicizia con chi aveva un carattere più mite e mansueto, la sua espansività poteva dar loro fastidio, com'era successo già molte volte in passato, e quando si arrabbiava diventava aggressiva. Non era un bello spettacolo, ma Eileen aveva sempre vissuto al massimo, per lei era inutile cercare di controllare le emozioni, era più bello lasciare che fossero loro a farlo con te. In altre parole, non conosceva mezze misure. A lavoro, invece, era diverso. Ci teneva ad essere sempre puntuale e precisa, e soprattutto rifletteva perché ciò che usciva dalla sua bocca condizionava un sacco i pazienti, doveva stare molto attenta.
    Fece un passo indietro, intenzionata a tornarsene nel suo studio e chiedere un altro caffè, quando l' infermiere dagli occhi blu le propose di andare con lui nelle cucine per rimediare al danno che aveva fatto. «La mia porzione deve essere più della sua, le sta bene?» Così lo avrebbe perdonato del tutto. In realtà, non si aspettava neanche che le chiedesse di andare lui, non che le dispiacesse anzi, era un modo per conoscere i suoi colleghi e parlare con qualcuno della sua età. Vedeva ragazzini dalla mattina alla sera e gli argomenti quelli erano, quindi sì, aveva decisamente bisogno di un adulto con cui confrontarsi, se poi era anche un bell' uomo meglio ancora, non poteva farle altro che piacere. «Non la invidio sa, dev'essere stancante. Già passare la mattina a psicoanalizzare le menti degli adolescenti è un bel lavoro, immagino il suo con tutte le, mi passi il termine, stronzate che si fanno a quest'età.» Parlava per esperienza; le acrobazie aeree le avevano causato non poche cadute, gli esperimenti nel creare nuove pozioni bruciature e ustioni e il suo spirito d'avventura graffi e lividi, nonché una serie di piccole cicatrici sparse per il corpo, alcune più visibili di altre. «Mi faccia strada.» Accettò il suo invito molto volentieri e, rimanendo indietro di qualche passo, poté constatare che l'uomo là davanti avesse davvero un bel sedere, madre natura era stata generosa con lui da quel punto di vista. Gli occhi erano fatti per guardare, no? Ed Eileen i suoi li aveva sempre usati bene. «E cosa le dicono? Sono curiosa adesso!» Aumentò il passo e lo affiancò, impaziente. Se gli studenti avevano parlato bene di lei voleva dire che stava facendo bene il suo lavoro, era davvero felice, non voleva altro. Il fastidio provato poco fa scomparve del tutto, era di nuovo di buon umore. «Anche a me hanno detto qualcosa su di lei sa, è molto ammirato.» Le studentesse non perdevano occasione di ricordarle quanto fosse sexy, e capitava spesso visto che il suo studio si trovava poco più avanti l' infermeria. Se l'avesse incontrato fuori ci avrebbe sicuramente provato, ma qui erano ad Hogwarts ed erano entrambi dipendenti, quindi no, non avrebbe fatto nulla anche perché, se le cose fossero finite male, lo avrebbe dovuto vedere tutti i giorni e questo errore già lo aveva fatto con il primario del San Mungo.




    Edited by Eileen - 29/9/2022, 13:07
     
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  4. Siegfried
     
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    Alla fine la psicologa riuscì a chiudere un occhio per quello che l'era accaduto, lasciandosi il tutto alle spalle anche per via del fatto che – in fin dei conti – non era avvenuto intenzionalmente.
    Siegfried Müller.
    Risposi tempestivo, accennando un sorriso mentre la mano s'era già proiettata verso di lei, con lo scopo di accomodare una stretta che si sarebbe dimostrata salda ma – al tempo stesso – amichevole. Questo, ovviamente, nel caso in cui la rossa avesse accettato la stretta; in caso contrario (o al termine della stretta), l'avrei vista scivolar via in direzione opposta alla mia, come per prendere congedo, ma l'offerta del “caffè in compagnia” la fece desistere.
    Affare fatto.
    Dichiarai con un certo entusiasmo, alla stregua di un mercante ch'era riuscito a far suo il bene con maggior valore, in quel momento: il perdono della ragazza. Da tiepido, il sorriso si fece via via più largo e caldo, mentre il corpo iniziò a muoversi in direzione delle cucine poco lontane, così da farle strada.
    Quando lavoravo al S.Mungo, ho visto di peggio.
    Le risposi in prima battuta, volgendo per un momento lo sguardo in sua direzione, per poi rivolgerlo nuovamente verso il lungo corridoio, al termine del quale si riusciva già ad intravedere la porticina che dava sulla nostra meta.
    Qui ad Hogwarts, i casi sono decisamente meno gravi: può capitare magari qualche frattura dalle lezioni di volo o qualche ustione da quelle di pozioni, ma nulla che non si possa curare tramite la magia e/o i rimedi naturali. Mi capita di ricevere – decisamente più spesso – la visita di giovani studenti (accompagnati da professori o prefetti) maltrattati dai propri compagni tramite incanti, perlopiù fastidiosi.
    Feci un sonoro sospiro, come a sottolineare quanto (malgrado la muta) sentissi ancora addosso il peso di ciò che avevo fatto in giovane età. Non ero più quel genere di persona, lo sentivo nel profondo del mio animo così come in ciò che facevo per gli altri, da più di un decennio a questa parte; per questo, anziché coprire i bulli, li esortavo a finirla prima che la situazione potesse peggiorare. Non sempre funzionava, ovviamente, ma se fossi riuscito a far redimere anche solo uno di loro, allora i miei tentativi non sarebbero stati del tutto vani.
    Dicono che è una persona trasparente, alla mano, diretta...
    Sospesi per un attimo il discorso, ripensando ai vari commenti che avevo sentito in Infermeria tra i degenti e i compagni che facevano loro visita.
    ...in grado di capire i loro stati d'animo e, grazie a ciò, a dispensare consigli efficaci come soluzione alle loro problematiche; una persona che ci tiene, insomma.
    Conclusi la descrizione quando ormai mancavano pochi metri alle cucine, tanto che arrivai ben presto a fermarmi così da farla entrare per prima.
    Ammirato? Non credo da tutti, ma mi fa molto piacere sapere che ci sia una parte degli studenti che apprezza il mio modus operandi.
    Non le chiesi nulla a riguardo, ma la pausa che sarebbe perdurata da quel momento fino all'arrivo di uno degli elfi (addetti all'ambiente raggiunto), le avrebbe permesso di avanzare tutti i commenti che avrebbe voluto condividere con me. Attirai, nel mentre, l'attenzione del primo domestico disponibile, così da poter effettuare la nostra ordinazione, dando un'occhiata sia alla cucina (che non avevo ancora avuto modo di visitare) che alla donna al mio fianco. Era davvero una donna affascinante, ora che avevo tempo e modo di osservarla con attenzione. Mi soffermai per diversi secondi ad osservarla negli occhi, durante la papabile enunciazione dei commenti degli studenti, dando – di tanto in tanto – fugaci occhiate alle labbra, valorizzate nella loro morbidezza dall'accesa tonalità del rossetto che richiamava il colore lavico dei suoi capelli.


     
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    Ricambiò la stretta di mano del suo collega in modo deciso, non era poi così male questo Siegfried Müller. Non solo si era comportato bene quando l'aveva accusato di averle rovinato la pausa pranzo, altri le avrebbero risposto male, infondo si era trattato di un semplice incidente invece lui no, si era scusato e aveva cercato di rimediare, per questo Eileen aveva accettato la sua offerta. Il tragitto per arrivare alle cucine fu relativamente tranquillo, e la rossa ascoltò con interesse ciò che l'infermiere aveva da dire. «Anche io lavoravo al San Mungo, che reparto?» Non l'aveva mai visto. Probabilmente era anche per il fatto che lì ci andava tre volte a settimana, nei giorni dispari per la precisione, mentre in quelli pari si dedicava ai suoi pazienti babbani. Aveva uno studio privato a Londra e guadagnava anche piuttosto bene, si era fatta un nome e molti la conoscevano. Sperò che chi avesse preso il suo posto fosse competente ed empatico, tratti indispensabili per essere un buon psicologo. Erano a metà strada ed Eileen non si era ancora stancata di sentirlo parlare, altro punto a suo favore.Era una donna che si scocciava facilmente, quindi tenere vivo il suo interesse non era facile, sia in amore che in amicizia. «Non posso dire lo stesso per il loro stato mentale. Molti studenti hanno subito traumi non indifferenti durante l'infanzia che ancora devono superare, ma c'era da aspettarselo in un modo dove esiste la magia nera e il credo della superiorità del sangue.» Lei era un misto di quelle due razze, sapeva qual era la differenza tra i due mondi e, onestamente, preferiva di gran lunga quello babbano. Anche lì c'erano discriminazioni e sofferenze, ma non avevano la magia e solo alcuni individui potevano fare del male, per loro era diverso; anche un adolescente poteva lanciare un Imperio se qualcuno glielo insegnava, lo stesso valeva per l'anatema della morte. Non a caso, Tom Riddle aveva appreso della magia degli Horcux da un professore che aveva ingannato con il suo carisma e la sua educazione. Nel castello poteva aggirarsi qualcuno con le sue stesse aspirazioni, chi poteva dirlo.
    «Non mi aspettavano tutti questi complimenti, devo essere proprio brava allora!» Scherzò. Era felice che quei ragazzini si fidassero di lei e la elogiassero, per uno psicologo la fiducia e il rispetto reciproco erano alla base del rapporto paziente-medico. E, in una scuola così grande, era difficile legare con tutti perché alla sua porta bussavano sempre persone diverse, mentre quelle con cui aveva parlato la settimana prima o non si facevano più vedere o tornavano il mese dopo. Non era facile aiutarli, non erano esattamente in terapia e questo complicava la cose, per cui avere una bella reputazione andava a suo vantaggio. L' infermiere si fermò davanti alla porta della cucina, invitandola ad entrare per prima. Eileen lo ringraziò con un sorriso ed varcò la soglia. «Si, parlano bene di lei anche se devo dirle che ha colpito soprattutto le ragazze, come l'hanno definita?» Assunse una finta aria pensierosa. «Ah, sì! La chiamano l' infermiere sexy.» Lo guardò dall' alto in basso prima di schioccare le dita e far apparire un elfo domestico. Per fortuna quelle creature erano trattate decentemente a scuola, il preside era davvero una persona di buon cuore. «Puoi portarci il caffè rimasto? Grazie.» L'elfo annuì e sparì. Pensava che a farlo sarebbe stato l' uomo accanto a lei, ma chissà quale motivo, aveva esitato. Quando si voltò a guardarlo, lo beccò a fissarle le labbra. Ora, se si fosse trovata in un bar avrebbe colto la palla al balzo, provocandolo e stuzzicandolo come suo solito, ma lì ci lavorava e aveva sentito delle voci di un suo possibile flirt con una delle docenti. Decise di trattenersi, per il momento. «Che ha da guardare con tanta insistenza?» La sua era stata una domanda innocente, no?

     
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  6. Siegfried
     
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    Inarcai un sopracciglio, dando così origine ad un'espressione velatamente sorpresa, quando miss Eileen m'informò d'aver anch'ella lavorato presso il S. Mungo. Sul momento, non mi ricordavo d'averla mai vista, sicuramente non nella sezione ospedaliera nella quale operavo assieme al direttore – in quanto mio caporeparto. Forse, tuttavia, c'eravamo incrociati lungo i corridoi che univano le varie ali dell'edificio ma, considerate le situazioni in cui vertevano i pazienti, difficilmente trovavo la voglia di scambiare due parole all'interno della palazzina.
    Il direttore mi prese come suo apprendista.
    Le spiegai.
    Lavoravo perlopiù nel Pronto Soccorso e nel reparto di Terapia Intensiva.
    La psicologa, sicuramente attenta ai dettagli per quanto riguardava le espressioni di una persona o dove – magari – puntava lo sguardo di un paziente, avrebbe compreso fin da subito che il mio feedback non era affatto quello di chi aveva bei ricordi di quel periodo. Era stato sicuramente formante, tanto da permettermi di ottenere la direzione dell'Infermeria del castello, ma quello che avevo vissuto non era esattamente ciò che la maggior parte delle persone sognava. L'orrore, nonché il dolore, che poteva causare la magia oscura era inimmaginabile, tanto che gli effetti causati sul corpo di persone aventi impronte magiche era quasi sempre differente dai casi precedenti. Fortuna che la rossa mi fece tornare con la mente nel presente, ad ascoltare la sua fetta di problematiche che l'avevano attanagliata durante le prime settimane. Sapere che c'era una così ampia cerchia di studenti con traumi infantili (dovuti anche alla magia oscura) non mi rasserenò affatto, sia chiaro, ma sapere che tali ragazzi fossero nelle mani di una persona così tanto rispettata...diciamo che mi rincuorò. Avrei voluto commentare il discorso che fece in merito alla purezza del sangue ma, piuttosto che fare commenti scontati, preferii non proferir verbo ed accogliere il nuovo discorso, una volta giunti sulla soglia della porta.
    Lo è.
    Era indubbiamente riuscita ad alleggerire la tensione con una facilità disarmante, senza risultare – in alcun modo – frivola. Il suo tono, difatti, per quanto fattosi più leggero, era rimasto (forse per deformazione professionale o magari perché così di carattere) rassicurante. Venni poi come travolto dall'inaspettata risposta della rossa, la quale mi mise al corrente di quel particolare appellativo con il quale alcune studentesse erano solite definirmi.
    Addirittura?
    La bocca si schiuse e con esso le labbra, le quali si aprirono a ventaglio in quello che risultò essere un sorriso esteso quanto bonario. Non persi di vista il suo sguardo, il quale – in seguito a quel commento – andò ad effettuare un'intera radiografia del sottoscritto, quasi a valutare la veridicità delle voci che le erano giunte.
    Mettine un po' di più nel suo, per cortesia.
    Diamo a Cesare quel che è di Cesare, nella speranza che la caffeina non avesse funto da catalizzatrice per l'animo della suadente donna al mio fianco.
    Potrei farle la stessa domanda, miss Eileen.
    Risposi con tono curioso, velatamente malizioso, osservandola negli occhi nell'attesa che ammettesse apertamente d'avermi squadrato per bene – a differenza mia.
    Quando parlo con una persona, sono solito non scendere oltre il suo volto con lo sguardo. Lei invece è solita effettuare un check-up completo con tutti, oppure sono solo un'eccezione per via dell'appellativo che mi è stato affibbiato dalle studentesse?
    Conclusa la risposta, rimasi ad osservare prima i suoi occhi e poi nuovamente la sua bocca, un po' come provocazione ed un po' per minare la sua lucidità. Ero pur sempre un serpente e lei...una donna.


     
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    «Non mi sorprende che non ci siamo mai incontrati, io ero da tutt'altra parte.»Il San Mungo era così grande che non si potevano di certo conoscere tutte le persone che lo frequentavano e poi , se lo avesse visto, si sarebbe sicuramente ricordata di lui. Per il lavoro che faceva era di vitale importanza associare ogni volto un nome, era una delle prime cose che le avevano insegnato non appena aveva iniziato a praticare. Mentre si dirigevano nelle cucine, notò l'espressione poco felice dell' infermiere; era chiaro che non gli faceva piacere parlare di quel periodo ed Eileen non insisté, sapeva per esperienza che costringere una persona a parlare l'avrebbe solo messa sulla difensiva. Bisognava dare loro il tempo necessario per aprirsi. Il resto del tragitto fu abbastanza tranquillo, una novità per la rossa che era abituata a battibeccare con qualcuno come minimo una volta al giorno. In realtà, aveva rischiato di farlo anche con lui, ma era stato bravo nel calmarla e nell'assecondare le sue richieste. Era un' impulsiva che perdeva facilmente le staffe, però non era rancorosa, quindi se chi l'aveva offesa le chiedeva scusa era come se non fosse successo niente, amici come prima. Molte volte era stata fraintesa e, in passato, le persone si erano approfittate di questa sua capacità di perdonare facilmente e gliene avevano fatte di cotte e di crude, soprattutto da bambina. Una volta cresciuta, però, aveva imparato a farsi valere e non era più capitato.
    «Se non mi crede le basterà aizzare le orecchie, lo scoprirà da sé.» Lo provocò, guardandolo con la coda dell'occhio per vedere la sua reazione. Nei corridoi, se prestavi attenzione, era facile restare aggiornati su ciò che accadeva in quella scuola e sul parere che gli studenti avevano su professori e personale scolastico. Ad esempio, il più odiato era il vicepreside e il più amato il preside, scontato. Dopo aver chiesto agli elfi di portagli il caffè rimasto, si appoggiò alla parete più vicina e si mise comoda, pronta a continuare la conversazione con il suo collega che, da lì a poco, aveva presa una strana piega. In parte era colpa sua, era vero, poteva anche evitare di fargli quella domanda, ma poi dove sarebbe stato il divertimento? Non aveva fatto nulla di male infondo se non stuzzicarlo un po'. La risposta che le diede fu interessante. Si era accorto allora che, di tanto in tanto, il suo occhio era caduto sul suo fondoschiena. Non male Sig. Müller. «Dipende da chi ho davanti, non lo faccio con tutti. E sì, le ho fatto un chek-up per capire se le voci sul suo conto fossero vere.» Fece una pausa tattica per far crescere la tensione e poi continuò: «Le ho appena confermate.» Non gli disse cosa pensava; lo aveva fatto anche lui prima ed Eileen era il tipo di persona che concedeva tanto quando le veniva concesso. Non di più, non di meno.
    Sentì il rumore di una smaterializzazione, era l'elfo domestico a cui avevano chiesto del caffè. Finalmente! Gli andò incontro, prendendo le due tazze e lo ringraziandolo con un cenno del capo. Tornò, poi, alla sua posizione iniziale. «Ecco a lei.» Ne passò una al suo collega. Come promesso, la sua dose era maggiore e, senza perdere altro tempo, ne bevve un sorso. Adesso sì che la sua pausa era completa.

     
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  8. Siegfried
     
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    La rossa mi confermò quanto immaginato, ovvero che esercitasse la sua professione in un reparto ben lontano dal mio. Infondo il San Mungo era piuttosto grande, suddiviso su più piani, e se l'avessi vista lungo i corridoi del piano terra, me ne sarei – con ogni probabilità – ricordato; d'altronde, la tonalità fiammeggiante delle sue chiome, unita all'eleganza del suo sguardo, non potevano certo passare inosservate.
    Vedrò di fare più attenzione, allora, magari origliando dal mio studio senza farmi notare.
    Un sorriso spensierato emerse dal mio volto, addolcendo il tono della mia voce che trasparì ironia. Non l'avrei chiaramente fatto, ma avrei avuto maggiore consapevolezza di simili pensieri, quando mi sarei dovuto interfacciare con loro; magari, avrei iniziato con un cambio d'outfit così da scongiurare “accidentali malesseri” (irrisori, come rilevanza) da parte delle ragazzine, in preda ai bollori adolescenziali. Essere al centro della loro attenzione non mi creava imbarazzo, poiché non era cosa insolita per il sottoscritto; l'importante, era che il tutto non andasse ad incidere con la loro presenza in aula o con strane richieste avanzate nei miei riguardi.
    Mi dica, miss Eileen: da un punto di vista prettamente psicologico, sia chiaro, con che nome viene definita una persona che osserva un proprio collega con uno sguardo simile al suo?
    Lasciai correre alcuni secondi, lasciando alla psicologa la possibilità di fraintendere tali parole, come se il sarcasmo e le provocazioni fossero state appena sostituite da una tensione ed una frigidità degna del potenziale arrivo del vicepreside alle loro spalle.
    Stavo scherzando, può guardarmi come e quanto vuole.
    Fortuito fu l'apparizione dell'elfo, il quale ci portò le rispettive tazze di caffè, con la sua ch'era (giustamente) più piena, rispetto a quella del sottoscritto. Allungai poi la mano, a prendere la tazza dalle dita della collega che s'era avvicinata all'elfo per ricevere l'oro nero che c'era stato gentilmente preparato.
    Grazie mille.
    Alzai di poco il piccolo recipiente caldo, come ad avvalorare le parole di ringraziamento e – al tempo stesso – accennare una sorta di brindisi, per poi mandar giù un piccolo sorso ed assaporare l'aroma intenso della bevanda. I miei occhi, tuttavia, non la persero di vista. Restarono difatti ad osservarla con la medesima intensità (se non maggiore) del caffè che c'era stato servito, pur mantenendo il contatto unicamente sui suoi occhi.
    Anche per lei è il primo anno, qui ad Hogwarts, oppure ha già avuto esperienze in passato?
    Escludendo quelle da studentessa, chiaramente. Non glielo dissi, ma era piuttosto lampante che mi stessi riferendo all'attività lavorativa e non a quella di studio. Sarei quindi rimasto ad ascoltare la sua risposta, curioso di saperne di più sia sul corpo docente che su quello studentesco, così da poter fare una somma sulle varie problematiche o sulle tensioni vigenti.
    Ha già una sua considerazione sui professori o su...studenti più problematici, rispetto ad altri? Giusto per sapere a chi poter chiedere supporto, in caso di necessità, o su quali studenti fare maggiore attenzione, se me li dovessi ritrovare in infermeria.
    La mia, almeno per il momento, era una semplice curiosità scaturita da un'acerba conoscenza di coloro che frequentavano il castello. Certo, anche la donna davanti a me poteva essere lì da poco ma, a differenza del sottoscritto, lei poteva godere sia di una maggiore preparazione – per via della sua specializzazione in campo medico – che della conoscenza scaturita dalle varie sedute avvenute sino ad ora.
    Se le fa piacere, potremmo darci del tu, come si confà per due confidenti.
    Era ciò ch'eravamo, giusto? Beh, sempre se mi avesse confidato le sue opinioni.


     
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    «Mi faccia sapere poi.» Ricambiò il sorriso dell' infermiere. L' uomo aveva un buon senso dell'umorismo e non era cosa da poco, al giorno d'oggi erano tutti così seri che trovare qualcuno che sapesse ancora scherzare era diventata una caccia al tesoro. Al San Mungo non c'era nessuno che cogliesse la sua ironia e, molte volte, si era sentita fuori posto ed era tutto un dire per una che faceva amicizia anche con le pietre. Questo era anche stato uno dei motivi che l'aveva spinta ad allontanarsi dall'ospedale per concentrarsi maggiormente sui suoi pazienti babbani, salvo poi lasciare anche loro quando aveva deciso di tornare ad Hogwarts. Una scelta che rifarebbe mille volte perché si, oggi poteva finalmente dire di aver trovato il suo posto.
    «Il mio è stato uno sguardo curioso, Sig. Müller. E se la persona è incuriosita dal suo interlicutore è un buon segno, ma questo dovrebbe saperlo anche se non è uno psicologo, no?» Non poteva di certo dire di avergli guardato il fondoschiena più di una volta, era pur sempre un suo collega e flirtare sul posto di lavoro andava contro la sua etica professionale. Un po' lo stava facendo, era vero, ma rispetto a ciò che avrebbe fatto in un bar era niente. E poi, finché si tenevano le mani apposto e non si faceva nessuna alcuna sessuale, perché smettere? Il loro era un gioco, un modo per passare il tempo e nessuno si sarebbe offeso visto che erano entrambi single. «Lo avrei fatto anche senza il suo permesso. Faccio sempre ciò che voglio.» Lo guardò intensamente negli occhi per fargli recepire il messaggio forte e chiaro. La sua era stata una battuta, era ovvio, però era importante per lei stabilire fin dall'inizio che era una donna libera e indipendente perché, anche se erano nel 2022, c'erano ancora uomini, soprattutto maghi, che non si erano evoluti e che credevano di avere ancora il diritto di sottomettere l'altro sesso. Ne aveva incontrati tanti così e ogni volta si era dovuta trattenere dal dargli un calcio nelle palle per fare in modo che esemplari del genere non mandassero avanti la specie. Ce n'erano già abbastanza. Nel mentre, bevve un altro po' di caffé e rispose alla domanda dell' infermiere. «Primo anno, anche per lei?» Spero di rimanerci a lungo qui. Le piaceva aveva a che fare con gli studenti e aiutarli a crescere, magari cercando anche di cambiare l'opinione che alcuni purosangue ancora avevano sui babbani. I pregiudizi erano duri a morire, anche dopo tutto quello che era successo in passato si ostinavano a portare avanti il concetto della purezza del sangue. «Ci sono tanti studenti problematici, le consiglio di fare attenzione. Anche chi sembra avere una vita perfetta nasconde in realtà un grande trauma.» Forse per lei era facile parlare perché, quelle cose, i suoi pazienti gliele raccontavano però il suo istinto non si era mai sbagliato e, anche prima di diventare psicologa, era brava nel scovare i traumi altrui. «Penso che i professori siano tutti bravi ma, che resti tra noi, trovo il vicepreside un tipo strano.» Troppo controllato e minuzioso. Bisognava stare attenti con persone del genere, molto spesso erano i tratti tipici di un assassino. Non che lui lo fosse, ci mancherebbe, era a capo di una scuola piena di ragazzi e il preside sembrava aveva buon occhio, però da professionista qual era, le venne naturale fare quell'associazione. «Lei che idea si è fatto invece?» Magari la pensavano allo stesso modo, oppure aveva notato altro. «Certo, Siegfried, passiamo al tu. Mi stavo annoiando a darti del lei, troppo formale.» Sorrise divertita. Ormai erano entrati in cofidenza ed era certa che, tra loro, sarebbe potuta nascere una bella amicizia. Se il sesso non l'avesse rovinata, ovviamente.
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  10. Siegfried
     
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    Annuii all'ironico commento della rossa difronte a me, domandandomi se fosse così di natura o se si comportasse così solo nei confronti di coloro i quali – a detta sua – le suscitavano “curiosità”. Anche lei mi suscitava curiosità, per quanto il pudore (nonché il sentimento che provavo nei confronti di un'altra donna) limitò di molto le parole che avrei potuto – diversamente – utilizzare, in un discorso con la psicologa. Stava palesemente flirtando, malgrado i suoi tentativi di non confermarlo fossero essi stessi velate avances nei miei confronti.
    Lo so, eccome, ma trovare un nome tecnico a sguardi come i suoi (o i miei), sarebbe stato sicuramente utile, qualora fossi stato nella situazione di dovermi...per così dire, giustificare.
    Le spiegai, in prima battuta, dandole probabilmente l'impressione di non essere poi così tanto interessato a lei, al solo scopo di colpirla con il successivo colpo di coda verbale.
    In tal caso, mi limiterò a dire la verità, ovvero che la bellezza esiste per essere rimirata: sia essa un ritratto su tela, una statua scolpita nel marmo o una donna temprata dal fuoco.
    Quanta poesia nelle mie parole. Beh, non bisognava mica essere dei bibliotecari per essere acculturati o dei dotti divoratori di libri. Nel mio piccolo, avevo semplicemente preferito studiare per salvare delle vite umane, piuttosto che tener ordinati degli scaffali. Così io, così anche la psicologa stante difronte a me, la quale aveva studiato per poter comprendere e lenire ogni sofferenza psicologica del genere umano. Che fosse per i simili corsi di studio o (molto più semplicemente) per una questione caratteriale, fatto è che – a istinto – riuscivo a parlarle con una facilità imbarazzante. Non avevo ancora compreso se questo potesse essere un bene piuttosto che un male; d'altronde, non l'avevo ancora ben inquadrata e questo stava a significare che il rapporto che stava nascendo tra noi poteva essere del tutto simile a quella con un'amica, una sorella o una confidente. E per quanto ci fossero cinquanta sfumature di amicizia (a seconda delle necessità), dentro ad Hogwarts difficilmente si sarebbero potute sviluppare; sia per un discorso di professionalità che per lo sguardo del vice-preside, il quale sembrava tutto fuorché una persona permissiva...quello era il preside e, considerato il suo stato di salute aggravato dall'età, difficilmente sarebbe durato a lungo. Ad ogni modo, quando la rosse mise i puntini sulle “i” per quanto riguardava l'essere uno spirito libero, le sorrisi amabilmente: apprezzavo le donne forti e con più si dimostravano in grado di sapersi imporre e con più le reputavo interessanti; questo, sia da un punto di vista umano, che per un punto di vista di gusto personale.
    Credo che buona parte del corpo docente, condivida l'opinione che abbiamo del vice di Mr. Abram; così come credo che vi sia un buon equilibrio ad Hogwarts, grazie a loro. Ciò nonostante, temo che il futuro che si prospetta non sia dei migliori e, tenendo presente che Mr. White (con ogni probabilità) succederà presto all'attuale preside, molti docenti cercano di entrare nelle sue grazie o – chi non lo fa – cerca, se non altro, di non darlo a vedere.
    Spiegai alla psicologa, la quale sarebbe riuscita forse a far maggiore luce sul parere che mi ero fatto sui vari adulti che popolavano il castello, malgrado non avessi raccolto abbastanza informazioni per scendere maggiormente nel dettaglio. Potevo chiaramente sbagliarmi, ma gli anni trascorsi al S.Mungo a contatto con persone che – in punto di morte – non avevano ormai più nulla da nascondere, mi aveva permesso di comprendere meglio gli atteggiamenti menzogneri da quelli veritieri.
    Visto che siamo in confidenza, ti chiedo (sempre se ti va) un parere su di me...un parere prettamente psicologico, sia chiaro!
    Tanto, se avevo capito anche solo un poco su di lei, già sapevo che non si sarebbe probabilmente fermata all'aspetto caratteriale ma, di fatto, era di quel lato di me che mi avrebbe fatto piacere ricevere il suo feedback.


     
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    «Allora vuole sapere il nome preciso così da uscirne pulito se si creano situazioni ambigue. Mi dispiace ma dovrà cavarsela da solo, non le darò una mano.» Sorrise divertita. Era un bell' uomo e, indubbiamente, dovevano essere state molte le volte in cui si era ritrovato in situazioni particolari in compagnia di altre donne. O anche uomini, non era da escludere. Per quel poco che ci aveva parlato, Eileen aveva capito che il Sig. Muller era uno che con le parole ci sapeva fare, se era riuscito a calmarla dopo che le aveva rovinato la pausa caffè, allora poteva tutto. Lei, però, non gli avrebbe fornito ulteriori elementi per rendersi interessante agli occhi delle altre persone, doveva cavarsela da solo. Se fossero entrati più in confidenza gli avrebbe dato qualche diritta, magari aiutandolo anche a fare colpo su un suo futuro interesse. Essere una psicologa aveva dei vantaggi, tra cui capire le intenzioni altrui basandosi sul linguaggio del corpo. Aveva letto molti libri a riguardo, era un argomento interessante e anche molto utile quando avevi a che fare con pazienti riservati che ci mettevano mesi per aprirsi. Ad esempio, il non incrociare le braccia al petto come meccanismo di difesa, era un buon segno. «Come siamo poetici. Si interessa anche di filosofia?»Era curiosa ma dal suo tono si capiva che era una mezza provocazione. Ad alcune donne piacevano gli adulatori o chi se ne usciva con frasi ad effetto, altre si annoiavano. Lei rientrava in quella categoria. Dopo una giornata di lavoro, non le andava di perdersi in discorsi e ragionamenti storico-filosofici, preferiva parlare del più e del meno e ridere. Era così che il suo ex l'aveva conquistata, che poi si fosse rivelato un bastardo che l'aveva tradita con la sua migliore amica babbana, era un dettaglio che, ancora oggi, le faceva ribollire il sangue. L'aveva superato, erano passati anni, ma il rancore era ancora lì.
    «Spero non gli succeda il professor White, è troppo legato alle tradizioni. Non dico che in una scuola non debbano esserci delle regole, ma lui non è per nulla permissivo. Mi creda, ho avuto modo di osservare sua figlia e, pur non avendoci mai parlato, ho la vaga idea che le cose tra loro non vadano chissà quanto bene. Quella ragazza è magrissima, mi chiedo se mangi. E mi creda, se non lo fa, c'è sempre un motivo psicologico di fondo.»Era passata davanti al suo studio qualche volta. Anche a chi non era del mestiere era chiaro che c'era qualcosa che non andasse in lei, era cupa e spenta, al pari di un fantasma. Chi si riduceva così era perché aveva molti demoni da affrontare e non sapeva come, il non mangiare era fra uno di quelli. Non l'aveva mai fermata però aveva bisogno d'aiuto. E visto chi era il padre, doveva sentire molta pressione. Quando era andata da lui per essere assunta, si era sentita sotto esame, quasi in soggezione. E se aveva fatto a lei quell'effetto che era una donna adulta, non osava immaginare il timore che poteva incutere agli studenti. Per fortuna il preside era l'esatto opposto. «Un parere psicologico?» Bevve un altro un po' di caffè e poi rispose. «Ho pochi elementi per giudicarti, non so niente di te ma ti sei presentato come un uomo affabile e molto disponibile. Fin troppo forse. Stai per nascondendo il tuo lato più cattivo?» Okay essere gentili, ma la troppa gentilezza, a volte, celava altro. Lo guardò diritto negli occhi in attesa di una risposta. Se voleva essere psicoanalizzato non aveva problemi, era il suo lavoro.

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  12. Siegfried
     
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    La guardai negli occhi con sguardo intenso, come nel tentativo di far breccia nella sua mente, senza tuttavia riuscirvi. Forse, non era stata proprio una delle mie migliori idee (quella di provare a persuaderla con il solo sguardo); malgrado ciò, sentii chiaramente le punte delle sue frecciatine solleticare la mia mente e – questo – mi portò a continuare a giocare assieme a lei. Poiché era questo che stavamo facendo: giocando. Un gioco forse un po’ sopra le righe, se vogliamo, ma al quale entrambi volevamo partecipare, senza esclusione di colpi…o quasi.
    In tal caso, dovrai assumerti le tue responsabilità, nel caso in cui non riesca a spiegare – adeguatamente – situazioni (o rapporti) d’ambigua veduta.
    Feci spallucce, mostrandomi a metà tra l’essere disinteressato ed il rassegnato all’idea di essere scoperto nonché accusato da qualcuno, battezzando la donna accanto a me come mia complice in quel crimine dal retrogusto agrodolce.
    Comunque eravamo passati al Tu, o sbaglio? Spero di non averti messo – in un qualche modo – sulla difensiva, Eileen.
    Continuai a fissarla negli occhi, sorridendole alla stregua della mitologica figura del serpente nel giardino dell’Eden, in quella ch’era (a tutti gli effetti) una vera e propria provocazione. Poi, non appena formulò la domanda inerente i miei interessi, spostai per un attimo lo sguardo verso l’alto, a sinistra, assumendo un’espressione contemplativa.
    Di Filosofia, di Arte…ho svariati interessi.
    Lasciai il discorso in sospeso, nel silenzio che si sarebbe andato a creare nel caso in cui la rossa non avesse fatto alcun commento a riguardo. Difficile, ma possibile. In ogni caso, avrei ascoltato quello inerente il vicepreside, convenendo una certa intesa tra i nostri modi di vedere il misterioso uomo nonché il rapporto con la figlia.
    Intendi Rose?
    Qualora la sua risposta si fosse rivelata positiva, un sospiro avrebbe spazzato via tutta l’ironia di quel momento, nel ricordare quanto (pochi giorni prima) era passata per offrirmi il suo aiuto in Infermeria.
    Una cara ragazza…è passata a trovarmi offrendomi il suo aiuto, sebbene mi fu ovvio dal primo momento che fosse lei quella che aveva bisogno. Spero di fare qualcosa per lei, per la sua situazione, nel caso…sapresti darmi qualche consiglio? Non sono esattamente la delicatezza fatta a persona, e vorrei poterla aiutare.
    La guardai rammaricato, stavolta senza alcun filtro a mascherare il mio animo, a dimostrazione del fatto che ritenevo lo stato della giovane White piuttosto precario. Non appena il discorso virò nuovamente su di me e sulla prima impressione che Eileen s’era fatta, abbozzai un tenue sorriso, una specie di ringraziamento per la buona fede usata dalla rossa stante accanto a me. La emulai, bevendo un breve sorso di caffè, per poi risponderle in modo semplice quanto sincero.
    Ho fatto degli errori, in passato; errori per i quali mi pento; errori che si ripercuotono sull’opinione che alcuni hanno su di me; errori che mi hanno portato ad intraprendere la via del riscatto…o almeno spero.
    Lo sguardo che avrebbe visto, guardandomi in quel preciso momento, non era più la maschera dell’Infermiere provocatore, ma il mio vero Io: un uomo che (da ormai parecchi anni) stava convivendo con i sensi di colpa per quello che aveva compiuto – in passato – ai danni di studenti più giovani di lui. Oltre ai rimpianti, tuttavia, l’empatica figura difronte a me sarebbe riuscita anche ad intravedere un barlume di speranza, una luce fioca ma presente che trasparì da quel sorriso non del tutto amaro.
    Tu invece? Cosa mi racconti di te?
    Domandai, anche per sviare il discorso oltre che per un reale interesse nei confronti della sua sfera personale.



     
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    L'uomo che aveva davanti era una persona alla mano, divertente e spiritoso che l'aveva fatta ridere più di una volta. Il perfetto collega di lavoro. Quando lavorava al San Mungo ne aveva incontrati alcuni così, purtroppo, però, non erano del suo stesso reparto e li vedeva poco. Il più delle volte aveva a che fare con donne in competizione tra loro e, ovviamente, quando aveva intrattenuto una relazione di puro sesso con il primario, la sua reputazione ne aveva risentito e, le altre, avevano iniziato a trattarla con sufficienza. Non aveva fatto nulla di male e non aveva avuto nessun trattamento di favore anzi, era stata più volte accusata di essere dov'era solo per essere andata a letto con un suo superiore. Cazzate. Lei quel posto lo aveva perché era brava in quello che faceva, peccato che le persone fossero ancora troppo bigotte e retrograde per accettarlo. «Vedremo, cerchi di non mettersi in queste situazioni però, è difficile uscirne.» Le persone, spesso, vedono solo ciò che vogliono vedere e l'essere ambigui senza dare una chiara spiegazione, in molti casi, può illudere e portare a conseguenze spiacevoli. «Ma no, è solo abitudine. Preferisco dare del tu e ormai siamo quasi amici.» Gli dedicò un sorriso a trentadue denti. Le faceva piacere conoscere gente nuova, soprattutto sul luogo di lavoro. Magari avrebbero potuto passare la pausa caffè insieme se i loro turni lo permettevano ed era sempre piacevole fare due chiacchiere con qualcuno.
    «La filosofia mi annoia ma l'arte mi piace, sono stata anche a qualche mostra babbana lo scorso anno.» Preferiva l'arte contemporanea, molti l'avevano guardata male per questo perché non tutti capivano quelle particolari opere. Non c'era niente di artistico nell'esporre in un museo una macchina rotta; infatti, per capire il messaggio dell'artista, bisognava andare oltre ciò che si vedeva. Oppure prendere il telefono e cercare su Google. Rapido, no? La conversazione si era poi spostata su Rose; anche lui si era accorto del disagio della ragazza. «Sì, esatto. Guarda, ti direi di essere paziente e non forzala, deve essere lei ad aprirsi. Mettila a suo agio e fa in modo che si fidi di te, solo così riuscirai ad aiutarla davvero.» Ci aveva visto lungo, la caposcuola aveva seriamente qualcosa che non andava. Per fortuna sembrava aver trovato nell'infermiere un supporto, anche se quel ruolo sarebbe dovuto essere di suo padre. Era davvero un uomo freddo, possibile che non riuscisse a trovare un minuto da dedicare a sua figlia? Le famiglie di molti maghi erano prive di calore umano, tutto quello che contava per loro era il potere e il mantenimento della purezza del sangue. Era felice di essere una mezzosangue e aver ricevuto l'amore di entrambi i genitori. Bevve l'ultimo sorso di caffè, posando poi la tazza sul tavolo alla sua destra. «Il pentimento è il primo passo, sei sulla buona strada. E poi tutti commettono degli errori. » Gli diede una pacca sulla spalla per tirarlo su di morale. Il suo sguardo si era fatto cupo per un attimo e le dispiacque se la sua domanda aveva, in qualche modo, rievocato brutti ricordi. «Che sono una normale psicologa amante dell'arte, delle feste e del Quidditch!» Qualche volta giocava ancora come cercatrice in partite amichevoli, era davvero divertente. Diede uno sguardo all'ora, tra cinque minuti doveva tornare a lavoro! Era così presa dalla conversazione da essersene quasi dimenticata. «Io devo andare, mi accompagni o ti fermi un altro po' qui?» S' incamminò verso la porta e si voltò, in attesa di una sua risposta.

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  14. Siegfried
     
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    Dopo aver ricevuto le dovute raccomandazioni da parte della mia psicologa, le promisi che mi sarei impegnato ad evitare situazioni scomode come quelle appena discusse.
    Farò il possibile.
    Beh, meglio di niente, non vi pare? Non era esattamente una promessa, chiaro, ma – se non altro – fui sincero con lei almeno quanto il sorriso che ne susseguì, il quale perdurò fino al suo commento sull’essere “quasi amici”, il quale arrivò ad espanderlo ulteriormente. D’altronde, potersi fidare di qualcuno, già dall’inizio dell’anno non era affatto male, specie se quel qualcuno era una persona con cui si avevano parecchie cose in comune – sia a livello personale che a livello lavorativo. Bevvi l’ultimo sorso di caffè, incuriosendomi quando affermò di aver seguito alcune mostre l’anno prima; posai quindi la tazza su di un tavolo, restando in ascolto del discorso che la rossa fece sulla figlia del vicepreside. Inutile dire quanta preoccupazione mi suscitasse la ragazza, specie per il suo legame di sangue con quel losco di White; le parole di Eileen, tuttavia, riuscirono (perlomeno) a farmi capire quale metodo d’approccio avrei dovuto utilizzare con la studentessa. Fu più che altro una conferma, in quanto m’ero già approcciato con fare protettivo nei riguardi di Rose, ma – sicuramente – sentirmi dire di pazientare con lei, fu essenziale. Conoscendomi, avrei rischiato di essere eccessivamente indelicato pur di assicurarle il mio aiuto.
    Grazie per la dritta: le darò il tempo del quale ha bisogno, facendole comunque capire che ci sono, nel caso avesse bisogno.
    Il mio sguardo s’intenerì. Era bastato davvero poco tempo per prenderla sotto la mia ala protettrice, forse perché erano giovani come lei il motivo per cui avevo intrapreso quel mestiere. Venni poi rincuorato, proprio in merito al mio percorso di redenzione. D’altronde, un conto era sentire di essere sulla buona strada e un conto era esserlo davvero, a detta degli altri…specie se, a dirmelo, era un’esperta in materia. Quando la sua mano si posò sulla mia spalla (nel tentativo di portarmi conforto), la donna poté sentire il deltoide rilassarsi, da contratto qual era. Le fu più che evidente quanto fossi preoccupato per i discorsi trattati, ma la sua presenza riuscì ad acquietare tutta quella tensione.
    I ragazzi avevano proprio ragione sul tuo conto.
    Le dissi, nell’accettare il suo invito ad accompagnarla fino al suo studio, incamminandomi al suo fianco fino all’uscita dalla cucina, fissandola poi con un ritrovato sorriso ed uno sguardo già più sereno.
    Spero tu non debba mai aver bisogno delle mie cure ma, qualora ne avessi bisogno, sappi che ci sono…per qualunque cosa.
    Fu con uno sguardo d’intesa che conclusi il discorso più serio, virando poi verso uno decisamente più leggero, nei pochi minuti che ci sarebbero rimasti.
    Quidditch? Fammi indovinare: battitore!
    Sarei stato smentito tempo zero. Chissà come mai me la fossi immaginata con una mazza in mano a menar bolidi addosso alla gente?!




    Grazie per la role :cuore:
     
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13 replies since 18/9/2022, 17:54   227 views
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