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seán hardice.
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Hogwarts aveva iniziato a mancarmi non appena avevo messo piede fuori dal treno che mi aveva riportato a Londra. Scendendo i gradini che conducevano a terra, stanco per il viaggio, avevo alzato lo sguardo annoiato sulla folla presente, in trepidante attesa dei propri figli o parenti. Volendo sfuggire alle attenzioni di chiunque conoscesse me o la mia famiglia, avevo ben pensato di portare degli occhiali da sole scuri poggiati sui capelli e, puntualmente, diedi un colpo indietro con il capo per farli ricadere sugli occhi. Un artista. Ero un artista.
Come previsto, mio padre non era presente alla fermata, ma aveva incaricato Jordan di venirmi a recuperare. Senza curarmi di sembrare sgarbato, mi ero avvicinato all'uomo che teneva in mano un cartello con scritto “HARDICE” con una precisa grafia nera, e gli avevo sbolognato il mio bagaglio, affrettandomi a superarlo per uscire dalla folla. Forse era stato un po' rude, da parte mia, dopotutto non vedevo Jordan da Natale, ed avrei potuto almeno salutarlo con un po' più di calore. Da una parte volevo evitare gli abbracci inutili, che da sempre odiavo e che mi mettevano a disagio, e dall'altra non ero mai riuscito a sopportare gli scagnozzi di cui mio padre si circondava per sopperire alle sue mancanze, nemmeno se questi mi conoscevano da quando avevo emesso il mio primo vagito diciotto anni prima. Ignorai anche i suoi numerosi "Signorino Hardice!", lasciandomelo alle spalle ed allontanandomi in fretta.
Hardice Manor non avrebbe potuto sembrare più fredda nonostante la temperatura estiva, ed osservando il lungo viale costeggiato da grandi alberi verdi che conduceva all'ingresso della villa, sentii l'aria venirmi meno nei polmoni. Tornare a casa non era più la stessa cosa da quando mia madre non c'era più, ed anche rivedere mio padre non era abbastanza. Sentivo l’assenza di mia madre in ogni angolo di quella casa, in ogni oggetto sopra il quale posavo lo sguardo, sul pianoforte abbandonato in sala ed al quale non avevo il coraggio di avvicinarmi, sui vasi un tempo riempiti di fiori ed ora spogli, sulle fotografie appese alla parete, che la ritraevano sorridente e con me in braccio.
Faceva male, e sapevo che non mi sarei mai abituato alla sua mancanza.
L’estate scivolò via velocemente e con la quasi completa assenza del mio vecchio, fatta eccezione per qualche giorno di vacanza insieme a Lough Hyne dove avevamo una casa affacciata sul lago. Per il resto, trascorsi il tempo quasi sempre da solo o affiancato dal nostro elfo domestico. Uno spasso.
Il mio compleanno passò completamente in sordina, e non sarei stato certamente io a ricordare a mio padre che quel giorno compivo gli anni. Se ne ricordò tre giorni dopo e, per rimediare, fece prepare una cena per due da Jordan. Era raro che cenassimo insieme, perchè i suoi orari di lavoro al Ministero erano sempre piuttosto inflessibili. Non gli avrei mai confessato che quella specie di sorpresa mi aveva fatto piacere. Magari non era chissà quale regalo di compleanno, ma per me risultava speciale perchè capitava molto raramente, e comunque apprezzavo silenziosamente i suoi sforzi.
Rientrare a Hogwarts fu come prendere una boccata d'aria fresca. Per prima cosa, ancora prima di aprire il mio baule per risistemare i pochi abiti che avevo, pensai di recuperare la scopa per compiere un giro completo del campo da quidditch, insieme a Galays che mi seguiva ovunque andassi. E gridai, forte, con l’aria che mi batteva sul viso.
Nei giorni a seguire, con settembre agli inizi, venni a conoscenza di una mostra d'arte tramite dei volantini sparsi per Hogsmeade, ed inutile dire che, da subito, l'idea di parteciparvi mi piacque. Non ero un artista, non per quanto riguardava l'arte visiva: il mio talento era la musica, ma non disprezzavo la vista di quadri dipinti da persone di talento. Mi piaceva osservarli e provare ad immaginare quali sentimenti avessero ispirato l'artista che li aveva realizzati. E l'idea che il proprietario della mostra fosse presente era forse ancora più interessante, perchè avrei potuto documentarmi, informarmi e capire se avevo colto il messaggio che lui avrebbe voluto trasmettere o se, al contrario, avevo toppato. Ero sempre stato un grande osservatore e mi piaceva scoprire di avere ragione. Per questo motivo, una volta ottenuta la firma di mio padre, uscii dal castello per dirigermi ad Hogsmeade presso il locale in cui si sarebbe tenuta l’esposizione. Le mostre ed i musei erano una mia passione non troppo segreta, perché erano silenziosi ma al tempo stesso ricchi di informazioni. Non importava se ci fosse una sola persona o ce ne fossero cento, il silenzio sarebbe sempre stato religioso. Mi soffermai quindi ad ammirare alcuni dei dipinti, venendo colpito da uno in particolare al quale dedicai più di cinque minuti.
SPOILER (clicca per visualizzare)ho pensato che magari potevi linkare l’immagine di qualche dipinto e sean prova ad indovinare quali sentimenti può aver provato jeffrey realizzandolo, o qualcosa di simile ❤️ Ovviamente senza fretta alcuna perché so che sei impegnata
Edited by seán hardice - 21/6/2022, 18:22. -
.Jeffrey Zanest | anno | casa
Naturalmente ci erano voluti tutti luglio e agosto prima di organizzarla. Una sezione era dedicata ai quadri di Jeffrey,un'altra a quelli di sua nonna. Avevano pensato di non invitare tanta gente e di aprirla al pubblico. Robert era sempre al fianco del figlio in ogni occasione. Jeffrey aveva scelto di mostrare i suoi quadri più impersonali come quello di un bosco dipintp di rosso in cui erano rappresentati degli animali stilizzati neri. Il rosso,il nero e il viola erano i colori che usava di più ma c'erano anche quadri di diversi colori a seconda delle fasi in cui li aveva dipinti.
Guarda,un ragazzo sta gurdando Trappola della mente gli fece notare il padre accenando a un quadro che rappresentava una gabbia viola a forma tonda con dentro una figura stilizzata nera. Jeffrey si avvicinò allo spettatore per valutarlo. Era molto giovane quindi magari poteva rivolgersi a lui perchè con i più giovani andava molto d'accordo.Ti piace? è molto simbolico“Pensato”«Parlato» «Citazione parlato altro PG». -
seán hardice.
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Entrare dentro quella stanza ricoperta di dipinti fu come entrare in una camera zeppa di dissennatori: bastò solo un giro per far si che l'aria iniziasse a mancarmi, e che ogni pensiero felice venisse risucchiato dalle opere da cui mi sentivo circondato. Non ci voleva un'occhiata troppo approfondita per capire quanto tormento l'autore avesse messo nelle sue opere, ogni fibra pareva esserne intrisa: l'uso dei colori, le tonalità, i simboli rappresentati ed anche il tocco del pennello sulla tela mi suscitavano inquietudine. Lo stomaco si accartocciava su sè stesso, se rimanevo a fissare quel pozzo di colori per più di qualche istante. Mi sentivo soffocare. Ed il dipinto davanti al quale mi ero soffermato era, se possibile, ancora più cupo degli altri. Mi piaceva quella rappresentazione del dolore, mi piacevano le sfumature di viola che si scurivano fino ad un colore più profondo, così come apprezzavo il tocco nervoso dell'artista. Certo, quei quadri non sarebbero stata la mia prima scelta per l'arredamento di casa, ma parevano dei piccoli pezzi d'arte, significativi e complessi, che sapevano colpire dove sembravano voler fare. Ancora con lo sguardo sul dipinto, ascoltai la voce del giovane al mio fianco, voltandomi verso di lui solo dopo qualche istante. Scrutai il suo viso costellato da efelidi, e capii che si trattava dell'autore. Accennai un sorriso verso di lui, perchè qualsiasi artista aveva la mia approvazione a prescindere, in particolare quelli che rappresentavano una così tale sofferenza in maniera diretta ed onesta, senza filtri, brutale. Ero sorpreso di scoprire che l'autore fosse un ragazzo così giovane. Nella mia testa il pittore di quei dipinti era un'uomo di una certa età, un'anima antica che aveva vissuto gli anni migliori della propria vita, che aveva dato tutto e che adesso marciva in attesa della morte.
« Ti piace? è molto simbolico. »
Ero sempre stato un tipo deciso su tutto, ben consapevole di cosa mi piacesse e di cosa invece odiassi. Ma a quella domanda non seppi bene cosa rispondere, trovandomi senza una precisa opinione, come raramente accadeva. E non mi vergognai di ammetterlo. Non lo so. Risposi, sinceramente. E' molto forte, e cupo, e diretto. Riportai lo sguardo sul quadro, e storsi il capo di lato. Mi trasmette tanta angoscia. Non ero la persona più empatica del mondo, non quando dovevo confrontarmi con un altro essere umano, ma vincevo tutto quando dovevo confrontarmi con delle opere inanimate, riuscivo a carpirne l'essenza, riuscivo ad estrapolare le emozioni esposte e farle mie. Come avrebbero potuto piacermi, quei quadri, quando rappresentavano un inferno emotivo? E' un piccolo pezzo di inferno portato in terra. E sebbene non fossi mai stato il più empatico tra gli esseri umani, non potei evitare di domandarmi come lui stesse in quel momento.
Piacere è un termine che non userei. Ma alla fine conclusi che Mi fa paura. Perchè non avrei saputo come gestire quel caos emotivo, ed ero spaventato all'idea che qualcuno lo vivesse. Mi chiamo Sean, comunque, e...complimenti, dev'essere stato difficile. Cosa? Tutto, vivere, per lo più. Determinati sentimenti non si possono fingere.
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L'abbigliamento dai colori neutri ed un po' bui del ragazzo non suscitavano in me particolari pensieri preoccupati. Non avrei mai potuto indovinare, dai suoi vestiti, che non stesse bene. Per quello c'erano le sue opere, abbastanza esplicative. Io ero il primo a prediligere abiti di colori scuri, ed evitare colori più squillanti e che avrebbero attirato più facilmente l'attenzione. Trovavo il nero un colore - o l'assenza di esso - piuttosto elegante e se avessi dovuto scegliere come vestirmi per tutta la vita, la mia scelta sarebbe ricaduta su questo colore. Anche il fatto che non avesse ricambiato il mio sorriso non mi preoccupò affatto, dopotutto ogni persona era diversa, ognuno era particolare a modo proprio, e ciò che per me era normale magari non lo era per altri. Non lo giudicavo per questo.
Fu particolare vederlo rifuggire dalla vista delle sue stesse opere, ed onestamente mi fece sorridere a tratti divertito da quella scena. Strinsi le labbra in una linea sottile, osservandolo come avrei potuto fare con un cucciolo ferito. Oh, poverino... bè, che dire? Sicuramente significa che stai meglio ora, no? In genere tendiamo a scappare da un dolore maggiore di quello che stiamo provando, o così credevo. Magari era solo il classico creatore che odiava la sua creatura, come ne esistevano tanti. Quando il giovane si presentò, non gli tesi la mano, ero convinto che non fosse avvezzo alle consuetudini, ed onestamente era un particolare che trovavo piuttosto interessante in una persona. Qual è la tua opera più recente? Domandai allora, sicuro che da quell'opera avrei potuto trarre più informazioni sul suo stato d'animo attuale. Non che mi interessasse davvero troppo sapere come stesse lui al momento, non lo conoscevo, ma per la scienza e per l'arte, mi sarebbe piaciuto assistere all'evoluzione della sua anima nel tempo.
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Dalla cupezza delle sue opere a me pareva chiaro che il ragazzo avesse qualche problema, anche se non potevo intuirne la natura. Ma lui non tardò a suggerirmi che fossero problemi di natura relazionale. Certo. Non occorrevva chissà quale occhio clinico per immaginare che non avesse passato una bella adolescenza, per esempio. Forse erano solo mie speculazioni o magari era davvero così, ma tutto di lui suggeriva che fosse stato il tipico bambino preso nel mirino del branco. Magari perchè un aspetto così delicato in un maschio non sempre era ben accetto nel gruppi composti da ragazzi tutti uguali. Io stesso quando ero stato un bambino dalla pelle troppo sottile e senza alcuna protezione, avevo sofferto delle prese in giro dei miei compagni per il mio essere troppo magro e troppo alto. La stupidità umana, dopotutto, era illimitata. E quella dei bambini lo era ancora di più. Io avevo imparato a farmi scivolare addosso le loro risate, ma non tutti erano in grado di farcela.
Magari lui?
Non sapevo niente di lui, ma la curiosità mi spingeva ad andare di fantasia, riempendo i buchi di trama che mi mancavano. Certo potevo ben capire la sua mancanza di fiducia, io stesso ne soffrivo a dismisura, ma il mio non espormi al prossimo mi permetteva di evitare preoccupazioni aggiuntive ed inutili. Non per questo mi ritenevo meno sano degli altri. La diffidenza verso gli altri è una forma di protezione molto intelligente secondo me. Molte persone godono nel vederti a terra, meglio andarci cauti. Meglio diffidare dal prossimo che farsi fottere, alla fine, anche se non era una forma di protezione infallibile. Il problema si trovava sempre nei rapporti interpersonali, e quel ragazzo stava semplicemente consolidando anni di teorie già forti di per sè.
Mi venne da sorridere sinceramente, quando si preoccupò di non avermi stretto la mano, come se fosse stata una grande mancanza. Sollevai la stessa mano a palmo aperto, affinchè evitasse di scusarsi. No tranquillo, andiamo d'accordo su questo, nemmeno a me piace particolarmente. Non che evitassi le strette di mano in genere, ma se questa non avveniva non me ne preoccupavo.
Non mi sentii particolarmente a mio agio nell'abbandonare la stanza principale per dirigermi in un'altra insieme a lui, ma in quell'ala della struttura le opere parevano essere un po' meno cupe o forse era solo la mia sensazione. Fissai lo sguardo sull'ultimo quadro da lui dipinto, frutto di una delusione per un rapporto andato male. Strinsi le labbra, ed annuii. Trovavo disturbante il fatto che alcuni non sapessero imparare dagli errori passati, e continuassero a ricadere nelle stesse trappole emotive.
La sensibilità è una brutta bestia. Ero convinto che esistesse una buona fetta di popolazione masochista, comunque, che le trappole emotive andava a cercarsele perchè trovava attraenti le loro sembianze. E non potevo dire con certezza che Jeffrey rientrasse tra questi ma...tutto quel dolore doveva avere una natura logica, in qualche modo, secondo me. C'è solo dolore nelle tue opere? Una persona ti ha mai fatto felice? Giusto perchè volevo vedere confermate alcune teorie.
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.Jeffrey Zanest | anno | casa
In realtà questo quadro è una copia,l'originale c'è l'ha quella persona. Pensavo che avremmo continuato a vederci, per questo gliel'ho regalato. Jeffrey decise di non voler più provare qualcosa del genere per nessun altro. Non riconosceva cosa fosse ma era una cosa che l'aveva lasciato andare al punto da accettare che i suoi limiti venissero infranti. Non sarebbe mai più sucessa una cosa del genere, in futuro sarebbe stato più attento.
In futuro starò attento a non essere più
così sensibile e ingenuoreplicò deciso. Certo, era la sua schizofrenia che parlava.Stavo facendo un percorso di magipsiclogia ma non è servito a nulla.Jeffrey voleva che la schizofrenia lo dominasse più di quanto non facesse già. E infatti non si fidava del tutto di Sean anche se stavano solo parlando tranquillamente e quello era un avvertimento indiretto rivolto anche lui. Parlare va bene ma non sarebbero stati del tutto amici.Sì, un tempo ero molto felice. Quando ero un bambino sì e anche un pò i miei primi anni a Hogwarts. Poi sono stato brevemente felice con la persona a cui ho dedicato il quadrorispose annuendo tra sè mentre quegli attimi felici li vedeva distati,separati dal velo della malinconia.“Pensato”«Parlato» «Citazione parlato altro PG». -
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Ero parecchio sensibile all'argomento relazioni, e questo in parte si era capito dalle risposte che avevo dato a Jeffrey. La diffidenza verso il prossimo ci accomunava, ma io non avrei saputo esporre in maniera efficace il mio dolore, non come faceva lui. Ero più bravo a reprimerlo e fingere che non esistesse, che ad esprimerlo davvero. Forse per orgoglio. Mi sembrava di rispecchiarmi nel suo pessimismo e mi domandai se, arrivato alla sua età, anche io mi sarei ritrovato solo e disprezzato. Da una parte, questa possibilità mi metteva i brividi, dall'altra la trovavo un'alternativa allettante, sotto certi punti di vista - meglio soli. Alla fine sta tutto nell'imparare a stare da soli con sè stessi e starci bene. Io ci stavo bene, non sentivo il bisogno impellente di andare alla ricerca di qualcuno, sebbene fossi piuttosto certo che prima o poi la vita mi avrebbe fregato come faceva con tutti, e mi sarei ritrovato a penare per qualcun altro. Non seppi di preciso cosa dire, quando mi confessò che l'originale del quadro l'aveva la persona a cui teneva. Non esattamente il regalo che avrei voluto ricevere per San Valentino. Perchè glielo hai regalato? Domandai, sentendomi un tantino indiscreto ma non riuscendo a zittire la mia curiosità. Insomma, era un quadro molto triste, e come lui stesso aveva detto poco prima, rappresentava la sua ultima delusione da parte di quella persona. Perchè farne un regalo, dunque? Immagino che si sentirà in colpa a vita, vedendo questo quadro e sapendo cosa rappresenta per te. Io gli avrei dato fuoco, per esempio. Magari lo aveva fatto apposta, ma non mi dava l'idea di essere una persona così subdola. Senza contare il fatto che non avrei mai accettato un regalo simile da parte di una mia ex, forse perchè quando avevo deciso di chiudere una storia ci mettevo un punto e basta, senza mai guardarmi indietro. Ci mancava solo che le mie ex mi regalassero un quadro che racchiudeva il dolore che avevo provocato loro. Comunque spero che...le cose ti vadano meglio di come sono andate finora. Perchè a giudicare dai suoi quadri gli erano andate piuttosto malino. Se fossi stato una persona diversa gli avrei dato anche una pacca sulla spalla consolatoria, ma non lo ero, ed a lui non piaceva il contatto fisico. Dunque cercai silenziosamente un modo per distaccarmi da lui, ben presto me ne sarei tornato al castello con tanto materiale su cui riflettere.
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.Jeffrey Zanest | anno | casa
ti ringrazio .Jeffrey era davvero felice di aver scoperto quella semplice verità anche se non era sicuro di stare bene con se stesso perchè non si fidava.Ma poteva cominciare a darsi la fiducia che gli altri non gli trasmettevano.Ripensò ai suoi momenti solitari di quell'estate.Erano stati dei momenti tristi ma anche liberatori in qualche modo perchè non aveva dovuto spiegarsi o sentirsi in obbligo verso nessuno.Ora la sua profonda disperazione gli appariva senza senso,aveva passato il tempo
a tormentarsi per la mancanza di amici quando avrebbe potuto benissimo essere amico di se stesso.Ed ebbe la visione di un secondo se stesso che dipingeva insieme a lui.Era una buona visione che gli trasmise tristezza ma anche un grande sollievo.Certo,ora stava parlando
con una persona che suscitava la sua approvazione.Non per questo voleva dire che fossero
amici.O meglio,lo sarebbero stati se Jeffrey si fosse fidato di Sean ma ancora non ci riusciva,per quanto lo apprezasse.
Era un modo per dimostrare quello che provavo anche
se non so cos'era.Sono meno riservato su questo punto perchè sono un pò confuso.Jeffrey non sapeva,o forse aveva paura,di cosa provasse quando era stato vicino a quella certa persona,non diede nessunpronome perchè temeva di trovarsi vicino a una persona omofoba anche se non aveva mai conosciuto nessuno che avesse dei pregiudizi al riguardo
comunque non si sapeva mai.
Aveva paura di definure i suoi sentimenti perchè era stato un pò spaventato dagli stessi comunque forse quella
conversazione poteva aiutarlo in questo senso.Ma non gliel'ho
detto,non mi sono mai...non ho mai comunicato i miei sentimenti,mi hanno fatto paurae allzò una mano come per scacciarli.Come nella visione che ebbe poco dopo,un'onda d'acqua lo travolse facendolo annegare,.Jeffrey ritornò alla realtà sentendo la voce di Sean.Fece un sospiro di sollievo.Grazie,di sicuro andranno meglio se imparo a star bene con me stessorispose in tono felice e deciso al tempo stesso.“Pensato”«Parlato» «Citazione parlato altro PG». -
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Sapevo bene quanto aprirsi verso un'altra persona e confidarle i propri problemi fosse difficile, e lo era anche se si trattava di un professionista. Era anche per questo motivo che non avevo mai trovato il coraggio di intraprendere un percorso di terapia con un magipsicologo, sebbene in diversi momenti della mia vita avessi sentito la necessità di un aiuto esterno. Nonostante non conoscessi niente del ragazzo che avevo di fianco, se non le numerose opere che stavo osservando, considerai comunque che Jeffrey fosse stato molto coraggioso a provare ad intraprendere un percorso di guarigione, non tutti avevano la forza per farlo! Se al tempo stesso non ero nessuno per dirlo, d'altra parte mi piaceva esporre ciò che sapevo, dunque non mi trattenni dal consigliargli è difficile trovare la persona giusta con cui intraprendere un percorso psicologico, non tutti vanno bene al primo colpo, quindi magari se non è andata bene con il primo, non è detto che vada allo stesso modo anche con il secondo. Mi sentivo un po' ipocrita a fare un discorso del genere, dato che ero il primo a non essermi spinto tanto oltre da provarci. Ma lui lo aveva già fatto una volta, dunque forse avrebbe trovato la forza di provarci anche una seconda. Grazie per avermi fatto un po' da guida, adesso finirò la mostra un po' per conto mio. Gli avrei detto che mi aveva fatto piacere scambiare due parole con lui, questo se fossi stato un essere umano funzionale. In verità quelle parole non mi uscirono di bocca, congelate dentro di me, come spesso accadeva. Non ero il tipo da parlare a cuore aperto, il più delle volte tenevo per me commenti e considerazioni che, se avessi esposto, mi avrebbero fatto apparire molto diverso da come invece sembravo. Comunque volevo stare un po' da solo, concentrarmi sui suoi quadri e rifletterci su senza chiacchierare, dunque con un sorriso cordiale, quand'anche lui avrebbe risposto, mi sarei allontanato, proseguendo la mostra.
SPOILER (clicca per visualizzare)direi che possiamo anche chiuderla così. -
.Jeffrey Zanest | anno | casa
andate meglio poichè aveva imparato che illudersi era inutile.Aveva appena vistoninfragersi la più grande
illusione che si fosse mai fatto ma allo stesso tempo in quei minuti trascorsi con quel ragazzo
la sua torre di speranza aveva cominciato a ricostruirsi.Aveva intravisto la possibilità di cominciare ad avere dei buoni e duraturi rapporti con qualcuno.Già,i miei genitori hanno l'indirizzo di un nuovo magipsicologo ma io non ho ancora
detto loro che vorrei andarci.Perchè solo di Demetrius si era fidato e ora non si fidava di nessun altro.Non era solo questa la questione,Jeffrey non era d'accordo con se stesso nel voler curare il suo disturbo che comunque
non sarebbe guarito. Da una parte si voleva tenere le visioni che davano origine ai suoi quadri e la sfiducia nelle persone perché se lo meritavano tranne Sean,ovviamente.Lui gli stava semplicemente parlando senza
spaventarlo,andare sul personale ,promettergli nulla o sfidandolo a infragere i suoi limiti.Dall'altra Jeffrey pensava al futuro ma forse non avrebbe visto i suoi genitori come nemici.Comunque ci sto pensando aggiunse.La breve terapia con Demetrius forse aveva i suoi effetti poichè non aveva avuto più stati deliranti.Ora avrebbe dovuto solo avere più fiducia nel mondo.Prego,è stato un piacere. Va bene,visita pure la mostra per conto tuo.Era lo stesso che avrebbe fatto lui quindi Jeffrey accettò tranquillo questa decisione.“Pensato”«Parlato» «Citazione parlato altro PG».