E’ già arrivato ad Hogsmead da un po’, il nostro, tanto che ha fatto a tempo a rifornirsi abbondantemente di ogni genere di schifezza adeguata alle esigenze di una festicciola. Peccato che gli invitati siano unicamente loro due, e quel che si è procurato basterebbe per una ventina di persone, ma questo non sembra rappresentare un grosso problema per lui. Come se lo fosse mai qualcosa, tra l’altro. Ma bando alle ciance, mette piede fuori da Mielandia appena un paio di minuti dopo l’arrivo di Ivory, neanche avesse calcolato le tempistiche al millimetro (e possiamo assicurare che non lo abbia fatto). Le mani sono entrambe impegnate a reggere dei sacchettoni ricolmi di generi alimentari, principalmente provenienti dal negozio che ha appena abbandonato, con caramellame alla rinfusa che talvolta si agita, talvolta ci pensa da sé ad alleggerire le scorte creando con ogni probabilità una combo improbabile di gusti ed effetti collaterali. La mancina, però, tiene anche un sacchetto meno colorato e decisamente più anonimo rispetto a quelli multicolor del trafficante di dolciumi.
[IVORI’!!!] esclama concitato, nel momento stesso in cui gli occhioni a mandorla si depositano sulla collega. La voce è squillante, sparata a tutto volume e con la sillaba finale che si alza in un falsetto vezzoso che ha l’aria di un gemito.
[Ho comprato tutto] annuncia poi, sorridendo trionfante. Non glielo aveva chiesto nessuno, ma pare che si sia autoconvinto della necessità di occuparsi della questione, e prendersene quindi pure tutto il merito.
[Ho anche preso delle Pazzepizze e due fette di Millevoglie alla bottega là infondo, come si chiama… Faccia da Porno… o Faccia da Cazzo? Ah no, Testa di Porco. La faccia di cazzo ce l’aveva il cameriere che mi ha servito, che tra l’altro, sai chi è?] attende giusto quel secondo in più, per creare una suspance a cui non crede nemmeno lui, e poi riprende in pompa magna.
[Quel musone del quarto anno, com’è che era… quello che pare sempre a un funerale. Morgan, o Norman, forse. Te lo saresti mai aspettato? Forse il funerale è il suo, non mi è mai parso molto vivo, non so se mi spiego…] allunga la mancina a mostrare la mercanzia di cui sta parlando, ed agitandogliela a pochi centimetri dal viso, prima di compiere a balzelli impazienti un paio di falcate verso la stradicciola, superandola.
[Comunque, abbiamo tutto quello ci serve?] indaga, arcuando un sopracciglio con fare complice. Le lascia una manciata di istanti per la replica, piegando la testolina lateralmente e poi comincia a inoltrarsi per il selciato. Ha in mente una meta più o meno precisa, e da come fa susseguire svelto i propri passi, si direbbe che l’intenzione sia quella di farsi seguire dalla propria amichetta. Superano l’ultima bettola del villaggio, proseguendo in direzione della Stamberga Strillante, ma senza superare la staccionata che ne divide la proprietà privata, costeggiandone dunque il territorio, alla volta dei primi radi alberi della Foresta.
[Tu sei in camera con la Crain?] domanda di punto in bianco, a bruciapelo, senza un’apparente logica connessione con quanto detto in precedenza, o con il contesto. Per lui, invece, un senso ce l’ha eccome. La stamberga ha risvegliato in lui un’associazione di pensieri che lo hanno portato ad collegare l’infestazione di fantasmi alla pazza nottata di Halloween, dove uno di quegli spiriti gli aveva dato le stesse vibes della collega. E in quell’occasione, aveva anche avuto l’impressione di essere morto, subito dopo aver avuto battibecco con lei. Tch.
[Stavo pensando… che è proprio la persona giusta a cui fare uno scherzetto coi fiocchi. Ci staresti?]. Si ferma sotto un grosso abete centenario, circondato da qualche cespuglio che permette loro di infrattarsi senza doversi spingere troppo oltre i confini della cittadina. Qui estrae dallo zainetto una coperta in patchwork che potrebbe essere stata rubata – o magari solo presa in prestito - a qualche Tassorosso, a giudicare dalla fattura e dai colori, stendendola sul terriccio umido e lasciandocisi cadere sopra con un tonfo. Comodo. Come comodo è anche il vestiario che indossa per l’occasione, composto da una tutazza larga e nera, felpata all’interno e la cui parte superiore è munita di cappuccio. Come il piumino verde militare che la sovrasta e che cozza un po’ con la tinta dei capelli (castano-arancione) odierna.