Just another lonley walk.

Lysandeer & Vanjia

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    Le ultime settimane, o meglio, gli ultimi mesi erano stati un continuo altalenarsi di emozioni contrastanti ed io, che ero un tipo piuttosto lineare per quanto riguardava il mio umore, che era praticamente sempre pessimo, stavo cominciando ad accusare tutte quelle montagne russe emotive. Non ero mai stato il genere di persona alla quale piaceva “fare gruppo”, per così dire, anzi ero sempre stato piuttosto solitario, pochi amici, in alcuni periodi della mia vita addirittura non ne avevo avuto nessuno ed ora li potevo letteralmente contare sulle dita di una mano vediamo; c’era Halley che era praticamente una delle poche persone, se non l’unica con la quale mi sentissi davvero a mio agio, c’era Hunter il ragazzo che avevo conosciuti mesi prima alla vecchia rimessa delle barche e con il quale condividevo la passione per le sostanze illegali e poi naturalmente, non ci conoscevamo granché bene quindi non potevo considerarlo propriamente un amico, ma eravamo in rapporti quanto menò amichevoli ecco in ultimo ma non per importanza c’era Daphne. Non sapevo davvero dire in che modo quella ragazza faceva parte della mia vita, non sapevo esattamente che ruolo darle visto che il nostro rapporto era sempre stato del tipo mordi e fuggi, nel senso che ci incontravamo quasi per caso, passavamo un po’ di tempo insieme e poi trascorrevamo le settimane successive ad ignorarci. Destabilizzante, se avessi dovuto usare una parola per descrivere la sua presenza nella mia vita avrei usato proprio questa. Quella ragazza mi destabilizzava, non in senso negativo, era solo che da quando l’avevo incontrata mi ero ritrovato in più di un’occasione ad agire e pensare in un modo completamente diverso dal solito, riuscita a tirare fuori lati di me che nemmeno a stento conoscevo. Inutile negare l’attrazione fisica che provavo nei suoi confronti e la voglia che avevo di starle accanto, pa stessa voglia che mi faceva correre il più lontano possibile da lei, la sua presenza mi rendeva vulnerabile ed io odiavo esserlo. Insomma nell’ultimo periodo stavo collezionando una bella lista di crucci mentali in mezzo si quali continuavo a perdermi senza quasi riuscire ad uscirne così, come spesso facevo quando avevo bisogno do schiarirmi le idee mi concedevo una lunga passeggiata in mezzo alla natura. Quel pomeriggio avevo indossato i miei consueto anfibi, non proprio le calzature più comode per una lunga camminata ma ormai ci avevo fatto l’abitudine e mi ero incamminato verso Hogsmeade, tenendomi in disparte rispetto al resto degli studenti che percorrevano la strada nella mia stessa direzione. Non avevo davvero voglia di passeggiare tra i viottoli del paesino, o fermarmi in qualche negozietto a comprare le solite cianfrusaglie, a dire il vero nelle mie tasche i soldi cominciavano a scarseggiare e presto mi sarei dovuto trovare un modo per tirare su qualche spicciolo, no, la distanza tra il castello ed il paese inoltre non aveva soddisfatto la mia voglia di muovermi, nè l’aria fresca era riuscita a schiarito le idee come avevo sperato. Così mi spinsi ancora oltre, fino al cimitero, ero già stato in quel luogo qualche volta anche se non era mia abitudine frequentarlo, mi addentrai tra le lapidi e tra le tombe monumentali, tra le statue che trovavo inquietanti ed allo stesso tempo meravigliose fini a trovare un posticino appartato, anche se forse non ce n’era bisogno dato che il cimitero era praticamente deserto, mi sedetti sulla lapide di un certo “Antoine Leferve Bridgerton” morto alla veneranda età di novantacinque anni e mi accesi la mia consueta sigaretta della calma. - Beh caro Antoine, te ne offrirei un tiro se solo tu fossi vivo - Dissi rivolto alla lapide, convinto ovviamente di essere solo.
    ––––––
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    Sofija Anastasya Bennet Vanja E. Rosencrantz| Corvonero, IV anno


    Non mi sentivo affatto a disagio per esser sgattaiolata fuori dal dormitorio in condizioni pietose e con alcuni indumenti che portano l'odore di qualcuno che non sono io. Oggi è il giorno prefissato in cui devo andare a Godric's Hallow e non me ne frega proprio nulla di come sono conciata. Difatti i miei capelli sono legati alla buona maniera sopra la nuca, il trucco è il rimanente dalla serata precedente; se solo mi vedesse Sky direbbe sono un concentrato di germi vivente. E per fortuna che non conosce ciò che non vede. Per fortuna è parecchio tempo che non mi becco dell'irresponsabile ma tutto ciò è perchè non vi è più modo di rischiare ma in sostanza, sono diventata peggio che in principio. Costantemente bazzico dai sotterranei ai piani superiori, è chiaro il motivo ma i giudizi non mi sono mai piaciuti così come le male lingue.
    E' pomeriggio ma a differenza degli altri giorni settimanali in cui il caldo ha cotto in silenzio le nostre deboli e biancastre pelli, oggi le condizioni atmosferiche sono piuttosto incerte. L'aria è fresca e le nubi sopra alla mia testa sono grigiastre. Come l'umore e la malinconia che mi avvolgono quando vengo in questo posto.
    Varco il grande arco di ferro battuto infilando le mani in tasca dei jeans a sigaretta, ho chiudo il trench sul davanti e i capelli rossi che fuggono dal nodo svolazzano schiaffeggiandomi con dolcezza la faccia. I miei occhi sono stanchi, le borse sotto di essi si sono accentuate da quando seguo la terapia prescritta in modo caotico. Ho anche rilevato delle difficoltà nel domare la tranquillità; sono molto più irritabile che tempo addietro e in verità ne conosco i motivi.
    Le visioni e i sogni si sono ripresentati con più frequenza, cosa che non accedeva dal momento in cui la mia vita precipitò del tutto, cioè da novembre.
    Le scarpe calpestano dei rametti ruzzolati nella ghiaia per il vento, volgo lo sguardo di fronte a me, osservando l'angelo coricato sulla superficie della lapide in marmo grigiastro striato di bianco. La bambina con le ali dorme, immobile, con un vago sorriso sognante sulle labbra. I suoi piedini sono raccolti dietro al sedere, esatta posizione in cui un fanciullo di pochi anni riposerebbe. La mamma è quì la mia testa parla mentre gli occhi osservano le piccole foglie che si sono attaccate al marmo. Piegandomi sulle ginocchia ne scosto un paio con un gesto del palmo. Non mi sarei mai dimenticata di venire oggi sospiro in silenzio. Ci vediamo alla solita ora giusto? Sono in orario. Gli occhi grigiastri si soffermano sulle lettere dorate che compongono il nome "Abigail" sulla lapide decorata. Sono in orario ripeto giustificando il mio aspetto come ad ammonirmi. In verità lo sono per davvero, in questo momento mi sento un poco in colpa. Dovevo rincasare prima, è per questo che ho dormito poco nel baldacchino. Il tutto perchè mi sono abbandonata ai piaceri che ultimamente concludono le mie giornate settimanali.
    Come stai?
    I miei occhi chiari si riempiono di umidità e mi sento vacillare quando percepisco una voce alle mie spalle. E' bassa e non è rivolta a me, mi giro appena per mettere a fuoco una figura che fuma. Tiro su col naso dando poca importanza a quello che pare a tutti gli effetti uno studente della scuola.


    Edited by Anastasya. - 27/5/2022, 23:22
     
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